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Crisi economica e politica energetica 2009
di Giuseppe Bianchi
La situazione dello scorso anno

La situazione energetica mondiale osservata nel 2009, metteva in evidenza a fronte della previsione di consumi crescenti di energia, il permanere in forma sempre più acuta del problema della disponibilità e dei costi delle fonti primarie, della sicurezza del loro approvvigionamento ed infine del problema del cambiamento globale del clima del pianeta per effetto dei gas serra e in particolare della CO2 associati all’utilizzo delle fonti fossili. Per tale ultimo aspetto era ed è tuttora considerato obiettivo assolutamente irrinunciabile non superare entro il 2050 il limite di 450 ppm di CO2 nell’atmosfera (livello attuale 380) per contenere il previsto incremento di temperatura entro i 2°C, ritenuto ancora sopportabile.
Gli indirizzi di politica energetica conseguenti a tale analisi indicavano la necessità di: a) ridurre gradualmente ma significativamente l’utilizzo di petrolio, gas e carbone; b) sviluppare nuove fonti di energia comunque a bassa emissione di CO2; c) migliorare l’efficienza nella produzione ed uso dell’energia e cambiare il modello di vita per ridurne i consumi.
Attualmente a livello mondiale il consumo di energia da fonti fossili rappresenta l’80% dei consumi globali e ridurne drasticamente l’utilizzo è un obiettivo estremamente difficile. Per i paesi sviluppati sostituire le fonti fossili comporta alti costi difficilmente accettabili dai consumatori, mentre ridurre i consumi di energia, considerando lo stretto legame tra consumi di energia e consumi di beni e servizi (PIL), comporta cambiamenti di stili di vita molto complicati da conseguire e una stagnazione dell’economia con i connessi problemi sociali legati alla disoccupazione. Per i paesi in via di sviluppo ridurre i facili consumi di fonti fossili comporta l’arresto di un processo di miglioramento economico in corso che è difficile da far accettare a larga parte della popolazione mondiale che vive in condizioni di estrema povertà.
La soluzione alle problematiche esposte, tanto difficile da apparire utopica, era indicata in una concertazione, a livello mondiale, di una nuova politica energetica globale, superando gli egoismi pur legittimi a livello nazionale, con una partecipazione di tutti i paesi ai sacrifici necessari.


Gli eventi del 2009

Rispetto a questa analisi della situazione, nel corso del 2009 sono intervenute alcuni significativi cambiamenti: la crisi economica mondiale; la transizione dal G8 al G20; “the American Clean Energy and Security Act of 2009”; La legge italiana 99/09: Sviluppo economico.


La crisi economica

La crisi economica mondiale, di cui c’era già stato nel 2008 qualche sentore da parte di esperti economici, è scoppiata in tutta la sua violenza soprattutto nel corso del 2009.
Indipendentemente dalle cause che l’hanno determinata (politica finanziaria spregiudicata, titoli derivati, eccesso di credito al consumo ecc.) è interessante valutarne gli effetti sulla politica energetica mondiale. Partendo dal già richiamato legame tra consumi di beni e servizi (PIL) e consumi di energia, la prima considerazione, quasi istintiva, degli effetti della crisi economica sulla situazione energetica è che paradossalmente si sta verificando, in modo non programmato, l’obiettivo che era stato indicato come auspicabile frutto di larghe intese a livello internazionale. Si stanno cioè fermando o sono addirittura in calo i consumi globali di energia. Per la prima volta dal 1945 i consumi globali di elettricità diminuiranno: il 2009 è previsto chiudersi con una riduzione della domanda di energia elettrica del 3,5%. Nella Cina i consumi dovrebbero essere il 2% in meno rispetto al 2008; in Russia il calo dovrebbe essere del 10%; nell’area OCSE è atteso un calo del 5%; in India è previsto un aumento solo dell’1%. È interessante osservare al riguardo che secondo un rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia redatto prima dei segnali di crisi, i consumi di energia elettrica avrebbero dovuto aumentare del 32,5% nel periodo 2006 - 2015 (ancora nel 2008 si è registrato un aumento del 2%). Anche i consumi di petrolio dovrebbero registrare nel 2009 un calo dei consumi del 3% rispetto al 2008. A livello mondiale il PIL è diminuito in quasi tutti i paesi industrializzati, mentre ha rallentato la sua crescita nei paesi emergenti e le emissioni globali di CO2 si sono fermate se non diminuite.
Accanto però a questo aspetto positivo, giudicato rispetto ai consumi di energia, ce ne sono altri con caratteristiche anche molto negative:
I paesi industrializzati hanno immesso sul mercato ingenti capitali in funzione anticiclica per sostenere i consumi. Vengono quindi a mancare gli investimenti pubblici, già insufficienti, per sostenere la ricerca, l’innovazione e l’efficienza energetica nonché l’applicazione di tecnologie verdi cioè quelle fonti dirette o indirette di energia alternative a quelle fossili. L’obiettivo di ridurre il riscaldamento a soli +2°C entro il 2050 richiederebbe un impegno economico quintuplicato rispetto a quello di regime anticrisi, mentre è in atto una frenata generale delle spese di investimento.
Il complesso degli investimenti verdi è previsto calare del 38 %. Anche i 45 reattori nucleari programmati (35 in area non OCSE) sono a rischio sotto i colpi della recessione e si sta attenuando l’enfasi delle promesse per il nucleare a breve termine con una contestuale spinta verso la più lontana IV Generazione.
Sono stati rinviati o cancellati anche investimenti per nuovi giacimenti di petrolio. È riportato un taglio 170 Mld di dollari con 2 Ml di barili/giorno in meno e probabili ulteriori tagli previsti di oltre 4 Ml di barili/giorno. Il calo della produzione di gas è stimato in 28 Ml di metri cubi/giorno e con tendenza a 100 Ml di metri cubi /giorno. Anche per il carbone si prevedono tagli nella produzione del 40% a fine anno.
In una prima fase della crisi ciò ha comportato una riduzione dei prezzi delle fonti fossili come diretta conseguenza del calo della domanda. A questa fase è già seguito e continuerà a seguire un rimbalzo dei prezzi anche per effetto del gioco speculativo in vista dell’eventuale ripresa economica e dell’aumento dei consumi soprattutto nei paesi emergenti. Ma non si tratta solo di speculazione, una volta agganciata la ripresa, la domanda di energia riprenderà a crescere, mentre l’efficienza energetica nel frattempo ha camminato al rallentatore. Gli investimenti nelle vecchie e nuove fonti di energia sono stati fortemente ridimensionati, gli approvvigionamenti diventeranno più difficoltosi e quindi i prezzi torneranno (stanno già tornando) a crescere.
In conclusione l’effetto della crisi economica sull’evoluzione della politica energetica mondiale dipenderà dal bilanciamento tra le due conseguenze ad essa associate: diminuzione dei consumi di energia da una parte, contrazione degli investimenti necessari per cambiare radicalmente il modo di produrre e utilizzare l’energia dall’altra. È evidente che ridurre i consumi globali di energia in modo brutale non è la soluzione. I governi di tutti i paesi del mondo devono progettare insieme il modo migliore per ridurre i consumi di energia e soprattutto sostituire le fonti fossili.
La crisi economica attuale può rappresentare uno stimolo convincente per avviarsi su questa strada virtuosa.


La transizione G 8 – G 20

Il secondo fatto nuovo è la transizione, ormai decisa ed adottata, dal G 8 verso nuovi strumenti più aperti alla partecipazione dei vari paesi del mondo.
Il conclamato carattere di globalità della crisi economica ha creato, come già detto, le condizioni per rendere esplicita e soprattutto condivisa la necessità della ricerca di una nuova politica energetica a livello mondiale e ciò rappresenta un evento rilevante. È stato abbandonato il principio di unilateralità, seguito dalla precedente Amministrazione americana, che aveva portato alla mancata firma del protocollo di Kyoto e da altri paesi essenzialmente concentrati sullo sviluppo delle condizioni economiche interne dei singoli paesi. Anche l’Italia alla fine del 2008 aveva protestato per le severe normative ambientali e climatiche introdotte dall’UE per i danni che esse avrebbero determinato alle imprese italiane, segnalando soprattutto il fatto che altri paesi non erano tenuti al rispetto di norme ambientali, e potevano quindi produrre a costi più bassi. Oggi si discute se le multe per non aver rispettato le norme europee debbano essere pagate dalle imprese che hanno sforato i limiti o se tale onere debba essere sopportato dallo Stato, ma non ci sono più voci che chiedono un ulteriore rinvio dell’applicazione delle norme.
Questo fondamentale cambiamento di atteggiamento è dimostrato dalla partecipazione paritetica in incontri internazionali di molti paesi, almeno di quelli che nel loro complesso rappresentano l’80% dei consumi di energia e quindi di emissioni di CO2 nell’atmosfera (Cina, India, Brasile, Sud Africa, Messico, Australia, Corea, Indonesia ecc.). Nei primi mesi di quest’anno numerosi di tali incontri multilaterali sono stati collegati direttamente o indirettamente con l’auspicata nuova politica energetica e con all’ordine del giorno il fondamentale problema dei rapporti tra i paesi ricchi e quelli poveri. Oltre al G 8 dell’Aquila che ha visto una partecipazione molto più ampia degli otto titolari, ci sono stati vari incontri di Gruppi allargati (Roma – Energia; Pescara – Sviluppo; Siracusa – Ambiente) in preparazione della riunione mondiale di Copenaghen in dicembre, nel corso della quale sarà rinegoziato e revisionato il Protocollo di Kyoto. Sempre a Roma si è avuto un altro importante incontro a livello internazionale tra le Energy Authorities sulle prospettive per una nuova word energy governance, e una riunione tra le varie associazioni industriali internazionali interessate all’energia. Si è inoltre svolta ad ottobre una riunione di Atene del Word Forum on Energy Regulation (WFER)
I risultati di questi numerosi incontri e i relativi impegni assunti non sono ancora definitivi e rappresentano per ora solo un elenco di buone intenzioni.
Da questo punto di vista devono essere considerate di grande valore le varie affermazioni contenute nei comunicati finali dei citati incontri internazionali, adottati con consenso sostanzialmente unanime dei vari paesi partecipanti alle riunioni e che rappresentano l’innesco dell’auspicata politica energetica mondiale. A parte alcune affermazioni che sono scontate, e per di più al livello di dichiarazione non costano nulla come: “favorire l’efficienza energetica”; “favorire l’introduzione di energie rinnovabili”; “ridurre le emissioni di gas serra”, altre hanno invece un valore effettivo perché sono un chiaro indizio di un mutamento di indirizzo politico nel senso desiderato. Alcuni esempi possono essere eloquenti: assicurare la collaborazione tra i decisori politici (governi, parlamenti, autorità regionali); assicurare una corretta informazione della pubblica opinione per far comprendere la necessità di sacrifici; assicurare la consultazione e il coinvolgimento dei soggetti interessati in forme trasparenti; assicurare il dialogo tra i paesi consumatori e fornitori di energia; Favorire l’integrazione della domanda di risorse energetiche, l’integrazione dei mercati e la cooperazione tra i mercati regionali; incentivare i produttori di energia affinché adottino misure adeguate per contrastare i cambiamenti climatici attraverso le più opportune tecnologie; assicurare contestualmente la protezione dei consumatori (tariffe) e la difesa dell’ambiente; ridurre la povertà energetica in particolare in Africa; favorire le interconnessioni elettriche regionali.
Questi messaggi nella loro sinteticità rappresentano in nuce gli indirizzi che i governi dei vari paesi del mondo dovrebbero adottare. Ma dai documenti approvati dai vari gruppi internazionali si possono trarre regole di comportamento anche molto più specifiche e importanti. Anche in questo caso gli esempi fanno capire bene gli orientamenti che si stanno formando a livello internazionale: A) Una corretta politica energetica mondiale, che assicuri contestualmente la sicurezza e la disponibilità di energia per i consumatori e un adeguata gestione del cambiamento del clima non può non adottare decisioni omogenee in tutti i paesi: incentivi per l’innovazione di lungo periodo da una parte e tasse e penalizzazioni per le emissioni (emission trading system) dall’altra. B) Le decisioni di politica energetica dovrebbero essere libere dalle pressioni dei governi nazionali e da quelle delle industrie interessate. C) Sono necessarie regole trasparenti, emanate da Istituzioni indipendenti, per un mercato che garantisca sia gli investimenti necessari sia giusti prezzi per tutti i consumatori. D) Il futuro richiede certamente nuove tecnologie (uso ottimale dei combustibili fossili, sviluppo di nuove fonti di energia, nuove reti di trasmissione e distribuzione di energia, miglioramento della qualità di servizi) per contrastare i possibili cambiamenti climatici. Ma ciò non è possibile senza un ampio scambio di informazione internazionale ed una collaborazione tra i vari paesi del mondo. E) Lo sviluppo sostenibile con disponibilità di energia a basso contenuto di carbone è un dato intrinsecamente globale e come tale richiede soluzioni globali. Esse devono riguardare a livello altrettanto globale tutte le varie fasi della catena energetica: esplorazione di nuove risorse convenienti; sviluppo e ricerca su nuovi sistemi di produzione, distribuzione e accumulo di energia. F) La domanda di energia crescerà e deve essere assicurata una equa disponibilità tra i vari paesi del mondo. Questo concetto può anche essere declinato in termini di mercato e di regole di corretta concorrenza, ma soprattutto deve portare a indirizzi politici che vadano al di là dello stretto interesse nazionale e locale. Gli enormi investimenti necessari nel lungo periodo devono rispondere non solo agli interressi del cittadino consumatore di energia, ma più semplicemente agli interessi del cittadino del mondo in quanto tale. G) L’energia è per sua natura la base di qualsiasi processo industriale ed economico; essa richiede quindi un'attenzione prioritaria in una fase di crisi economica mondiale come quella attuale. H) La domanda di energia è per molti aspetti anelastica: il risparmio e l’efficienza energetica richiedono oltre ad investimenti importanti anche cambiamenti comportamentali che non sono spontanei ma devono essere regolati da premi e castighi (tariffe e incentivi). I) Un adeguato sistema di trasmissione, distribuzione e accumulo di energia elettrica è una chiave del successo dello sviluppo delle energie rinnovabili che sono per loro natura “distribuite” e quindi a bassa concentrazione. L) La nuova politica energetica di tutti i paesi del mondo deve trasformare il ruolo passivo del cittadino consumatore in un ruolo attivo capace di indurre, attraverso un’accorta gestione della domanda, i cambiamenti necessari sul lato dell’ offerta.
Come si può costatare l’idea considerata ancora utopica non molti mesi fa, e cioè la concertazione di un’unica politica energetica a livello mondiale ha cominciato a fare i primi passi. Tuttavia è impensabile che una concertazione mondiale di una nuova politica energetica possa essere concepita e soprattutto attuata senza una lunga e complessa fase di scambi di prese di posizioni anche conflittuali in difesa dei vari interessi nazionali in gioco. Da questo punto di vista un marcato scetticismo è stato da più parti espresso sui risultati attesi alla vigilia della riunione mondiale di Copenaghen con la partecipazione di 192 paesi nel corso della quale è previsto sia rinegoziato e revisionato il Protocollo di Kyoto.
Lo scetticismo è derivato dagli incontri di Obama in Asia nel corso dei quali sarebbe stata riconosciuta l’impossibilità di assumere a Copenhagen impegni definitivi; sarebbero possibili solo accordi politici per un nuovo incontro l’anno prossimo. Cina India e Brasile avrebbero affermato che impegni definiti non possono essere assunti se non fra “diversi anni”. Tali difficoltà sarebbero soprattutto legate alle difficoltà che sta incontrando al Congresso la nuova legge americana di cui tratta il paragrafo successivo.
Con l’approssimarsi della scadenza del 9 dicembre a Copenhagen tuttavia, le opinioni riportate dalla stampa hanno mostrato un cambiamento. Il «New York Times» ha recentemente riferito che, negli incontri a Singapore e in Giappone, Obama ha ribadito che gli USA hanno avviato un cambiamento molto importante nella loro politica per il clima e che anche se ciò richiede tempo l’America è cosciente delle sue responsabilità e agirà di conseguenza. Più recentemente Obama ha confermato la sua partecipazione diretta a Copenhagen dove dovranno essere definiti, eventualmente entro il 2010, traguardi rigidi sulle emissioni e l’ammontare dei dollari da destinare agli aiuti ai paesi poveri. A conferma di tale posizione il Chairman dell’IPCC ha affermato che le conoscenze acquisite su tema del clima impongono azioni da attuare subito e non temporeggiamenti e il negoziatore delle Nazioni Unite Yvo De Boer ha dichiarato che non c’è alcun cambiamento di rotta.
Contro un eventuale fallimento del meeting di Copenhagen si sono mobilitate tutte le organizzazioni ambientaliste mondiali e più in generale tutti gli ambienti anche culturali più attenti alla gravità delle condizioni del pianeta e alla necessità di non mancare un traguardo importante come quello di Copenhagen. La rivista britannica «Lancet» ha dedicato una serie di articoli dal titolo Health and Climate Change per ricordare ai governi che i cambiamenti climatici non sono solo una 'malattia' del pianeta ma anche dei suoi abitanti. Combattere i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale tocca quindi direttamente la sopravvivenza anche a breve degli abitanti di una “terra ammalata” e in questo quadro il riscaldamento globale minaccia di più i paesi poveri; cioè “soffre di più il Sud del mondo”.
Con queste premesse sarà di grande interesse valutare gli esiti dell’appuntamento di Copenhagen, anche se è oramai certo che non si tratterà di esiti definitivi e che nuovi incontri saranno probabilmente programmati nel 2010. Un eventuale atteggiamento positivo sul contenimento delle emissioni di CO2 della Cina, e soprattutto dell’India, che pare invece voler rappresentare il fronte del no dei paesi di recente industrializzazione e che non possono affrontare un freno al loro sviluppo, potrebbe avere un effetto decisivo sul Congresso americano per l’approvazione della legge sulla nuova politica energetica, passata alla Camera, ma che non è previsto possa essere esaminata al Senato se non il prossimo anno.
È evidente che senza un impegno americano per ridurre le proprie emissioni di CO2, gli altri paesi esitano a assumere loro obblighi vincolanti. Un’altra condizione peraltro probabilmente più importante per raggiungere un’intesa è rappresentata dagli aiuti economici diretti o indiretti attesi dai paesi in via di sviluppo da parte dei paesi avanzati.
Per dare un’idea del ruolo rilevante della necessità di tali interventi economici è opportuno un breve commento ai seguenti dati estratti da un recente rapporto del Word Energy Council relativi al 2007. Fatto 1 il consumo medio pro capite/anno di elettricità a livello mondiale, si registrano i seguenti dati:

Kwh/capitag CO2/Kwht CO2/capitaPopolazioneMil. tCO2
USA14.6065738,37305 milioni2.543
EU-278.5473412,91497 milioni1.449
Cina2.4207881,911.332 milioni2.540
India6389430,601.149 milioni691

Dalla prima e dalla terza colonna emerge in maniera chiara la forte disuguaglianza nei consumi elettrici pro capite e da qui la giusta esigenza di Cina ed India, paesi in via di rapida industrializzazione, di chiedere ai paesi ricchi l’impegno a ridurre prioritariamente le loro emissioni. Si nota inoltre incidentalmente la posizione anomala degli USA rispetto all’Europa che da tempo ha assunto una forte leadership in tema di emissioni di CO2 e del connesso rischio di cambiamenti climatici.
I dati della seconda colonna mettono in evidenza un altro aspetto importantissimo: il mix di fonti energetiche adottate e le tecnologie utilizzate per la produzione e consumo dell’energia elettrica porta ad emissioni di CO2 molto diverse a parità di Kwh consumati. Ancora una volta emerge l’Europa con il valore più basso anche rispetto agli USA ma soprattutto rispetto a Cina e India.
Se Cina ed India potessero portare, con le opportune tecnologie già disponibili, le emissioni di CO2 per Kwh prodotto, ai livelli dell’Europa, le riduzioni di emissioni conseguibili potrebbero essere enormi. Se ad esempio la Cina raddoppiasse i suoi consumi pro capite, ma raggiungesse le emissioni specifiche di CO2 dell’Europa, le sue emissioni complessive passerebbero da 2.540 milioni di tonnellate di CO2 a 2.198 con una riduzione netta di emissioni di 342 milioni di tonnellate di CO2 l’anno.
Cina ed India potrebbero quindi incrementare, come sarebbe giusto, i consumi di elettricità pro capite di per ridurre le disuguaglianze rispetto ad USA ed Europa che a loro volta dovrebbero contribuire a tale obiettivo riducendo i loro consumi pro capite.
Le considerazioni fatte relativamente all’energia elettrica sono evidentemente estendibili alle altre forme di produzione e consumo di energia. Così come i confronti evidenziati rispetto a Cina e India sono estendibili a tutti i paesi del mondo ed hanno ancor maggior valore per i paesi poveri, in particolare dell’Africa, che non hanno nemmeno iniziato la fase di industrializzazione.
Il trasferimento quindi di nuove tecnologie ai paesi emergenti, con i relativi necessari aiuti economici per gli investimenti necessari, rappresenta la chiave di volta per il passaggio da una concertazione di principio ad una concertazione effettiva di una nuova politica energetica mondiale.
Su «la Repubblica» del 1 dicembre 2009 è riportato che la richiesta di aiuti economici dei paesi in via di sviluppo è di 400 miliardi di dollari l’anno, mentre Ivo De Boer che guiderà per conto dell’ONU la conferenza di Copenhagen sarebbe disposto a proporre, almeno per avviare il processo, la cifra molto lontana di 12 miliardi di dollari l’anno. La distanza tra queste cifre misura in modo molto significativo le difficoltà che la soluzione del problema “energia e clima” pone ai paesi del mondo.


La nuova legge americana su energia e sicurezza

Accanto ai problemi di trasferimento di tecnologie e risorse ai paesi in via di sviluppo, i Paesi sviluppati hanno peraltro il compito imperativo di far muovere rapidamente la scienza per rivoluzionare il modo di produrre e consumare l’energia, perché l’entità del problema è tale che le tecnologie disponibili non sono comunque sufficienti a scongiurare il pericolo che incombe sul pianeta per il temuto cambiamento del clima.
Da questo punto di vista la terza grande novità, intervenuta nel primo semestre di quest’anno, è la legge presentata dalla nuova Amministrazione americana the American Clean Energy and Security Act of 2009 e approvata alla fine di giugno dalla Camera alta del Congresso americano.
Da uno dei tanti giornali che hanno dato la notizia, traspare una grande enfasi forse non immeritata.
The world stands on the threshold of a historic opportunity. The arrival of the new US President on the world stage, with a pledge to support the transition to a low carbon future, provides a vital stimulus to numerous policy initiatives around the world. Furthermore an agreement in climate change negotiations in Copenhagen could provide the much needed impetus for investment in low carbon and clean energy technologies. Progress is being made, but success is far from assured. Can a n equitable solution be found within climate change negotiations? Can the dream of sustainable energy development survive the current global economic turmoil? What does a plausible alternative energy plan look like, and how will the pressures of climate, carbon and credit transform the competitive landscape of the global energy industry?

Le incertezze, cui, pure questo entusiasta giornale fa riferimento, sono giustificate dai termini con i quali la legge, voluta da Obama, sul clima e la sicurezza è stata valutata dal Congresso degli USA. La Camera, controllata dai Democratici, il 26 giugno scorso ha espresso 219 voti favorevoli e 212 contrari. Sono 44 i democratici ad aver votato contro e solo otto i repubblicani ad aver detto sì. Si dice che la Speaker Nancy Pelosi abbia svolto un lavoro frenetico nelle giornate che hanno preceduto il voto. La legge deve essere ora votata al Senato e non è affatto sicuro che essa riuscirà a passare.
Prima di tratteggiare i contenuti di questa legge, definita epocale, è forse opportuno dare qualche sia pur breve indicazione sui motivi, per noi europei apparentemente poco comprensibili, che sono alla base di tanta opposizione. L’energia elettrica è prodotta negli USA in maniera prevalente da centrali a carbone, fonte molto disponibile e poco costosa negli USA. Non solo, ma per specifiche disponibilità locali di carbone, in molti Stati vengono applicate ai consumatori finali tariffe elettriche molto base. Non c’è quindi solo l’interesse delle imprese produttrici di elettricità, che ovviamente tendono a conservare lo statu quo, ma anche quello di molti cittadini, che non sono entusiasti verso la prospettiva di pagare bollette elettriche più salate. Tutte le altre fonti di energia pulite sono infatti allo stato più care; lo stesso carbone può rientrare a pieno titolo tra le fonti pulite a condizione però di prevedere la separazione della CO2 prodotta e la sua “sequestrazione” in opportuni siti sotterranei, ma ciò ha ovvi riflessi sui costi di produzione dell’energia elettrica.
Dal voto alla Camera sulla legge si constata che, a livello di responsabili politici americani, ci sia chi è affetto da inguaribile miopia e che non sia quindi in grado di guardare né al domani né a maggior ragione al dopodomani. Questa non è però una malattia solo tipicamente americana, ma è in realtà diffusa in tutto il mondo in maniera quasi endemica. Abbiamo già ricordato che nell’ottobre scorso il Governo italiano aprì un contenzioso con l’Unione Europea, sostenendo che le misure adottate per il contenimento delle emissioni di CO2 avrebbero determinato un grave impatto economico sulle imprese italiane e che sarebbe stato più opportuno attendere la concertazione internazionale senza fare da battistrada, favorendo così i paesi che tali misure magari non avrebbero adottato mai, pur provocando comunque il danno di tutti.
Quanto ai contenuti dell’American Clean Energy and Security Act, è da mettere subito in risalto l’obiettivo fissato e il relativo impegno al suo conseguimento: ridurre del 17% entro il 2020 le emissioni di CO2 al livello del 2005 e dell’83% entro il 2050.
Il meccanismo, simile a quello europeo, che sarà adottato per raggiungere questo obiettivo si basa sulla fissazione di un tetto globale per le emissioni di gas serra consentite, tetto che sarà gradualmente ridotto nel tempo. I singoli operatori saranno titolari di “permessi di inquinamento” in rapporto ovviamente all’obiettivo generale del paese e questi diritti saranno commerciabili: gli operatori che eccedono nelle emissioni, rispetto al permesso che hanno ricevuto, dovranno acquistare permessi da chi ne ha a disposizione, perché ad esempio produce da fonti rinnovabili o da carbone con cattura e sequestro della CO2.
Per rispondere nella maniera più rapida alla sfida dell’incertezza economica derivante dalla dipendenza dal petrolio e dalla minaccia del cambiamento climatico e per modificare sostanzialmente il modo di produrre e consumare l’energia, la legge, pur nella attuale crisi economica, e nella carenza di risorse disponibili, prevede per l’anno fiscale 2010 uno stanziamento di 26,4 Mld, considerati come un investimento iniziale nell’ambito di un più consistente impegno pluriennale. Inoltre la legge prevede per il 2009 fondi pari a 38,7 Mld di dollari legati al conseguimento dei seguenti impegni considerati particolarmente significativi1

Investimenti in efficienza energetica e fonti rinnovabili16,8 Mld
Prestiti per progetti sulle rinnovabili e sulla trasmissione di energia6,0 Mld
Gestione e pulizia dell’ambiente6,0 Mld
Modernizzazione Rete elettrica4,5 Mld
Cattura e sequestro CO23,4 Mld
Scienza e ricerca di base1,6 Mld
Agenzia Progetti di ricerca avanzati0,4 Mld


La strategia che il Ministro per l’energia del Governo americano, il Premio Nobel Steven Chu, intende attuare, per un approccio graduale ma sistematico agli obiettivi fissati dalla legge, a partire da questi primi investimenti, stabilisce che: a) occorra investire nella scienza per ottenere scoperte che determinino cambiamenti sostanziali e non semplici miglioramenti della situazione attuale; b) sia piena responsabilità degli USA (e ciò rappresenta una novità rispetto all’atteggiamento passato dell’Amministrazione) tagliare le emissioni di CO2, promovendo una rivoluzione nella offerta e domanda di energia e collocando al tempo stesso gli USA in posizione leader nel contesto mondiale, migliorandone la competitività; c) sia necessario seguire lo sviluppo dell’energia nucleare, ma soprattutto ridurre il rischio ad essa associato.
Questi traguardi, riportati con enfasi, non sono annunci fini a se stessi, ma sono declinati nel testo di legge con i dovuti dettagli e con impegni concreti anche economici. Di seguito è riportata una loro sintesi.
Saranno istituiti otto nuovi HUB per l’innovazione sui temi scientifici, economici e politici, che impediscono attualmente al paese di diventare energeticamente ed economicamente forte, pur combattendo drasticamente le emissioni di gas serra. Partendo dalla prima formulazione dell’idea iniziale, le ricerche devono essere portate fino a consentire la loro utilizzazione industriale. I temi prioritari sui quali gli sforzi di innovazione devono essere concentrati sono: elettricità solare; combustibili dalla luce del sole; batterie e accumulatori di energia; nuovi materiali, apparecchiature e sistemi per le reti elettriche; sviluppo della progettazione di edifici energeticamente intelligenti; materiali con proprietà estreme; modellazione e simulazione.
Il Dipartimento Energia del governo offrirà collaborazione e supporto economico ai Centri di ricerca per l’energia di frontiera (ne esistono già 46 con oltre 1800 ricercatori) in cui sono chiamati a lavorare e sono “allevati” giovani ricercatori di varia provenienza che svilupperanno il loro talento e capacità affrontando sfide scientifiche fondamentali direttamente o indirettamente collegate al tema di energia pulita: nanotecnologie, sorgenti di luce molto più potenti del sole, supercomputer, altra strumentazione avanzata ecc.
Sul modello lanciato da Eisenhower in risposta allo Sputnik, sarà creata una specifica Agenzia per l’Energia con lo scopo di promuovere progetti, promettenti ma ad alto rischio, capaci di rivoluzionare il modo di produrre ed usare l’energia.
Il Dipartimento Energia lancerà un programma di prestito garantito per iniziative di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (solare; eolica; geotermica) specificamente finalizzate a rivitalizzare l’economia, basata anche sulla generazione di energia da edifici civili.
Sarà accelerato lo sviluppo di misure per ridurre i consumi di energia negli edifici residenziali e commerciali e nei settori industriali e federali. Tale obiettivo include lo sviluppo di nuove tecniche di costruzioni civili, assistenza federale agli Stati per interventi ambientali e aiuto ai cittadini per l’applicazione di misure di risparmio energetico.
Il miglioramento, l’affidabilità, l’efficienza, la flessibilità, la sicurezza della rete nazionale di trasporto e distribuzione di elettricità rappresenta un tema prioritario per il futuro sistema elettrico che sarà alimentato da fonti rinnovabili e quindi distribuite sul territorio. Rientra in tale concetto lo sviluppo di una rete intelligente, funzionale non solo alla produzione distribuita, ma agli specifici utilizzi dell’energia elettrica da parte degli utenti nelle varie ore della giornata.
Lo sviluppo della varia componentistica necessaria e le esigenze di installazione e manutenzione rappresenteranno occasione per la creazione di posti di lavoro per piccole imprese.
Per il trasporto di persone e merci a bassa emissione è stato fissato l’obiettivo di avere in circolazione un milione di autovetture ibride entro il 2015. Sono previste inoltre altre attività come lo sviluppo di batterie al litio; ricerca e prova di miscele di nuovi combustibili; miglioramento dell’efficienza dei motori.
L’86 % dell’energia consumata negli USA è di origine fossile. Per conciliare l’opportunità di avere abbondanza di disponibilità di energia con la necessità di utilizzare tecnologie a bassa emissione di CO2, per il medio termine sarà necessario continuare a far ricorso al carbone per la produzione di elettricità, ma per rispettare i vincoli ambientali sarà necessario sviluppare la tecnologia della cattura e sequestrazione della CO2. Sarà inoltre incrementato l’utilizzo gas metano naturale e sarà sperimentata la produzione di metano dai giacimenti di idrati di metano.
Attualmente in America il nucleare rappresenta il 20 % dell’energia elettrica prodotta. È però necessario sviluppare nuove e più avanzate tecnologie in particolare per il ciclo del combustibile incluse le opzioni per consentire lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi e assicurare agli USA una solida base per le future decisioni.
Uno specifico finanziamento è assegnato al Dipartimento per un programma dimostrativo per il licensing più agevole delle centrali nucleari e consentire così alle industrie di decidere entro il 2010 la costruzione di nuovi impianti nucleari dopo l’ormai trentennale interruzione. Il tema dei reattori di IV generazione rimane oggetto di attenzione e di ricerca da parte dell’Amministrazione. Ma che non si tratti di un obiettivo a breve è dimostrato dal fatto che sono ancora in corsa molte tecnologie alternative (reattori a sali fusi; reattori supercritici ad acqua; reattori raffreddati a piombo; reattori ad alta temperatura; reattori veloci refrigerati a gas); si è quindi lontani dalla scelta definitiva. Incidentalmente occorre osservare che in Europa da parte della Francia si punta su un altro tipo di reattore quello veloce refrigerato a sodio.
La legge sottolinea l’urgenza di un programma per tutelare la salute e la sicurezza pubblica dando definitiva sistemazione ai rifiuti radioattivi, retaggi residuati dal nucleare del Progetto Manhattan e della guerra fredda. Più in generale rientrano in tale capitolo la stabilizzazione, il trattamento e l’eliminazione dei rifiuti radioattivi; creazione di depositi per combustibili nucleari spenti; sistemazione di rifiuti transuranici; disattivazione e smantellamento di strutture e attrezzature radioattive in disuso; controllo di lungo periodo sulla qualità delle acque sotterranee ed eliminazione di sostanze inquinanti.
L’Amministrazione americana ha deciso di chiudere definitivamente il programma Yucca Mountain e di avviare la ricerca di soluzioni alternative. Verrà insediato un panel di esperti del più alto livello tecnico scientifico (blue-ribbon) per valutare approcci alternativi relativi alla responsabilità federale di gestire in forma definitiva lo stoccaggio degli elementi di combustibile nucleare spenti e i rifiuti radioattivi ad alta radioattività derivanti da azioni, sia di difesa, sia commerciali. I risultati cui perverrà tale gruppo costituiranno il materiale di imput per le decisioni statutarie del Congresso in merito alla sistemazione dei rifiuti radioattivi.
La legge presentata da Obama al Congresso afferma che la minaccia di proliferazione nucleare rappresenta la più immediata ed estrema minaccia alla sicurezza globale del mondo. È necessario quindi muoversi in tale campo con il massimo impegno e la massima tempestività. È intenzione della nuova Amministrazione americana di promuovere un sforzo internazionale per mettere al sicuro entro quattro anni tutti i materiali nucleari “vulnerabili” ancora sparsi per il pianeta e avviarsi decisamente verso un mondo senza armi nucleari. Peraltro gli USA intendono mantenere e preservare la scienza e le tecnologie di base necessarie a mantenere il deterrente nucleare, senza peraltro fare nuovi esperimenti sotto terra, e assicurare ogni altra sicurezza nazionale, anche come risposta controterrorista rispetto ad eventuali incidenti. Anche i reattori navali con le loro attrezzature missilistiche innovate continueranno ad essere sviluppati.
Un grande programma di educazione degli studenti a tutti i livelli (laureandi , laureati), nonché i colletti verdi (cioè personale licenziato da reinserire nelle industrie ambientali), dovrà contribuire alla formazione di un’adeguata competenza nell’ingegneria e nella scienza dell’energia. Saranno garantiti supporti alle Università con borse di studio e aiuti ai colleges, affinché la scienza e la tecnologia possano assumere negli USA un ruolo consapevole e responsabile per la difesa dell’ambiente e per la competitività.
Per attuare il complesso programma inserito nella legge è prevista una radicale ristrutturazione del Dipartimento Energia con la creazione di una serie di uffici specializzati nelle singole materie. È assolutamente da sottolineare la motivazione riportata nella legge per la creazione di un “Ufficio della scienza”: nel XXI secolo, trainato dalla tecnologia, le scoperte scientifiche e l’innovazione tecnologica sono gli unici strumenti per aumentare la produttività, assicurare la crescita economica e creare posti di lavoro.


La legge italiana 99/09: Sviluppo economico

La quarta novità anch’essa concretizzatasi nel giugno del 2009, è l’approvazione definitiva da parte del Parlamento italiano della legge N.99/09: Sviluppo economico.
Per quanto riguarda i contenuti di tale legge, il primo commento che deve essere fatto a titolo di premessa, è relativo alla circostanza che il proposito originario del Governo, di far precedere la legge da una grande conferenza nazionale, che tratteggiasse le linee di indirizzo e di sviluppo nazionali in tema di politica energetica, non ha potuto aver luogo. Probabilmente le turbolenze economiche a livello internazionale e i conseguenti problemi a livello nazionale hanno impedito che fosse tracciata una “road map” in cui collocare tutte le molteplici e varie iniziative necessarie in tema di energia.
In mancanza quindi di un filo conduttore, la legge non è espressione di una strategia nazionale in tema di politica energetica. Essa tratta infatti il tema generale dello sviluppo e dell’internazionalizzazione delle imprese e solo all’interno di esso è inclusa la politica energetica. Questo è un difetto storico del nostro paese che non ha ancora mai avuto un Ministro dell’Energia.
Peraltro, ancorché inserite in un contesto prevalentemente dedicato allo sviluppo economico, molte delle norme riportate nella legge appaiono, già allo stato, importanti e cogenti, per altre invece la legge indica l’inizio di un percorso e per esse la valutazione di efficacia in tema di politica energetica non può che essere rinviata.
Un richiamo specifico e positivo merita l’attenzione dedicata alla ricostituzione delle strutture scientificamente e tecnologicamente competenti, comunque necessarie per l’attuazione di una nuova politica energetica di cui il paese ha bisogno. La mancanza di un ruolo “politico” di tali strutture è probabilmente al tempo stesso causa ed effetto della mancanza di strategia energetica nazionale. Inoltre il giudizio complessivo sulla legge non può che essere interlocutorio, anche perché l'intervento (giustificato dalla pesante congiuntura) della mano pesante del Ministero dell’Economia, non assegnando alcuna risorsa aggiuntiva rispetto alla legislazione vigente, rinvia di fatto a tempi migliori le buone intenzioni espresse nei vari articoli.
Sono trattati nella legge molti e vari argomenti legati allo sviluppo dell’economia e dell’industria; le considerazioni che seguono si propongono di fornire un quadro sintetico sui contenuti innovativi della legge per quanto riguarda l’energia e soprattutto una loro aggregazione per tema specifico.
La legge dà l’annuncio, peraltro a lungo anticipato in sede politica in varie occasioni, della decisione del Governo di riaprire il capitolo dell’energia nucleare. Nel merito sono doverose alcune riflessioni sulla concreta realizzabilità del programma previsto. Nella legge è stabilito che tutti gli oneri relativi alla realizzazione di quattro centrali nucleari per complessivi oltre 6.000 MW sono a carico delle imprese che otterranno l’autorizzazione relativa. Per oneri non si intende solo quelli ovvi, relativi cioè alla costruzione ed esercizio delle centrali: le imprese devono farsi carico dei controlli di sicurezza, devono costituire un loro fondo per il decommissioning delle centrali a fine vita, devono provvedere al trattamento dei rifiuti e relativo stoccaggio temporaneo o definitivo, nonché provvedere ad una adeguata assicurazione che copra i rischi in fase di realizzazione degli impianti. È specificato a chiare lettere che «non devono da ciò derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Per quanto riguarda il problema del trattamento dei rifiuti e relativo stoccaggio la legge prevede conseguentemente un ripensamento del ruolo e dei compiti della Sogin (Società a completa responsabilità pubblica ed ora commissariata), che attualmente opera sotto il controllo operativo dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas e sulla base di risorse derivanti da una componente delle tariffe elettriche.
Anche per quanto avvenuto negli USA dove, come già ricordato, per motivi essenzialmente di mancata convenienza economica, non si sono realizzate negli ultimi trenta anni nuove centrali nucleari, alcuni esperti sostengono che le centrali nucleari non rappresentano allo stato un investimento conveniente, se non con un forte intervento dello Stato. Se si accetta la loro opinione il ribaltamento di tutte le spese sulle imprese, previsto dalla legge, rende oggettivamente incerto il conseguimento dell'obiettivo annunciato. È pur vero che si ipotizza la possibilità di realizzare un accordo con imprese forti consumatrici di energia elettrica, le quali a fronte di una garanzia di stabilità nel lungo periodo dei prezzi del Kwh ritirato, potrebbero contribuire con propri capitali alla realizzazione delle centrali nucleari, ma la definizione dei termini di tale accordo non appare certamente facile. Un’ulteriore decisione che potrebbe favorire la convenienza economica della produzione di energia elettrica da fonte nucleare potrebbe essere l’assicurare ad essa la priorità del dispacciamento. Contare sulla vendita garantita dei Kwh prodotti per 8000 ore l’anno è evidentemente un vantaggio economico; non è peraltro scontato che una tale decisione sia compatibile con le regole del mercato elettrico e della normativa europea.
La legge istituisce una nuova struttura, l’Agenzia per la sicurezza nucleare, «sola Autorità Nazionale» di controllo della sicurezza delle centrali nucleari. I criteri posti a base della ricostituzione di tale Autorità appaiono corretti. Tuttavia l’affermazione che essa a regime debba essere finanziata solo dai proventi dei servizi ad essa commissionati dalle imprese interessate appare poco chiaro se solo si tiene presente che a tale Agenzia è affidato il ruolo squisitamente pubblico del controllo della salute dei cittadini per eventuali minacce da radiazioni, anche per eventuali incidenti in centrali nucleari di altri paesi magari confinanti con il nostro. Una lettura più attenta o eventuali precisazioni sulla interpretazione del testo potranno certamente eliminare tale anomalia.
Un altro punto importante della legge è relativo alla definizione dei criteri a monte del processo decisionale e autorizzativo delle nuove centrali nucleari, per quanto riguarda la loro collocazione sul territorio. È previsto nella legge il coinvolgimento in merito della Conferenza Unificata (Stato, Rappresentanti di Amministrazioni locali Comuni, Province, Comunità montane, Amministrazioni di Enti pubblici ecc.). Ma è evidente che la scelta dei siti rappresenta un passaggio difficile e cruciale per l’attuazione dell’intero programma di rilancio dell’opzione nucleare nel nostro paese.
Per concludere le osservazioni sul programma nucleare italiano è opportuno un cenno sulla scelta della tecnologia da adottare per le nostre centrali. Ci sono stati nel corso dell’anno incontri al vertice con le autorità di governo della Francia e degli USA, nei quali sarebbe stata concordata una collaborazione in tema di energia. Non è però ancora chiaro quale sia la decisione definitiva; si è già detto infatti che la tecnologia delle centrali nucleari sviluppata in Francia è diversa da quella degli USA. Allo stato l’adozione per le nostre centrali della tecnologia francese sembra la più probabile.
Appare di grande interesse il complesso di norme contenute nella legge, e che regolamenta in modo nuovo il mercato del gas. In particolare sono noti i problemi emersi a danno dei consumatori per mancata o errata taratura dei misuratori domestici dei consumi di gas. Ipotizzare un grande investimento nazionale, a carico delle imprese che distribuiscono il gas per l’installazione di nuovi contatori elettronici che consentano la telelettura e telegestione, rappresenta non solo un beneficio per i consumatori, ma un’innovazione strutturale che, con un eventuale incentivo pubblico e una adeguata istruzione degli utenti, può portare ad una significativa razionalizzazione dei consumi e quindi di risparmio di energia. Inoltre un simile piano porterebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro certamente utile nell’attuale congiuntura.
I due temi riportati nella legge relativamente alla innovazioni delle reti di trasporto e distribuzione dell’energia elettrica, e cioè: possibilità di allacciamento diretto di grandi imprese o consorzi di imprese energivore a fornitori extranazionali e la gestione privata di reti elettriche locali su territori limitati, rappresentano un argomento di interesse perché vanno nella direzione della razionalizzazione dei consumi e quindi del risparmio di energia. Soprattutto importante è questo secondo tema che riguarda, sia lo sviluppo di reti intelligenti, sia la loro regolamentazione, sia infine l’informazione e la formazione dell’utente finale per una gestione consapevole dei nuovi contatori elettronici ai fini di un uso razionale ed ottimizzato dell’energia elettrica. L’Italia ha su questo tema una posizione avanzata sul piano scientifico e normativo, avendo avvertito da tempo l’esigenza di un uso parsimonioso dell’energia elettrica particolarmente costosa nel nostro paese. Anche allo scopo di occupare uno spazio del mercato internazionale, in una situazione di competitività sempre più difficile, favorire l’innovazione in questo specifico settore dovrebbe rappresentare una priorità nazionale.
La legge ha previsto l’avvio di una nuova definizione dei compiti e della strutturazione dell’ENEA, principale ente di ricerca italiano sull’energia e a tale scopo è stato nominato un Commissario. I potenziali ruoli previsti per tale Ente (Agenzia per l’efficienza energetica e Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia, lo sviluppo economico sostenibile), sono molto impegnativi e inoltre necessari per il paese. Considerata infatti la centralità del tema dell’energia per gli aspetti economici, ambientali e sociali, ampiamente evidenziata nelle precedenti parti di questa relazione, è più che evidente la necessità di poter contare su un forte e qualificato nucleo di ricercatori esperti, capaci di consentire al nostro paese di svolgere un ruolo attivo nella auspicata nuova politica energetica mondiale. Al riguardo appare interessante e coerente con il ruolo auspicato per l’Enea, uno specifico articolo di legge, che attribuisce ad esso la responsabilità insieme con la Regione Sardegna del progetto della cattura e sequestro della CO2 con sfruttamento della miniera del Sulcis. Questo argomento riveste una particolare rilevanza in relazione alle possibili intese di cui si è parlato nel recente incontro ministeriale italo-americano sull’energia. Abbiamo già ricordato che la legge voluta da Obama sull’energia prevede un forte impegno degli USA sul tema della cattura e sequestro della CO2 per le centrali elettriche a carbone e la proposta da parte italiana di un progetto da realizzare concretamente nel nostro paese, può attribuire un valore aggiunto alla collaborazione.
Grande valenza è da attribuirsi all’impegno che con questa legge si è assunto il Ministero dello Sviluppo Economico per la redazione di un piano dettagliato di azioni da trasmettere all’UE entro il 2009. Questa iniziativa è tesa a riportare in un quadro ordinato le varie iniziative di promozione e di incentivazione in tema di energia esistenti a livello nazionale e locale. Tra i temi specifici riportati figurano argomenti rilevanti quali: nuovi criteri e procedure per le Amministrazioni responsabili; sfruttamento dell’energia geotermica; cabina di regia nazionale per gli inceneritori dei rifiuti urbani ed un Comitato nazionale per il Protocollo di Kyoto.
Il rilancio nel nostro paese di una politica energetica che guardi lontano e sia in armonia con l’UE e con gli indirizzi che saranno verosimilmente adottati a livello internazionale è un’esigenza indifferibile. È auspicabile che le varie iniziative contenute nella legge 99/1009 rappresentino il punto di partenza per tale processo.


Conclusioni

L’esame fin qui condotto sull’evoluzione in atto della situazione energetica a livello mondiale e nazionale presenta, come del resto è normale, luci ed ombre. Tra le luci devono essere prioritariamente considerati due aspetti:
La consapevolezza, che può essere oramai considerata unanimemente acquisita nel mondo, del pericolo del riscaldamento globale del pianeta e del ruolo decisivo che in merito gioca l’energia nelle sue fasi di produzione e consumo. Esiste ancora, anche a livello scientifico, chi nega la causa antropica all’innalzamento della temperatura sulla terra; tuttavia tali opinioni sono ora marginali e non sembrano comunque tali da influenzare le decisioni politiche dei governi dei vari paesi. Il mondo ha forse capito quale sia la strada, impervia, che deve imboccare per salvare il pianeta Terra.
L’orientamento, anch’esso prevalente se non ancora unanime, di non poter più lasciare al “mercato” la soluzione dei problemi dell’energia. Un nuovo equilibrio nei consumi di energia tra paesi ricchi e paesi poveri, un utilizzo diffuso delle migliori tecnologie che consentano un uso razionale delle fonti di energia, non sono eventi che possano essere lasciati alla spontaneità dei comportamenti o ad un ipotetico bilanciamento automatico degli interessi.
Tra le ombre non si possono oggettivamente ignorare :
L’enorme difficoltà di attuazione tecnologica della nuova politica energetica mondiale. Sostituire le tecnologie attualmente disponibili per l’utilizzo delle fonti fossili, con altre a basso o nullo contenuto di carbone rappresenta un impegno scientifico ed economico al limite delle capacità attuali del mondo soprattutto nei tempi brevi disponibili.
Tutti gli ostacoli che nella realtà si contrappongono ad una concertazione mondiale. In un mondo, dominato dalla difesa violenta di interessi, ideologie e fondamentalismi, ipotizzare l’inizio di un’era di armonia e di pacifica convivenza continua ad essere un’utopia, anche se c’è chi ancora crede che ciò sia possibile (premio Nobel ad Obama).
Impegnarsi in maniera fattiva e concreta nel campo delle luci, anziché arrendersi e attardarsi malinconicamente in quello delle ombre, può essere il messaggio che l’esame dell’evoluzione della politica energetica del mondo dovrebbe suggerire ai Governi di tutti i paesi del mondo.


NOTE
1La legge americana, come tutte le leggi che intervengono sui bilanci nazionali dei vari paesi, è molto complessa e difficile da leggere per i non addetti. È possibile quindi che le cifre riportate, pur essendo state fedelmente prese dalle fonti disponibili, non siano complete ed esaustive. In particolare non è chiara la destinazione temporale dei fondi: nel testo consultato si fa riferimento al triennio 2008-2010.^
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