Rubbettino Editore
Rubbettino
Torna alla Pagina Principale  
Redazione: Fausto Cozzetto, Piero Craveri, Emma Giammattei, Massimo Lo Cicero, Luigi Mascilli Migliorini, Maurizio Torrini
Vai
Guida al sito
Chi siamo
Blog
Storia e dintorni
a cura di Aurelio Musi
Lettere
a cura di Emma Giammattei
Periscopio occidentale
a cura di Eugenio Capozzi
Micro e macro
a cura di Massimo Lo Cicero
Indici
Archivio
Norme Editoriali
Vendite e
abbonamenti
Informazioni e
corrispondenza
Commenti, Osservazioni e Richieste
L'Acropoli
rivista bimestrale


Direttore:
Giuseppe Galasso

Responsabile:
Fulvio Mazza

Redazione:
Fausto Cozzetto
Piero Craveri
Emma Giammattei
Massimo Lo Cicero
Luigi Mascilli Migliorini
Maurizio Torrini

Progetto grafico
del sito:
Fulvio Mazza

Collaboratrice per l'edizione online:
Rosa Ciacco


Registrazione del
Tribunale di Cosenza
n.645 del
22 febbraio 2000

Copyright:
Giuseppe Galasso
 
Cookie Policy
  Sei in Homepage > Anno XVIII - n. 4 > Interventi > Pag. 390
 
 
Marco Pannella o della nobiltà della Politica
di Maurizio Griffo
A poco meno di un anno dalla scomparsa, Giovanni Negri, che di Pannella è stato strettissimo collaboratore e a lungo ne è stato considerato il delfino, gli ha dedicato un libro che prova a tracciarne un ritratto a tutto tondo (Giovanni Negri, L’Illuminato. Vita e morte di Marco Pannella e dei radicali. Feltrinelli, Milano 2017, pp. 199). Non siamo di fronte a una biografia in senso proprio e neanche a un libro di ricordi; si tratta piuttosto di una riconsiderazione, al tempo stesso affettuosa e critica, della vicenda pannelliana. Una ricostruzione in cui il molto di vissuto personale si miscela in modo equilibrato con analisi più distaccate e puntuali, conservando però sempre un impianto narrativo e colloquiale. Il volume è articolato in cinque capitoli tematici, ciascuno rivolto a ricostruire un aspetto della personalità pannelliana (il leader, il protestante, il borghese, il nonviolento, l’uomo). Fa da cornice a questa struttura un capitolo iniziale che indica una traccia interpretativa generale (il fiume carsico) e uno finale di prospettiva (il futuro).
L’organizzazione tematica consente all’autore di mettere a fuoco volta per volta una determinata sfaccettatura del carattere pannelliano, ma di farlo in maniera non irrelata. Al contrario, ad ogni tappa del percorso vengono aggiunti dettagli significativi e motivi e riferimenti critici sono approfonditi; in questo modo non solo, col trascorrere dei capitoli, il volume risulta sempre più interessante, ma il ritratto di Pannella si precisa man mano articolandosi in maniera più compiuta. Il titolo scelto può apparire a prima vista criptico, ma una volta conclusa la lettura esso risulta pertinente, perché rende in modo appropriato un carattere oscillante della personalità pannelliana. In primo luogo richiama un uomo illuminato, capace di guardare più lontano di altri. Capace di farsi interprete di un desiderio di modernizzazione dei costumi che maturava nella società italiana. Ma da un altro punto di visto indica anche un illuminato, nel senso di un profeta solitario, incurante dell’opinione corrente, teso a perseguire quanto gli detta il proprio demone interiore.
Come si è detto, il libro non è una biografia, però la dimensione biografica è quella che illumina l’analisi attraverso uno scandaglio interiore condotto con riserbo e delicatezza. Il primo capitolo si apre con il racconto di un episodio avvenuto verso la fine degli anni Cinquanta, ignorato dai più e appreso per caso dall’autore: il tentato suicidio di Pannella. Negri non fornisce molti dettagli su questo avvenimento, se ne serve invece per acclimatare subito il lettore con il tono del suo racconto, che è sempre in un equilibrio dinamico tra istintiva simpatia umana e volontà di analisi razionale. In questa angolazione, cominciare dando conto di una crisi che avrebbe potuto essere tragica ma che si risolve in una felice ordalia, significa esprimere in sintesi la cifra un personaggio che della sua inquietudine esistenziale ha fatto un’arma di lotta politica. Illuminante risulta un altro squarcio biografico che illustra una sorta di preistoria delle future battaglie pannelliane. È l’estate del 1938, di lì a pochi mesi ci sarà la fatale conferenza di Monaco che preannuncerà la guerra, il futuro leader radicale è un bambino ma in quelle settimane vive un concentrato di esperienze assai significative. La mamma di Pannella era una svizzera naturalizzata francese, e gli insegnava la lingua materna; con un’aurorale ed istintiva consapevolezza del clima politico, il piccolo Marco si rende conto che "parlare francese a casa può non piacere a molte orecchie, il padre è preoccupato per sua moglie, che di francese ha pure la cittadinanza". In sostanza "la fascistizzazione del paese è insomma tutt’altro che astratta", p. 81. Trasferitosi a Pescara per la villeggiatura si esercita nella scherma e nel violino, ed è proprio il comportamento del maestro di violino, un repubblicano antifascista, che ha piacere a parlare con lui in francese di nascosto, a sollecitare la sua riflessione. Un altro episodio importante avviene in spiaggia. Una compagna di giochi cui era molto legato, Adria, senza alcun preavviso non viene più, perché la famiglia è partita all’improvviso; quando il piccolo Pannella chiede spiegazioni gli si risponde che sono partiti perché sono ebrei. Andato in Alta Savoia per il consueto mese di full immersion di francese ospite nella casa del segretario comunale di un piccolo comune, nuove suggestioni gli si presentano. Il suo ospite, vedovo risposatosi da pochi mesi, non va d’accordo con la nuova moglie, che anzi parla di divorziare. Il figlio deve partire militare ma non è entusiasta, anche per il timore della guerra, "si parlava in qualche modo di obiezione di coscienza", p. 82. Certo, il Pannella che abbiamo conosciuto non nasce in quei mesi, ma le esperienze di quella lontana stagione costituiscono un tesoro di problemi e di interrogativi che la successiva riflessione e maturazione farà poi fruttificare.
Se il libro è materiato di affetto, non siamo di fronte a un’opera celebrativa. L’autore, infatti, non manca di rimarcare i punti di dissenso politico. Secondo Negri il Partito radicale doveva ambire a rappresentare un’area politica laico-socialista, che poteva aspirare almeno al venti per cento dei consensi. Pannella, invece, dai primi anni Ottanta e ancora più nella fase della cosiddetta seconda repubblica, sceglie di essere il profeta-predicatore di "una lobby individuale". La divergenza politica è riassunta plasticamente in un episodio di un ventennio addietro che l’autore rievoca ancora non senza rammarico. In occasione delle elezioni del 1996, Negri racconta di una lunga trattativa notturna con Berlusconi, che arriva ad offrire quarantadue seggi a Pannella, ma questi declina l’offerta chiedendo solo un contributo per Radio radicale. Un atteggiamento analogo si riscontra tre anni dopo con la lista Bonino, quando il patrimonio di consenso raccolto attorno a quella iniziativa viene rapidamente disperso. "Le scelte dell’ultimo Pannella", commenta Negri, "restano per me un mistero", p. 74. A conforto dell’analisi dell’ex segretario radicale si può rilevare che un percorso politico in cui i profili di avventura personale sono prevalenti appartiene, sia pure declinato volta a volta in modo diverso, anche ad altre personalità dell’area laica o di terza forza dell’Italia repubblicana. Per intenderlo, basta porre mente alla parabola politica di figure quali, per esempio, La Malfa, Malagodi, Saragat. A questo rilievo di carattere generale se ne può assortire un altro di ordine più individuale. Pannella si era formato ed era politicamente cresciuto nella cosiddetta prima repubblica, collocandosi sempre, sia pure con venature eretiche, su posizioni terzaforziste. Appare comprensibile, perciò, che non si sia sentito a suo agio nell’universo bipolare della seconda repubblica, dove lo spazio di manovra per le terze forze si riduceva di molto. Una circostanza, questa, che può avere accentuato quella propensione alle avventure personali che era già presente a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso.
Il libro risulta utilissimo anche per ricostruire l’universo radicale. Non solo per i molti aneddoti e retroscena che affiorano quasi naturalmente nella narrazione, ma per il modo in cui vengono fissate le coordinate dell’azione radicale. A tal proposito, se nella tassonomia interna del microcosmo pannelliano Negri si iscrive alla genealogia dei radicali-democratici più che a quella dei radicali-nonviolenti, la differenza ideale si scioglie poi di fatto nel racconto delle campagne politiche, degli scioperi della fame, di un vissuto militante intenso e coinvolgente. Non casualmente più volte l’autore ricorda come i radicali agivano con una disciplina quasi militare, che, anche se articolata su numeri molto più modesti, non aveva nulla da invidiare a quella di ascendenza leniniana dei comunisti.
Nell’analisi di Negri non manca, sia pure svolta in modo non sistematico, una ricognizione dell’orizzonte intellettuale di Pannella. Sotto questo profilo l’autore non trascura di richiamare le molteplici suggestioni che affioravano volta volta negli interventi pannelliani. Dal pensiero della destra storica al personalismo, dalla non violenza gandhiana alla esperienza del “Mondo” di Pannunzio, dall’antifascismo giellista all’umanesimo socialista. Tuttavia, al di là di questo catalogo di riferimenti, che testimoniano una non banale curiosità intellettuale, Negri sottolinea come nel retroterra culturale pannelliano risulti centrale la crociana religione della libertà, sia pure rivissuta in un’angolazione movimentista e libertaria, ma con una sostanziale fedeltà al suo principio di ideale morale.
La chiave di lettura del fiume carsico che, come si è detto, fa da cornice al volume, non è utilizzata per individuare una continuità ideale con correnti politiche del passato o per rivendicare una continuità possibile di azione e di intenti, ma serve a ricordare che il carisma pannelliano non era oggettivabile e non può avere eredi diretti. Su questo, nel capitolo conclusivo, Negri si esprime con estrema chiarezza. Un partito non ideologico come quello radicale non può sopravvivere alla scomparsa del proprio leader, soprattutto quando questo leader ha portato a sintesi posizioni diverse e ha fatto di tutto per far coincidere la parabola del partito con "la propria avventura esistenziale", p. 189. Invece, quello di Pannella resta un esempio da tenere presente come una possibile fonte di ispirazione, perché "il mondo che oggi è il nostro vive rivoluzioni del sapere così profonde e dalle conseguenze così dirompenti da chiedere alla politica un supplemento di intelligenza e di conoscenza che spesso la politica non ha. Solo la religione della libertà può aiutare la persona, il cittadino a convivere con la modernità che galoppa", p. 192. Sotto questo profilo il volume si apprezza anche per lo spirito controcorrente che lo anima, raccontando, in tempi in cui il mestiere del politico è messo alla berlina e vilipeso oltre misura, la vita e le opere di chi, senza mai atteggiarsi ad anima bella, ha creduto fermissimamente nella nobiltà della politica.
Negri ha scritto un libro che sarà molto utile allo storico futuro del movimento radicale, non solo come testimonianza in prima persona, ma anche come documento capace di restituire la tonalità affettiva di una esperienza politica. Soprattutto, però, raccontando la vicenda di Pannella l’autore ha tracciato, con passione ma senza inutili nostalgie, il Bildungsroman di una generazione. E questo, almeno agli occhi di chi scrive queste righe, non è certo il pregio minore del suo libro.
  Cosa ne pensi? Invia il tuo commento
 
Realizzazione a cura di: VinSoft di Coopyleft