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La prospettiva di breve e lungo termine per l'economia degli Stati Uniti*
di Ben S. Bernanke
Come sempre ringrazio la Federal Reserve Bank di Kansas City per aver organizzato questa conferenza. Il tema di quest’anno, la crescita di lungo periodo, è assolutamente pertinente – così come è accaduto spesso negli anni passati in questo simposio. In particolare, la crisi finanziaria e il successivo lento recupero hanno portato alcuni a chiedersi se gli Stati Uniti, nonostante una vigorosa crescita economica di lungo periodo, potrebbero ora trovarsi a fronteggiare un prolungato periodo di stagnazione, indipendentemente dalle proprie scelte di politica pubblica. Non potrebbe, il lentissimo andamento dell’espansione economica degli ultimi cinque anni, non solo negli Stati Uniti ma anche in un certo numero di altre economie avanzate, assumere le caratteristiche di una condizione duratura?
Certamente posso comprendere queste preoccupazioni e sono pienamente consapevole delle sfide che fronteggiamo nel ripristinare le condizioni finanziarie ed economiche utili ad una sana crescita, e commenterò oggi alcune di esse. Senza mettere da parte le prospettive di lungo termine, comunque, la mia personale visione è ottimistica. Come spiegherò in seguito, nonostante esistano importanti problemi, le basi di crescita degli Stati Uniti non sembrano essere state alterate in modo permanente dagli shock degli ultimi quattro anni. Forse ci vorrà del tempo, ma possiamo ragionevolmente aspettarci di vedere un ritorno dei tassi di crescita e di livelli di occupazione coerenti proprio con quelle basi. Nel frattempo, comunque, le sfide per la politica degli Stati Uniti sono doppie: la prima, aiutare la nostra economia a compiere un ulteriore recupero dalla crisi e dalla conseguente recessione; la seconda, farlo in modo da consentire all’economia di esprimere il suo potenziale di crescita nel lungo periodo.
Le politiche economiche dovrebbero essere valutate alla luce di entrambi questi obiettivi.
Questa mattina offrirò alcune riflessioni sul perché l’andamento della ripresa negli Stati Uniti sia stato finora deludente, e discuterò della risposta, in termini di politiche da adottare, della Federal Reserve. A seguire, affronterò brevemente le prospettive di lungo termine della nostra economia e il bisogno per le politiche del nostro paese, di essere efficaci sia nel breve che nel lungo periodo.


Prospettive di breve termine per l’economia e la politica

Discutere le prospettive per l’economia e per la politica nel breve termine, ci porta a ricordare brevemente come siamo arrivati qui. La crisi finanziaria che ha stretto i mercati globali nel 2008 e 2009 è stata la più forte dalla Grande Depressione.
In tutto il mondo, i policy makers dell’economia mondo vedevano i rischi crescenti di un tracollo finanziario globale nel crollo del 2008 e capivano le conseguenze economiche straordinariamente estreme che un tale evento potesse avere.
Come ho descritto nelle precedenti edizioni in questo forum, governi e banche centrali lavoravano con decisione e in stretto coordinamento per evitare l’imminente collasso. Le azioni per stabilizzare il sistema finanziario erano accompagnate, sia negli Stati Uniti che all’estero, da un sostanziale stimolo monetario e fiscale. Ma nonostante questi sforzi intensi e coordinati, gravi danni all’economia globale non potevano essere evitati. Il congelamento del credito, la caduta netta nei prezzi dei beni, il malfunzionamento nei mercati finanziari, e il conseguente colpo alla fiducia, mandavano la produzione globale e il commercio in caduta libera tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009.
Oggi ci incontriamo qui, quasi esattamente tre anni dopo l’inizio della più intensa fase della crisi finanziaria e poco più di due anni dopo la data che l’Ufficio Nazionale di Ricerca Economica ha fissato come inizio della ripresa economica. A che punto siamo effettivamente?
Ci sono stati degli sviluppi positivi negli ultimi anni, in particolare se considerati da una prospettiva economica, vista la profondità della crisi.
Complessivamente, l’economia globale ha visto una crescita significativa, guidata dalle economie dei mercati emergenti. Negli Stati Uniti, una ripresa ciclica, anche se modesta rispetto agli standard del passato, è al suo nono trimestre. Nella sfera finanziaria, il sistema bancario statunitense è in generale più stabile adesso che le banche detengono più capitale. L’accesso al credito bancario è migliorato, nonostante rimanga ancora razionato in alcuni ambiti – come i prestiti per le medie e piccole imprese – nei quali i bilanci dei potenziali debitori restano inadeguati nell’offerta di informazioni sullo stato dell’impresa. Le società per azioni, che accedono ai mercati di Borsa regolamentati ed aperti alle pubbliche negoziazioni sui titoli, non hanno difficoltà ad ottenere credito in tempi ragionevoli. Ma, soprattutto, lo sforzo di una riforma strutturale si muove verso il settore finanziario, con ambiziosi sforzi nazionali e internazionali, per avviare l’aumento di capitale e di liquidità delle banche, specialmente le più importanti dal punto di vista strutturale; per migliorare il rischio di gestione e la trasparenza; per rafforzare le infrastrutture tecnologi che che sostengono ed alimentano il mercato; e per introdurre un più sistematico, o macroprudenziale, approccio alle attività di supervisione e regolazione finanziaria.
Nell’economia in senso ampio, la produzione manifatturiera negli Stati Uniti è aumentata di circa il 15% dalla data della sua flessione, guidata soprattutto dall’aumento delle esportazioni. Infatti, il deficit commerciale degli Stati Uniti è diminuito sensibilmente rispetto a prima della crisi, riflettendo in parte il miglioramento della competitività degli Stati Uniti, sia nei prodotti che nei servizi. L’investimento in attrezzatura e software è continuato a crescere e i guadagni in alcuni settori industriali sono stati notevoli, nonostante gli ultimi dati abbiano ridotto la stima dell’aumento complessivo della produttività negli ultimi anni. Anche le famiglie hanno fatto dei progressi aggiustando i propri bilanci – risparmiando di più, prendendo meno in prestito, e riducendo il loro carico di debito e pagamento di interessi. I prezzi dei prodotti abbandonano i loro livelli massimi, e questo ridurrà i costi e aiuterà le famiglie ad acquisire potere di acquisto.
Nonostante questi sviluppi più positivi, comunque, è chiaro che la ripresa dalla crisi è stata molto meno robusta di quanto sperassimo.
Dalle ultime revisioni comprensive ai conti nazionali così come dalla più recente crescita stimata nella prima metà di quest’anno, abbiamo imparato che la recessione era ancora più profonda e il recupero anche più debole di quanto pensassimo; infatti, il prodotto aggregato degli Stati Uniti non è ancora tornato ai livelli precedenti la crisi. In modo rilevante, la crescita economica è stata per la maggior parte caratterizzata da tassi insufficienti ad ottenere una riduzione sostenuta della disoccupazione, che ha recentemente fluttuato poco sopra il 9%. Fattori temporanei, che includono gli effetti del rialzo dei prezzi sui consumatori e i budget e gli effetti del disastro in Giappone sulla supply chain (la catena integrata dell’offerta aggregata) e la produzione, contribuivano alla performance debole dell’economia nella prima metà del 2011; di conseguenza la crescita nella seconda metà sembra migliorare dal momento che la loro influenza diminuisce. In ogni caso, i dati pervenuti suggeriscono che altri e più persistenti fattori hanno giocato un loro ruolo.
Perché la ripresa dalla crisi è stata così lenta e non organica?
Storicamente, le recessioni hanno piantato i semi per la loro stessa ripresa, dal momento che ridotte spese in investimenti, alloggi e beni durevoli, generano una domanda latente. Quando il ciclo si inverte e torna la fiducia, questa domanda latente, spesso aumentata dagli effetti di politiche monetarie e finanziarie stimolate dai Governi e dalle autorità monetarie, viene soddisfatta da un incremento della produzione e dei prestiti bancari. La produzione cresciuta aumenta i ricavi delle imprese, ma anche le entrate delle famiglie, e genera ulteriori spinte alla spesa, sia in ambito imprenditoriale che familiare. Migliori prospettive di guadagno e di bilancio agevolano l’accesso al credito di famiglie e imprese, e le istituzioni finanziarie aumentano la propensione a prestare denaro. Normalmente questi sviluppi creano un circolo virtuoso di entrate e profitti crescenti, condizioni finanziarie e di credito, che aumentano il supporto alle imprese, e diminuiscono l’incertezza, innescando il processo di ripresa.
Queste forze corroboranti sono al lavoro oggi, e continueranno a promuovere la ripresa nel tempo. Sfortunatamente, la recessione, oltre ad essere straordinariamente severa e di carattere globale, era anche stata insolitamente associata sia ad un profondo crollo del mercato immobiliare che ad una crisi finanziaria storica. Questi due fattori propri della fase discendente, da soli e in combinazione, hanno agito rallentando il processo di ripresa naturale.
In particolare, il settore immobiliare è stato spesso un driver significativo della ripresa in molti momenti di crisi negli Stati Uniti dopo la II guerra mondiale, ma questa volta – con l’incombenza di proprietà sequestrate e non riscattabili, aspre condizioni di credito per i costruttori e potenziali acquirenti, e preoccupazioni sopraggiunte sia nei potenziali creditori che nei potenziali debitori sul continuo declino dei prezzi delle case – il tasso di costruzione di nuove case è rimasto a meno di un terzo del suo livello pre-crisi. Il basso livello di costruzione ha implicazioni non solo per i costruttori ma anche per i fornitori di un’ampia gamma di servizi e prodotti correlati ad essa. Inoltre anche se la stretta sul credito per alcuni debitori è stata uno dei fattori che ha frenato la ripresa del settore immobiliare, la debolezza dello stesso settore ha, alternatamente, avuto effetti avversi sui mercati finanziari e sul flusso del credito. Per esempio, l’aspro declino nel prezzo delle case in alcune aree ha lasciato molti proprietari “sommersi” dai loro mutui, generando una sofferenza finanziaria per le famiglie e, attraverso i suoi effetti sui tassi di insolvenza e assenza dei mutui, ha mandato in stress anche le istituzioni finanziarie.
Le pressioni finanziarie sulle istituzioni finanziarie e sulle famiglie hanno contribuito, a loro volta, ad una maggiore prudenza nell’estensione del credito e a rallentare la crescita della spesa dei consumatori.
Ho già osservato il ruolo centrale della crisi finanziaria del 2008 e 2009 nell’innescare la recessione. Ho anche notato, che un grande sforzo è stato fatto e si sta facendo per affrontare le cause e gli effetti della crisi, sforzo che include un significativo programma di riforme finanziarie. E le condizioni nel sistema bancario e dei mercati finanziari negli Stati Uniti sono migliorate sensibilmente. Tuttavia, lo stress finanziario ha trattenuto e continua a trattenere la ripresa sia qui che all’estero. Segni di aspra volatilità e di rifiuto del rischio nei mercati sono recentemente ricomparsi come reazione alle preoccupazioni sia per i debiti pubblici europei che per gli sviluppi collegati alla politica fiscale statunitense, che include il recente declassamento dei tassi di credito di lungo termine da parte di una delle maggiori agenzie di rating e la disputa sul raggiungimento del tetto del debito federale degli Stati Uniti. È difficile giudicare di quanto questi sviluppi abbiano colpito l’attività economica fino ad oggi, ma sembrano esserci pochi dubbi che questi abbiano colpito le famiglie e la fiducia nel business e che essi pongano rischi crescenti alla crescita. La Federal Reserve continua a monitorare da vicino gli sviluppi nelle istituzioni e nei mercati finanziari ed è in frequente contatto con i policy maker in Europa e altrove.
La politica monetaria deve essere reattiva al cambiamento nell’economia e, in particolare, alla prospettiva di crescita e inflazione. Come dicevo prima, i dati recenti hanno indicato che la crescita economica durante la prima metà di quest’anno era considerevolmente più lenta di quanto si aspettasse il Federal Open Market Committee, e che fattori temporanei possono contare solo su una porzione della debolezza economica che abbiamo osservato. Di conseguenza, nonostante ci aspettiamo che una moderata ripresa continui e si rafforzi nel tempo, il Committee ha ribassato la sua previsione di una probabile crescita nei trimestri a venire. Con la moderazione dei prezzi dei beni e con le aspettative di una stabile inflazione di lungo termine ci aspettiamo che l’inflazione si stabilizzi, nei prossimi trimestri, a livelli inferiori al 2%, o poco meno, cosa che i membri del Committee ritengono coerente con il nostro doppio mandato.
Alla luce di questa prospettiva, il Committee ha deciso recentemente di fornire indicazioni più specifiche circa le sue aspettative sulla direzione futura del tasso dei fondi federali. In particolare, nella dichiarazione che ha seguito il nostro incontro precedente di questo mese, abbiamo indicato che probabilmente le condizioni economiche – che includono bassi tassi di utilizzo delle risorse e un’attenuata previsione di inflazione nel medio termine – garantiranno livelli eccezionalmente bassi per il tasso dei fondi federali almeno entro metà del 2013.
Questo è, secondo quello che il Committee ritiene, lo scenario più probabile per l’utilizzo delle risorse ed il controllo della inflazione nel medio termine: l’obiettivo del tasso dei fondi federali dovrebbe essere agganciato ai livelli bassi attuali almeno per i prossimi due anni.
In aggiunta, per completare le sue indicazioni, la Federal Reserve ha un range di strumenti che possono essere utilizzati per fornire ulteriori stimoli monetari. Abbiamo discusso dei relativi meriti e costi di questi strumenti nel nostro incontro di agosto. Continueremo a considerare questi e altri aspetti pertinenti, inclusi naturalmente gli sviluppi economici e finanziari, nel nostro meeting di settembre, che è stato programmato per due giorni (il 20 e il 21) invece di uno solo, per consentire una più piena discussione. Il Committee continuerà ad assestare la previsione economica alla luce delle ulteriori informazioni ed è preparato ad impiegare i suoi strumenti in modo appropriato per promuovere una più forte ripresa economica in un contesto di stabilità dei prezzi.


Politica economica e crescita di lungo termine negli Stati Uniti

La crisi finanziaria e le sue conseguenze hanno lanciato dure sfide intorno al mondo, in particolare nelle economie industriali avanzate. Fin qui ho analizzato alcune di queste sfide, offerto alcune diagnosi per la lenta ripresa economica negli Stati Uniti e discusso brevemente la risposta politica della Federal Reserve. Ad ogni modo, questa conferenza si concentra sui tassi di crescita di lungo periodo, e giustamente, data l’importanza fondamentale dei tassi di crescita di lungo periodo nella definizione degli standard di vita. A tal proposito, concedetemi di passare ora ad una breve discussione sulle prospettive di lungo periodo per l’economia degli Stati Uniti e del ruolo della politica economica nel dare forma a queste prospettive.
Nonostante le forti difficoltà che fronteggiamo attualmente, non mi aspetto che il potenziale di crescita del lungo periodo dell’economia degli Stati Uniti sia materialmente affetto dalla crisi e dalla recessione se – e sottolineo se – il nostro paese compie i passi necessari ad assicurare quel risultato. Oltre il medio periodo, l’attività immobiliare si stabilizzerà e comincerà a crescere nuovamente, se non altro perché la crescita della popolazione e la formazione delle famiglie, alla fine, lo richiederà. Politiche immobiliari giuste e proattive potrebbero aiutare ad accelerare questo processo. Mercati finanziari e istituzioni hanno già fatto considerevoli progressi verso la normalizzazione, e prevedo che il settore finanziario continuerà ad adattarsi alle riforme previste continuando a portare avanti le sue funzioni vitali di intermediazione. Le famiglie continueranno a rafforzare i propri bilanci, un processo che sarà considerevolmente accelerato se sarà accelerata la ripresa, ma che andrà avanti in ogni caso. Gli imprenditori continueranno ad investire in nuovi capitali, adottare nuove tecnologie e costruire sui risultati produttivi degli ultimi anni. Sono fiducioso e credo che i nostri colleghi europei, apprezzino pienamente quella che è una compartecipazione alle difficoltà che stanno adesso fronteggiando e che, nel tempo, compieranno tutti i passi necessari e appropriati per affrontare queste difficoltà in modo completo ed effettivo.
Questa “convalescenza economica” durerà un po’ di tempo, e possono esserci ricadute lungo la strada. A maggior ragione avremo bisogno di restare in allerta nei confronti dei rischi della ripresa, inclusi quelli finanziari. Comunque, fatta eccezione per una possibilità, di cui parlerò a breve, il processo di guarigione non dovrebbe lasciare grandi cicatrici. Nonostante il trauma della crisi e della recessione, l’economia degli Stati Uniti resta la più grande al mondo, con un forte mix di industrie e un grado di competitività internazionale tale che, quantomeno, è cresciuto negli ultimi anni. La nostra economia conserva i suoi vantaggi tradizionali da un orientamento al mercato, una robusta cultura imprenditoriale, e mercati del lavoro e del capitale flessibili. E il nostro paese resta un leader in campo tecnologico, con molte delle università di ricerca migliori al mondo e la più alta spesa in ricerca e sviluppo di ogni altro paese.
Naturalmente, gli Stati Uniti si trovano di fronte a molte sfide per aprire una nuova prospettiva di crescita.
La nostra popolazione invecchia, come quella di molte altre economie avanzate, e la nostra società dovrà adattarsi nel tempo ad una forza lavoro di età più avanzata. Il nostro sistema scolastico K-12, nonostante un considerevole rafforzamento, serve a malapena una porzione sostanziale della nostra popolazione.
I costi della sanità negli Stati Uniti sono i più alti al mondo, senza dare risultati commisurati in termini di servizi resi. Ma tutte tali questioni di lungo termine erano ben note prima della crisi, gli sforzi per risolvere questi problemi sono stati portati avanti, e continueranno, spero, ad intensificarsi.
La qualità della strategia politica negli Stati Uniti influenzerà pesantemente le prospettive di lungo termine della nazione. Per consentire che l’economia esprima tutto il suo potenziale di crescita, i policy maker devono lavorare alla promozione della stabilità macroeconomica e finanziaria; adottare politiche di regolamento effettive per tasse e commercio; coltivare la crescita di una forza lavoro specializzata, incoraggiare gli investimenti nella produzione, sia pubblici che privati, e fornire un supporto appropriato per la ricerca e sviluppo e per l’adozione di nuove tecnologie.
La Federal Reserve ha un ruolo di promozione delle performance di lungo termine dell’economia. Soprattutto, di una politica monetaria che assicuri che l’inflazione rimanga bassa e stabile nel tempo e contribuisca alla stabilità macroeconomica e finanziaria di lungo termine. Un’inflazione bassa e stabile migliora il funzionamento dei mercati, rendendoli più efficienti nell’allocazione delle risorse; e consente alle famiglie e alle imprese di pianificare il futuro senza dover essere eccessivamente preoccupati per i movimenti imprevedibili del livello generale dei prezzi.
La Federal Reserve alimenta la stabilità macroeconomica e finanziaria anche nel suo ruolo di regolatore finanziario, supervisore della stabilità finanziaria generale, e fornitore d’emergenza di liquidità.
Normalmente, dalle politiche monetarie e fiscali indirizzate principalmente alla promozione di un più veloce percorso di ripresa economica nel breve periodo, non ci si aspetta effetti significativi nelle performance economiche di lungo periodo. Tuttavia, le circostanze attuali possono essere un’eccezione. La nostra economia sta soffrendo oggi di livelli straordinari di disoccupazione di lungo periodo, con quasi la metà dei disoccupati che si trovano senza lavoro da più di sei mesi. In queste circostanze straordinarie, le politiche che promuovono una forte ripresa nel breve periodo possono perseguire anche obiettivi di lungo termine. Nel breve periodo, portare le persone di nuovo al lavoro riduce le difficoltà inflitte dalle avverse condizioni economiche e aiuta ad assicurare che la nostra economia stia esprimendo il suo potenziale produttivo al meglio piuttosto che lasciare a riposo le risorse produttive. Nel lungo termine, minimizzare la durata di disoccupazione supporta un’economia sana evitando alcuni fattori di erosione e perdita di coordinamento con la forza lavoro che è spesso associata alla disoccupazione di lungo termine.
Nonostante questa osservazione, che aggiunge urgenza al bisogno di raggiungere una ripresa ciclica dell’occupazione, la maggior parte delle politiche economiche che supportano una robusta crescita economica nel lungo periodo non sono di competenza della banca centrale. Ultimamente si è sentito molto parlare della politica fiscale federale negli Stati Uniti, per cui chiuderò con alcune riflessioni su questo argomento, concentrandomi sul ruolo della politica fiscale nella promozione della stabilità e della crescita.
Per raggiungere la stabilità economica e finanziaria, la politica fiscale degli Stati Uniti deve essere su un percorso sostenibile per garantire che il debito relativo alle entrate nazionali sia almeno stabile o, preferibilmente, decrescente nel tempo. Come ho enfatizzato in precedenti occasioni, senza significativi cambiamenti di politica, le finanze del governo federale andranno inevitabilmente fuori controllo, rischiando gravi danni economici e finanziari1.
La crescente pressione fiscale, che sarà associata all’invecchiamento della popolazione, e la crescita dei costi della sanità rendono l’azione immediata e decisa in quest’area estremamente critica.
Nonostante la questione della sostenibilità fiscale vada affrontata urgentemente, i policy maker non devono, come conseguenza, dimenticare la fragilità dell’attuale ripresa economica. Fortunatamente, i due obiettivi di raggiungere la sostenibilità fiscale – che è il risultato di politiche responsabili istituite per il lungo periodo – e l’impedimento della creazione di correnti fiscali avverse all’attuale ripresa sono compatibili. Agire ora per mettere a punto un piano credibile per la riduzione di deficit futuri nel lungo periodo, facendo attenzione alle implicazioni delle scelte fiscali per il recupero nel breve periodo, può aiutare entrambi gli obiettivi.
I policy maker possono anche promuovere performance economiche più forti attraverso il disegno di politiche di tasse e programmi di spesa. Le politiche di tassazione e spesa del nostro paese dovrebbero alimentare il più possibile il funzionamento degli incentivi e il risparmio, incoraggiare gli investimenti nella specializzazione della nostra forza lavoro, stimolare la formazione di capitali privati, promuovere ricerca e sviluppo, e fornire le infrastrutture pubbliche necessarie. Non possiamo aspettarci che la nostra economia cresca a prescindere dall’equilibrio fiscale, ma un’economia più produttiva può attenuare gli squilibri che ci troviamo di fronte.
Come ultima, e forse maggiore, sfida, il paese dovrebbe essere dotato di un migliore processo decisionale in materia fiscale. Le negoziazioni che hanno avuto luogo durante l’estate hanno colpito i mercati finanziari e probabilmente anche l’economia. Eventi simili nel futuro potrebbero, nel tempo, allontanare la volontà degli investitori internazionali di sostenere investimenti finanziari negli Stati Uniti o fare investimenti diretti nella creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti. Nonostante i dettagli non debbano essere negoziati, i policy maker fiscali potrebbero considerare lo sviluppo di un processo più efficace che individui obiettivi di budget chiari e trasparenti, insieme con meccanismi di budget che stabiliscano la credibilità di questi obiettivi. Naturalmente, gli obiettivi di budget formali non sostituiscono la necessità dei policy maker fiscali di fare quelle scelte difficili che sono necessarie a rimettere in ordine la situazione fiscale del paese, che vuol dire che la comprensione del pubblico e il suo supporto al raggiungimento degli obiettivi di politica fiscale sono fondamentali.
I policy maker economici sono di fronte ad una serie di decisioni difficili, legate alle sfide sia di breve che di lungo termine che abbiamo di fronte. Non dubito, comunque, che quelle sfide possano essere superate e che la forza alla base della nostra economia alla fine ci risolleverà. La Federal Reserve farà sicuramente tutto il possibile per ripristinare alti tassi di crescita e di occupazione in un contesto di stabilità dei prezzi.

Traduzione dall’inglese di Roberta Del Vaglio e Massimo Lo Cicero





NOTE
* Osservazioni di Ben S. Bernanke, Presidente del Comitato dei Governatori della Federal Reserve, al Simposio Economico di Kansas City della Federal Reserve Bank Jackson Hole, Wyoming 26 agosto 2011.^
1 Vedi Ben S. Bernanke (2011), Fiscal Sustainability, discorso inviato alla conferenza annuale del Comitato per un budget federale responsabile, Washington, 14 giugno, http://www.federalreserve.gov/newsevents/speec /bernanke20110614a.htm^
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