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Augurio di Capodanno
di G. G.
È l’inizio dell’anno. Dell’anno 2014 della nostra era, per essere precisi. Se dovessimo o volessimo esprimere pensieri, ipotesi, auspicii sulle cose del mondo in questa alba di un nuovo anno, non pochi sarebbero imotivi di dubbio e di incertezza, di trepidazione e di pessimismo. Se, poi, dovessimo o volessimo esprimere pensieri, ipotesi, auspicii, in particolare, sulle cose italiane, il compito riuscirebbe non solo ancor più difficile,ma il disorientamento e la difficoltà di riorientarsi sarebbero tali da indurre a rinunziare al discorso prima ancora di averlo cominciato.
I motivi di disorientamento (e “disorientamento” è un termine, già esso, poco adeguato alla cosa) sono – ben si può dire – innumerevoli, e ciò al punto da rendere velleitario o del tutto insufficiente qualsiasi sforzo di sintesi che possa riuscire a dare un’idea attendibile e congrua della situazione. Ciò non esime, tuttavia, dal dovere di tentare questo e ogni altro sforzo di sintesi o di analisi: è ovvio, ma è anche obbligatorio, poiché senza momenti di sintesi e di analisi nessuna esperienza sociale può mai essere vissuta, e neppure è possibile. E per ciò, se qui ci asteniamo dai nostri consueti sforzi di tali analisi o sintesi, non è perché siamo inconsapevoli del relativo dovere e obbligo, bensì per dare a noi stessi e ai nostri venticinque lettori (a tanti il Manzoni valutava, come è noto, con spiritosa ironia, quelli del suo capolavoro) un momento di pausa e di respiro, cedendo alla tentazione, una volta tanto, di riposare lo spirito aduggiato dal disorientamento (e peggio) a cui si è accennato e di condire il riposo con un qualche plausibile augurio di capodanno.
L’augurio sarebbe, per noi, quello di superare la “nausea per la politica”, che in Italia è ormai, con tutta probabilità, il sentimento politico incomparabilmente condiviso da una enormemaggioranza del paese più di qualsiasi altro sentimento politico o relativo alla vita pubblica. Una nausea che non è quella generica e, per così dire, prepolitica o metapolitica, della quale parlava, con la sua solita capacità di penetrazione logica e di giudizio, Benedetto Croce in alcune poche pagine di
Etica e politica. No. Nell’Italia di oggi si tratta di una nausea molto più profonda. Si tratta di una nausea non generica, né qualunquistica, né astrattamente sovrapolitica. Si tratta di una nausea che è nata dall’esperienza di una lunga, ventennale fase della vita politica nazionale; da una, molto molto spesso, appassionata, intensa, militante partecipazione alla vita politica; dalla delusione e frustrazione, altrettanto spesso, in cui si è conclusa tale partecipazione o si sono ritrovate speranze, aspettative, fiducia e credito, attenzione e simpatia che nell’opinione pubblica nazionale hanno accompagnato in tutta questa fase la vita pubblica del paese presso un po’ tutte le classi e i ceti.
Ai partiti e alla classe politica risale indubbiamente la responsabilità primaria di questi esiti negativi. Primaria, ma non esclusiva, né isolabile. All’amministrazione dello Stato (e a quella della giustizia in modo particolarissimo), alla classe dirigente in tutte le sue espressioni, al sindacalismo degli imprenditori e del lavoro dipendente, e a tanti altri livelli della vita nazionale, fino alla stampa e agli organi di informazione, nonché agli intellettuali e alla loro funzione e attività, risale una corresponsabilità per nulla minore.
Tutti corresponsabili allora? E perché, allora, una tale generale delusione e frustrazione? E come si può pensare di riorientarsi e di riprendersi se le cose stanno così?
Le cose, però, stanno e, insieme, non stanno così. Non stanno così per la ragione semplicissima e, crediamo, comprensibilissima e molto difficilmente confutabile che anche nelle più generali corresponsabilità, nelle corresponsabilità, per così dire, universali, il luogo primo e maggiore della responsabilità sta sempre in coloro che hanno ruoli e doveri di rappresentanza e di guida. Chi sta più su, se così si vuol dire, è sempre più responsabile di chi sta più giù, anche se, per avventura, personalmente è irreprensibile, e perfino anche se è proprio il comportamento di chi sta più giù a provocare il precipitare negativo degli avvenimenti. Anzi, a tal punto è maggiore la responsabilità, nel senso ora precisato, di chi sta più su da potersi definire, in pratica, come esclusiva, benché, in realtà, sempre parziale.
Ciò premesso, augurarsi che venga superata la “nausea per la politica” significa, in effetti, auspicare che i responsabili storici e capitali di tale nausea invertano il corso del loro comportamento o che altri li scalzino o li sostituiscano e adottino altri comportamenti: cioè, detto in succo, auspicare una diversa condotta della classe politica e delle classi dirigenti o un’altra e diversa classe politica e dirigente.
Difficile? Certo, difficilissimo. Ma necessario, indispensabile e, per ciò, doveroso. Di più: fatale, perché ciò che non ci risolviamo a fare noi, lo fanno le cose, e non sempre meglio di noi, anzi spesso rovinosamente. E per ciò, anche, esprimiamo con profonda convinzione e con viva trepidazione l’augurio che la nausea per la politica oggi dominante in Italia venga superata, e non per la forza delle cose, ma per merito – magari – proprio di coloro che ne sono stati responsabili o, com’è altrimenti e facilmente prevedibile, a opera di chi vorrà e saprà prendere in mano le redini delle nostre cose (e con la speranza, ovviamente, di cadere nelle migliori mani possibili).
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