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Lo storico e l’economista. Lettere di Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito (1935-1949)
di Sergio D'Onghia
Introduzione

Lo storico Piero Pieri e l’economista Giovanni Carano Donvito, sin dai primi anni ’30, hanno iniziato un rapporto epistolare1, che verrà meno solo con la scomparsa dell’economista pugliese, avvenuta nell’aprile 1949 a Gioia del Colle. Pieri si spegnerà a Torino, esattamente trent’anni dopo, il 15 dicembre 1979. Tra i due intellettuali, che di persona non si incontreranno mai, c’è una differenza di vent’anni di età, essendo Carano Donvito nato nel 1873 e Pieri nel 1893. Il divario generazionale appare subito evidente. Pieri si rivolge al suo corrispondente più anziano con parole di stima e sincera ammirazione per la fama di meridionalista che accompagna la sua opera. In più riprese richiamerà, negli anni, i suoi lavori e la magistrale lezione morale che da quegli scritti veniva a coloro che – come lui – si erano avvicinati alla comprensione del problema meridionale. Con l’economista pugliese Pieri ricorderà Zanotti-Bianco, Lucarelli, Salvemini e, naturalmente, Giustino Fortunato, il capofila di quella «“bella scuola” […] schiera di galantuomini e menti illuminate», che avevano fatto «conoscere ed amare» il Mezzogiorno2.
Carano Donvito, invece, – lo intuiamo solamente, essendo mancante la sua parte del carteggio – vede nel più giovane professore un protagonista della storiografia, oltre ad un interlocutore accademico di grande livello, col quale intessere un cortese rapporto ideale e culturale in grado di allargare i confini delle proprie relazioni, sempre più stretti dopo il suo allontanamento dall’università di Bari. Con lui si abbandonerà a confidenze personali, raccogliendone a sua volta.
Affiorerà, così, tutt’altro che sfumata – soprattutto negli anni che coincideranno con quelli del fascismo – un’amarezza condivisa per le sorti nelle quali è scivolata la vita culturale del Paese. Un’ombra melanconica che investirà, nelle loro considerazioni di docenti, anche l’autorevolezza delle Accademie e la preparazione degli allievi, oltre alle procedure concorsuali delle Università. Affiora tra le righe un grande rimpianto per un passato non troppo lontano cronologicamente, eppure quasi disgregato negli uomini e nell’impegno. Ne verrà fuori una immagine nostalgica e quasi dimessa di una nazione che pare aver rinunciato alla migliore tradizione dei suoi studi e si affretti a dimenticare gli intellettuali più illustri che, di quella tradizione, erano stati i protagonisti: un vero e proprio «capovolgimento di valori»3 – scriverà Pieri – che è il marchio di fabbrica dei tempi.
Nonostante queste dolenti considerazioni, i due non verranno meno al loro lavoro intellettuale, mantenendo alta «la propria dignità di vita e di studio innanzi tutto!»4. La dignità e il riconoscimento scientifico del proprio impegno continueranno ad esistere, in quegli anni bui, attraverso il confronto e la riflessione reciproca su autori, temi, letture ed indirizzi di studio. Questo spianerà la strada, nelle ultime lettere, ad un cauto ottimismo. Pieri avrà modo di manifestarlo al più anziano corrispondente man mano che la propria carriera universitaria assumerà una ben definita collocazione storiografica. Una ritrovata tranquillità interiore che, dopo il suo definitivo trasferimento all’Università di Torino, si allargherà dalla sfera personale a quella pubblica, includendovi fiduciose considerazioni di ordine generale. Sono questi, infatti, i primi anni della Repubblica che coincideranno, involontariamente, con la fine di questa amicizia epistolare.



1. Un comune sentire

Il primo documento rinvenuto nell’Archivio Carano Donvito è datato 11 giugno 1935. Si tratta di una lunga lettera di Pieri – in procinto di lasciare Napoli, dove era stato incaricato di storia medievale e moderna per otto anni – in risposta ad una precedente missiva dell’economista. Il tono cordiale e confidenziale lascia pensare ad una consuetudine epistolare già precedente a questa data, ma abbiamo motivo di credere che si tratti del primo contatto tra i due. È lo stesso Pieri, a distanza di quasi tre lustri, in una lettera del maggio ’49 indirizzata al professor Lucarelli5, a metterci su questa via. Nel ringraziarlo per l’invio del necrologio preparato per Giovanni Carano Donvito, scomparso da meno di un mese, Pieri non perderà occasione per richiamare i sensi di quella amicizia interrotta, inesorabilmente, dal destino:
Carissimo Amico, – gli scrive – grazie, sentitissime grazie dell’invio del necrologio del compianto Carano Donvito! La notizia della sua morte mi colpì veramente di tristezza […]. Il Carano Donvito mi onorò della Sua amicizia; anzi fu proprio Lui una quindicina d’anni fa a scrivermi (io non lo conobbi mai di persona), dicendo di voler entrare in relazione con me e di conoscermi dai miei scritti e dalla comune amicizia con Giustino Fortunato, con Salvemini, con Lucarelli, con Ciasca. E ci si scriveva due o tre volte all’anno, e scambiavamo i nostri opuscoli; e io ebbi sempre tanto da imparare da Lui6!

È molto probabile, quindi, che la lettera dell’11 giugno ’35 sia effettivamente la prima risposta di Pieri all’invito epistolare rivoltogli dall’economista. È questo un periodo particolarmente significativo per le vicende umane e professionali di entrambi. In quell’anno, infatti, Pieri supera il concorso per la cattedra di Storia moderna all’Università di Messina, mentre Carano Donvito, sospeso – per le sue dottrine liberali e liberiste contrarie al fascismo – dal ministero dell’educazione nazionale dall’incarico di Politica economica presso l’Università di Bari, ha da qualche mese chiesto il suo definitivo collocamento a riposo. Sono mesi di grande delusione e amarezza per il professore pugliese che, da qualche settimana, ha saputo di dover rinunciare anche alla sua collaborazione più prestigiosa, quella con «La Riforma sociale» di Luigi Einaudi, soppressa anch’essa dal regime. Questo ennesimo “stallo” imposto alla sua attività si unisce ad un lento, ma costante, «misconoscimento» che il meridionalista avverte nei riguardi dell’opera sua. Trascurato dalla comunità scientifica, costretto da sempre a «farsi strada coi propri mezzi soltanto», mortificato dalle sorti del dimenticato Mezzogiorno, l’economista vive oramai appartato nella sua dimensione paesana, circondato dai suoi cari e confortato dalla stima e dall’affetto dei pochi amici e sodali. Di essi è entrato a far parte anche lo storico Piero Pieri:
Illustre Professore, – gli scrive Pieri in quella primavera inoltrata del ’35 – […]. Ella ha il vanto di essere uno dei migliori continuatori di quella nobilissima tradizione pugliese – così bene illustrata dall’amico Lucarelli – materiata di cultura, di intelligenza, di sano equilibrio, di sincero amor patrio, di fiera onestà. E attraverso il Suo eccellente lavoro L’economia meridionale prima e dopo il Risorgimento7 io l’ho stimata e mi permetta di dirlo, amata, come una di quelle persone che a noi non meridionali hanno aperto la via alla comprensione esatta dei problemi del Mezzogiorno e della sua storia. Tanto più mi addolora il sentire da Lei che tutta l’opera Sua è stata così misconosciuta8!

Appare evidente come queste parole rianimassero l’animo contrito del Carano Donvito, soprattutto se vergate dalla mano di uno storico che già da tempo ha confermato i suoi promettenti esordi. Esse lasciano intendere un sincero apprezzamento per gli scritti dell’economista, non certo lodi di circostanza, come di solito accade tra intellettuali di diversa generazione. Lo si capisce dal tono intimo e confidenziale, una sorta di sintonia immediata, che riempie le righe di questa lunga lettera. Nella missiva Pieri si muove col tatto e il rispetto dovuti ad un caro amico. A lui Carano Donvito, in una precedente occasione, deve avergli riferito le sue lunghe e sconfortanti disavventure concorsuali che lo hanno tenuto lontano dalla titolarità di una cattedra universitaria. Al più anziano maestro, certo di essere compreso, Pieri non farà mistero delle proprie amarezze: «nella relazione del concorso di Perugia – gli scrive – sono stato trattato come uno sgobbone inconcludente, ed è stato un miracolo che non mi abbiano escluso dalla terna»9. Senza sapere che, proprio in quei mesi, la sua «anticamera» accademica si sarebbe risolta positivamente col trasferimento nell’università di Messina.
Memore di questa dura esperienza, Pieri non si sottrarrà alle richieste del professore barese per spendere una buona parola in favore di giovani insegnanti, suoi conterranei, in procinto di «sistemarsi»10. Non di meno, conscio della delusione che vive da tempo l’anziano maestro pugliese, lo storico ritornerà, quando gli si ripresenterà l’occasione, a ricordargli i suoi meriti, legando l’opera sua alla «storia di tutto un movimento le cui benemerenze verso il Mezzogiorno non potranno mai essere negate»11.
Molti dei protagonisti di quel «movimento» intellettuale meridionale avevano, in vario modo, indirizzato gli studi giovanili dello storico.



2. Pieri storico del Mezzogiorno

Decisamente interessante, anche per chiarire il significato di questo breve carteggio, è richiamare la memoria sugli studi meridionalisti di Piero Pieri. Diciamo subito che essi, tra saggi, recensioni e articoli, sono numerosi. Diversi sono anche i filoni di ricerca, ma essi confluiscono, nella gran parte, nel lumeggiare le condizioni del Regno di Napoli tra Settecento e primo Ottocento12. Particolare attenzione viene data, in questi saggi, alla classe dirigente meridionale. Essa si era posta al timone del vento liberale, di matrice illuminista, che aveva gonfiato le vele, prima della Rivoluzione francese o poi di quella napoletana, abbattendo gli steccati del «vecchio mondo feudale». Nonostante la fine repentina di quella fiammata partenopea, già dai primi anni del secolo XIX, «la nuova Italia, alla cui formazione il Napoletano ha già dato così largo contributo d’opere, d’esperienza, di martirio», era già «viva nella coscienza della nuova borghesia»13.
Dopo gli studi universitari compiuti a Pisa, gli anni della prima formazione, trascorsi in quelle terre, avevano visto Pieri impegnato nella ricostruzione del periodo della Restaurazione in Toscana14.
Trasferitosi a Napoli, sulle orme di suo padre Silvio, che in quella università aveva insegnato Glottologia, dal 1927 era stato incaricato di storia medievale e moderna. Ricorderà, a distanza di oltre quattro lustri, di aver «passato a Napoli i migliori anni» della sua vita15. Sotto il Vesuvio ritroverà Giustino Fortunato – conosciuto nel ’23 – che gli accorderà la sua «amicizia e benevolenza»16.
Oltre ai due “monumenti” cittadini, Croce e Fortunato, nell’ateneo campano entra in contatto con un ambiente estremamente attivo nel campo degli studi storici. Insieme al cattedratico salentino Michelangelo Schipa, un vero e proprio “caposcuola”, ci sono anche giovani promettenti come Maturi e Cortese – e più tardi Moscati – che compiono in quel periodo le prime prove17. Pieri, già più maturo rispetto a loro, pur non essendo meridionale, partecipa attivamente, sulla scia dello Schipa, agli studi sul Mezzogiorno d’Italia tra ’700 e ’800. Già nel 1924 ha pubblicato uno studio su Monsignor Capecelatro, vescovo di Taranto, «e il contegno da lui tenuto nel 1799 durante la rivoluzione»18. Si tratta di un lavoro breve, ma ben articolato, condotto sui documenti consultati nell’Archivio di Stato di Napoli, con riferimenti alla migliore bibliografia dell’epoca. Uno studio che, ancora una volta, conferma le sue doti non comuni di ricercatore e lettore instancabile. Lo si coglie anche dalle numerose recensioni di quegli anni. Esse ci dicono molto sui suoi interessi, sugli indirizzi di ricerca intrapresi e sulla “costruzione” di una idea di Risorgimento, mutuata dal suo primo maestro Gaetano Salvemini. Essa rimarrà immutata negli anni, anche quando le sue indagini si orienteranno in favore della storia militare19.
Un brano di una recensione del ’26 – mentre sta per vedere la luce il suo lavoro più prestigioso sulle origini del Risorgimento meridionale20 chiarisce sino in fondo la sua visione del Risorgimento nel Mezzogiorno:
Nuovo fervore d’indagini e di studio suscita da qualche anno la storia del Risorgimento nell’Italia Meridionale, dove il grande fenomeno si presenta con caratteri propri e notevolmente diversi da quelli delle altre parti d’Italia. Più profonde e tenaci qui le impronte della feudalità; meno numerosa, ricca e intraprendente la nuova borghesia; più grave e sentito il distacco fra ceti agiati e colti e plebi rurali. E il movimento intellettuale rinnovatore, di quanto si eleva in altezza con uomini di poderosissimo ingegno e di profonda dottrina, d’altrettanto, si direbbe, perde in estensione, rimanendo spesso patrimonio d’un numero troppo limitato d’idealisti privi spesso del necessario contatto coi vari ceti sociali e della conseguente esperienza diretta. Gli effetti di tale stato di cose si ripercuotono in tutta la storia del secolo successivo, e non è dato sperare d’intendere appieno la storia dell’Italia Meridionale fin oltre il 1860, se non si risale almeno a quello stato di fatto che vi si venne creando nella seconda metà del secolo XVIII21.

Alla tumultuosa conclusione di quel XVIII secolo Pieri, ormai esperto storico del meridione, dedicherà sempre nuove fatiche. Nel ’27 pubblicherà, sulla «Rassegna storica del Risorgimento», uno studio che non aveva trovato spazio ne Il Regno di Napoli. Dal luglio 1799 al marzo 1806, edito quello stesso anno. Si tratta di una dettagliata ricostruzione dei retroscena di una cospirazione di patrioti, che si consuma a Napoli, nel settembre del 1799, mentre imperversa «una vera caccia all’uomo da parte dei membri delle cosiddette Società Realiste, contro i pochi ancora sfuggiti alla repressione»22.
Due anni dopo, nell’autunno del ’29, Pieri viene invitato al XVII Congresso Sociale di Napoli. È una gratificazione importante, affatto casuale per un non napoletano. È il riconoscimento di una attività scientifica, in favore degli studi storici sul Mezzogiorno, che ha raggiunto, con merito, la notorietà. In quella occasione presenterà una relazione su Il clero meridionale nella rivoluzione del 179923. Nel contributo, lo storico si preoccupava di chiarire quale parte avesse avuto il clero meridionale in quei mesi gravidi di avvenimenti decisivi per la nascita, evoluzione e conclusione della Rivoluzione napoletana.
Appare chiaro così, alla luce di quanto detto, che la sua conoscenza degli scritti di storia economica del Carano Donvito, prima dell’inizio del loro carteggio, arricchisse, nel decennio che va dal ’24 al ’35 – anno in cui lascerà l’ateneo napoletano – , un personale bagaglio culturale e professionale, orientato allo
studio sistematico della storia del Mezzogiorno. Con gli anni, la sua frequentazione ideale di quelle pagine, divenute col tempo una pietra miliare per lo studio della “questione meridionale”, sarebbe divenuto un invito e un supporto bibliografico irrinunciabile anche per i suoi studenti: «Spesso per le tesi – si legge nel carteggio – i miei scolari ricorrono alla Sua opera sopra l’economia nel Mezzogiorno dopo il ’60, e sempre con profitto, e con elogi per l’autore»24.



3. Da Napoli a Messina

Dall’anno accademico 1935-’36 Pieri, vinto il concorso, è professore di storia medievale e moderna presso la Regia Università degli studi di Messina, facoltà di magistero. Vi rimarrà quattro anni. Lasciare il capoluogo campano non sarà indolore, dovendo, per forza di cose, accantonare gli studi sul periodo della Repubblica napoletana. Ad essi, da qualche tempo, affianca un nuovo indirizzo di ricerche, poco battuto all’epoca, di storia militare25.
Come ha scritto il suo amico e collega Romano Ugolini in un ricordo dello storico, dopo i primi saggi sulla storia del Mezzogiorno rivoluzionario
Pieri imboccò decisamente la strada degli studi storico-militari ai quali dedicò più di trent’anni di ricerca; ma, anche se riconosciamo che a quegli studi è legata giustamente la sua fama, vorremmo ancora sottolineare il valore dei primi lavori, ai quali si deve l’apertura di nuovi campi d’indagine che abbandonò, per il Meridione, nelle mani di storici come Maturi e Cortese. Pur se non rimase senza continuatori illustri, l’aver lasciato quel filone di studi non passò senza un certo rimpianto26.

Il decennio compreso tra il 1930 e il 1940 – anno del suo definitivo trasferimento all’università di Torino – è uno dei periodi più prolifici per la sua attività scientifica; questi anni furono decisivi «anche nel dare una dimensione compiuta all’evoluzione dei suoi studi storici»27. La relazione del secondo premio ministeriale dei Lincei, per l’anno 1934, lo segnala come colui che ha «colmato una lacuna nella storiografia italiana»28, grazie a suoi studi di storia militare. Saranno essi, in prevalenza, ad occupare il resto della sua produzione accademica. Sul finire degli anni Trenta, intanto, – mentre Carano Donvito è sempre più impegnato in ricerche di storia economica dedicate agli economisti della sua terra29 – Pieri pubblica uno studio dedicato a Le riflessioni critiche sull’arte della guerra30 del marchese Giuseppe Palmieri di Martignano. Giuseppe Palmieri, noto ai più come economista e illuminato riformatore del Regno di Napoli, era stato in giovane età ufficiale di carriera ed aveva partecipato ad azioni di guerra, distinguendosi per le innovazioni introdotte nella tattica militare. Questo articolo seguiva quelli che Carano Donvito, negli ultimi dieci anni – precisamente dal 1928 –, aveva dedicato al Palmieri studioso di scienze economiche e finanziare31. Appare più evidente, così, quanto si diceva sopra sulla condivisione e reciprocità degli interessi culturali dei nostri due corrispondenti. Se ne parla anche nel carteggio, proprio in relazione alle riflessioni sul Palmieri, che essi si scambiavano attraverso l’invio dei rispettivi opuscoli32.
Nondimeno, confermandosi uno studioso dalle «attitudini diversissime»33, nel 1939, nell’atto di congedarsi dall’università di Messina, Pieri darà alle stampe una storia di quella città in epoca comunale, non dimentico, evidentemente, dei suoi primi esordi da medievalista34. Una ampia recensione del corrispondente pugliese a questo saggio non si farà attendere. Nel suo scritto, il Carano Donvito ripercorrerà, citando spesso l’autore, i quasi sei secoli di vita cittadina del capoluogo siciliano, quest’ultimo passato attraverso la dominazione dei normanni, degli svevi e degli aragonesi senza che ne venisse disgregato, nonostante le guerre e le sottomissioni, quello spirito d’indipendenza che aveva animato i suoi cittadini durante tutto il medioevo. Messina, così, nei secoli XVI e XVII, aveva ormai assunto «l’aspetto d’una repubblica quasi indipendente, governata da un’aristocrazia commerciale, qualche cosa di simile a quella di Venezia e delle nostre maggiori città mercantili»35. Pieri, prima ancora che la recensione venisse pubblicata, non perderà occasione per ringraziare l’economista di tanta benevolenza: «Ora La devo ringraziare – gli scrive – anche della recensione al mio lavoretto di Messina: ne sono lieto anche per la grande autorità del recensente; e per la rivista in cui apparirà che conosco ed apprezzo»36.



4. Da Messina A Torino

Già in servizio presso l’università di Torino, facoltà di Magistero, Pieri si trasferisce definitivamente nel capoluogo sabaudo nella primavera del 1940. A Torino dichiara di essere «in un ottimo ambiente di studi», trovandosi «bene sotto ogni rispetto»37. Dalla fine di maggio ha trasferito anche la famiglia, salutando definitivamente «la bella Trinacria»38. Lasciando Messina, come dice al suo interlocutore, potrà finalmente liberarsi dalle «richieste continue e ricattatorie di lavoro»39 dello storico ed accademico più influente del periodo, Gioacchino Volpe40, che invece di ringraziarlo lo «compensava con coltellate alla schiena»41. Non siamo in grado di ricostruire le vicende a cui Pieri fa riferimento in questa lettera, né, tanto meno, le relazioni personali intercorse tra i due docenti. Alcuni accenni nel carteggio fanno pensare ad una convivenza divenuta oramai insopportabile, unita, evidentemente, alla sua incapacità caratteriale di sottrarsi all’autorità accademica del prof. Volpe. Non c’è solo lui, però, a guastargli l’animo, ma un po’ tutto il gruppo dei fedeli allievi dell’eminente accademico, come aveva avuto modo di ribadire in quei mesi, rispondendo ad una richiesta del Carano Donvito: «conosco bene lo Chabot42, ma sono in rapporti cortesemente freddi; l’illustre storico appartiene a una consorteria dalla quale ho ricevuto solo dei torti!»43.
Torino, dunque, è la destinazione ideale, lontana da certi ambienti universitari ormai asfittici. Una sede prestigiosa e, al tempo stesso, stimolante intellettualmente: «Medito un ampio lavoro sopra la storia militare del Piemonte da Emanuele Filiberto al 1859 – preannuncia al suo amico pugliese. Storia militare, s’intende, con molto riflesso alla storia civile»44. In questo modo darà simultaneità e costanza ad un filone di ricerche, inaugurate anni addietro, che confluiranno nella notissima ed apprezzata Storia militare del Risorgimento45.
Il capoluogo piemontese, inoltre, è una realtà particolarmente cara e significativa per il Carano Donvito. In quella città vi ha pubblicato i suoi primi volumi scientifici di una certa rilevanza46 che, nel 1906, gli hanno procurato la libera docenza in Scienza delle Finanze e Diritto finanziario a Macerata e a Napoli. Sempre in quella città, grazie alla sua trentennale collaborazione a «La Riforma sociale» di Luigi Einaudi, ha dato notorietà ed autorevolezza al suo meridionalismo47, quest’ultimo reso ancor più battagliero, nei primi anni del fascismo, dalla collaborazione a «La Rivoluzione liberale» di un altro torinese: Piero Gobetti48. È probabile, quindi, che il professore pugliese salutasse con un certo entusiasmo la nuova collocazione del suo corrispondente. Torino, tra l’altro, era stata anche la città adottiva di un grande maestro dell’economista politica, il barese Salvatore Cognetti de Martiis, che in quell’ateneo vi aveva fondato un «Laboratorio di economia politica», primo e fecondo nucleo di quella «scuola di economia» che, tra le due guerre, era stata un riferimento culturale di spessore europeo49. Per questo, nel 1941, nel quarantesimo anniversario dalla scomparsa di Salvatore Cognetti de Martiis, un suo ricordo, preparato dal Carano Donvito per la «Rivista di politica economica»50, veniva inviato, tra i primi, proprio all’amico Pieri. Questi, ringraziandolo nel febbraio del 1942 «della bellissima commemorazione»51, gli confida di non aver conosciuto, a causa della sua giovane età, il prof. Cognetti de Martiis, ma di essere stato allievo, nella Scuola Normale di Pisa, del «maestro di storia moderna»52 Gaetano Salvemini, «uno storico che aveva per natura il senso dei grandi problemi ed era portato a concepire il presente come vivente eredità del passato»53. Di quest’ultimo Carano Donvito era stato corrispondente, dal 1912 al 1914, ai tempi de «L’Unità».
Il richiamo a Salvemini, da poco rientrato in Italia, tornerà nella lettera successiva, del sette luglio 1946, distante, così come risulta dal carteggio, oltre quattro anni dalla precedente missiva. Sono, questi, anni estremamente intensi per la vita di Pieri, durante i quali parteciperà alla lotta clandestina nelle formazioni del Partito d’Azione, patendo, nel febbraio 1945, insieme con la sua famiglia, l’arrestato e la condanna del Tribunale speciale, sino alla liberazione avvenuta per mano dei partigiani.
Furono per l’Italia e per gli italiani – dirà pubblicamente in Piazza S. Carlo a Torino, il 25 aprile 1955, esattamente dieci anni dopo –:
i più solenni momenti della vita nostra, della nostra collettività, della nostra Patria; quando […] da una rovina che era parso dovesse travolgerla, risalì per forze proprie e con un suo animo tenacemente risoluto, dal fondo del precipizio; così che le giornate della Liberazione rappresentarono il coronamento di venti mesi di lotta e di sacrificio che a volte parvero non conoscer confini. […] Così la Resistenza salvava non solo l’Italia, ma i maggiori valori umani. Attraverso la bufera l’uomo si migliorava, ritrovava la parte più nobile di sé54.

La Resistenza, perciò, aveva avuto «un alto significato morale» dimostrando come «il senso della giustizia e dell’umana dignità non fosse spento fra gli italiani»55.
La lettera del luglio ’46, dunque, giungeva alla fine di un periodo personale e nazionale di grandi rivolgimenti, e rimane, ancor oggi, un documento significativo che ci dice molto sulle idee e gli orientamenti dell’accademico, in quei frenetici mesi. La sua convinta e meditata scelta repubblicana deve, verosimilmente, aver fatto riflettere il monarchico Carano Donvito: «Illustre e caro amico – gli scrive –, perdoni se rispondo con tanto ritardo alla pregiata Sua del 10 giugno ’46. […] Rispondo dunque alla Sua domanda. Io ho votato per la repubblica e per la Concentrazione Democratica repubblicana di Parri. L’ho fatto dopo lunga meditazione, conscio dell’importanza della decisione. Ritenevo ormai la monarchia per lo meno superflua, dopo la prova d’asservimento al Regime dato dal 3 gennaio 1925 in poi (per non salire più oltre); ma la cognizione del suo contegno dopo il 25 luglio 1943 e il vederla farsi contro di tutte le forze reazionarie, mi ha spinto a votare risolutamente per la repubblica»56. Non diversamente da quella che era stata la scelta predominantenel Mezzogiorno, Carano Donvito, timoroso che la vittoria della Repubblica avrebbe spinto il Paese verso scelte politiche imprevedibili e “pericolosamente” democratiche, da vecchio liberale (e liberista) aveva sostenuto la monarchia Sabauda. Politicamente, invece, aveva dato il proprio consenso alla formazione liberale riorganizzata dall’antico amico e meridionalista Francesco Saverio Nitti. Sarà, sempre restando ai documenti del carteggio, una delle ultime occasioni in cui Pieri potrà colloquiare serenamente col suo più anziano corrispondente. Nell’ultima lettera del 7 gennaio 1949, infatti, pochi mesi prima della scomparsa del Carano Donvito, rammaricandosi per la prematura dipartita di De Ruggero e Omodeo, illustri intellettuali della cultura italiana degli ultimi anni, Pieri sembra presagire la fine di un ciclo di uomini e di idee: «i migliori ci lasciano. Che ne sarà di questa Italia inguaribilmente faziosa?»57.
Con la scomparsa di Carano Donvito, avvenuta nel suo paese nella primavera del 1949, «un nuovo grande incolmabile vuoto» si apriva – scriverà lo storico – «in quella schiera gloriosa di alte personalità del Mezzogiorno»58. L’Italia, ad un bivio cruciale della sua storia presente e futura, non si sarebbe salvata «se non tornando al loro insegnamento»59. Questo ammonimento, che al tempo stesso esprimeva l’amarezza per l’ennesima perdita di uno di «quei savi che ci inducevano ad aver fiducia negli uomini e nell’avvenire»60, sarà l’ultimo, estremo omaggio che lo storico rivolgerà a colui che, per un quindicennio, gli era stato amico e confidente epistolare.



5. Conclusioni

La ricostruzione, seppur parziale, del carteggio intercorso tra Pieri e Carano Donvito ci invita ad alcune, ultime, considerazioni. Innanzi tutto l’importanza della tradizione degli studi meridionalisti – in queste lettere più volte richiamata – nella formazione scientifica e culturale, per buona parte del Novecento, degli intellettuali italiani. Un Mezzogiorno che, almeno nei suoi uomini migliori, veniva visto e inteso dal resto d’Italia come una risorsa, viva e irrinunciabile, all’elevamento morale della nazione. In secondo luogo, è interessante sottolineare come i diversi campi di ricerca dei due corrispondenti – la storia militare per Pieri, l’economia e la storia economica per Carano Donvito – avessero alla base, come abbiamo voluto definirlo, un “comune sentire” di ordine morale. Una ideale propensione agli studi che, al di là di ogni erudizione o acribia documentaria, fossero lievito fecondo per il proprio lavoro e per la propria «dignità di vita». A ben vedere è stato questo il punto di partenza, nonché l’alimento, di questa amicizia epistolare, in grado persino di superare gli steccati ideologici e le scelte politiche.
Non sarà inutile sottolineare, infine, come negli ultimi anni due noti quotidiani italiani, di diverso orientamento politico, abbiano riproposto, in abbinamento, due tra le più note opere del Pieri61. Ci pare questa, lontani da ogni logica commerciale, una ulteriore dimostrazione del rigore scientifico e della libertà intellettuale che muovevano lo storico lombardo. Queste sue lettere a Carano Donvito ne sono una breve, ma intensa, testimonianza.




Lettere62 (1935-1949)



1. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito63

Napoli, 11 giugno 1935



Illustre Professore,
perdoni se ho tardato a rispondere alla gentilissima Sua del 28 maggio u.[ltimo] s.[corso]: sono stato assente da Napoli vari giorni; giorni di via crucis, settimana di passione, per vedere di potermi sistemare a Messina nel caso che il Prof. Cortese64 sia chiamato a Palermo. Non sono un diplomatico e sono particolarmente disadatto a quella particolare, pressante, fredda e scaltrita acrobazia di anticamera o di corridoio, non molto onoranda ma certo assai fruttuosa… Comprendo benissimo quanto Ella mi dice, e so per dura esperienza che cosa significhi farsi strada coi propri mezzi soltanto… Ella ha il vanto di essere uno dei migliori continuatori di quella mobilissima tradizione pugliese – così bene illustrata dall’amico Lucarelli65 – materiata di cultura, di intelligenza, di sano equilibrio, di sincero amor patrio, di fiera onestà. E attraverso il Suo eccellente lavoro L’economia meridionale prima e dopo il Risorgimento66 io l’ho stimata e mi permetta di dirlo, amata, come una di quelle persone che a noi non meridionali hanno aperto la via alla comprensione esatta dei problemi del Mezzogiorno e della sua storia. Tanto più mi addolora il sentire da Lei che tutta l’opera Sua è stata così misconosciuta! Mi addolora ma non mi sorprende: nella relazione del concorso di Perugia sono stato trattato come uno sgobbone inconcludente, ed è stato un miracolo che non mi abbiano escluso dalla terna. Eppure la relazione del premio dei Lincei del 1929 mi diceva «studioso di molto merito, di attitudini diversissime e tutte eccellenti» e uno dei Commissari di Perugia, mi scriveva allora d’esser solo dolente di non essersi trovato nella Commissione che mi aveva dato il premio. E la relazione del secondo premio ministeriale dei Lincei del 1934, dice che ho colmato una lacuna nella storiografia italiana coi miei studi di storia militare.
Ma in alto i cuori! La propria dignità di vita e di studio innanzi tutto! A Roma mi hanno dato molte buone parole; tutto ormai si decide nella capitale. Del resto, sarà quel che Dio vorrà.
Sarò ben lieto se mi si presenterà l’occasione di conoscerla personalmente: L’anno scorso fui a Bari per gli esami d’Abilitazione Magistrale; quest’anno non so dove andrò. Mi dica se in qualche cosa posso servirla qui a Napoli; mi conservi la Sua benevolenza e coi più cordiali saluti e con auguri sentitissimi mi creda
Suo dev. mo, obbl.

Piero Pieri





2. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito67

5. 12. 37 XVI.



Illustre collega ed amico,
il Sac. Filippo Macchia che mi ha portato i Suoi gentili e graditi saluti, è stato ammesso con punti 39/60.
Voglia gradire i sensi della mia più viva cordialità e i miei migliori auguri.
Suo aff.mo

Piero Pieri





3. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito68

31. 5. 39 XVII.


Illustre Collega,
ricordo molto bene il Prof. De Vito, uno dei miei scolari più seri e volenterosi. Perciò, facendo uno strappo alle consuetudini, ho scritto per lui al Prof. Previtere e anche al Prof. Ricciardi presidente della Commissione. Mi auguro che il De Vito possa sistemarsi, e certo sarà un ottimo insegnante.
Mi duole assai che l’opera Sua non abbia quel riconoscimento e quel premio che ben avrebbe meritato. Purtroppo spesso si vedono dei veri capovolgimenti di valori! Ma Lei appartiene alla storia di tutto un movimento le cui benemerenze verso il Mezzogiorno non potranno mai essere negate!.. Spesso per le tesi i miei scolari ricorrono alla Sua opera sopra l’economia nel Mezzogiorno dopo il ’60, e sempre con profitto, e con elogi per l’autore.
Io ho iniziato il rude sfacchinaggio degli esami: 2.200 iscritti: quanto più la base della piramide si allarga, tanto più il vertice si abbassa. La preparazione è in generale troppo scarsa quando non è scandalosamente scarsa. Speriamo che sia un fenomeno transitorio!..
Con viva cordialità e coi migliori auguri mi creda Suo

aff.mo Piero Pieri





4. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito69

Caro Collega,
voglia gradire i miei migliori auguri per l’anno nuovo; e Dio voglia che sia anno di pace! Io sono stato trasferito a Torino, grazie all’energia del Fedele70, indignato per i ripetuti torti che mi avevano fatto. A giugno trasferirò definitivamente casa e famiglia.
La ringrazio vivamente dell’interessante scritto sul Palmieri71. Esso viene a confermare pienamente, mi sembra, quanto avevo detto io: ossia che la parte vitale delle Riflessioni critiche sull’arte della guerra72 è quella dove non si parla di arte della guerra, cioè di tattica e di strategia. Non ho ancora potuto vedere lo scritto del Gen.[erale] Maravigna73: di certo il M.[aravigna] non avrà detto male di Garibaldi, ma conosco i lavori dell’insigne studioso, e so che difettano assai di carattere scientifico. Pure in Italia, dove nessuno si occupa di storia militare, il M.[aravigna] passa per un vero competente…
A Torino sono in un ottimo ambiente di studi, e mi trovo bene sotto ogni rispetto. Medito un ampio lavoro sopra la storia militare del Piemonte da Emanuele Filiberto al 185974. Storia militare, s’intende, con molto riflesso alla storia civile. Speriamo che le vicende generali mi consentano di lavorare tranquillo!..
Voglia conservarmi la Sua cordiale amicizia e credermi coi sensi della più alta stima
Suo aff.mo

Piero Pieri


Messina 23.12.1939 XVIII.



5. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito75

Torino, 25. 4. 1940



Gentile e caro amico e collega,
io avrei dovuto scriverle da tempo, e ringraziarla innanzi tutto del graditissimo dono del Suo prezioso saggio sopra la Crisi monetaria dell’Impero Romano76. Lavoro magistrale nella sua brevità, per la chiarezza, la perspicuità, l’evidenza. E quanto ricco d’ammaestramenti! Ma proprio nelle vacanze di Pasqua io mi ammalai, a Messina, d’una lunga e noiosa influenza, e la mia corrispondenza restò in arretrato. Ora La devo ringraziare anche della recensione al mio lavoretto di Messina77: ne sono lieto anche per la grande autorità del recensente; e per la rivista in cui apparirà che conosco ed apprezzo. Feci abbonare la Biblioteca di Facoltà di Messina e acquistare le annate arretrate. Conobbi per due volte lo Zanotti-Bianco a Firenze, in casa del mio maestro, or’è molt’anni; ma non so se lo Z.[anotti] –B.[ianco] si ricorderà di me: lo stimo come una bella e nobile intelligenza, e una delle nostre più belle figure morali. Ne parlammo spesso anche col nostro compianto Giustino Fortunato. Gli spedisco subito copia del mio lavoretto.
Io non sono stato per quest’anno richiamato per due mesi alle armi, perché, sembra, quando fecero gli elenchi io ero ancora Preside di Facoltà, e come tale escluso dal servizio di guerra. E confesso che quest’anno, col trasloco mio e di mia moglie, il noviziato torinese ecc., sono ben lieto di non aver richiami. Purché non ne vengono altri, di diversa natura!.
Farò volentieri quel che potrò per il Prof. Anelli: conosco bene lo Chabod, ma sono in rapporti cortesemente freddi; l’illustre storico appartiene a una consorteria dalla quale ho ricevuto solo dei torti!. E l’Alderisio da quando sono andato all’Università è divenuto freddo e compassato verso di me. Pazienza! Ad ogni modo, se sarà il caso, io scriverò a entrambi.
Di nuovo grazie di cuore. Auguri cordialissimi. Dev.mo aff.mo

Piero Pieri





6. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito78

Prato allo Stelvio (Bolzano)
Albergo Centrale

25. 7. 1940. XVIII


Caro Professore,
ho ricevuto quassù la Vostra bella recensione al mio lavoro su Messina79, e vi ringrazio di cuore. Recensione ampia, e che mostra con quanta pazienza abbiate letto il mio lavoro. Il quale ha il solo merito d’aver mostrato in una sola linea conseguente tutto lo sviluppo della vita comunale messinese, mentre altri si era limitato a pregevoli studi parziali. Se mai, qualche cosa di personale c’è per il secolo XV: l’amico Gino Luzzatto80 mi scrisse che aveva spremuto il possibile, per questo secolo, dai documenti pubblicati dal Giardina81 Ma certo il lavoro era stato concepito su basi più ampie: poi ebbi continue distrazioni e richieste d’altro lavoro, a cominciare dal solito Volpe, che mi compensava con coltellate alla schiena… E pensare che quel signore mi ha scritto a più riprese, fresco come una rosa, chiedendo ripetutamente la mia collaborazione. Un vantaggio innegabile dagl’intrighi e la cattiveria dell’anno scorso è quella che io mi sono liberato dalle richieste continue e ricattatorie di lavoro da parte di quel signore. Ma Voi conoscete da vicino certi ambienti universitari, e avete avuto a soffrire più di me! In alto i cuori! A Torino mi trovo molto bene: ho trasferito la famiglia, lasciando definitivamente, il 31 maggio scorso, la bella Trinacria. Ora sono a villeggiare in Alto Adige; non ho avuto finora richiami alle armi (sono Maggiore degli Alpini, classe 1893)82 e credo che ormai non ne avrò più.
Seguo con interesse e ansia lo svolgersi degli avvenimenti: siamo ad una svolta non solo della storia politica, ma della storia della civiltà mondiale!...
Di nuovo grazie sentitissime. Coi migliori saluti e auguri credetemi aff.mo

P. Pieri





7. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito83

Torino, 23.12. 41. IXX


Ottimo collega ed amico,
auguri, auguri vivissimi per il Natale e l’anno muovo! Che il nuovo anno appaghi i comuni desideri! Io non mi muovo da Torino, e rinunzio anche alla consueta gita a Bologna, perché il momento non è propizio ai viaggi. Dopo Natale, i miei due figlioli andranno a skyare [sciare] in val di Lanzo, con un campeggio della Sil; e beati loro, nella giovanile spensieratezza! Io lavoro al saggio sul Montecuccoli84 e sul De Cristoforis85 di cui Le scrissi; vado diventando lento e pieno di scrupoli; e poi mi hanno assassinato le tesi di laurea; fino al 12 dicembre ho avuto tutti i pomeriggi occupati, e la mattina era portata via dalle letture di informi contorni. Si dice che ora le vogliano abolire, o meglio limitare a chi ha davvero intenzione di continuare gli studi, lasciando agli altri un semplice diploma professionale. Così che dopo l’inflazione si tornerebbe alla moneta aurea! Ma il male è vasto e complesso!.. Ho preparato una lunga rassegna di storia militare, che, dati i tempi, credo d’un certo interesse; ma quando uscirà? La Nuova Rivista Storica esce lentamente. Sulla Rassegna del Risorgimento, ultimo numero, è uscito un violento articolo contro quelli che non dicono bene di Carlo Alberto. Meglio sarà occuparsi di picchieri e balestrieri! Di nuovo auguri cordialissimi.
Dev.mo aff.mo

Piero Pieri





8. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito86

Torino, 25. 2. 1942


Ottimo collega ed amico,
avrei dovuto ringraziarla sentitamente della bellissima commemorazione di Salvatore Cognetti de Martiis87. Ho avuto parenti in casa per il matrimonio d’una mia cognata con un professore semi-torinese, e poi sono venuti gli esami dei guerrieri, colle loro relative lauree. Sono dolente che il Prof. Anelli non mi abbia trovato in casa; poteva telefonarmi!. – Non conobbi il Prof. Cognetti de Martiis e a dire il vero ero ancora piccino quando lui morì. Io sono nato nel 1893, e ho studiato a Pisa, allievo della Scuola Normale, con G. Salvemini maestro di storia moderna G.[iuseppe] Toniolo88 per l’Economia Politica. Sebbene di Lettere, diedi gli esami di Economia Politica, di Statistica, di Storia del Diritto Italiano e del Diritto romano della Facoltà di Giurisprudenza, col Toniolo e col Besta89, insigni maestri, anche se così diversi.
Sono stato invitato a collaborare all’Enciclopedia De Carlo, ma non ho risposto. Poi la direzione è stata presa dall’illustre uomo che cerco di evitare più che posso: nel ’35-36 me ne fece parecchie; ma per fortuna è acqua passata90. A me riuscì impossibile andare d’accordo nel campo scientifico. Mi duole che il Lucarelli non pubblichi il suo lavoro sul brigantaggio politico nella Restaurazione91; io gli suggerii due o tre editori, e lui mi rispose d’essere ora occupatissimo per guai familiari. Sarebbe una gran bella cosa che Lei potesse pubblicare intero il volume sugli economisti pugliesi! E ci figurerebbe, credo, anche l’indimenticabile Giustino Fortunato, che mi onorò della sua amicizia e benevolenza, dal 1923 alla fine. Che bel centro di studi era allora Napoli! Quale cangiamento tutto intorno a noi! Io fui interventista a combattere negli Alpini nel ’15 -’17 (e poi in prigione) in senso mazziniano e bissolatiano; che tracollo delle nostre speranze! Pure io credo mazzinianamente nel progresso, anche se esso richiede fasi di arresto o momenti addirittura negativi. E anche le democrazie hanno avuto gravi colpe; hanno tradito i propri postulati nel 1919! Mi auguro che continui pure la serie degli ottimi saggi su Pietro il Grande92, ecc. Come sono chiari e perspicaci! Valgono a orientarmi e a chiarirmi le idee! Il Del Bono93 mi scrive spesso molto gentilmente. Ho visto il suo ultimo libro: Napoleone III e Cavour94. È un buon lavoro, anche se inferiore al precedente sul 186695. Coi migliori e più cordiali auguri
dev.mo aff.mo

Piero Pieri





9. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito96

Torino, 07. 07. 1946


Illustre e caro amico,
perdoni se rispondo con tanto ritardo alla pregiata Sua del 10 giugno ’46. Sono sempre oppresso da noie scolastiche, da cure di Presidenza, da valanghe di tesi. Da quattro anni l’insegnamento dell’Italiano e del Latino è in crisi nella mia Facoltà, con due Professori che risiedono a Roma e a Firenze, e le tesi si riversano in gran parte su di me! Rispondo dunque alla Sua domanda. Io ho votato per la repubblica e per la Concentrazione Democratica repubblicana di Parri. L’ho fatto dopo lunga meditazione, conscio dell’importanza della decisione. Ritenevo ormai la monarchia per lo meno superflua, dopo la prova d’asservimento al Regime dato dal 3 gennaio 1925 in poi (per non salire più oltre); ma la cognizione del suo contegno dopo il 25 luglio 1943 e il vederla farsi contro di tutte le forze reazionarie, mi ha spinto a votare risolutamente per la repubblica. Il modo come si sono svolte le elezioni mi ha infuso una certa speranza e fede nella sanità intrinseca del popolo italiano, malgrado tanti anni di diseducazione demagogica e dittatoriale. Certo i compiti della nuova repubblica sono tremendi, e l’iniquo trattamento fattoci da i quattro rende sempre più difficile il consolidarsi d’una democrazia in Italia; penso non bisogna perdere l’ultima scintilla di ottimismo, indispensabile per affrontare i problemi dell’avvenire!
Ho ripreso i contatti col mio maestro Gaetano Salvemini (fui suo scolaro a Pisa nel 1912-15 e frequentai la sua casa a Firenze nel 1920-22); sono solo dolente che abbia preso la cittadinanza americana. A Torino la massa dei Professori universitari si è mostrata conservatrice e monarchica; e vorrei dire, la massa di tutti i Professori; ma era soprattutto il senso della paura e il timore del salto nel buio. Non conosco del resto abbastanza la situazione del Mezzogiorno e della Puglia in particolare. Mi creda, con immutato affetto e deferenza

Suo Piero Pieri





10. Piero Pieri a Giovanni Carano Donvito97

Torino, 07. 01. 1949


Caro e illustre amico,
ricevo ora il Suo manifesto; proprio quando mi accingevo a scriverLe, sia pure in ritardo, per augurarLe un ottimo 1949. Ho avuto due mesi molto intensi, coi miei esami, il concorso di Storia Medievale e Moderna di Cagliari, le mie lauree sempre numerosissime, e poi gli orali del concorso degli Istituti Nautici. Dopo di che la Città Eterna mi ha lasciato un regalino: l’influenza, che mi sono portata a Torino. E così i miei auguri sono giunti tardivi e manchevoli. Ma non dimentico l’ottimo amico pugliese, uno dei gloriosi superstiti della “bella scuola” di Giustino Fortunato, una di quella schiera di galantuomini e mente illuminate che hanno illustrato il Mezzogiorno e ce lo hanno fatto conoscere ed amare! Purtroppo la situazione politica non è tale da confortare; ora è mancato anche Guido De Ruggiero, innanzi tempo e a breve distanza di Adolfo Omodeo98: i migliori ci lasciano. Che ne sarà di questa Italia inguaribilmente faziosa? Nel concorso di Cagliari io diedi inizialmente il voto al cattolico Bertolini99 come primo, al semicomunista Cusin100 come secondo, all’antiliberale Gabriele Pepe101 come terzo; poi di necessità ho votato come primo e come secondo il cattolico Bertolini, come terzo l’antiliberale Pepe: ho tenuto presente solo il merito. Ma ben pochi sono nel mio ordine d’idee! Il problema regionale è gravissimo, e purtroppo temo che Lei abbia pienamente ragione; anche Chabot mi diceva un mese fa che il principio è stato subito travisato e peggiorato. Dio protegga questa nostra povera Italia! In alto i cuori!

Aff.mo Piero Pieri





11. Piero Pieri a Luisa Ricciardi in Carano Donvito102

Torino, 29 aprile 1949


Signora,
ho appreso con un senso di profonda tristezza la notizia della scomparsa di Giovanni Carano Donvito. Un nuovo grande incolmabile vuoto si apre in quella schiera gloriosa di alte personalità del Mezzogiorno, che, con Giustino Fortunato alla testa, dettero costante esempio di puro patriottismo, d’amore disinteressato del pubblico bene; e unirono all’alto intelletto e alla profonda dottrina un vivo senso di schietta umanità, e furono menti pensose dei vecchi e annosi problemi, ma pure aperte alla comprensione dei bisogni e delle necessità nuove; e sempre mostrarono austerità ed integrità di carattere e specchiata dignità di vita: maestri nel più alto senso della parola, educatori nobilissimi, non disertarono nei momenti grigi; e se anche parvero poi travolti da nuove torbide correnti rinnegatrici delle nostre più nobili tradizioni e si vide l’opera loro risconosciuta, risulta oggi evidente che l’Italia non potrà veramente salvarsi se non tornando al loro insegnamento. Dolente di non averlo mai potuto conoscere di persona, io debbo pur ricordare in Giovanni Carano Donvito il vero gentiluomo, l’amico sincero e schietto, il maestro che contribuì a illuminarmi nella conoscenza del problema meridionale e di molte gravi questioni storiche, chiarendo e approfondendo i rapporti fra politica ed economia. Purtroppo vedo sempre più raro il numero di quei savi che ci inducevano ad aver fiducia negli uomini e nell’avvenire; ma rimane il loro ricordo, resta il loro esempio, ed è nostro dovere mostrare che la scintilla di fede e di entusiasmo che animò il Carano-Donvito non si è estinta con loro, ma ancora verrà a confortare e ad animare gli uomini della sua terra di Puglia e dell’Italia tutta che tanto amò e onorò. Mi creda, con deferenti ossequi, Suo Dev.mmo

Piero Pieri















NOTE
1 Gli undici documenti, tra lettere e cartoline, di Piero Pieri conservate nell’Archivio Carano Donvito – d’ora in poi A.C.D. – sono inedite, ma non se ne esclude la dispersione di altri. Tutti recano la firma di Piero Pieri. Le missive di Giovanni Carano Donvito, cortesemente ricercate dal dott. Salvatore Amato, della Sala manoscritti e rari della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, nel “Fondo Pieri”, che conserva, in quattro contenitori, le carte dello storico, non sono state rinvenute. Il breve carteggio, quindi, che in alcuni passaggi risulta poco omogeneo, non manca, tuttavia, di precisi riferimenti interni che suppliscono alle lacune documentarie.^
2 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 7 gennaio 1949, in A.C.D.^
3 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 31 maggio 1939, in A.C.D.^
4 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 11 giugno 1935, in A.C.D.^
5 Storico e meridionalista, da anni in relazioni con Pieri, Antonio Lucarelli era molto vicino al conterraneo Carano Donvito, del quale era quasi coetaneo. Il nome del Carano Donvito ritornerà spesso nella loro corrispondenza, cfr. queste lettere di Pieri a Lucarelli in G. Bartolo, La questione meridionale fra il 1943 ed il 1946. L’alternativa istituzionale: “L’occasione storica”, prefazione di V. Fiore, parte prima, tomo I, Galatina (Le), Congedo editore, 1992, pp. 354-355. Nel ’37 Pieri recensirà anche l’opera più conosciuta e apprezzata di Lucarelli, La Puglia nel Risorgimento (Bari, Commissione provinciale di Archeologia e Storia Patria), con il titolo La rivoluzione del 1799 in Puglia, in «Nuova Rivista Storica», 21 (1937), fasc. III-IV, nonché il volume su Carlo Cafiero. Saggio di storia documentata del socialismo, in «Nuova rivista storica», 34 (1950), fascicolo 1-2. Recentemente, diversi scritti significativi del Lucarelli sono stati riproposti in una miscellanea dal titolo Risorgimento, brigantaggio e questione meridionale, a cura di V. A. Leuzzi e G. Esposito, Bari, Palomar, 2010.^
6 Lettera di P. Pieri ad A. Lucarelli, del 25 maggio 1949, ivi, p. 354.^
7 G. Carano Donvito, L’economia meridionale prima e dopo il Risorgimento, Firenze, Vallecchi, 1928. Il volume rappresentò un contributo essenziale per la comprensione dei problemi del Mezzogiorno tra Ottocento e Novecento. Il libro, compreso nella Collezione di studi meridionali voluta da U. Zanotti-Bianco, insieme alle opere di Giustino Fortunato, Sonnino, Franchetti, De Viti De Marco «circolarono – come ricorderà Giorgio Amendola – negli anni del fascismo e furono ricercati e studiati e fecero conoscere ai giovani i termini nei quali la scuola liberale poneva la questione meridionale – che il fascismo dichiarava risolta», in Ricordo di Zanotti-Bianco, «Cronache Meridionali», 10 (1963), n. 9, ora in G. Bartolo, La questione meridionale fra il 1943 ed il 1946. L’alternativa istituzionale: “L’occasione storica”, cit., pp. 495-496.^
8 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, dell’11 giugno 1935, cit. La sottolineatura è propria dell’autore.^
9 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, dell’11 giugno 1935, cit.^
10 Cfr. Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 31 maggio 1939, cit.^
11 Ibidem^
12 Cfr., tra l’altro, P. Pieri, Il Regno di Napoli. Dal luglio 1799 al marzo 1806. «Archivio Storico Napoletano», 51 e 52, (1926-1927).^
13 Ivi, cito dall’Estratto, Napoli, Cooperativa Tipografica Sanitaria, 1927, p. 314.^
14 Cfr. P. Pieri, La Restaurazione in Toscana. 1814-1821, Estr. dagli «Annali della R. Scuola Normale Superiore di Pisa», vol. XIV, Pisa, Tip. Mariotti, 1922.^
15 Lettera di P. Pieri ad A. Lucarelli del 3 dicembre 1949, in G. Bartolo, La questione meridionale fra il 1943 ed il 1946. L’alternativa istituzionale: “L’occasione storica”, cit., p. 355.^
16 Cfr. Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 febbraio 1942, in A.C.D^
17 Un affresco sugli studi storici a Napoli in quegli anni Venti, insieme ad un ampio profilo di Maturi, ci viene da G. Galasso, Walter Maturi: da Napoli alla storia della Restaurazione, ora compreso nel suo volume dal titolo Storici italiani del Novecento, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 135-168. In queste pagine si legge che, in un volume dedicato agli Studi di storia napoletana in onore di Michelangelo Schipa, pubblicato nel 1926, nell’elenco «coi nomi dei suoi collaboratori più direttamente riconducibili a Napoli», compare, tra gli altri, oltre a Maturi e Cortese, anche il nome di Piero Pieri, pp. 137-138.^
18 P. Pieri, Taranto nel 1799 e Monsignor Capecelatro, «Archivio Storico Italiano», Firenze, 1924, II, pp. 198-228; la cit. è a p. 198.^
19 Cfr. W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, prefazione di E. Sestan, aggiornamento bibliografico di R. Romeo, Torino, Einaudi, 1962. Nel volume, l’ormai affermato accademico Maturi ricorderà come Salvemini avesse «fatto scuola non solo nel campo degli studi di storia dei Comuni, ma anche in quelli di storia del Risorgimento e di storia contemporanea». La revisione che era stata propria di Cattaneo della storia del nostro Risorgimento, da Salvemini impostata già nel lontano 1899, era stata ripresa, tra gli altri, da Piero Pieri ne L’esercito piemontese e la campagna del 1849 e Carlo Cattaneo storico militare della prima guerra d’indipendenza. Queste citazioni sono a p. 463 del volume.^
20 P. Pieri, Il Regno di Napoli. Dal luglio 1799 al marzo 1806, cit.^
21 P. Pieri, Problemi di storia dell’Italia meridionale. Il Regno di Napoli nella seconda metà del sec. XVIII, recensione a A. Simioni, Le origini del risorgimento politico dell’Italia Meridionale, vol. I, Messina, Principato, 1925, in «Nuova Rivista storica», 10 (1926), fasc. 4-5. Cito dall’estratto, p. 1. In quello stesso numero della Rivista compaiono altre quattro recensioni a firma di Piero Pieri; esse ci consegnano un quadro preciso delle letture di quei mesi: Id., Il popolo meridionale agli inizi del Risorgimento, recensione a N. Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell’Italia Meridionale 1798-1801, Firenze, Le Monnier, 1925; Id., La Puglia nel sec. XIX, recensione ad A. Lucarelli, La Puglia nel secolo XIX, Bari, Soc. Tip. Editrice Pugliese, 1926; Id., Pietro Colletta e la sua “Storia”, recensione a N. Cortese, Pietro Colletta e la sua “Storia”, in «Rassegna Storica del Risorgimento», 10 (1923), fasc. IV, 11 (1924), fasc. I e II; Id., Il Principe di Canosa, recensione a B. Croce, La giovinezza del Principe di Canosa, Memoria letta all’Accademia Reale di Napoli, stampata in Napoli, 1926. Nell’estratto queste altre recensioni sono alle pp. 3-10. Sempre su questa stessa rivista recensirà un saggio di Francesco Lemmi sul cardinale Ruffo e l’ammiraglio inglese Nelson. Lo studio portava nuova luce, servendosi di documenti inediti, sulla posizione del prelato e del Nelson in quel fatidico giugno del 1799; cfr. P. Pieri, Il card. Ruffo e Nelson a Napoli nel giugno 1799, recensione a F. Lemmi, Nelson a Napoli nel giugno del 1799, «Archivio Storico per le province napoletane», 53 (1929), in «Nuova Rivista Storica» 13 (1929), fasc. 5. Questo ci conferma l’attenzione che, per diversi anni Pieri, continuò ad avere per il periodo della Rivoluzione napoletana e dei suoi successivi sviluppi ideali. Ancora sul finire degli anni quaranta, benché fosse ormai lontano dal capoluogo partenopeo, affidava all’«Archivio storico napoletano» la pubblicazione di uno studio su L’esercito napoletano e la prima guerra d’indipendenza, 31 (1947-1949).^
22 Cfr. P. Pieri, Una pretesa cospirazione a Napoli nel settembre 1799, «Rassegna storica del Risorgimento», 14 (1927), fasc. 3. La citazione è tratta dall’Estratto pubblicato a L’Aquila dalle Officine Grafiche Vecchioni, 1927, p. 5.^
23 Cfr. P. Pieri, Il clero meridionale nella rivoluzione del 1799, Atti del XVII Congresso Sociale di Napoli, «Rassegna storica del Risorgimento», 18 (1930), fasc. 4.^
24 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 31 maggio 1939, cit.^
25 La bibliografia degli studi militari di Pieri è vastissima; essa spazia dall’età comunale a quella contemporanea. Ci limitiamo a ricordare solo alcuni titoli di quegli anni: P. Pieri, Intorno all’arte della guerra di Niccolò Machiavelli, Bologna, Tip. Azzoguidi, 1927; Id., Alcune questioni sopra la fanteria in Italia nel periodo comunale, «Rivista storica Italiana», serie IV, fasc. 4, ottobre-dicembre 1933; Id., La crisi militare italiana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la crisi politica ed economica, Napoli, Ricciardi, 1934.^
26 R. Ugolini, Piero Pieri, in «Rassegna storica del Risorgimento», 67 (1980), p. 192.^
27 Ibidem.^
28 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, dell’11 giugno 1935, cit.^
29 I diversi saggi di quegli anni saranno pubblicati postumi nel volume Economisti di Puglia, nella Collezione di studi meridionali, per i tipi della Nuova Italia di Firenze, nel 1956.^
30 P. Pieri, Le riflessioni critiche sull’arte della guerra di Giuseppe Palmieri, «Rivista Storica Italiana», Serie V, Vol. III, fasc. II, 1938. Nell’Estratto ricercato presso la Biblioteca “G. Ricchetti” di Bari – cui furono destinati numerosi, tra libri, opuscoli ed estratti appartenuti al Carano Donvito – è ancora ben visibile, sulla prima pagina dell’articolo, una dedica autografa del Pieri allo stesso Carano Donvito, segno evidente del dono dell’autore. Di Giuseppe Palmieri e le sue «Riflessioni critiche sull’arte della guerra» Pieri si era già occupato, due anni prima, sulla «Rassegna storica del Risorgimento» (1936), pp. 527 e ssg.^
31 Cfr. G. Carano Donvito, Pensieri economici del marchese Palmieri, «Rivista di politica economica», 18 (1928), dicembre; Id., La politica finanziaria del marchese Palmieri, «Annali della Regia Università di Macerata», vol. V, 1929; Id., La politica economica del marchese Palmieri, «Rivista di politica economica», 19 (1929), settembre-ottobre; Id., La scienza della militare economia del marchese Palmieri, «Rivista di politica economica», 20 (1930), marzo; Id., Le “osservazioni sul lusso” di Giuseppe Palmieri, «Rinascenza salentina», 3 (1935), gennaio-febbraio. Tutti questi articoli saranno ristampati nel volume postumo del Carano Donvito, Economisti di Puglia, cit., nella sezione dedicata agli Studi su Giuseppe Palmieri, pp. 41-135.^
32 Cfr. Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 23 dicembre 1939.^
33 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, dell’11 giugno 1935, cit.^
34 P. Pieri, La storia di Messina nello sviluppo della sua vita comunale, Messina, Casa editrice G. D’Anna, 1939. Sempre in quello stesso anno pubblicherà, ricostruendo alcuni aspetti della storia di Messina e della Sicilia nel Risorgimento, lo studio Messina e la Sicilia nel 1848 negli scritti inediti di Domenico Piranio, in «Rassegna Storica del Risorgimento», 26 (1939), fasc. II. La ricerca storica applicata al territorio nel quale eserciterà il suo insegnamento universitario rimarrà una costante nella produzione del Pieri. Era stato così per la Toscana nel periodo della Restaurazione, quando era stato giovane ricercatore a Pisa, continuerà con Napoli e gli studi sulla Repubblica partenopea, con Messina ma, soprattutto, con Torino e il Piemonte, quando il suo ultimo trasferimento lo porterà ad insegnare nell’ateneo sabaudo.^
35 G. Carano Donvito, La storia di Messina nello sviluppo della sua vita comunale, di Piero Pieri, «Archivio storico per la Calabria e la Lucania», 10 (1940), fasc. I, p. 77.^
36 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 aprile 1940, in A.C.D.^
37 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 23 dicembre 1939, in A.C.D^
38 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 luglio 1940, in A.C.D^
39 Ibidem.^
40 Sull’opera, la personalità e la fortuna di Gioacchino Volpe cfr. i saggi di G. Galasso a lui dedicati, recentemente riuniti nel volume Storici italiani del Novecento, cit., pp. 35-70.^
41 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 luglio 1940, in A.C.D^
42 Sullo storico valdostano fondamentale rimane il saggio di G. Sasso, Il guardiano della storiografia. Profilo di Federico Chabod e altri saggi, Bologna, il Mulino, 2002.^
43 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 aprile 1940, in A.C.D. Dalla lettura del carteggio Gioacchino Volpe e Walter Maturi. Lettere 1926-1961, a cura di P.G. Zunino, «Annali della Fondazione L. Einaudi», 39 (2005), p. 296, sappiamo che, nell’agosto del 1933, Pieri era presente con altri studiosi italiani, tra cui lo stesso Volpe, Chabod e Jemolo, al VII Congresso internazionale di scienze storiche di Varsavia, a conferma della vicinanza dello storico di Sondrio a quel gruppo di giovani storici che riconosceva in Volpe un “caposcuola”, seppur ingombrante ed esigente. Pieri presenterà una relazione dal titolo La scienza militare italiana del Rinascimento, in «Rivista storica italiana», IV serie, fasc. II, aprile –giugno 1933.^
44 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 23 dicembre 1939, in A.C.D^
45 P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.^
46 G. Carano Donvito, I teoremi fondamentali della statica e dinamica finanziaria, Torino-Roma, Casa editrice Roux e Viarengo, 1904; Id., Trattato di diritto penale finanziario. Parte generale teorica e Parte speciale, entrambi editi da Roux e Viarengo, Torino-Roma, nel 1905. La bibliografia degli scritti del Carano Donvito, riordinato cronologicamente, è consultabile in S. D’Onghia (a cura di), Giovanni Carano Donvito. Cronologia della vita e delle opere, articoli, documenti, discorsi inediti, Sammichele di Bari, Suma, 2001, pp. 45 ss.^
47 Sulla collaborazione del Carano Donvito a «La Riforma sociale» e, più in generale, ai suoi rapporti con gli economisti torinesi, cfr. S. D’Onghia, Giovanni Carano Donvito. Meridionalista e liberale, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», 39 (2005), pp. 159-187; Id., Carano Donvito e gli economisti della scuola di Torino, in La scuola di economia di Torino. Co-protagonisti ed epigoni, a cura di R. Marchionatti, Firenze, Olschki, 2009, pp. 127-148.^
48 Genesi e sviluppo di questa esperienza sono in S. D’Onghia (a cura di), Carano Donvito - Gobetti. Storia di una collaborazione (1924-1926), prefazione di G. Vacca, Bari, Palomar, 2006.^
49 Cfr. G. Becchio, R. Marchionatti (a cura di), La scuola di economia di Torino da Cognetti De Martiis a Einaudi, Pisa-Roma, IEPI, 2004 (numero monografico de «Il Pensiero economico italiano», 12 (2004), n. 2; ed ancora, sulla evoluzione e maturazione, anche scientifica, di quella «scuola» cfr. R. Marchionatti (a cura di), La scuola di economia di Torino. Co-protagonisti ed epigoni, cit.^
50 G. Carano Donvito, Salvatore Cognetti de Martiis, «Rivista di politica economica», 31 (1941), pp. 827-850, rist. in Id., Economisti di Puglia, Firenze, La Nuova Italia, 1956, pp. 401-425.^
51 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 25 febbraio 1942, in A.C.D.^
52 Ibidem.^
53 P. Pieri, Prefazione al volume di G. Salvemini, Scritti sul Risorgimento, a cura di P. Pieri e C. Pischedda, Milano, Feltrinelli, 1963, p. VII; questo libro era compreso nel progetto di pubblicazione delle Opere dello storico meridionale. Tra i contributi che Pieri dedicherà all’antico «maestro» dei tempi dell’università: cfr. Gaetano Salvemini. Storico dell’età moderna e contemporanea, in «Rassegna storica Toscana», 4 (1958), fasc. II, pp. 93-120. Nel saggio veniva passata in rassegna tutta la più significativa produzione storiografica dello studioso di Molfetta, dai saggi di storia medievale, sino a quelli dedicati alla Rivoluzione francese e al Risorgimento italiano, alla politica estera italiana, dal 1871 in poi, cui si deve aggiungere la storia del fascismo.^
54 P. Pieri, Torino e il Piemonte dall’8 settembre al 27 aprile 1945, in «Nuova Rivista Storica», 39 (1955), fasc. II, cit. dall’Estratto, pp. 3, 11. Una veste più ampia e compiuta a questi avvenimenti verrà data nella biografia di Pietro Badoglio, scritta con Giorgio Rochat, e pubblicata nel ’74 per i tipi dell’Utet di Torino, che rimane una delle opere più conosciute di Pieri.^
55 Id., Dal Fascismo alla Resistenza, relazione tenuta in occasione del XXI anniversario della Liberazione d’Italia, davanti a circa ottocento studenti delle ultime classi delle scuola superiori di Novara. La relazione sarà impressa a stampa, per interessamento dello stesso Comune, presso la tipografia “Mora-grafica” di Novara, in quello stesso anno (1966); la cit. è a p. 5.^
56 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 7 luglio 1946, in A.C.D^
57 Lettera di P. Pieri a G. Carano Donvito, del 7 gennaio 1949, in A.C.D^
58 Lettera di P. Pieri a Luisa Ricciardi, vedova Carano Donvito, del 29 aprile 1949, in A.C.D.^
59 Ibidem.^
60 Ibidem.^
61 Si tratta di P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, cit., compresa, in due volumi, nella collana della Biblioteca storica de «il Giornale» e Id., L’Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918), Torino, Einaudi, 1965 e 1968, riproposto, con una Introduzione di E. Manera, come supplemento de «l’Unità».^
62 Le lettere sono state trascritte dal curatore del presente carteggio, così come le note e i completamenti all’interno delle parentesi quadre. Solo di alcune lettere sono state rinvenute nell’A.C.D. anche le buste, ma la cosa è di scarsa importanza avendo ogni documento ben indicato il luogo e la data di composizione. Dieci lettere sono indirizzate da Pieri a Carano Donvito e una sola, l’ultima, – inserita nel carteggio per ragioni di completezza – è inviata dallo storico alla vedova dell’economista sig.ra Luisa Ricciardi in Carano Donvito.^
63 Lettera manoscritta su carta ordinaria.^
64 Nino Cortese (1896-1972), professore nelle università di Messina, Palermo, Pavia e Napoli, dove concluderà il suo magistero. Allievo nell’ateneo partenopeo di Michelangelo Schipa, sarà fino al 1925, anno del suo passaggio all’università di Messina, collega di Pieri. Dal 1935, come annunciato nella lettera, si trasferirà a Palermo, lasciando a Pieri la cattedra di Messina. Studioso di storia del Risorgimento, in particolare meridionale, darà alle stampe numerose monografie. Il lungo elenco delle sue opere è consultabile in M. Longobardo, Studi in memoria di Nino Cortese, Roma 1976, pp. 1-29. Un profilo professionale dello storico è stato tracciato da G. Galasso, Nino Cortese, in Profili e ricordi, Napoli, Società Nazionale di scienze, lettere ed arti, 1974.^
65 Cfr. Infra, Introduzione.^
66 G. Carano Donvito, L’economia meridionale prima e dopo il Risorgimento, cit. La sottolineatura è propria di Pieri.^
67 Manoscritto su carta intestata “R. Università degli Studi di Messina – Il Preside della Facoltà di Magistero”.^
68 Manoscritto su carta intestata “R. Università degli Studi di Messina – Il Preside della Facoltà di Magistero”.^
69 Manoscritto su carta intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero –, Via Cittadella n. 3”.^
70 Pietro Fedele (1873-1943), professore di storia medievale all’università di Roma, sarà deputato, senatore del regno e ministro della Pubblica istruzione dal 1925 al 1928. Lo stesso Fedele aveva prefato, un anno prima, la monografia di Pieri dedicata alla Battaglia del Garigliano del 1503, Roma, Tip. L. Proja, 1938.^
71 Cfr. infra, p.?^
72 P. Pieri, Le riflessioni critiche sull’arte della guerra di Giuseppe Palmieri, «Rivista Storica Italiana», cit. La sottolineatura nella lettera è propria del Pieri.^
73 Pietro Maravigna (1876-1964), ufficiale di carriera, docente di storia militare nell’Accademia Ufficiali di Modena e alla scuola di Guerra di Torino, sarà uno dei più accreditati autori di storia militare: cfr., tra gli altri, Guerra e vittoria 1915-1918, Torino, Utet, 1927; Id., Storia dell’arte militare moderna, vol. I e II, Torino, tipografia E. Schioppo, 1923, 1924.^
74 Parte di questi studi confluiranno nella ponderosa Storia militare del Risorgimento, cit.^
75 Manoscritto su carta intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero –, Via Cittadella n. 3”.^
76 G. Carano Donvito, La crisi monetaria dell’impero romano, «Rivista di politica economica», 30 (1940), gennaio.^
77 Id., La storia di Messina nello sviluppo della sua vita comunale, di Piero Pieri, «Archivio storico per la Calabria e la Lucania», cit.^
78 Manoscritto su carta intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero –, Via Cittadella n. 3”.^
79 Cfr. documento precedente.^
80 Gino Luzzatto (1878-1964), docente universitario in vari atenei italiani, fu storico dell’economia e, come Carano Donvito, antiprotezionista, collaboratore de «L’Unità» salveminiana e firmatario, nel 1925, del manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da B. Croce. Tra le sue opere ricordiamo: Storia economica dell’età moderna e contemporanea, Padova, Cedam, 1955.^
81 Cfr. C. Giardina, Introduzione ai capitoli e privilegi di Messina, Palermo, Regia deputazione, 1937.^
82 L’esperienza personale della Prima guerra mondiale non sarà di poco conto nell’orientare Pieri nel campo degli studi su quel periodo: cfr. P. Pieri, L’Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918), cit.; Id., La nostra guerra tra le Tofane (1915-1918), Vicenza, 1967.^
83 Manoscritto su cartolina intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero –, Via Cittadella n. 3”.^
84 Cfr. P. Pieri, Raimondo Montecuccoli teorico della guerra, Torino, Ghironi, 1951^
85 Carlo De Cristoforis (1824-1859). Fu patriota, esule e combattente. Partecipò alle cinque giornate di Milano e combatté con Garibaldi nelle file dei cacciatori delle Alpi. Cfr. P. Pieri, Guerra e politica negli scrittori italiani, Milano-Napoli 1955, ad Indicem; Id., Le forze armate nell’età della Destra, Milano, 1962, ad Indicem.^
86 Manoscritto su carta intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero –, Via Cittadella n. 3”.^
87 G. Carano Donvito, Salvatore Cognetti de Martiis, «Rivista di politica economica», cit.^
88 Giuseppe Toniolo (1845-1918). Professore di economia politica nelle università di Modena e Pisa, collaboratore della «Rivista internazionale di scienze sociali», sarà un autorevole studioso e fautore di una democrazia popolare su basi cristiane.^
89 Enrico Besta (1874-1952). Docente di Storia del diritto italiano in diverse università, sarà – dal 1909 al 1924 – ordinario nell’Università di Pisa e, successivamente, nominato socio nazionale dei Lincei.^
90 Cfr., infra, documento n. 6^
91 Il libro di A. Lucarelli sarà pubblicato, in quello stesso anno, col titolo Il brigantaggio politico del Mezzogiorno d’Italia dopo la seconda restaurazione borbonica: 1815-1818: Gaetano Vardarelli e Ciro Annicchiarico, Bari, Laterza, 1942.^
92 Cfr. G. Carano Donvito, Federico il Grande e la sua politica economica, «Rivista di politica economica», 31 (1941), Luglio. La «Rivista di politica economica» di Roma pubblicava, sin dagli anni ’20, veri e propri saggi, come in questo caso, o lunghi articoli del Carano Donvito, in particolare di storia economica.^
93 Giulio Del Bono, generale e storico militare. Tra i suoi scritti, cfr. Note di storia generale europea: il secolo XVIII, Città di Castello, Tip. Unione Arti Grafiche, 1914; G. Del Bono, A. Bollati, La guerra di Spagna sino alla liberazione di Gijon: 18 luglio 1936-21 Ottobre 1937. Sintesi politico-militare, Torino, Einaudi, 1937. La conoscenza del Carano Donvito del Del Bono risaliva ai tempi in cui, come l’ufficiale, era stato docente della Scuola allievi ufficiale della Guardia di finanza.^
94 G. De Bono, Cavour e Napoleone III, Torino, Einaudi, 1941.^
95 Cfr. Id., Come arrivammo a Custoza e come ne ritornammo, prefazione di A. Lumbroso, Milano, Zucchi, 1935. Il riferimento a questo lavoro – a distanza di diversi lustri – sarà ripreso ancora da Pieri nella sua relazione Il problema militare del 1866, presentata al XLIII Congresso di Storia del Risorgimento italiano, e pubblicata negli Atti, La questione veneta e la crisi italiana del 1866 (Venezia, 2-5 ottobre 1966), Città di Castello, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, vol. XI, 1968, pp. 215, 217 e ssg.^
96 Manoscritto su carta intestata “R. Università di Torino – Facoltà di Magistero – Il Preside. Le sottolineature sono proprie dell’autore.^
97 Manoscritto su carta intestata “Università di Torino – Facoltà di Magistero –.^
98 Pieri ricorderà lo storico siciliano in un breve scritto: Adolfo Omodeo, «Nuova Rivista storica», 30 (1946), fasc.1-3.^
99 Ottorino Bertolini (1892-1977), professore di storia medievale nelle università di Roma e Pisa, Cfr. C. Violante, Ottorino Bertolini, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto Dell’Enciclopedia italiana Treccani, primo supplemento (a-c), 1988, pp. 390-393.^
100 Fabio Cusin (1904-1955), professore di storia medievale e moderna nell’università di Urbino, sarà redattore de «Il Corriere di Trieste». Cfr., altresì, E. Santarelli, Fabio Cusin, in «Belfagor», fasc. 1, 31 gennaio 1993.^
101 Gabriele Pepe (1899-1971), professore di storia medievale nell’università di Bari. Tra le sue opere ricordiamo, Il Medio Evo barbarico d’Italia, Einaudi, Torino 1945; Id., Lo Stato ghibellino di Federico II, Bari, Laterza, 1951.^
102 Manoscritto su carta intestata “Università di Torino – Facoltà di Magistero – Il Preside”. Questa lettera giungeva sei giorni dopo la morte dell’economista avvenuta a Gioia del Colle, il 23 aprile. Parte di questo documento è stato riprodotto dal nipote dell’economista, Ruggero Messere, nel volume da lui curato, G. Carano Donvito, Gioia… di rima, versi inediti, prefazione di R. Fasano, Sammichele di Bari, Ed. Suma, 2001, p. 197. La raccolta comprende versi, disegni, fotografie e documenti privati dedicati dall’economista a familiari e amici.^
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