Rubbettino Editore
Rubbettino
Torna alla Pagina Principale  
Redazione: Fausto Cozzetto, Piero Craveri, Emma Giammattei, Massimo Lo Cicero, Luigi Mascilli Migliorini, Maurizio Torrini
Vai
Guida al sito
Chi siamo
Blog
Storia e dintorni
a cura di Aurelio Musi
Lettere
a cura di Emma Giammattei
Periscopio occidentale
a cura di Eugenio Capozzi
Micro e macro
a cura di Massimo Lo Cicero
Indici
Archivio
Norme Editoriali
Vendite e
abbonamenti
Informazioni e
corrispondenza
Commenti, Osservazioni e Richieste
L'Acropoli
rivista bimestrale


Direttore:
Giuseppe Galasso

Responsabile:
Fulvio Mazza

Redazione:
Fausto Cozzetto
Piero Craveri
Emma Giammattei
Massimo Lo Cicero
Luigi Mascilli Migliorini
Maurizio Torrini

Progetto grafico
del sito:
Fulvio Mazza

Collaboratrice per l'edizione online:
Rosa Ciacco


Registrazione del
Tribunale di Cosenza
n.645 del
22 febbraio 2000

Copyright:
Giuseppe Galasso
 
Cookie Policy
  Sei in Homepage > Anno XIII - n. 1 > Rassegne > Pag. 65
 
 
Il mito di Machiavelli nella Russia contemporanea
di Mark Youssim
L’oggetto di quest’articolo rappresenta, in senso ampio, una parte del più vasto problema dell’indagine sulla memoria storica, vale a dire la percezione del passato da parte della società nella sua interezza e non solo da parte degli storici e ricercatori di professione. La ricerca scientifica e la cultura di massa, la verità storica e gli stereotipi mitologici sono i poli tra i cui si muovono e si diffondono le nostre idee e i nostri concetti del passato. Considerando entrambi gli estremi, possiamo parlare di fatti e testi della tradizione non solo come realtà compiuta, ma anche come valori ancora oggi in vita.
La figura storica di Machiavelli è ancora tra le più attuali, da molti punti di vista. Egli è ricordato come una delle figure centrali del Rinascimento italiano, il fondatore della moderna scienza politica, l’artefice della categoria del machiavellismo, ancora oggi in uso nel lessico e nella pratica politica. La sua figura possiede molte altre sfaccettature tra loro contraddittorie, che sono state e sono valutate in modo diverso, com’è particolarmente evidente durante ogni cambiamento sociale e politico che la Russia contemporanea ha affrontato.
Sia l’aspetto “reale”, sia quello simbolico delle opere di Machiavelli hanno una propria storia della ricezione, classificata nell’ambito di diverse tradizioni culturali: quella europea, quella atlantica e persino quella orientale. Un gran numero di studi, infatti, è stato dedicato alla ricezione di Machiavelli nei diversi paesi. Si tratta di un tema che possiede una certa autonomia: per molto tempo i contenuti simbolici hanno cercato di soppiantare quelli reali, ricavati da ciò che l’autore fiorentino ha scritto di proprio pugno. Ad ogni modo, risulta difficile, se non addirittura impossibile, esprimere un’opinione del tutto nuova su Machiavelli, qualunque sia il nostro scopo: far emergere l’autentico nucleo dal suo guscio, o invece di concentrarci sullo studio della “tradizione machiavelliana”. D’altra parte, qualsiasi richiamo a questo stimolante intelletto d’artista – anche quando appare dettato da motivi utilitaristici – non può prescindere dalla lettura di una mezza pagina della voce “Machiavellismo” su un qualsiasi dizionario; esperienza che di norma suscita sempre una scintilla di riflessione meritevole di considerazione da parte dell’autore.
Sfortunatamente, l’enorme quantità di opinioni su Machiavelli e il gran numero di pubblicazioni dedicategli, non ci consentono di parlarne nel dettaglio. Pertanto, il tema scelto, che a prima vista può essere formulato abbastanza semplicemente come: “Che cosa è stato scritto (e detto) su Machiavelli nella Russia contemporanea?”, dovrà essere necessariamente affrontato seguendo criteri di selezione e generalizzazione.
Questo saggio, infatti, rappresenta la prosecuzione di una mia precedente monografia sulla ricezione di Machiavelli in Russia durante cinque secoli. Sono trascorsi circa sette anni dalla pubblicazione di quel lavoro, e da allora il numero delle singole edizioni delle opere di Machiavelli – in primo luogo, naturalmente, Il Principe, poi Il Principe assieme ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio – è giunto a dieci. Si tenga presente, a titolo di riferimento, che nei precedenti 150 anni, fino al 1996, il numero complessivo delle edizioni era di diciassette e tra queste La Mandragola era la più tradotta. Durante questo periodo il numero degli studi monografici dedicati a Machiavelli è giunto ad alcune decine.
Per questa ragione, la rassegna proposta non è esaustiva ma necessariamente sintetica e, senza pretesa di essere dettagliata, si presenta estremamente soggettiva. I criteri impliciti di selezione e approccio ai testi sono basati, in primo luogo, sull’opinione dell’autore su Machiavelli, com’è ovvio, e in secondo luogo sull’esperienza della citata monografia in cui erano considerate le principali direzioni e i criteri essenziali della ricezione di Machiavelli nel periodo sovietico e in quelli precedenti. In quella ricerca avevamo affrontato ideologemi basati su citazioni di classici marxisti:
• Il tema della prima “borghesia progressista” e altri correlati;
• la ristrettezza della mentalità borghese a proposito dell’approccio scientifico di Machiavelli alla politica e, allo stesso tempo,
• la teoria de “il fine giustifica i mezzi”;
• la tesi sulla separazione della politica dalla morale
• l’elogio al suo patriottismo italiano.
Naturalmente, la letteratura con velleità scientifiche non ha limitato le proprie valutazioni ai temi menzionati sopra. In particolare le opinioni di carattere storico di Machiavelli sono state analizzate a fondo nei lavori di V. Rutenberg e M. Barg, mentre la sua opera è stata interpretata nel segno della tragica conclusione del Rinascimento dallo storico della letteratura R. Khlodovskij, mentre L. Batkin ha studiato i testi machiavelliani a partire dal nuovo concetto europeo di “personalità”. Alcuni saggi di questi autori, tra l’altro, sono stati più volte rivisti ed editati negli ultimi anni.
Allo stesso tempo, negli anni ’70 ’80 del secolo scorso si sono sviluppate, o sono riapparse, altre teorie che – a mio modo di vedere – mitizzavano Machiavelli, innanzitutto mettendolo in relazione alla revisione del tradizionale
giudizio marxista sul Rinascimento come un’epoca di emancipazione della personalità e di liberazione della stessa dalle “catene religiose” (A. Lossev, Ju. Davydov). Queste interpretazioni condannando l’immorale e sconfinato individualismo rinascimentale, esprimono nuove e rinvigorite tendenze neo-conservatrici e nazionalistiche.
Per quanto riguarda i politici e l’opinione pubblica in generale, l’atteggiamento tradizionale verso la figura di Machiavelli era, già nella Russia pre-rivoluzionaria, alquanto ambiguo e in alcuni casi ambivalente. I politici più esperti preferivano evitare l’argomento conoscendo la vicenda particolarmente amara dei cosiddetti “consiglieri dei principi”, che in Russia avevano pagato duramente per le loro ambizioni e per il loro interesse nei confronti di Machiavelli (D.M. Golitsyn, A.P. Volynskij, in parte anche Decembrist P.P. Pestel, e L.B. Kamenev ai tempi di Stalin). Inoltre, esistono prove alquanto oscure dell’attenzione che leader come Lenin e Stalin nutrirono nei confronti del Segretario Fiorentino, ma fino agli ultimi quindici anni la questione è stata perlopiù ignorata. Per le stesse ragioni nella pubblicistica politica, regolata da parametri molto severi, ci s’imbatteva raramente nella dubbia figura di Machiavelli.
Ora, dopo questa lunga introduzione, possiamo passare alla più concreta analisi della situazione attuale. Il lettore russo, oggi, ha a disposizione un’ampia scelta di pubblicazioni fra le quali scegliere, molto varie tra loro per genere, qualità, livello di trattazione e questioni analizzate. Così come abbiamo accennato, esistono numerose ristampe delle opere di Machiavelli (spesso accompagnate da vecchie o nuove introduzioni dei curatori) sia presentate separatamente che in edizioni accompagnate da guide alla lettura e antologia degli scritti. Ancora, vi sono edizioni e ristampe di contributi su Machiavelli, tra le quali la traduzione dei saggi di Isaiah Berlin e il romanzo rinascimentale di Somerset Maugham Then and now, ripubblicato raramente in russo. Nel campo della storiografia bisogna segnalare l’antologia Machiavelli. Pro et contra (San Pietroburgo, 2002), che include una serie di saggi di storici russi a partire dal XIX secolo.
Bisogna rilevare che quest’abbondanza di testi non porta sempre a esiti felici, e spesso influenza negativamente le rispettive citazioni degli autori. Di solito, chi scrive di Machiavelli, in particolar modo gli autori di opuscoli semigiornalistici, si limita ad una decina di citazioni dagli scritti del Fiorentino da un’edizione tascabile, e una decina di riferimenti a giudizi critici selezionati
più o meno a caso.
Per quanto concerne i lavori di stampo accademico, invece, poche opere hanno attirato l’interesse di chi scrive quanto la tesi di laurea di uno studente della Facoltà di Filosofia all’Università di San Pietroburgo, Ilya Vylegzhanin, morto tragicamente proprio nell’anno della sua laurea. Questo lavoro è stato pubblicato postumo con un titolo abbastanza tradizionale: Niccolò Machiavelli. Uno studio della sua filosofia politica, inserito in un’antologia dedicata all’autore, Life and text (San Pietroburgo, 2001).
Temi di questo genere sono inseriti in liste standard per elaborati di fine corso e tesi di laurea, sia nelle facoltà di storia sia nelle altre facoltà umanistiche. Questa consuetudine genera un interesse nei confronti di Machiavelli che, spesso, accompagna gli ex studenti per anni. Nel caso in questione, questo splendido saggio annunciava un promettente seguito, basandosi su una rigorosa analisi testuale e arrivando a risultati davvero originali. Il suo autore esplorava accuratamente i riferimenti agli scrittori greci e latini presenti in Machiavelli attraverso il confronto testuale. Inoltre, egli aveva presentato cinquantadue casi in cui il Segretario fiorentino usa la parola “Stato” ed era giunto alla conclusione che il significato di questa parola fosse alquanto sfocato. Questo è rilevante, se si considera l’opinione diffusa secondo cui il Fiorentino sia stato il primo a fare uso del termine con il significato di “Stato-Nazione”.
Vylegzhanin interpreta il pensiero di Machiavelli all’interno del «modello della messinscena politica» da lui inserito nel contesto generale della visione dell’uomo rinascimentale come «animale menzognero». Egli distingue tre strategie nella visione del mondo degli eroi-imbroglioni del Rinascimento: l’idea del mondo come un ricettacolo di vizi, la divisione della società in due categorie, quella dei truffatori e quella dei sempliciotti, e infine, l’utilità della frode chiaramente delineata ne La Mandragola. Comunque si vogliano considerare le conclusioni di Vylegzhanin, bisogna riconoscere che esse si basano su attuali metodi di analisi linguistico-semantica e culturologica che riescono a distinguersi notevolmente nella marea di variazioni più o meno standard sul tema machiavelliano.
Un richiamo ai valori marxisti, se non proprio sprofondato nell’oblio, alla fine è regredito nel retroterra degli studi su Machiavelli che riprendevano l’interpretazione del pensatore in rapporto al suo temperamento borghese. Il
grande Fiorentino non lascia indifferenti, per questa ragione ci si esprime nei suoi confronti, come abbiamo visto, attraverso mitologemi più o meno originali. È raro che gli sia attribuita la paternità della teoria «il fine giustifica i mezzi». È addirittura apparso un articolo specifico che nega questa paternità in base ad un’analisi filologica del testo, mostrandola, invece, nata dall’interpretazione dei suoi contemporanei gesuiti. Nondimeno, il machiavellismo, sia nell’accezione positiva che negativa, è assunto come base per le differenti valutazioni dell’eredità machiavelliana. Va da sé, dunque, che i postulati “realistici” o naturalistici di Machiavelli siano messi a confronto con le Utopie e i trattati sullo Stato ideale, in particolare con l’Utopia di Tommaso Moro e la Repubblica di Platone. A tal proposito, è curioso rilevare come l’analisi degli stessi testi porti spesso a conclusioni e giudizi del tutto opposti. Nel recente studio del già menzionato professor Yu. Davydov, Machiavelli è considerato come l’artefice della «de-eticizzazione» della politica cui si dovrebbe la «separazione della politica dalla morale», nonché il teorico del passaggio alla scienza come tecnica del potere e della sua trasformazione da «sapere regale a scienza politica». Il Segretario Fiorentino – sostiene Yu. Davydov – riprende il sofisma di Callicle nel Gorgia platonico, ma si spinge più avanti rispetto al suo antico predecessore. Platone propose di bandire i poeti dalla sua repubblica; Machiavelli, invece, attenta ai filosofi.
Il confronto tra Platone e Machiavelli porta a conclusioni del tutto opposte l’animatore di un’altra rivista filosofica, E.V. Glebov, secondo cui il politico fiorentino si poneva agli antipodi del grande filosofo non solo per le sue idee in ambito storico e sociale, ma anche per la sua concreta opposizione ai neoplatonici che sostenevano il regime dei Medici. In quest’articolo è Platone, non Machiavelli, ad essere rappresentato come antesignano della manipolazione psicologica degli individui, poiché ne la Repubblica propose la tecnica della «programmazione neurolinguistica». Riguardo a questa tesi, nella letteratura russa si può trovare un parallelo contrario: una monografia intitolata semplicemente La nascita del machiavellismo russo, dedicata alle «tecnologie di gestione manipolativa» sviluppate in Russia, finalizzate al «totale controllo della realtà sociale». Quest’ultima questione, in senso stretto, non riguarda Machiavelli, poiché la parola “machiavellismo” qui è usata come sinonimo di connotazione negativa per “violenza contro la storia” da parte di sociologi e psicologi russi del XIX secolo: N.N. Michailovskij, V.M. Becheterev, M.M. Kovalevskij, N.I. Kareev. In altri termini, nelle loro opere viene rintracciato un bolscevismo ante litteram.
Il desiderio di legare le proprie considerazioni sul “machiavellismo” e su Machiavelli a quelle sulla Russia è tipico di molti autori. Tale atteggiamento è ravvisabile anche nel secondo saggio di E. Glebov, che conduce un’ampia argomentazione – «l’analisi della politica russa nei lavori e nelle opere di Machiavelli!» – partendo da una singola frase del Fiorentino, dove si legge che nella Scizia avvengono spostamenti di Tartari e che l’Europa è protetta da questi ultimi grazie a Polonia e Ungheria. Le fantasiose conclusioni di E. Glebov cercano di dimostrare che le idee di Machiavelli incoraggiarono i pubblicisti russi a sostenere la formula “Mosca è la terza Roma” e che il Fiorentino auspicava una “Unione inversa”: in altre parole vedeva nella religione ortodossa un modello per il cattolicesimo! La forza del sentimento nazionale è grande, ma ahimè, spesso finisce per rivoltarsi contro Machiavelli!
Stesso pathos si ritrova in un saggio di R. Muckhamadiev, Il primo dramma russo (si tratta del Boris Godunov di Puškin,), pubblicato nel «Giornale di cultura russa» (Mosca, n. 8, 2000). Nell’articolo si confrontano il grande dramma di Puškin e il Principe – due opere che presentano realmente significative analogie – nel contesto delle differenze tra Occidente e Oriente sul problema dei mezzi e dei fini. Il pensiero occidentale ammette la possibilità di compiere un crimine per realizzare fini superiori, diversamente dalla Chiesa Ortodossa, dalla filosofia russa e da Puškin. Il vero grande sovrano vede nel potere un mezzo, non uno scopo: questa è la conclusione moraleggiante (e presumibilmente anti-machiavellica) proposta dall’autore. Il tema dell’attualità di Machiavelli – o almeno la discussione sul suo ruolo di antesignano in negativo o in positivo – non viene tralasciato praticamente da nessuno.
Un vero e proprio potpourri di teorie sul significato del machiavellismo in età moderna viene presentato nel libretto Il fenomeno del machiavellismo e la formazione della scienza politica (San Pietroburgo, 1998) che combina in modo insolito un richiamo alle tesi di J. Burckhardt ed E. Fuchs sul declino dei costumi nel Rinascimento e le teorie di M. Foucault sulle diverse concezioni del corpo politico tra piccola nobiltà e borghesia. Si afferma che il machiavellismo non consiste nella mancanza di princìpi o moralità, ma nell’espressione del dominio della volontà nella sfera politica ed economica. Benessere, forza e conoscenza divengono sinonimi del potere che spazza via ogni ostacolo: al punto che sotto i colpi di questa critica cadono il monachesimo europeo, il bolscevismo, lo stalinismo, e persino l’americanismo. Qui il contrasto è tra la concezione del diritto in quanto forza, propria del cowboy, e l’arte dello Stato di mantenere il consenso nella società attraverso la legge.
Sfortunatamente, le riflessioni filosofiche sulla politica, sulla morale, sullo Stato moderno e l’umanesimo sono troppo spesso accompagnate – come si è visto – da una scarsa conoscenza della storia e da una certa indifferenza per il rigore documentario, nonostante la situazione sia migliorata con la pubblicazione di materiali e monografie su Machiavelli. Come esempio, si può citare un saggio di B.I. Koval, dedicato al tipico confronto tra un pragmatico e un utopista, in questo caso fra Machiavelli e Moro, nella collezione periodica «Personality and political culture». Si tratta di un altro caso di giornalismo politico moderno nello spirito del “socialismo illuminato”, scaturito – almeno
per quanto riguarda Machiavelli – già negli anni ’70 per effetto di un volume di F.M. Burlatskij. Una volta considerati i giudizi sul machiavellismo dell’autore del saggio, che non sempre sono farina del suo sacco, Koval li completa con una corrispondenza fantastica – nello spirito del libro di Burlatskij – nientemeno che con Raffaele Itlodeo, abitante dell’Isola di Utopia, dove si sarebbe vissuta la perestrojka, proprio come in Russia. L’interlocutore dell’Itlodeo comincia il suo saggio avvertendo di voler lasciare agli esperti la correzione degli errori, ma ci chiediamo cosa gli abbia impedito di inserire la data di nascita esatta di Niccolò: 1469 invece di 1465, come leggiamo nel testo. Seguendo Bertrand Russell, per qualche ragione egli identifica i Borgia con i Medici e ritiene che la citazione di Cesare Borgia ne Il Principe sia intesa ad ottenere il favore dei signori di Firenze. Anche B. Koval – come già molti altri – ha tentato di motivare questo “arruffianamento” del Segretario Fiorentino finendo col dimenticare del tutto l’ambiente storico che avrebbe fatto cadere l’intera questione.
Ad ogni modo, si può essere d’accordo con l’autore quando dice che lo “statalismo” di Machiavelli è in fondo uno dei miti creati su di lui; ma poi lo stesso Koval viene messo in imbarazzo, questa volta a causa di una cattiva traduzione proprio nel passo da lui impiegato come prova dell’atteggiamento critico del Fiorentino verso lo Stato. Machiavelli scrive: «E di tutte le servitù dure quella è durissima che ti sottomette a una repubblica» (Discorsi, II, 2), dove è chiaro che bisogna tradurre in russo “repubblica” come repubblica, perché in questo capitolo il termine è impiegato in netta opposizione alla monarchia, e nel passaggio in questione ci si riferisce ai domini conquistati. Invece, in certe edizioni delle opere di Machiavelli – come la vecchia traduzione del 1869, unica versione dell’opera disponibile fino al 2002 e più volte ristampata – “repubblica” viene tradotto con “Stato”, il che può andar bene in alcuni casi quando lo stesso Machiavelli lo intendeva in tal senso, ma non certo in questo passo. Un ulteriore esempio di questo tipo di equivoci è presente nel citato saggio di Ju. Davydov che scorge una contraddizione tra il «violento realismo politico» di Machiavelli e le sue «non premeditate digressioni nell’ambito della didattica utopica». Tra queste Davydov considera tale il richiamo alla virtù nel superare la crisi politica (Istorie Fiorentine, libro V). Può essere chiaro solo ai lettori esperti di Machiavelli e di letteratura rinascimentale in genere che qui non ci si riferisce alla virtù morale, ma a quella precipua qualità dell’uomo rinascimentale generalmente resa in russo col termine dobles (valore).
Di fronte a tali complicazioni con le traduzioni, cosa possiamo mai attenderci dai saggi popolari e giornalistici che in questo periodo abbondano sulle riviste di ogni orientamento? Uno di questi comincia menzionando il romanzo di Mario Puzo La famiglia ispirato a Cesare Borgia che – scrive l’autore, lo storico A. Evlakhov – divenne papa Alessandro VI nel 1422 [sic].
. Da questo contributo, inoltre, possiamo ricavare preziose nuove sulla biografia di Machiavelli, come la sua «eccellente istruzione nell’università fiorentina». La mancanza di dati reali viene compensata dalle considerazioni sui moderni machiavellisti: Margaret Thatcher e George Bush senior (“Desert
Storm”) che ottennero grandi successi rispetto a politici più incerti come Gorbaciov e Clinton. Questo metodo è sempre stato e rimane piuttosto popolare nella letteratura machiavelliana: un esempio è l’articolo Il segretario geniale della rivista «Paradox» (2000, n. 4), dove le citazioni da Machiavelli sono accompagnate da riferimenti ai politici moderni che hanno seguito i suoi consigli. In questo catalogo compare nuovamente Clinton insieme con Bush, per via dell’aumento di popolarità del 10 – 15% ottenuto dopo il bombardamento dell’Iraq e della Yugoslavia; assieme a Kennedy e Reagan che seppero scegliere i propri consiglieri fra esperti in scienze umane. Inoltre, sono menzionati Carlo XII di Svezia (che distrasse il popolo con imprese militari e gesta eccentriche), il pilota Carlos Menem e l’aviatore Vladimir Putin, i nuotatori Mao Zedong e Saddam Hussein. Ancora Charles De Gaulle (che malgrado le sue promesse concesse l’indipendenza all’Algeria), Mitterrand capace di rimandare il suo decesso, Churchill che seppe adattare il suo essere liberale alle circostanze, lo stesso Franco che unificò l’intera nazione dopo la conquista del potere, e Deng Xiaoping che mantenne, diversamente da Gorbaciov, il vecchio regime politico con «tutti gli attributi dello stato comunista». Il tutto per finire con Stalin che scaricò sugli altri le responsabilità dei suoi “eccessi”. Stalin è uno dei più famosi “machiavellisti” russi ma l’atteggiamento rispetto alla sua figura è piuttosto ambiguo: dopo l’euforia della perestrojka alla fine degli anni ’80, all’inizio dei ’90 si faceva sentire la nostalgia di una figura autoritaria. Un esempio di uso meramente mitologico del “machiavellismo”, al riguardo, si può riscontrare in un saggio pubblicato recentemente nella collezione dall’università di Yaroslavl per «portare l’attenzione degli studenti sulla legalità calpestata» da Stalin con le repressioni di masse del 1937. Qui la voce dell’autore si ammanta di toni biblici: «Milioni d’innocenti dovettero bere alla coppa di Giuseppe».
Non accade spesso che qualcuno tenti un paragone approfondito tra la dottrina di Machiavelli e lo stalinismo. Tra le eccezioni si può citare uno studio di E. Nesmejanov sullo «stile di pensiero di entrambe le figure». L’autore rintraccia i punti di contatto tra i due in un fenomenismo che, nel caso concreto, prende la forma di un pragmatismo politico mascherato dal continuo appello a fini utopici: interpretazione che, nel caso di Machiavelli, è alquanto discutibile. Negli ultimi quindici anni ci si è interrogati molto in ambienti pubblicistici e letterari sull’eventualità che Stalin abbia letto Machiavelli. Il problema fu portato all’attenzione grazie alle testimonianze dei “vecchi bolscevichi”, ma la prova documentale è quella dell’ultimo Presidente del Consiglio dei Ministri dell’Urss, Ryzhkov, che vide nella biblioteca del Cremlino l’edizione del 1869 de Il Principe e i Discorsi con note autografe di Stalin. È curioso che Ryzhkov, politico navigato, valuti i consigli di Machiavelli sottolineati da Stalin con una certa prudenza, ma talvolta anche con partecipazione. Allo stesso tempo, con un atteggiamento caratteristico già nell’epoca anteriore alla Rivoluzione d’Ottobre, rileva che le moderne canaglie della politica hanno di gran lunga surclassato il naif Machiavelli.
Il problema di Stalin ha suscitato l’interesse dei partecipanti all’incontro della Società Fiorentina che ha posto, dato il concorso delle circostanze, proprio la figura di Machiavelli al centro della sua attività. La questione riguarda i numerosi ammiratori dell’illustre Fiorentino e la sua città natale: la culla del Rinascimento. Con l’aiuto dei fiorentini a Mosca è stato posto un busto di Machiavelli, sono state pubblicate diverse collezioni di saggi, rassegne bibliografiche e raccolte di citazioni dalle opere di Machiavelli e da quelle dei suoi ammiratori. Come si evince chiaramente dai titoli, s’insiste sull’attualità del pensiero del Fiorentino e sulla sua presunta utilità per la Russia di oggi. Durante le assemblee della Società, a quanto pare, si cercò di coinvolgere la popolosa classe dirigente russa. Tra gli invitati, infatti, erano presenti i deputati della Duma Nazionale e della Duma di Mosca e i membri della Corte Costituzionale. Si propose di distribuire ai delegati delle due Dume le nuove edizioni delle opere di Machiavelli. Durante i dibattiti le opinioni si rivelarono estremamente varie, ma i giudizi sulla figura di Machiavelli furono piuttosto positivi.
In tale occasione è stato interessante notare gli eccessi cui conduce un estremismo interpretativo di segno opposto: il desiderio di dipingere Machiavelli come un angelo senz’ali o – come oggi è di moda – un politico probo, fermamente credente e non tanto in contrasto con l’etica cristiana. Al sostegno di questa nuova immagine del Segretario Fiorentino è apparsa essenziale la pubblicazione della sua Esortazione alla Penitenza, tradotta da padre G. Chistjiakov e ristampata due volte. Un altro esempio ci sembrano le lagnanze del curatore delle Massime di Machiavelli, P. Barenboym per la pochezza retorica riscontrata durante la cerimonia d’insediamento del presidente russo, diversamente da quello americano. Alla fine di quest’ultima cerimonia comparve persino un predicatore pregando affinché la nazione scegliesse la morale e non il materialismo; poiché la religione e l’etica sono – si presume con il favore di Machiavelli – fondamentali per la democrazia. Non sono da trascurare, poi, gli elogi rivolti alla dinastia dei Medici dipinti come principi illuminati e patrocinatori delle arti, nonché sostenitori del Platonismo, che in questo caso non viene più visto in contrasto con Machiavelli.
A questo punto, la superficiale rassegna proposta potrebbe essere ampliata ulteriormente con le pubblicazioni recenti dedicate a Machiavelli, ma la cosa sarebbe irrealistica e per giunta non necessaria. Tornando al nostro obiettivo, esso non consiste semplicemente nell’esposizione delle opinioni emerse dai saggi presentati, ciascuno col proprio grado di originalità a seconda degli autori. L’obiettivo era, piuttosto, quello di delineare un approccio al tema della
sopravvivenza di un’idea all’interno di un contesto sociale, partendo dai tentativi di analisi scientifica e storica delle opere di un autore centrale del Rinascimento. Fino a giungere, poi, ai riflessi simbolici delle idee di Machiavelli e machiavellismo, spesso insulsi ed estranei alla verità storica ma ormai penetrati nella cultura di massa. Questa specie di “piccolo mondo”, a suo modo, può essere indicativa perché qui, come negli articoli dei giornali e nelle interviste ai politici, si possono cogliere quei mutamenti dalle vecchie opinioni che conducono alla nuova comprensione di Machiavelli. Quest’ultimo, comincia ad essere percepito come il portatore di un sapere particolare, inteso alla stregua di un’elitistica saggezza politica, anche se ambigua e tinteggiata di pessimismo.
Così vediamo il nome di Machiavelli nei giochi per PC e nelle trasmissioni televisive, nel nome di un’agenzia di political technologies e di un negozio d’abbigliamento di tendenza. Su Internet si possono trovare intere pagine dedicategli e citazioni pseudo – realistiche dalle sue opere. Credo di aver costatato il vertice di questa popolarità in una serie di pseudo citazioni che ho visto sul muro di un’autofficina, con riferimento alle sue presunte origini ucraine (Mykola Machiavelli), il cui contenuto si riduceva all’idea che un uomo che vuol essere un principe deve celare i propri pensieri agli altri e non attendersi gratitudine.
Resta solo una domanda: tutto questo davvero ha che fare con Machiavelli, il Rinascimento, e persino con la storia in generale? Probabilmente sì, e certo non meno di quanto non l’abbiano l’interrogarsi sul machiavellismo, lo stalinismo e così via, temi che non sono estranei nemmeno a quei lavori che si dichiarano scientifici. Non sempre si può distinguere il mito dalla verità, ed è
difficile anche valutare se in Russia siano aumentati più i machiavelliani o gli anti-machiavelliani. Di sicuro, si può costatare il crescente numero di opinioni al riguardo, e sfortunatamente, il crescente numero di affermazioni malfondate e ignoranti. La libertà genera irresponsabilità. Allo stesso tempo, però, si tratta dell’ennesima prova della vitalità unica di questo pensatore rinascimentale; e il suo mito finisce per esserne una prova ulteriore.
  Cosa ne pensi? Invia il tuo commento
 
Realizzazione a cura di: VinSoft di Coopyleft