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La previsione del passato
di Sandro Petriccione
La prima guerra mondiale era finita da poco e tra gli sconvolgimenti che aveva prodotto la rivoluzione in Russia nel 1917 non era certo il minore. Ma la vittoria dei bolscevichi nella guerra civile combattuta sul territorio immenso del vecchio impero zarista aveva avuto come risultato l’avvio del consolidamento del potere sovietico e la generale convinzione che fosse necessario superare il”comunismo di guerra” che aveva messo in ginocchio tutto l’apparato produttivo russo e provocato enormi sacrifici per i cittadini avviando una fase di sviluppo che facesse ricorso anche all’iniziativa dei privati soprattutto nel campo dell’agricoltura che rimaneva il settore di gran lunga più importante dell’economia russa. Era l’inizio della NEP la nuova politica economica la quale doveva durare quasi un decennio e che portò ad un miglioramento del livello di vita rispetto a quello estremamente basso degli anni precedenti.
L’ambiente intellettuale di questo periodo era particolarmente vivace in tutti i campi, dalla letteratura alle arti figurative e all’economia, ed aveva trovato l’interprete della nuova politica culturale in Anatoly Vasilievich Lunaciarski che Lenin aveva scelto per dirigere il Narkompros (commissariato del popolo per la diffusione della cultura) che abbracciava anche tutti i compiti di un ministero dell’istruzione1. La reazione degli ambienti intellettuali ai nuovi compiti derivanti dalla Rivoluzione di Ottobre provocava dibattiti accesi e polemiche che risentivano delle posizioni politiche dei partecipanti e riflettevano lo scontro che contrapponeva le idee di Lev Trotzki fautore della “dittatura dell’industria” soprattutto della grande industria di base il cui sviluppo doveva essere assicurato dal prelievo forzoso di ricchezza dal settore agricolo per mezzo di una rigorosa politica fiscale fondata sui pagamenti in natura; idee che sia pure con una serie di distinzioni erano condivise dalla “sinistra” (che quindi mal sopportava la NEP) e quelle di Nikolai Bucharin che riteneva prioritario lo sviluppo dell’industria leggera e delle attività legate all’economia agricola e vedeva con favore l’arricchimento dei piccoli proprietari nelle campagne.
I futuristi russi, una delle correnti più vivaci dell’ambiente intellettuale di quel tempo, e tra essi il loro maggiore rappresentante Vladimir Maiakovski. dichiarava di non dare alcun valore a tutta la cultura russa precedente alla rivoluzione giungendo paradossalmente a mettere in discussione perfino l’opera di Pushkin; ma anche il poeta Alexander Blok e il pittore Marc Chagal erano vicini alle correnti che condividevano le idee di sinistra, che soltanto con una approssimazione si possono definire trotzkiste, e si ritenevano veri bolscevichi mentre molti altri pur rimanendo dei “senza partito”, secondo la terminologia sovietica, ne appoggiavano le prese di posizione. Lunaciarski, insieme a Gorki manteneva una posizione intermedia ed appoggiava il conte Zubov, un conservatore illuminato che intendeva difendere opere e monumenti del periodo prerivoluzionario2.
In questo quadro emerge la figura di Evgheni Nikolaievich Preobrajenski dirigente del PC(b) ed economista il quale, nonostante si fosse formato da solo, dava molti punti a coloro che provenivano dall’ambiente accademico. Preobrajenski immediatamente dopo la rivoluzione del 1917 aveva prodotto insieme a Bucharin, che poi doveva diventare il suo principale antagonista nel periodo della NEP, un manuale per le scuole l’ABC del comunismo (azbuka kommunizma) ma è solo nel 1922, che scrisse il saggio Dalla NEP al Socialismo uno sguardo sul futuro della Russia e dell’Europa (Ot NEPa k sozializmy vzgliad buduscii v Rossii i Evropi) che può essere considerato un suo lavoro giovanile e certamente il primo del quale Preobrajenski possa considerarsi l’unico autore.
La storia di questo scritto è abbastanza singolare: esso quasi sempre non figura nell’elenco delle opere di Preobrajenski e perfino Alec Nove nell’introduzione alla maggiore opera di Preobrajenski – La Nuova Economia – non ne fa cenno forse perché precedente a tutta la più nota fase del dibattito sull’industrializzazione durante la NEP che, come è chiaro fin dal titolo del suo libro, Erlich fa iniziare nel 19243, e fu tradotto solo nel 1966 in francese perché attrasse l’attenzione non di un economista ma dello scrittore e sociologo surrealista Pierre Naville. In Italia fu tradotto subito dopo dal francese da una piccola casa editrice la Jaca Book che ha il merito, nella inerzia o nel conformismo filosovietico dei grandi mezzi di informazione in Italia, di avere attratto l’attenzione dei lettori italiani su questa opera4.
Il saggio consiste in ipotetiche conferenze tenute nel 1970 – a quarantotto anni dalla data nella quale fu ideato – da un immaginario professor Minaev economista e storico dell’economia nonché, secondo i canoni etico-politici della sinistra sovietica, aggiustatore meccanico. Dopo quasi mezzo secolo dalla NEP il professor Minaev, il quale parla nel grande anfiteatro di Mosca agli operai che vogliono migliorare la loro cultura, mentre le sue lezioni sono trasmesse alle altre città dell’URSS per radio – uno strumento di avanguardia nel 1922 quando il saggio fu scritto – spiega nelle sue lezioni come si sia sviluppato il sistema sovietico in Russia e quali effetti abbia avuto sull’Europa. Per inciso si deve notare che, dato il tono spesso specialistico delle conferenze, gli operai sovietici del 1970 avrebbero dovuto avere un livello di cultura molto elevato, superiore a quello per esempio della media degli studenti italiani del 2013!
Il testo inizia con la quinta lezione e prosegue nelle successive – come è precisato nella premessa – perché gli avvenimenti precedenti al 1922 per lo scrittore riguardano il passato e in particolare la Rivoluzione di Ottobre, il comunismo di guerra e l’inizio della NEP che il professor Minaev si immagina abbia trattato nelle precedenti lezioni.
L’artificio letterario al quale ricorre Preobrajenski è quello di contrapporre il suo giudizio critico sul presente – la NEP del 1922 – alla descrizione dei decenni successivi nelle immaginarie lezioni del professor Minaev pronunciate nel 1970 al tempo della supposta completa attuazione della società socialista in Russia e dell’inizio del passaggio – secondo i canoni marxisti e leninisti – alla società comunista, quella che ironicamente Karl Kautzki definiva “il regno del millennio”. Quindi rappresentano la previsione del futuro di un osservatore del 1922 che utilizza lo strumento di immaginarie lezioni accademiche nel 1970 per descrivere il passato – il quale però ancora doveva arrivare – dando al lettore che segue la narrazione dei fatti, che in realtà sono delle previsioni, un senso di acquisita certezza.
Sotto certi aspetti anche George Orwell nel suo ben più famoso libro “1984” scritto nel 1948 dà una descrizione di un ipotetico passato, ma partendo dalle tragiche conclusioni, che riguardarono anche l’autore di “dalla NEP al Socialismo”, dello sviluppo del regime sovietico nell’URSS e molto probabilmente non aveva contezza del lavoro scritto ventisei anni prima da Evgheni Preobrajenski che al contrario si esprimeva in termini ottimistici sullo sviluppo della società socialista in Russia.



Un esercizio nel regno dell’utopia

La descrizione – o in realtà la previsione – degli anni successivi al 1922 è condotta secondo i principi e i desideri della sinistra filotrotzkista sovietica e ne condivide i caratteri utopistici; essa può essere ricondotta a due fasi caratteristiche dello sviluppo della società sovietica: l’uscita graduale anche se non indolore dalla NEP, ma infinitamente meno tragica di quella che in realtà poi fu attuata da Stalin, con la prevalenza dell’economia di Stato e la seconda guerra mondiale che ha inizio, come spiega Minaev, con la rivoluzione in Germania e successivamente con l’intervento sovietico e, a differenza del carattere utopico della prima fase, prevede con notevole realismo la divisione in due dell’Europa tra Stati sovietici capeggiati dalla Russia e Stati capitalistici. L’analisi parte dalle conseguenze della prima guerra mondiale sulle economie capitalistiche dell’Europa con la crisi degli sbocchi e dell’acquisizione di materie prime. Si osserva che, superata la spinta rivoluzionaria dell’immediato dopoguerra, il capitalismo europeo, sia pure a un livello più basso, riesce a stabilizzarsi. In Russia la produzione agricola aumenta e si creano eccedenze di merci, soprattutto ma non solo agricole, utilizzabili per l’esportazione. In una siffatta situazione – osserva Minaev – l’Europa ha bisogno della Russia e la Russia ha bisogno dell’Europa un’affermazione valida ancora oggi.
Ma il rafforzamento del settore privato e la sua prevalenza, dovuto all’aumento della produzione provocato dalla NEP, contrasta con la determinazione di accrescere il ruolo dei principali strumenti del potere economico sovietico: il GOSPLAN (il piano quinquennale) e la Banca di Stato il cui ruolo però è molto diverso da quello delle banche centrali dei Paesi capitalistici limitandosi al finanziamento del settore privato che tuttavia era la parte prevalente dell’economia russa degli anni Venti del XX secolo per la massima parte costituita da piccole e medie imprese agricole. Il pagamento in natura e non in moneta come avviene nelle economie capitalistiche, e che viene progressivamente ampliato, riduce il ruolo degli intermediari finanziari, in primo luogo della Banca di Stato mentre aumenta quello del GOSPLAN che determina i prezzi.
Lo sviluppo durante la NEP di una classe di contadini ricchi – i kulaki – orientati verso il mercato e di imprenditori principalmente del commercio crea le premesse per un conflitto tra questo nuovo blocco di interessi e il regime sovietico il quale alla fine ha la prevalenza e, secondo le lezioni di Minaev, pone le premesse per il passaggio al socialismo senza violenze fisiche ma esclusivamente con la confisca dei beni degli sconfitti: di qui il titolo del libro Dalla NEP al socialismo che intende contrapporre due fasi della storia della Russia Sovietica
Il mito comunista della scomparsa della moneta trova concreta espressione nelle lezioni di Minaev il quale mette in luce come l’elettrificazione delle campagne, lo sviluppo delle cooperative e il miglioramento dei trasporti che determinano la prevalenza degli scambi in natura, hanno l’effetto di ridurre progressivamente il peso del settore privato e conseguentemente anche della Banca di Stato fino alla completa scomparsa della moneta col ritiro delle banconote in circolazione e la loro distruzione o, per soddisfare la curiosità dei cittadini della società comunista per strumenti finanziari così obsoleti, con il deposito di una loro parte nei sotterranei della Banca di Stato ormai non più attiva.


La conclusione

Preobrajenski non tornò più sul tema delle previsioni a lungo termine per l’economia e la società sovietiche e la sua principale opera La Nuova Economia (Novaia Ekonomika) apparve nel 1926 dopo una serie di articoli pubblicati nel 19245. L’argomento centrale del libro è il problema allora molto dibattuto dell’“accumulazione originaria socialista” cioè della formazione di capitale in regime sovietico. Il volume è preceduto da una dichiarazione del Comitato Editoriale dell’Accademia Comunista che ci tiene, a scanso di equivoci – Stalin era segretario del PCUS –, ad affermare il suo totale disaccordo con le tesi sostenute nel libro e che, quanto a coraggio, fanno pensare al tono di Leporello latore del messaggio di don Giovanni quando si rivolge al Commendatore, il “convitato di pietra”, nell’opera mozartiana!
Le idee di Preobrajenski, che erano quelle delle lezioni del professor Minaev, entrarono subito in conflitto con la politica di Bucharin allora alleato di Stalin, che auspicava una stabilizzazione della NEP con l’allargamento dell’economia di mercato a suo avviso fondamentale per l’espansione della produzione6 e, in polemica con le critiche trotzkiste scriveva: «ma allora siccome il capitalista concorre, è lottato dalla concorrenza, acquista clienti con i prezzi bassi, così da noi non deve esservi ‘individualismo’,’manchesterismo’ecc. e vendita a prezzi bassi perché questo è un metodo capitalistico7!».
Per inciso in Italia, mentre nell’immediato dopoguerra vi erano specialmente tra i giovani socialisti, degli estimatori di Trotzki, a cominciare da Livio Maitan, su Bucharin era calata la coltre del silenzio; infatti i fascisti che non tolleravano tutto ciò che proveniva dall’odiato mondo sovietico e i comunisti i quali non volevano che neppure si accennasse alle vittime del terrore staliniano, impedirono che fosse conosciuto alcunché del riformatore sovietico. Quando, preceduto da due articoli su Mondo Operaio, la rivista ufficiale del Partito Socialista, nel 1962 apparve, pubblicato da una piccola casa editrice che faceva capo a Nino Seniga, l’ex segretario di Pietro Secchia, il mio libro8 che richiamava le idee di Bucharin, i comunisti ed i loro alleati fecero del tutto per ignorarlo o trattarlo come inaccettabile propaganda antisovietica. Solo sette anni dopo Lisa Foa, che nel 1963 era un’intellettuale ancora di stretta osservanza comunista, pubblicò nel 1969, quando era già entrato in crisi il rapporto tra il PCI e l’Unione Sovietica, una rassegna di scritti su Bucharin9 e, indirettamente riportò le idee di Preobrajenski riportate nel libro di Erlich.
Ma Preobrajenski non potette essere presente alle ultime lezioni del professor Minaev: quando dopo il 1928 iniziò il periodo della collettivizzazione staliniana che fu caratterizzata dagli aspetti più brutali dell’accumulazione originaria socialista, presagì quello che stava per accadere e scrisse «La classe operaia vittoriosa non può trattare la sua forza lavoro, la sua salute e le sue condizioni lavorative alla stessa maniera del capitalismo. È questa una barriera all’accumulazione socialista». E nel 1934 al XVII Congresso del PCUS richiesto di rinnegare quanto aveva sostenuto osò dire «Quando devo parlare di politica in maniera diversa da come penso la mia lingua non si muove» che furono le sue ultime parole prima che scomparisse e solo dopo molti anni si seppe che fu ucciso senza processo nel 1937, vittima del terrore staliniano.





NOTE
1 S. Fitzpatrick, The Commissariat of Enlightment, Cambridge,Cambridge University Press, 1970^
2 Gorki e Lunaciarski andarono insieme a Capri (si veda The Commissariat of Enlightment, cit.)¸il primo si recò a Sorrento e non è escluso che lo seguisse anche Lunaciarski. Io ho avuto la possibilità, a casa del marchese di Serra Capriola al Capo di Sorrento, di consultare alcune riviste sovietiche dei primi anni Venti del XX secolo nel periodo drammatico successivo alla rivoluzione leninista caratterizzate dall’entusiasmo per le trasformazioni in corso.^
3 A. Erlich, The Soviet Industrialization debate, Cambridge Mass, Harvard Un.Press,1960, che fu preceduto dall’articolo Preobrajenski and the Economics of Soviet Industrialization, in «Quarterly Journal of Economics», 56 (1950) che io ebbi occasione di leggere a Londra alla biblioteca del British Museum e di riportarne i punti salienti nel mio libro del 1963 Sulla Teoria Economica del socialismo. vedi infra.^
4 E. Preobrajenski, Dalla NEP al Socialismo, Milano, Jaka Book, 1970 (traduzione in italiano di Antonio Barberini)^
5 E. Preobrajenski, Novaia Economica, Kommunist Akademii Moskva, 1926, traduzione inglese di Brian Pierce The New Economics, Oxford, Clarendon Press, 1965. Il libro era stato preceduto da numerosi articoli sul «Vestnik Kommunisticeskoi Akademii»^
6 N. Bucharin, Novoe otkrovenie sovetzkoi ekonomike ili kak mojno poghibich rabocekrestianskii blok (k voprosu ekonomiceskom obosnovanii trotzkizma) [Nuove rivelazioni sull’economia sovietica ovvero come si può distruggere il blocco degli operai e dei contadini (a proposito dei fondamenti economici del Trotzkismo)], cfr. Sulla teoria economica del Socialismo, infra.^
7 N. Bucharin, kritike ekonomicheskoi platformi oppozizii i(uroki Oktiabria 1923 g.), Leningrad, 1926, citato da Erlich^
8 S. Petriccione Sulla teoria economica del Socialismo, Azione Comune, Milano, 1963. Con lo stesso titolo erano stati pubblicati nel 1962 due articoli su «Mondo Operaio», rivista del PSI diretta da Francesco De Martino^
9 L. Foa (a cura di), Nikolai Bucharin, L’accumulazione socialista, Roma, Editori Riuniti 1969, ed anche La strategia sovietica per lo sviluppo economico1924-1930 la discussione degli anni 20 nell’URSS, Torino, Einaudi, 1970 che riprende il libro di Erlich.^
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