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Il mondo senza fine di Ernesto de Martino
di Emilio Renzi
A distanza di quarant’anni da quel 21 gennaio 1959 in cui Ernesto de Martino tenne una conferenza all’Università degli Studi di Milano dal titolo Metodi di studio della storia delle religioni negli ultimi quaranta anni, in cui l’ospitante Enzo Paci accennò – da parte di de Martino - ad un certo abbandono dello storicismo idealistico del maestro Croce assieme ad una propensione di fondo per l’esistenzialismo, Gennaro Sasso scrisse su de Martino che fu l’unico che allora sapesse mettere in questione il crocianesimo nell’esistenzialismo e nello stesso tempo questo in quello.
Altri studiosi hanno riflettuto e scritto sull’antropologo (etnologo), Fabio Ciaramelli, Francesco Remoti, l’antropologo americano Gorge R. Saunders e in particolare Ugo Fabietti che, per definire la figura e l’opera di Ernesto de Martino nel tracciato dell’antropologia italiana usa l’espressione «un innesto filosofico» che lo fa approdare a quell’etnocentrismo critico la cui definizione è ricavabile dalle pagine de La fine del mondo. Da non trascurare poi la ricomparsa in vetrina delle sue opere in questi ultimi anni e le recensioni, rievocazioni dello studioso che riscattano presto gli oblii.
Gennaro Sasso compie una lettura critica di Ernesto de Martino attraverso le sue principali opere e si sofferma sul cuore della ricerca demartiniana, il concetto di religione, la cui portata de Martino estese al concetto storico-pratico di religione civile. Egli avverte che nel mondo moderno le religioni sono destinate a perire e la democrazia laica non riuscirà a colmare il vuoto da esse lasciato.
Il senso della lunga lettura critica di Sasso sta nel considerare de Martino pensatore della crisi della civiltà, un filosofo mancato, a cui Fabio Ciaramelli oppone una lettura e uno sviluppo di segno contrario. Quest’ultimo si orienta verso l’importanza di anti-accademico rinnovamento metodologico e teorico che era gia stata sottolineata da Giuseppe Galasso nei termini di «proposta culturale globale». Ciaramelli assume che la chiave interpretativa della «proposta culturale globale» renda l’opera di de Martino eccezionalmente feconda per il lavoro filosofico, a patto che quest’ultimo accetti di lasciarsi mettere alla prova da questioni, prospettive ed esperienze che travalicano un’accezione ristretta del proprio orizzonte disciplinare. Fabio Ciaramelli ha documentatamene colto in de Martino il metodologo dell’interrogazione storica e il cultore autentico del pensiero nelle forme e nelle categorie della sua età.
Lo storicismo crociano di de Martino nonostante ondeggiamenti e fluttuazioni rimase coerente, il suo orientamento di fondo, fu assolutamente costante. Galasso conia la formula di filosofia etnologica.
Per quanto riguarda La fine del mondo - l’opera di raccolta di frammenti degli scritti di Ernesto de Martino - Cesare Cases ebbe a definirlo eccellente epitomatore, a quest’opera manca un’intera cartella di circa duecentocinquanta fogli contenenti letture critiche di Croce, Paci, Abbagnano, Husserl, Heidegger perché concernente una tematica filosofica che si collega molto latamente a questo oggetto specifico. La necessità di procedere all’edizione filologica anche di questa parte dell’opus demartiniano, consiste nel fatto che risulterebbero da ciò esplicitati i presupposti e le conclusioni dell’intera ricerca di de Martino nell’ultima feconda fase della sua vita nella quale egli tornò alla filosofia.
Senza dubbio le due filosofie che tenne sempre presenti furono quella di Benedetto Croce e quella di Martin Heidegger, ma esiste per Sasso una tonalità esistenzialistica del pensiero di de Martino. All’interno di questa curvatura il maggior rilievo appartiene a Paci, Sasso rintraccia in un manoscritto dell’ultimo de Martino la lunga discussione delle tesi di Paci sull’utile/vitale, comunque va sottolineato che i due ebbero varie occasioni di incontro.
In modo lampante il lessico heideggeriano si manifesta in un inedito ascrivibile al 1958, pubblicato da Marcello Massenzio qualche anno dopo gli studi di Placido Cherchi, allievo di de Martino, a lui il Cherchi dedicò tre significative ricerche. Nell’inedito è evidente il dialogo con Essere e Tempo, oltre che con Rudolf Otto.
A completamento del catalogo delle relazioni di de Martino con filosofi, aggiungiamo i nomi di Ernest Cassirer e di Antonio Banfi. Gli scambi epistolari e le ragioni di scambio sono state accertate e studiate. Anch’esse testimoniano l’inquietudine di una ricerca, le sue tentate strade e i sottaciuti esiti.


Sintesi a cura della redazione
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