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Falange Española. Un partito autenticamente fascista?
di Alessandro Roth
Nella letteratura storica si trova spesso enunciato il parere che la Falange spagnola avrebbe rappresentato una tarda manifestazione del Fascismo in Spagna. Al momento della sua fondazione, nel 1933, essa sarebbe stata il primo partito fascista della Penisola iberica.
Fascismo è, tuttavia, un termine dai contorni poco definiti. Il relativo discorso accademico, infatti, è da ben più di mezzo secolo incentrato sulla ricerca di una definizione del termine che possa essere applicata alla totalità dei movimenti e partiti, europei e non, considerati più o meno autenticamente fascisti. Si tratta in sostanza della formulazione di un Idealtypus weberiano. Da questo dibattito nascono in definitiva una serie di discrepanze per quanto riguarda l’allocazione ideologica di certi movimenti/partiti, il che ha condotto in certi casi all’uso inflazionario del termine fascismo per descrivere organizzazioni politiche o Stati, la cui aderenza a tale ideologia appare alquanto dubbia. Questo breve saggio si prefigge il compito di stabilire il grado di aderenza della Falange Española al relativo Idealtypus del Fascismo e le sue peculiarità rispetto ad esso.
Per rendere possibile una visione comparativa della problematica, l’ideologia del partito spagnolo verrà confrontata con movimenti simili, quali il Fascismo italiano. A tal fine, si formulerà qui di seguito una definizione che comprenda un gran numero di elementi centrali dell’ideologia in questione, reperibili presso la maggior parte delle sue manifestazioni europee.
Il Fascismo è caratterizzato ideologicamente da una concezione della vita di stampo idealistisco e attivistico che apre la strada alla conseguente esaltazione dell’età giovanile e ad un più o meno esplicito elogio della violenza e della guerra. Accanto a ciò si delinea inoltre un contrasto netto nei confronti del liberalismo e del marxismo, visti come espressioni di una mentalità materialista, e nei confronti delle filosofie progressiste dell’età moderna, ancorate a tali correnti di pensiero. Quanto al conservatorismo, l’opposizione ad esso dei vari movimenti fascisti assume colorazioni diverse, variando da un’attitudine di avversione pronunciata ad una di simpatia dichiarata.
A livello organizzativo, nei movimenti fascisti si può rilevare l’affermarsi di un Führerkult e di una gerarchizzazione e militarizzazione miranti alla creazione di un partito di massa interclassista e di unità paramilitari atte prima di tutto alla lotta contro gli avversari politici e a funzioni di protezione delle strutture e manifestazioni organizzative. Nell’ambito di queste ultime viene affidato un ruolo importante all’estetica sotto forma di parate e simboli, e agli aspetti emozionali canalizzati tramite discorsi e rituali. L’aspirazione ultima di un movimento fascista consiste da una parte nella trasformazione dello Stato in senso totalitario e corporativo, in modo da poter esercitare un controllo vasto sia della società, sia dell’economia, dall’altra nella trasmutazione della mentalità presunta del popolo, per creare la figura dell’uomo nuovo, che dovrebbe rappresentare il superamento delle mentalità giudicate dannose, decadenti, quali quella borghese e materialista.
Un nazionalismo agguerrito viene spesso accompagnato da una volontà di espansione territoriale della propria nazione, oltre al desiderio di farne una potenza mondiale. La nazione sana viene intesa come un’unità organica, non divisa da interessi particolari al suo interno, ed esente da influenze straniere.
Prima di passare al Falangismo, occorre premettere qualche cenno sulla situazione della Spagna all’inizio della terza decade del ventesimo secolo alla luce di tre aspetti importanti: la questione agraria, le forze armate e la Chiesa.
Il 12 aprile del 1931, a poco più di un anno dalla fine della dittatura di Miguel Primo de Rivera, si tennero le elezioni municipali, dalle quali risultarono chiaramente vincitori i partiti repubblicani e i socialisti del PSOE. In seguito a ciò, il 14 aprile venne proclamata la Repubblica e il Re fuggi in esilio senza abdicare formalmente. Il nuovo Governo repubblicano adottò una serie di riforme, soprattutto in campo economico e sociale, mai viste prima. Per quanto riguarda l’aspetto sociale, il tratto saliente dell’azione di governo mirava alla secolarizzazione della società spagnola tramite l’espropriazione di gran parte dei possedimenti ecclesiastici e il risospingimento della Chiesa al solo campo dell’istruzione. Contemporaneamente si cercò di estendere il raggio dell’istruzione pubblica tramite l’istituzione di nuove scuole e l’arruolamento di insegnanti. Questi sforzi non bastarono tuttavia a coprire la mancanza di personale creata dalla chiusura degli istituti religiosi. Ciò contribuì ad acuire l’opposizione di gran parte della Chiesa cattolica al sistema repubblicano, che contribuirà all’appoggio dato da essa in maggioranza a Franco e ai nazionalisti durante la guerra civile.
Per quanto concerne le forze armate, le riforme erano incentrate sulla riduzione dei costi anche tramite la riduzione drastica del corpo degli ufficiali, il quale, allora, era molto ampio in confronto alla totalità dei membri delle forze armate. Oltre a ciò il governo volle anche modernizzare l’esercito che, per molti aspetti, era rimasto fermo al tempo di fine Ottocento. Ciò destò le ire di molti ufficiali dell’esercito, il cui corpo non era inizialmente particolarmente avverso alla Repubblica. L’opposizione a questi cambiamenti sfociò in un’adesione notevole del personale del corpo degli ufficiali al fronte antirepubblicano nel 1936.
L’economia presentava in quel periodo notevoli problemi soprattutto per quanto concerne il settore agrario. Tramite una redistribuzione terriera il Governo voleva instaurare rapporti di possesso più equilibrati, per favorire i piccoli proprietari terrieri e i braccianti. Tale riforma fu oggetto di estenuanti dibattiti nelle Cortes e fu approvata nel 1932 sotto forma di un compromesso tra l’ala moderata e quella radicale del Governo, rappresentata in primis dal partito socialista. In questa maniera gli espropri rimasero limitati e la riforma agraria si rivelò inefficace anche per via della mancanza di fondi statali. Oltre a ciò i grandi, e buona parte dei medi proprietari terrieri concepirono un’animosità nei confronti del governo repubblicano comparabile a quella degli altri gruppi prima trattati.
Questo clima di conflittualità finì per fomentare l’opposizione di destra alla Repubblica. Tale opposizione vinse le elezioni nazionali del 1933, l’anno della fondazione della Falange Española, anch’essa riconducibile nelle sue immediate origini sociali e politiche al campo nazionalista e monarchico, avverso al sistema repubblicano, e rafforzatosi in seguito all’attività riformista svolta tra il 1931 e il 1933 fino ad arrivare al 1936, alla vittoria, nelle elezioni, del fronte popolare composto da repubblicani, socialisti e comunisti.
E in questo contesto va inquadrata l’iniziale carriera politica delle principali figure del Falangismo e la genesi del movimento, inteso anche come reazione alla politica repubblicana.
Il futuro leader della Falange José Antonio Primo de Rivera (1903-1936) era figlio dell’ex dittatore Miguel Primo de Rivera e un convinto sostenitore del regime del padre, dopo la caduta del quale, nel 1930, militò in alcuni gruppi di orientamento decisamente nazionalista e monarchico prima di avvicinarsi ad ambienti che simpatizzavano per il Fascismo italiano, o che lo elogiavano apertamente, raccogliendosi intorno ad alcuni periodici. A meta del 1933 Jose Antonio fu cofondatore del Movimiento Sindicalista Español, che si dette un programma molto vago e palesemente ispirato al Fascismo nella sua veste più conservatrice. Tra i vari punti programmatici va però notato l’intento di scardinare il sistema democratico-repubblicano e di sostituirlo con uno Stato più autoritario che fosse in grado di unire la Spagna, visto che, secondo lo stesso Jose Antonio e i suoi collaboratori, essa era divisa, ideologicamente, in correnti marxiste, liberali e ciecamente conservatrici, e, sul piano sociale, dalla lotta di classe e dalle varie correnti separatiste. Egli aspirava alla formazione di un’organizzazione vera e propria al posto dello stagnante MSE. Fu proprio lui che, in un discorso tenuto alla presenza di un folto gruppo di nazionalisti in un teatro madrileno il 29 ottobre 1933, nell’ambito di un comizio che doveva servire anche come atto di fondazione di un nuovo partito, ne riassunse i fondamenti ideologici. Il suo nome, Falange Española, fu coniato nei giorni successivi. La Falange della prima ora conservò essenzialmente il carattere filo-conservatore del MSE, privo di un vero e proprio impeto social-rivoluzionario caratteristico dell’archetipo fascista e del fascismo sansepolcrista. Questo aspetto confluì tuttavia nell’ideologia falangista tramite la fusione del febbraio 1934 della Falange con le Juntas de Ofensiva Nacionalsindicalista. Partito cofondato nel 1931 da Ramiro Ledesma Ramos, il quale poi ricoprirà un ruolo di rilevanza nel movimento falangista fino alla sua espulsione dal partito nel 1935, le JONS si fecero portavoce di uno spiccato anticapitalismo. Questo partito fu nel complesso più vicino della Falange al Fascismo italiano del 1919. Nonostante ciò Ledesma Ramos non si astenne dal criticare il partito di José Antonio Primo de Rivera per via della sua imitazione del Fascismo italiano, affermando che le JONS erano un fenomeno esclusivamente spagnolo al quale non servivano modelli di movimenti stranieri.
Fino alla fine del 1934 il nuovo partito, ora denominato Falange Española de las JONS, assumerà forme concrete. Nel corso del primo congresso nazionale, il 5 ottobre 1934 José Antonio fu eletto capo del partito col nome di caudillo, assumendo un’autorità ferma sul partito. Ciò non deve stupire, visto che il suo carisma e le sue doti retoriche ne facevano la persona adatta a quel ruolo, anche se i suoi discorsi erano più carichi di emozioni che di contenuti concreti. In questo contesto vengono in mente paragoni con Hitler e Mussolini oppure, in maniera meno pronunciata, con leader di partiti come Jacques Doriot in Francia e Oswald Mosley in Gran Bretagna. Il Führerkult e la leadership carismatica presenti entrambi nella stragrande maggioranza dei movimenti fascisti possono essere rilevati quindi anche nel caso della Falange. A differenza, però, di alcuni suoi equivalenti come Hitler e Mussolini, José Antonio era un rampollo della classe benestante, fatto che procurò notevoli problemi sia a lui, rendendolo poco credibile, sia al partito quando si trattò di attrarre alle proprie posizioni il proletariato agrario e industriale. Il 6 ottobre venne scelta la camicia blu come uniforme ufficiale per i militanti del partito. Questa decisione, insieme alla presenza di squadre fino a quel momento paramilitari atte a contrastare gli avversari politici, contribuì alla genesi di strutture prettamente paramilitari e di un’autocoscienza militarista, tratti salienti di qualsiasi variante del fascismo.
Per far luce sulle affinità ideologiche tra il Falangismo e il Fascismo soprattutto italiano, principalmente il”Fascismo movimento“, occorre tuttavia un’analisi del programma falangista, che fu elaborato in maniera determinante da José Antonio Primo de Rivera nel novembre del 1934.
La prima parte concerne la nazione spagnola, la quale viene intesa come una comunità spirituale e culturale unita dal destino, e di conseguenza unita a scapito di ogni forma di separatismo. Viene inoltre postulato per la Spagna un ruolo di potenza mondiale, sia in termini economici, sia militari, sia spirituali. Lo Stato viene inteso come custode della nazione e come strumento atto al recupero della sua grandezza. I partiti politici, intesi come mediatori tra popolo e Stato, vengono respinti, essendo ritenuti sintomi di disunione ed espressioni di interessi particolari contrapposti agli interessi nazionali. In relazione a ciò ci si prefigge di salvaguardare la libertà e la dignità solo di coloro che agiscono per il bene e la grandezza della nazione. Un nazionalismo acceso, legato ad una volontà di potenza presente nella quasi totalità dei movimenti fascisti e non solo, è dunque chiaramente presente anche nel falangismo, il quale, oltre a ciò, propone, alla pari del fascismo in tutte le sue sfumature e dell’integralismo politico quale quello maurrasiano, una visione organicistica della società, intesa, appunto, come un organismo dinamico, composto da parti interdipendenti.
Segue il segmento programmatico concernente l’economia. La Falange intendeva unire le forze produttive di tutti i settori in appositi sindacati, tramite i quali avrebbero dovuto essere armonizzati gli interessi dei lavoratori con quelli dei datori di lavoro per conseguire l’obiettivo dell’abolizione della lotta di classe e della creazione di un’unita, appunto, organica volta al bene della nazione. Vengono rifiutati il materialismo e l’internazionalismo marxisti, e il capitalismo, il quale, anch’esso è considerato un sistema materialistico e di sfruttamento dell’uomo. Per capitale vengono tuttavia intesi principalmente l’apparato bancario e le grandi aziende, e non la proprietà privata in generale o quella dei mezzi di produzione in senso stretto. Questo “grande capitale” avrebbe dovuto essere statalizzato assieme a tutte le imprese che svolgono attività attinenti all’interesse nazionale.
In questo emergono chiaramente aspetti paralleli al corporativismo del Fascismo italiano, elemento assente dal primo programma di San Sepolcro del 1919, e introdotto definitivamente nel primo programma del 1921 del neonato PNF, il quale, però, fu più moderato del nacional-sindicalismo delle JONS. Quest’ultimo assunse, tuttavia, un carattere più moderato dopo la fusione con la Falange. Nel primo programma del partito nazionalsocialista tedesco (NSDAP) del 1920, invece, non viene fatta menzione esplicita di un sistema corporativo. Esso contiene, tuttavia, alcune punte anticapitalistiche, per le quali, ed è interessante notarlo, analogamente al Sansepolcrismo, auspicava, ad esempio, la confisca dei profitti di guerra. Al di là delle comparazioni tra movimenti più o meno prettamente fascisti, vengono alla mente anche similitudini con il movimento nazional-sindacalista portoghese, benché questo fosse un movimento di stampo tradizionalista nello stile dell’integralismo dell’Action française, anziché del Fascismo. Entrambe le correnti considerano queste forme di organizzazione corporativa dell’economia come degli “antidoti” alle carenze sia del capitalismo, sia del marxismo. Riguardo al settore agrario, ci si prefigge il miglioramento delle condizioni generali di vita ed economiche della popolazione rurale. Rimane tuttavia poco chiaro se ciò sarebbe dovuto avvenire tramite l’espropriazione ampia dei latifondi e delle grandi proprietà terriere. La meta prefigurata consiste inoltre nell’incremento della produttività agraria. La politica agraria ricopre nel programma falangista un ruolo ben più rilevante rispetto al programma di San Sepolcro, o di quello nazionalsocialista del 1920. Ciò deriva molto probabilmente dal fatto che i rispettivi movimenti italiano e tedesco furono inizialmente, sopratutto nel caso tedesco, attivi in zone di avanzata industrializzazione, nelle quali l’agricoltura non ricopriva un ruolo economicamente e socialmente particolarmente importante. La Spagna a quel tempo, invece, si presentava come un paese prettamente agrario (escludendo le zone altamente industrializzate della Catalogna e dei Paesi Baschi). Mettendo in rilievo il problema agrario, la Falange si aspettava di raccogliere ampi consensi presso la popolazione rurale, visto che la forza lavoro industriale era dominata da correnti autonomiste o, come fu particolarmente nel caso catalano, dalle organizzazioni degli anarchici (FAI) e degli anarco-sindacalisti (CNT).
Il programma prosegue con l’illustrazione dell’aspetto educativo, nel quale, caratteristicamente per l’ideologia fascista, si pone l’accento su una formazione di tipo militaresco, basata sull’assoggettamento ad una forte disciplina, che, oltre a ciò, fornisse a tutti gli elementi dotati la possibilità di accedere anche ad un’istruzione superiore indipendentemente dalla situazione finanziaria personale.
A differenza, però, del Fascismo della prima ora dei Fasci italiani di combattimento e dell’NSDAP la Falange inserisce nel proprio programma il desiderio e l’auspicio di arrivare ad un concordato tra Stato e Chiesa. Nelle file falangiste manca, infatti, quell’anticlericalismo più o meno esplicito che aveva connotato i movimenti, ad essa precedenti, del Fascismo italiano e del Nazionalsocialismo tedesco. Questa mossa politica potrebbe essere anche interpretata come una manifestazione di opportunismo da parte dei leader falangisti, i quali avevano certamente osservato il successo che aveva accompagnato i Concordati stipulati tra la Chiesa cattolica e gli Stati italiano e tedesco, rispettivamente degli anni 1929 e 1933, antecedenti la stesura del programma falangista. Tuttavia non va neanche sottovalutata la capacita di almeno una buona parte dei falangisti di una religiosità sincera, benché distorta, ma in fin dei conti laica. Nella Spagna di quegli anni l’anticlericalismo fu il campo praticamente esclusivo di certi partiti repubblicani, della sinistra e del movimento anarchico, mentre il resto dei partiti politici assumeva una posizione di aperto sostegno o di rispetto laico nei confronti della Chiesa.
Riassumendo il programma della Falange rimane alquanto vago nei suoi obiettivi. Il partito si prefigge una ristrutturazione completa della politica spagnola, e parziale dell’economia e della società. Le modalità e i mezzi del raggiungimento di questi cambiamenti rimangono, come in quasi tutti i programmi politici di matrice fascista o fascistizzante, per lo più all’oscuro. La causa di ciò va ricercata nella mancanza di competenza e di conoscenza delle relative materie da parte dei quadri dirigenti del partito. Non bisogna dimenticare che la Falange fu nel primo periodo fino all’anno 1936 un partito interclassista, ma numericamente molto esiguo, composto per la maggior parte da studenti universitari provenienti dalle classi media e alta e di formazione politica nazionalista, cattolica e monarchica. Tutt’altro è, invece, il caso della NSDAP e dei Fasci, ambedue formazioni politiche inizialmente composte in gran parte da ex-combattenti della Grande Guerra, i quali faticavano a reinserirsi nella società civile, e caratterizzate da una matrice politica iniziale decisamente più di sinistra di quanto non lo sia stata la Falange. Tale matrice risulta con particolare evidenza quando si osserva l’eterogeneità dell’assembramento di Piazza San Sepolcro, caratterizzato da socialisti, futuristi e sindacalisti rivoluzionari, Tutto sommato, la Falange assomiglia in molti punti piuttosto al PNF del primo programma (1921). Con la fondazione del PNF, infatti, venne abbandonato il radicalismo anche economico che aveva caratterizzato il Fascismo primordiale e venne introdotta nel programma l’idea corporativa, poi diventato un cavallo di battaglia falangista e non solo.
Infine va notato che l’ideologia falangista era priva del razzismo biologico intrinsecamente caratteristico del Nazionalsocialismo e di altri movimenti, come la Legione dell’Arcangelo Michele in Romania (che era impostata su un antisemitismo di stampo economico e spirituale più che strettamente biologico), e i vari partiti nazionalsocialisti d’Ungheria. José Antonio Primo de Rivera stesso ebbe a sostenere che il Fascismo italiano (quello di regime, ovviamente) era stato di gran lunga il modello più importante (ben più del Nazionalsocialismo tedesco) per la Falange. Egli affermò che il Fascismo era un derivato dell’antichità classica, mentre il Nazionalsocialismo era il frutto dell’irrazionalismo del Romanticismo tedesco. La mancanza di una componente razziale nell’ideologia della Falange va anche ricercata nel contrasto che essa avrebbe generato con la professata volontà di mantenere la Spagna unita contro le correnti separatiste, vista la composizione culturalmente eterogenea della Penisola iberica.
La Falange può complessivamente essere considerata come un partito politico molto simile nelle idee al suo pendant italiano degli Anni Trenta (il Fascismo regime) e alquanto vicino all’Idealtypus inizialmente presentato. Ciò nonostante la differenza maggiore risiede nella componente social-rivoluzionaria piuttosto debole, e tuttavia ampiamente simile a quella del Fascismo regime, a sua volta tuttavia molto diversa dall’impostazione più o meno rivoluzionaria del Sansepolcrismo.
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