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Come è nato lo "scontro di civiltà"
di Fausto Cozzetto


Il fenomeno noto come «scontro di civiltà» trova il suo contesto originario nel periodo successivo all’implosione dell’impero comunista; ne derivò maggiore autorità dell’ONU quale organo competente per risolvere le questioni internazionali, come mostrano i pronunciamenti sull’Irak nel 1990 e sulla Somalia nel 1992. Nello stesso tempo si aprivano nel panorama internazionale scenari di distensione, che condussero alla fine dell’apartheid in Sudafrica e alla firma degli accordi di Oslo, con il riconoscimento da parte dell’OLP dello Stato di Israele. Fu tale situazione a convincere lo studioso Fukuyama che a breve si sarebbero imposti su scala mondiale i valori condivisi dell’Occidente. Questa diffusione non andava intesa come negazione delle diversità, ma come una loro valorizzazione in vista di una convivenza pacifica. All’interno di tale considerazione va compreso il celebre studio di Huntington che, contrariamente a quanto si afferma, non auspica affatto uno scontro di civiltà, bensì rifiuta l’unilateralismo che potrebbe provocarlo. Unilateralismo favorito dalla reazione di talune culture religiose: in particolare quella islamica che ha motivato la subalternità del Terzo mondo quale conseguenza dell’introduzione di modelli di vita occidentali e del proselitismo del cristianesimo. Anche alcune posizioni recenti della Chiesa cattolica sembrano essere motivate dalla volontà di contrastare l’egemonia del laicismo. Due sono le prospettive che questa contrapposizione ha aperto: la guerra all’Occidente e alla cristianità o l’imperialismo democratico in parte sostenuto dall’attuale presidenza USA. Per uscire da questa alternativa è utile richiamarsi alla lezione di Croce, il quale avrebbe individuato con lucidità quanto di positivo è proprio di ogni momento storico; in questo caso la valorizzazione dell’Occidente come luogo di apertura e di accoglienza, in modo da favorire un sistema di sicurezza collettivo estraneo allo spirito di crociata.
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