Rubbettino Editore
Rubbettino
Torna alla Pagina Principale  
Redazione: Fausto Cozzetto, Piero Craveri, Emma Giammattei, Massimo Lo Cicero, Luigi Mascilli Migliorini, Maurizio Torrini
Vai
Guida al sito
Chi siamo
Blog
Storia e dintorni
a cura di Aurelio Musi
Lettere
a cura di Emma Giammattei
Periscopio occidentale
a cura di Eugenio Capozzi
Micro e macro
a cura di Massimo Lo Cicero
Indici
Archivio
Norme Editoriali
Vendite e
abbonamenti
Informazioni e
corrispondenza
Commenti, Osservazioni e Richieste
L'Acropoli
rivista bimestrale


Direttore:
Giuseppe Galasso

Responsabile:
Fulvio Mazza

Redazione:
Fausto Cozzetto
Piero Craveri
Emma Giammattei
Massimo Lo Cicero
Luigi Mascilli Migliorini
Maurizio Torrini

Progetto grafico
del sito:
Fulvio Mazza

Collaboratrice per l'edizione online:
Rosa Ciacco


Registrazione del
Tribunale di Cosenza
n.645 del
22 febbraio 2000

Copyright:
Giuseppe Galasso
 
Cookie Policy
  Sei in Homepage > Anno XVIII - n. 3 > Rendiconti > Pag. 277
 
 
Napoli, un saggio di storia urbana
di Pasquale Belfiore
Nuova edizione per l’ormai storica monografia su Napoli scritta da Cesare de Seta. Rinasce con arte’m dopo la rinunzia di Laterza – incomprensibile – ad alimentare ancora la fortunata collana «Le città nella storia d’Italia» diretta dallo stesso de Seta ove fu riedita nel 1981 dopo l’originaria pubblicazione nel 1973 nelle «Grandi Opere». Ma il seme di questa generosa pianta storiografica era stato gettato ancor prima, nella Cartografia della città di Napoli. Lineamenti dell’evoluzione urbana in tre volumi e grande formato per l’ESI nel 1969. Nasceva allora la componente scientifica degli studi urbani su Napoli perché era modellata sulla sequenza delle rappresentazioni “esatte” della forma della città, del suo sviluppo, delle sue trasformazioni. Forma geometrica, ma esprimente le volontà politiche delle istituzioni, gli assetti economici e sociali, le fasi del gusto. Che quella del 2016 sia l’edizione (provvisoriamente) più completa lo testimoniano le significative integrazioni, il corposo repertorio di note con aggiornamento bibliografico curato da Massimo Visone e un’iconografia che respira meglio nella pagina rispetto all’originaria impostazione grafica. La spettacolare Veduta di Napoli con Largo di Palazzo di Gaspar van Wittel che compare in copertine e risvolti è una convincente anticipazione della qualità compositiva dell’intero volume. Perciò, menzione d’obbligo anche per la stampa di Giannini che onora il secolo e mezzo di attività tipografica, oltre che editoriale. La struttura del libro è sostanzialmente confermata, con nove capitoli che dalla città greco-romana arrivano ai primi del Novecento. Segmenti cronologici ampi sono adottati fino al periodo vicereale che segna una nuova dimensione urbana per Napoli. In seguito, le scansioni temporali divengono più fitte ed indugiano, doverosamente, sulla metropoli dell’età dei lumi e sulla «deriva della dinastia borbonica». Si conclude con il Piano di De Simone del 1914 che per la prima volta introduce una visione territoriale nel futuro della città. Il Novecento manca perché è un’altra storia e ancor di più lo è la contemporaneità più flagrante cui una pianificazione urbanistica realizzata al di fuori d’un quadro organico, scrive l’autore, ha negato «alla città la via per uno sviluppo verso più civili destini». Chiuso il doveroso riassunto dell’indice, si propongono ora alcune questioni di merito, almeno tre degne di nota.
La prima questione riguarda l’originaria scelta di campo storiografico, in parte eccentrica rispetto alla formazione accademica di de Seta nella Facoltà di Architettura di Napoli tutta informata al magistero di Roberto Pane. La citata Cartografia fu prefata da Francesco Compagna che a «Nord e Sud» aveva accentuato gli studi di geografia urbana e regionale dentro i quali inquadrava uno degli aspetti esponenti della questione meridionale. Un metodo di lavoro inclusivo di più discipline e un linguaggio più “tecnificato” dunque, rispetto alla tradizionale ortodossia storiografica della scuola napoletana, comunque di assoluto valore. Nel passaggio dalla Cartografia alla monografia su Napoli, con il viatico di Fernand Braudel per il quale tutte le scienze dell’uomo sono di volta in volta ausiliarie l’una delle altre, veniva accentuato il carattere interdisciplinare dello studio nel convincimento che l’economia, la politica, la demografia, le scienze sociali, l’arte e l’architettura stessa dovessero integrarsi in un saggio di “storia urbana”, così definito e sottolineato dall’autore, e non di storia urbanistica più attenta alla trasformazione del fisico della città. La modernità metodologica dell’impianto narrativo manifestata fin dall’origine ha affrancato l’opera dalla necessità di procedere a sempre rischiosi aggiornamenti, qui correttamente applicati ai soli apparati.
La seconda questione riguarda il ruolo svolto dal Settecento nella costruzione della città contemporanea. Ancora una tesi non allineata con la storiografia urbana più diffusa che ha descritto la magnificenza urbanistica di Carlo III associandola alla Napoli di Antonio Genovesi in una sorta di celebrazione unitaria dell’età dei lumi. Per de Seta, sono due realtà incomparabili e il Settecento è il secolo nel quale si leggono in nuce i segni negativi dell’urbanesimo contemporaneo. La magnificenza si è manifestata con il sistema delle gigantesche opere pubbliche che «galleggiano – fossili fuori misura – nella palude del riformismo annacquato del primo Borbone» e stanno a dimostrare il fallimento d’una ideologia urbana. Agli illuministi meridionali si devono invece i primi contributi scientifici al tema della riorganizzazione della città sul modello dei fisiocratici, le documentate analisi sugli squilibri di produzione e consumo tra capitale e regno, sulle rendite parassitarie agricole e urbane responsabili del mancato, ordinato sviluppo della città. Questi argomenti sono già da molti decenni gli strumenti analitici d’elezione di storici urbani che indagano la formazione delle città contemporanee. Erano presenti fin dalle prima edizioni della monografia e furono messi in evidenza, tra gli altri, da recensori come Galasso, Tafuri, Benevolo, Blunt, Chastel, Romano e Zevi. Vengono qui ripresi e valorizzati in appositi paragrafi e costituiscono l’integrazione più significativa al testo.
La terza questione si pone sulla scelta del termine ad quem della ricerca, cioè i primi del Novecento. La già citata spiegazione dell’autore appare sostenibile ma non del tutto convincente. Una delle tesi del saggio, forse quella primaria, intende dimostrare che la crisi della città contemporanea trae origine dagli errori commessi nell’urbanistica a partire dal Settecento. Il Novecento li amplifica a dismisura perché smisurate sono le quantità dell’esplosione demografica, quindi edilizia, quindi territoriale. Nella storiografia su Napoli manca proprio un testo che metta insieme passato prossimo e remoto con il moderno e la contemporaneità in un racconto unico che descriva analiticamente e indaghi su questi nessi di causalità diretta. Monografie sul Novecento urbanistico e architettonico napoletano sono presenti in numero sufficiente, così come quelle sulle partizioni per secoli a ritroso nella cronologia. Tutti conosciamo i vantaggi e i limiti d’una siffatta storiografia per ritornare sul tema. Quella di de Seta è l’unica di sintesi con robusto impianto storico-critico e come tale va resa completa anche sul versante temporale. Per questa ragione dicevamo in precedenza che la presente edizione è quella provvisoriamente più completa sulla storia urbana di Napoli, in attesa dell’ineludibile decimo capitolo sul Novecento.
  Cosa ne pensi? Invia il tuo commento
 
Realizzazione a cura di: VinSoft di Coopyleft