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Cronache recenti dell'economia globale. Postfazione a Bernanke
di Massimo Lo Cicero
Postfazione a Bernanke*

Stati Uniti ed Europa restano indietro mentre la Cina cresce: forse l’errore dell’Occidente è concentrarsi troppo sulla ricerca della stabilità finanziaria e troppo poco sugli effetti, positivi ma spesso anche negativi, della gestione politica dei processi di crescita e di sviluppo.
Sarebbe utile combattere l’inefficienza e il corporativismo che affliggono l’attività delle amministrazioni pubbliche, per creare solide basi nell’equilibrio finanziario futuro. Non è detto che la stabilizzazione delle finanze pubbliche sia una solida base per una politica espansiva, dopo la stabilizzazione arriva la recessione mentre la crescita si allontana oltre l’orizzonte visibile. Questo è lo stato delle cose ad oggi.
Se leggete queste righe, dovreste aver letto anche, nella traduzione italiana che «L’Acropoli» propone, il discorso che Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, ha tenuto il 26 di agosto del 2011, a Jackson Hole, Wyoming, nel simposio promosso ogni anno dalla Federal Reserve Bank of Kansas City. In quella occasione è stato fatto il punto sulle condizioni necessarie per creare le condizioni di una crescita stabile e duratura nel tempo. Dal 2007, il primo anno della crisi finanziaria globale, il luogo e la data dell’incontro hanno assunto un valore simbolico: per misurare quanto e come stiano tornando alla normalità le condizioni dell’economia mondiale.
Vi proponiamo di prendere in esame anche altri due interventi presentati nella medesima sede: quello del direttore del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, e quello di Trichet, presidente della BCE, in procinto, come sappiamo, di cederne la guida a Mario Draghi1.
Secondo Ben Bernanke, prima della crisi, gli Stati Uniti crescevano su basi solide. Su basi altrettanto solide dovrà ora essere ricostruito il recupero nel lungo periodo. Che passa, innanzitutto, attraverso un’analisi adeguata delle politiche da adottare. Anche Jean-Claude Trichet e Christine Lagarde, appena insediatasi alla direzione del Fondo Monetario Internazionale, si sono espressi in favore di una gestione più attenta delle scelte pubbliche e si sono detti ottimisti sulla possibilità che, nel lungo periodo, Europa e Stati Uniti recuperino il gap di mancata crescita generato dalla crisi apertasi “convenzionalmente” nel 2007/2008. Sembra che la variabile decisiva, per una crescita stabile nel lungo periodo, non sia solo una riqualificazione dell’impianto e degli strumenti della politica economica ma anche una sorta di rifondazione degli attori, e dello stile di lavoro, delle classi dirigenti che quella politica progettano e gestiscono per ottenerne i risultati attesi. Vi proponiamo, infine, di prendere in esame anche le opinioni di un recente articolo di Joseph E. Stiglitz pubblicato su Project Syndicate2. Stiglitz, Premio Nobel e professore di Economia alla Columbia, keynesiano convinto, individua la recessione, che segue la deflagrazione della prima crisi finanziaria del mercato globale, come la recessione della «regione nord atlantica» del mondo, l’insieme di Unione Europea e Stati Uniti. Ed aggiunge che siamo in presenza di una reazione sbagliata delle classi dirigenti europee: reagire alla crisi con una deflazione della spesa, ed una sorta di damnatio prescientifica dell’esistenza dei debiti, ha aperto una spirale recessiva nel vecchio continente ed ha generato un contagio cognitivo tra i leader europei e quelli americani, imponendo una miope strategia deflattiva anche ad una parte della stessa classe dirigente americana.
Keynes ha scritto che il contagio delle opinioni formulate dagli economisti già morti trascinava in una spirale regressiva i comportamenti dei Governi in carica: il caso in cui le idee del morto afferrano i vivi e ne compromettono l’azione. Stiglitz coglie nel segno individuando un contagio tra percezioni sbagliate, in materia di politica economica, che producono, a loro volta, un contagio nella dimensione della contemporaneità e non solo della successione temporale, tra vecchie convinzioni e soluzioni da adottare quando quelle convinzioni abbiano fatto il loro tempo. Ma c’è un motivo ulteriore per condividere le tesi di Stiglitz: il suo giudizio sulla diversa natura che oppone le due banche centrali della regione nord atlantica: la BCE e la Federal Reserve. L’affermazione di Stiglitz è assolutamente netta:
L’aspetto più curioso della posizione della BCE era la sua decisione di non accettare i bond di governi ristrutturati come collaterali se le agenzie di rating decidevano che la ripresa dovesse essere classificata come “credit event”. Il punto centrale della ripresa era diminuire la dimensione del debito e rendere la quota restante più gestibile. Se i bond erano accettabili come collaterali prima della ripresa, sicuramente erano più sicuri dopo di essa, e quindi egualmente accettabili. Questo episodio serve a ricordare che le banche centrali sono istituzioni politiche, con un’agenda politica, e che le banche centrali indipendenti tendono ad essere catturate dalle banche (commerciali) che si suppone dovrebbero regolare.
Emerge da questa affermazione la doppia contraddizione con cui stiamo facendo i conti in Europa: la necessità di dare all’euro una base affidabile, che si esprima attraverso un potere statale (ancorché confederale) che lo sostenga nei confronti del mondo3; la necessità di ridare reputazione alle banche commerciali, alle quali non si contesta solo l’azzardo morale dei banchieri, che hanno abusato dei propri poteri ma, ormai, si attribuisce anche la natura di soggetti capaci di colludere con le banche centrali, trascinandole in un gorgo capace di risucchiare, e forse compromettere radicalmente, la stessa economia monetaria di produzione: che altro non è che la condizione nella quale mercati e gerarchie, incrociandosi nei ruoli e nelle prassi operative, creano le condizioni della crescita economica e dello sviluppo sociale.
«Le cattive idee si spostano facilmente attraverso i confini, e le incaute nozioni di economia si sono rafforzate reciprocamente su entrambe le sponde dell’Atlantico» conclude Stiglitz. Ma questa circostanza diventa ancora più pericolosa, per le sorti dell’equilibrio economico mondiale, quando si rifletta al fatto, oggettivo perché rilevato dal Fondo Monetario Internazionale per l’anno 2010, che nella regione che si affaccia su quelle sponde, si produce più della metà del prodotto interno lordo del mondo e risiedono, cercando di lavorare al meglio delle loro possibilità ma non sempre riuscendo a farlo, uomini e donne che rappresentano meno di un quinto della popolazione mondiale.
La dinamica dell’economia mondiale viene, infine, condizionata anche dall’assenza colpevole dei Governi nella ricerca di soluzioni capaci di rimettere in moto la crescita, mentre risulta sostenuta dalla presenza, attenta e discreta, delle banche centrali: capaci di garantire la liquidità dei mercati, finanziari e reali, per evitare crisi puntuali ed infarti di sistema che, prima o poi, potrebbero generare l’effetto contagio che, fino ad ora, abbiamo opportunamente evitato grazie proprio alle qualità professionali ed alla sensibilità dei banchieri centrali.
Carmen Reinhart – un’economista che, insieme, con Kenneth Rogoff ha pubblicato un brillante volume sulla prima crisi finanziaria del mercato globale4 – ha presentato, il 5 ottobre nell’Aula Magna della LUISS a Roma per il ciclo delle “Lezioni Angelo Costa”, un secondo volume, edito negli Stati Uniti A decade of debt e dice, in una intervista al «Sole 24 Ore», «Io non faccio previsioni, faccio ricerca, E l’analisi mi dice che il decennio successivo alle crisi finanziarie è un decennio a bassissima crescita. Lo sforzo di abbassare il debito, pubblico e privato, può durare 5/7 anni e portare a dieci anni di crescita lenta»5. Fabrizio Saccomanni, Direttore Generale della Banca d’Italia, argomenta brillantemente su questo problema in una relazione presentata il 4 ottobre a Bruxelles nel centenario della nascita di Robert Triffin, un grande maestro dell’economia monetaria6. Ma, essendo un banchiere centrale, alle domande dei giornalisti del «Sole 24 Ore», al termine della sua relazione, ripropone anche le tre strade che si stanno costruendo per rimettere sotto controllo la irrazionalità latente dei mercati: la BCE può offrire liquidità al sistema; bisogna rafforzare la dimensione dei mezzi propri delle banche; bisogna completare la messa a regime del Fondo Salva Stati (EFSF) e la sua successiva trasformazione in un organismo permanente capace di stabilizzare e governare sia il mercato secondario del debito pubblico che la possibilità di supportare la crescita, mediante nuovi investimenti, nei paesi deboli dell’Europa.
La trappola in cui rischia di rimanere bloccato il mercato europeo, insomma, è una sorta di paradosso: le banche centrali hanno immesso liquidità nel sistema ma questa liquidità, in presenza di una massiccia incertezza sulla dimensione e la rapidità della crescita attesa, rimane nelle mani degli attori privati e, quando si sposta anche nelle banche, grazie alle operazioni di acquisto dei titoli da parte delle banche centrali, non viene reimmessa nel sistema sotto forma di finanziamenti e di credito alla crescita. Se il futuro appare incerto è meglio aspettare che si apra la nebbia dell’incertezza e si inizi ad investire, in termini di orizzonte lungo, solo quando si possa vedere ragionevolmente il futuro che ci aspetta. Ma se si ferma il processo di investimento il futuro sarà dominato solo dal profilo recessivo del rientro del debito e della compressione dei disavanzi di bilancio.
Scottati dall’acqua bollente dei debiti pubblici, derivanti da un welfare inconcludente e da una elevata incapacità di costruire infrastrutture efficaci ed offrire servizi pubblici adeguati, le economie europee si autoriducono la speranza di una crescita futura ripiegandosi in se stesse. In questo modo, condannano l’Europa ad un decennio lento e recessivo. Negli Stati Uniti, al contrario, Bernanke torna alla carica, nella prima settimana di ottobre (2011)7, per ricordare, nella testimonianza pubblica ai comitati economici riuniti del Congresso degli Stati Uniti, che serve uno scatto della politica fiscale. Altrimenti la liquidità immessa nel sistema, appunto, resta stagnante o circola solo sui mercati secondari dei titoli con effetti speculativi.
Sarà molto interessante capire come reagiranno a tutte queste sollecitazioni, ed in particolare a questo ultimo intervento di Bernanke, i governi mondiali che si riuniscono nel G20 a novembre, tra meno di un mese, in Francia. La politica monetaria può frenare la crescita, quando diventa rigida, od evitare il collasso quando espande la base monetaria. Ma agisce come una corda: se tira il collo all’economia la strozza; ma se viene spinta contro corpi rigidi si arrotola su se stessa e non ottiene l’effetto di metterli in movimento.
Le banche centrali sembrano all’altezza del proprio compito, negli Stati Uniti e, di fatto anche se non per missione esplicita, “istituzionale”, anche nell’Unione Europea, ed i loro dirigenti si mettono in gioco per spingere i Governi ad agire. Mentre i Governi sono lenti o prigionieri del rimpianto di un mondo senza debiti e senza rischi.
Ma quel mondo statico, che essi rimpiangono per evitare gli errori, che proprio la politica dei Governi ha commesso negli anni alle nostre spalle, condurrebbe l’economia europea, e larga parte dei paesi di antica tradizione industriale, ad una clamorosa debacle rispetto ai paesi emergenti. Ed aumenterebbe lo squilibrio tra economie diverse e tra conti pubblici, ormai insostenibili, e la crescita che potrebbe alimentare il rimborso dei debiti passati. Serve uno scatto di reni della politica e serve che la politica stessa riscopra l’ambizione di saper costruire un futuro migliore od almeno la speranza di poterlo fare.






NOTE
* Postfazione al discorso di Ben Bernanke al Simposio Economico di Kansas City della Federal Reserve Bank, Jackson Hole, Wyoming, 26 agosto 2011, su “La politica monetaria degli Stati Uniti e gli sviluppi della crisi economica nella regione nordatlantica del mondo: da Bernanke a Stglitz, da Jackson Hole al Congresso degli Stati Uniti, dal 26 agosto al 4 ottobre del 2011”.^
1 Li trovate, il primo, quello della Lagarde, Global Risks Are Rising, But There Is a Path to Recovery, at http://www.imf.org/external/np/speeches/2011/082711.htm; il secondo, quello di Trichet, at http://www.ecb.int/press/key/date/2011/html/sp110827.en.html, dal titolo Achieving maximum long-term growth, con un adeguato apparato di slides, che si possono scaricare at http://www.ecb.int/press/key/date/2011/html/sp110827.pdf?95b658a9a2eafeb059b5d1ade96bfe35.^
2 Si tratta di A Contagion of Bad Ideas, apparso, come recita il testo, in un sito web, Project Syndicate, at http://www.project-syndicate.org/commentary/stiglitz141/English ma del quale si può leggere una traduzione italiana at http://www.finanzaecomunicazione.it/massimo-locicero/edicola/l%e2%80%99epidemia-degli-errori-in-economia-si-allarga-nella-regione-delnord-atlantico/.^
3 Sia consentito rinviare, a questo proposito, il lettore all’articolo di M. Lo Cicero, La crescita e il debito: metafore dell’ambiguità e del destino, apparso su «L’Acropoli», 12 (2011). Cogliamo l’occasione, peraltro, per segnalare due refusi di chi scrive apparsi anche nel testo definitivo a stampa: la sigla OTC che dovrebbe essere, invece, OTD, alla nota (3 ed a pagina 423; ed, alla pagina 427, all’ultimo capoverso, l’espressione «In un mondo imperfetto» che deve essere sostituita con «In un mondo perfetto». Il contesto dei due refusi, fortunatamente, rispecchia abbastanza, anche nel testo pubblicato sul numero precedente di questa rivista, il senso effettivo e non quello deformato, per errore, delle due parole.^
4 C.M. Reinhart, K.S. Rogoff, Questa volta è diverso, Otto secoli di follia finanziaria, Il Saggiatore, Milano, 2010.^
5 Sia l’intervista della Reinhart che quella, successiva, di Saccomanni sono state pubblicate su «Il Sole 24 Ore» del 5 ottobre 2011.^
6 Si tratta del simposio “The international monetary system: sustainability and reform proposals to celebrate the 100th anniversary of Robert Triffin” ed il testo in questione è How to deal with a global Triffin dilemma, Keynote address of Fabrizio Saccomanni Director General of the Bank of Italy, Triffin International Foundation, Bruxelles, 4 October 2011, che si può scaricare at http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/saccomanni_04102011.pdf.^
7 Si veda, at http://www.federalreserve.gov/newsevents/testimony/bernanke20111004a.htm, Testimony, B.S. Bernanke, Economic Outlook and Recent Monetary Policy Actions, Before the Joint Economic Committee, U.S. Congress, Washington, D.C.,October 4, 2011 ma anche B.S. Bernanke, Lessons from Emerging Market Economies on the Sources of Sustained Growth, Cleveland Clinic “Ideas for Tomorrow” Series, Cleveland, Ohio, September 28, 2011 at http://www.federalreserve.gov/newsevents/speech/bernanke20110928a.htm.^
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