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Percorsi dell’asilo cristiano. Origine, affermazione e crisi di un istituto giuridico controverso
di Fabrizio Mastromartino
1. Introduzione

Con l’avvento e con il consolidamento del cristianesimo (istituzionale), l’asilo – istituto giuridico dalle origini assai remote – si presenta, sin dalla metà del IV secolo, come uno dei più rappresentativi strumenti simbolici del potere della Chiesa, divenendo ben presto uno dei massimi riferimenti della cultura cattolica e uno dei temi centrali nella competizione tra le istituzioni ecclesiastiche e i poteri laici.
All’origine del rilievo associato dalla cultura cattolica a questa forma di protezione individuale vi è un insieme coerente di principi dottrinari. Nella visione cristiana, la divinità non è considerata come un ente verso cui assumere un atteggiamento di timore reverenziale, ma piuttosto, diversamente dalle tradizioni religiose ebraica e greca, essa è guardata soprattutto come una fonte assoluta di misericordia e di giustizia1.
Per la cristianità, l’asilo è l’espressione più immediata del dovere dell’accoglienza, cui ciascun fedele, nella propria individualità, è chiamato a rispondere attivamente. La carità, pur rivestendo nelle altre religioni un ruolo non certo irrilevante, assume infatti nella cultura cristiana un valore fondante2. È un dovere che, in linea di principio, non incontra ostacoli né limiti3. Al ruolo cruciale che il valore della carità assume nel pensiero cristiano consegue un’idea di giustizia, informata alla centralità dell’elemento dottrinario della redenzione4, che ha alla sua base il principio secondo cui ai peccatori è consentito riscattarsi attraverso il pentimento nella fede e la devozione verso la Chiesa.
In linea con questi principi generali, le forme di tutela offerte nei luoghi di culto della cristianità, riconducibili all’istituto giuridico dell’asilo, hanno tendenzialmente natura universale quanto alla titolarità di chi potenzialmente è ammesso a beneficiarne5. La salvezza dell’anima del peccatore è infatti una delle finalità principali cui è chiamata a servire l’intera comunità dei credenti6. Nessun fedele può dunque sottrarsi al dovere dell’accoglienza e all’impegno della carità cristiana, entrambi contenuti nella concessione dell’asilo. Questa centralità dell’elemento personale, la rilevanza, cioè, del ruolo attivo assegnato a ciascun fedele, sposta il baricentro della tutela connessa all’asilo dalla superstizione, propria della cultura ellenica7, di cui è fatto oggetto il santuario – dimora delle divinità –, alla responsabilità del soggetto cui è delegata l’autorità di accordare la protezione8.
Nella cristianità, l’asilo si afferma come strumento correttivo di un’amministrazione secolare della giustizia ancora iniqua e fortemente squilibrata. Ha una funzione di contenimento della violenza legata agli eccessi conseguenti alle reazioni dei gruppi familiari al crimine – interne alla prassi della vendetta privata – e risponde alla richiesta di una mitigazione delle pene che la Chiesa considera necessaria in forza della loro atrocità e soprattutto della fallibilità, propria della giustizia degli uomini, che inevitabilmente investe il giudizio penale9.
Per mezzo dell’asilo, la Chiesa opera per promuovere la diffusione della fede cristiana e per accrescere la propria potenza istituzionale in contrasto con le prerogative del potere secolare10. I poteri laici, in rapporto alla rivendicazione dell’istituto da parte delle istituzioni religiose, non oppongono considerazioni di principio. Si limitano piuttosto ad imporre un insieme variabile di limiti alla classe dei potenziali beneficiari della protezione in modo da far sì che l’istituto risulti compatibile con le esigenze dell’amministrazione della giustizia e della tutela degli interessi collettivi della comunità11. L’atteggiamento, sin dalle origini, permissivo del potere secolare testimonia proprio il riconoscimento da parte delle autorità politiche dell’insostituibile funzione di valvola di sfogo – capace di contenere il conflitto sociale – assolta dall’asilo12, almeno fintantoché esso non diventi di ostacolo all’esercizio sostanziale delle prerogative dei poteri pubblici.
L’evoluzione dell’istituto, dalla crisi dell’Impero romano ai primordi dell’età moderna, segue le sorti del regime ecclesiastico in rapporto ai poteri secolari concorrenti avvicendatisi nel corso dell’era medievale13. Ogni volta che la Chiesa riesce ad affermare la propria potenza, l’asilo tende ad assumere sempre nuova diffusione e ampiezza venendo a incarnare uno dei tanti aspetti del contrasto tra le istituzioni religiose e il potere secolare14.
L’affermazione dell’asilo cristiano segue il corso di un permanente confronto tra ambito secolare e Chiesa, assumendo originariamente la forma di un costume sociale che gradualmente si fa regola consuetudinaria, per poi venire codificata in norma di diritto nelle costituzioni redatte nelle ultime fasi dell’Impero, i cui contenuti essenziali sono in seguito confermati dalle diverse legislazioni dei regni barbarici.
Nel pieno e basso medioevo, il pluralismo giuridico che contraddistingue il sistema feudale15, alimentato dal frazionamento dell’autorità imperiale in un complesso sistema di poteri concorrenti16, favorisce la diffusione dell’asilo, che diventa uno dei corollari dell’immunità ecclesiastica, uno dei tanti privilegi di cui beneficia la Chiesa. La natura sostanzialmente universale della protezione connessa all’asilo contribuisce a promuovere una tendenza verso l’armonizzazione della pratica dell’istituto che, tuttavia, non può realizzarsi compiutamente nel frammentato paesaggio politico e sociale dell’età media.
Il medioevo si conclude con l’affermazione del potere sovrano degli Stati moderni, che, non potendo tollerare limiti all’espressione della propria autorità nei territori di propria competenza, avviano, a partire dal XVI secolo, un’efficace battaglia per la soppressione delle immunità ecclesiastiche. Alle soglie della modernità, il privilegio di asilo è ormai percepito come un ostacolo all’esercizio della giurisdizione e dell’applicazione uniforme del diritto17 che rischia di paralizzare l’amministrazione della giustizia18.
La frammentazione del potere (politico), propria dei tempi storici premoderni, ha consentito la nascita e lo sviluppo di quell’ultima forma di asilo interno19, costituita dal privilegio di cui godono i luoghi di culto conseguente all’immunità ecclesiastica, che è stato l’asilo cristiano. In questa versione, l’istituto si è alimentato della competizione tra due ordini giuridici concorrenti, il diritto canonico e il regime plurale del diritto secolare, ma non poteva sopravvivere all’unificazione del corpo sociale sotto l’autorità di un solo polo di potere a vocazione totalizzante20. La vittoria definitiva dello Stato sulla Chiesa doveva necessariamente significare la dissoluzione di questo spazio strategico21 e la sua radicale trasformazione in una prerogativa politica del potere sovrano.


2. Dalla consuetudine del rifugio alla legittimazione giuridica dell’istituto dell’asilo

L’insorgenza di una pratica dell’asilo connessa ai luoghi di culto della cristianità è contemporanea al generale inasprimento dell’amministrazione della giustizia penale che segna il tardo Impero. Il graduale passaggio al sistema inquisitorio, la frequente irrogazione della pena di morte, la tendenza a qualificare e a punire come reato ogni infrazione del diritto e la conseguente inflizione di pene straordinarie22 testimoniano la natura altamente repressiva del diritto della Roma imperiale, certo molto distante dal grado di tutela assicurato al cittadino dagli istituti di protezione soggettiva operanti nell’età repubblicana23. L’asilo cristiano si afferma, dunque, soprattutto in forza dell’esigenza di dare protezione ai soggetti deboli che, a torto o a ragione, incorrono nel sistema imperiale della repressione penale.
In virtù del dovere della carità cristiana – lo si è detto – la tutela configurata dagli asili assume tendenzialmente una natura universale: l’inviolabilità è riconosciuta a tutte le chiese senza alcuna eccezione24 e la protezione è offerta, in linea di principio, indistintamente a tutti coloro che vi cerchino rifugio25. È Agostino a indicare questo orientamento dottrinario. Secondo il vescovo di Ippona, è necessario garantire un riparo ai malvagi se si intende assicurare asilo agli innocenti. Il cardine dell’asilo cristiano consiste, infatti, nel dovere dell’accoglienza, per effetto della cui inderogabilità essa deve essere offerta a tutti coloro che chiedono soccorso alla Chiesa. Pertanto non deve essere imposta alcuna condizione per l’accesso alla protezione. Ogni distinzione, afferma Agostino, tra buoni e malvagi, innocenti e criminali, fedeli e peccatori, deve esser messa da parte per non incorrere nel rischio di rifiutare, magari a torto, la protezione a coloro che abbiano trovato rifugio presso le chiese26. Come esprimono chiaramente le parole di Agostino, «sarà meglio che i colpevoli stiano al riparo della chiesa piuttosto che gli innocenti ne siano allontanati»27. L’universalità che contraddistingue l’asilo cristiano è insomma prescritta da Agostino in base all’idea, poi ripresa dalla dottrina illuministica, secondo la quale è preferibile non condannare un colpevole che punire un innocente.
Nella concreta realtà sociale, modellata su rigide gerarchie di potere e su inestirpabili rapporti di forza, questa idea appare, tuttavia, soltanto un principio astratto, rispetto al quale le manifestazioni dell’istituto cristiano che si sono succedute nel tempo si discostano in misura più o meno ampia, secondo i limiti imposti dal potere secolare e dalle stesse disposizioni contenute nelle legislazioni conciliari e nelle decretali dei pontefici.
Il primo riconoscimento, da parte delle istituzioni religiose, della pratica di offrire rifugio nei luoghi di culto è contenuto nelle conclusioni del Concilio di Sofia del 344, convocato dall’imperatore Costante su indicazione di Giulio I. Il Canone 7 incoraggia i vescovi ad offrire protezione a coloro che cerchino riparo presso le chiese sollecitandoli a mostrare clemenza verso chi ha subito ingiustamente una violenza e verso alcuni soggetti deboli, come le vedove e gli orfani, e a prestare soccorso anche a coloro che siano stati ritenuti colpevoli dalla giurisdizione secolare. La Chiesa, in tal modo, dimostra di non esitare a contrapporsi all’autorità della giustizia imperiale, ignorando i pronunciamenti delle corti e mettendo così in discussione le regole fondamentali del diritto romano, cui i vescovi, da queste disposizioni conciliari, sono esplicitamente invitati a derogare. Ai prelati viene, infatti, suggerito di non interpellare i magistrati ed eventualmente di intercedere in favore del rifugiato presso i tribunali romani28.
I canoni 8 e 9 definiscono le modalità da seguire nella procedura di intercessione, nell’intento di predisporre un insieme di regole di condotta che contribuiscano ad armonizzare il comportamento dei vescovi di fronte a situazioni nuove o rispetto alle quali i magistrati della Chiesa non sembrano ancora condividere un atteggiamento univoco. La richiesta deve essere trasmessa alla Corte attraverso un diacono. In considerazione del fatto che i tempi della giustizia secolare sono molto rapidi e che il tempo necessario per la presentazione della domanda di intercessione risulta di frequente troppo lungo, il complesso delle disposizioni conciliari invita i vescovi sostanzialmente ad offrire un rifugio provvisorio al fuggitivo. Questa soluzione transitoria impedisce che il soggetto sia prelevato dalle autorità imperiali prima che la richiesta sia stata trasmessa e finché la Corte non abbia reso nota la propria decisione29.
Nonostante, in rapporto a questa forma di protezione, debba ammettersi l’esistenza di una pratica sociale incoraggiata dalle stesse istituzioni religiose, l’intercessione operata dai prelati non può essere considerata propriamente una forma di asilo. I luoghi di culto in cui è offerto rifugio non sono infatti ritenuti inviolabili dalle autorità secolari, alle quali, secondo la legge allora vigente, è consentito sottrarre il fuggitivo alla custodia dei vescovi. Si tratta piuttosto di una forma di protezione ancora embrionale, non riconosciuta dalle autorità imperiali, che configura la possibilità di un rifugio di natura precaria ed incerta. Eppure, in questa forma immatura e in direzione opposta rispetto alle sue frequenti violazioni, la pratica si diffonde rapidamente, tanto che Teodosio, nella Costituzione del 392, cerca di limitarne la portata vietando ai vescovi di offrire protezione ai debitori del fisco, i cui mancati versamenti costituiscono evidentemente un problema serio per le casse dell’Impero. La Costituzione viene applicata immediatamente in Oriente. In Occidente entra, invece, in vigore dopo qualche decennio, tanto che non mancano casi di funzionari delle pubbliche autorità, delegati al prelievo del debitore, scomunicati in quanto responsabili di violazione della sacralità dell’asilo.
Le regole disposte dalla Costituzione, del 392, sottolineano che la pratica del rifugio nei luoghi di culto è tutt’al più soltanto tollerata dalle autorità secolari. Il testo impone dei limiti nel dominio dell’istituto che più interferisce con le prerogative del potere imperiale, tacendo riguardo a tutte le altre categorie di persone cui è offerta protezione30, verso le quali l’applicazione della pratica del rifugio continua ad essere adottata senza alcuna formale autorizzazione secolare. Questo atteggiamento permissivo è confermato dalle Costituzioni immediatamente successive, del 397 e del 39831.
Da semplice pratica sociale l’asilo viene gradualmente ad assumere un carattere consuetudinario. A partire dall’ultima decade del IV secolo il popolo intero è ormai cristiano, se non altro per effetto del decreto di Teodosio del 380 che fa del cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero. Alla fine del secolo, l’asilo è considerato un istituto di diritto naturale che, pur non riconosciuto dalla legge secolare, viene generalmente rispettato come regola consuetudinaria. Le sue violazioni sono ormai percepite dal popolo e dalle istituzioni religiose come soprusi intollerabili che suscitano indignazione e riprovazione, nonché talvolta esplicite minacce di ricorrere a sanzioni spirituali da parte dei vescovi. Ciò nonostante, l’accoglienza nei luoghi di culto continua ad avere un carattere assolutamente aleatorio, essendo concessa, o rifiutata, non già in applicazione di regole e procedure ben definite, bensì sulla base della soggettiva discrezionalità del vescovo, dell’imprevedibile atteggiamento degli abitanti del territorio in cui sorge il santuario e della incostante benevolenza dell’Imperatore.
In seguito ai disordini scoppiati a Cartagine e nelle province orientali, l’Impero si dota finalmente di un testo di legge in cui riconosce e disciplina l’istituto dell’asilo nei luoghi di culto della cristianità. La Costituzione del 419 è emanata a Ravenna in risposta alle insistenti sollecitazioni provenienti dai delegati episcopali, che chiedevano alle autorità secolari di risolvere la situazione ormai ingestibile che coinvolgeva diverse chiese, nelle province africane, nelle quali un numero ingente di individui aveva trovato riparo nel corso di duri scontri con i funzionari e i soldati imperiali. L’atteggiamento delle autorità romane di fronte agli eventi di Cartagine, in cui la situazione di impasse si protraeva da alcuni mesi32, testimonia che lo statuto di regola consuetudinaria assunto dall’asilo assicurava già prima della sua formale codificazione giuridica un’efficacia pressoché totale all’istituto. Nel testo costituzionale i santuari sono infatti definiti un «baluardo della difesa ecclesiastica»: asili, come tali, inviolabili, in virtù dell’onore dovuto a Dio. La sottrazione del rifugiato dal luogo di culto viene inserita tra le infrazioni penali e qualificata come atto sacrilego33. Questo, essendo equiparabile per gravità al reato di lesa maestà, è punito con la morte o con l’esilio.
Tali disposizioni non sono applicate subito anche in Oriente. Qui la prima legislazione che interviene per regolamentare gli asili è la Costituzione del 431. Essa conferma le indicazioni contenute nel testo del 419, estendendo peraltro l’area dell’inviolabilità connessa al territorio occupato dal santuario e vietando ai rifugiati di entrarvi armati. Queste misure aggiuntive intendono creare le condizioni perché nei santuari possa essere mantenuto uno stato di decoro consono alla reverenza dovuta ai luoghi di culto34.
Da questo momento l’asilo è riconosciuto legalmente dal potere secolare in ogni territorio di competenza dell’autorità imperiale. Si tratta di un riconoscimento che appare oltremodo tardivo e che possiede un valore più simbolico che materiale. Le Costituzioni del 419 e del 431 non stabiliscono, infatti, del tutto ex novo l’istituto del rifugio nei luoghi di culto. Si limitano piuttosto a disciplinarlo e a garantirlo giuridicamente35, stabilendo che la violazione del santuario è punita con la confisca dei beni, con la destituzione dalla funzione pubblica eventualmente ricoperta dall’autore dell’atto sacrilego, o, in rari casi, con la morte36.
Pur disponendo un insieme di regole a tutela della sicurezza e delle condizioni di vita dei rifugiati nei luoghi sacri, nessuna delle due Costituzioni risolve però il problema principale posto dall’applicazione della tutela connessa all’asilo. Il riconoscimento dell’inviolabilità dei santuari da parte del potere secolare ha l’unico effetto di rendere legittima sotto il profilo giuridico la pratica diffusa del rifugio offerto nei luoghi di culto. Questa forma di protezione incontra però un grave limite nella sua strutturale provvisorietà, venendo a costituire una sorta di diritto accessorio dell’intercessione svolta dal vescovo al fine di ottenere clemenza per il rifugiato. L’obiettivo primario della mediazione ecclesiastica, ben prima dell’attenuazione della pena, è, infatti, quello – lo si è detto – di ottenere un rinvio dell’esecuzione della condanna o una proroga del processo a carico del reo.
Spesso le richieste avanzate dai vescovi vengono respinte dalle autorità secolari. Nel caso in cui le autorità secolari giudichino negativamente la posizione del rifugiato, il reo è costretto all’esilio. Ma l’intercessione si dimostra di frequente uno strumento inefficace anche quando la procura del vescovo è accolta dal magistrato romano. La protezione accordata nel luogo sacro, infatti, non configura in nessun caso una forma di impunità, bensì crea le condizioni per una sorta di detenzione che il rifugiato è tenuto a scontare nell’area inviolabile talvolta per lunghissimi periodi. Le Costituzioni lasciano, insomma, irrisolta la questione relativa all’avvenire dei soggetti cui è stata concessa accoglienza: un elemento problematico che, come vedremo, è comune a tutte le forme di asilo connesse alle immunità ecclesiastiche.
L’ultima legge applicata in Occidente che contempla la questione dell’asilo è la Costituzione del 432. Questa integra i testi precedenti riservando l’accesso al beneficio della protezione ai soli cittadini liberi. Il testo stabilisce che gli schiavi possono essere sottratti dai santuari, in cui hanno trovato rifugio, senza che questo configuri un atto sacrilego. Non sono necessarie né l’autorizzazione da parte delle autorità imperiali né tantomeno la consultazione del vescovo, come invece disponeva la Costituzione del 431. Vi è, però, una condizione sospensiva: la consegna dello schiavo deve essere previamente autorizzata dall’autorità ecclesiastica, che dà il suo consenso soltanto quando allo schiavo venga accordato il perdono del padrone. Se questa procedura non viene rispettata, il magistrato incaricato di far osservare le leggi incorre in una sanzione37.
Tali interventi normativi comportano in certa misura un’evoluzione della posizione giuridica dello schiavo. Le ventiquattro ore in cui consiste il margine di tempo entro il quale lo schiavo deve essere consegnato al padrone, a garanzia del suo diritto di proprietà, costituiscono infatti indirettamente una forma di protezione provvisoria cui consegue, se lo schiavo non oppone resistenza armata38 e se il padrone gli accorda il perdono, l’assicurazione di una e vera propria impunità – che, peraltro, ha effetto anche fuori dal luogo di asilo39 – per i crimini eventualmente commessi.
Questo insieme di testi legislativi sono raccolti nel Codice di Teodosio del 43840 e verranno applicati in Oriente fino alla pubblicazione del Codice di Giustiniano del 535. Al Codice di Teodosio si aggiunge la Costituzione del 466 che regola soprattutto la posizione dei debitori, i quali, in quell’epoca, costituiscono la gran parte dei beneficiari dell’asilo. Con l’emanazione di questo testo è, inoltre, abrogata la Costituzione del 392, che imponeva ai vescovi di estinguere i debiti dei soggetti cui era offerta protezione.
Il graduale crollo dell’Impero e l’occupazione della sua regione occidentale da parte dei popoli germanici e slavi inaugurano un’epoca di generale insicurezza e di violenza diffusa, generate da una persistente incertezza del diritto, collegata anche al ritorno del costume consuetudinario della vendetta privata, e da frequenti stragi di guerra41. La carenza di un potere secolare forte produce, d’altro canto, una sensibile attenuazione del rigore della legge penale, che si traduce nella riduzione delle pene afflittive e nella sostituzione delle pene corporali con forme di penitenza di carattere spirituale42.
Il vuoto di potere lasciato dalla dissoluzione dell’Impero d’Occidente è progressivamente colmato dalla Chiesa, la cui autorità si salda con le istituzioni dei nuovi regni che sconvolgono l’equilibrio politico del continente europeo. In questo nuovo contesto, l’asilo connesso ai luoghi di culto viene rispettato anche durante i saccheggi di Roma – dai Goti prima, nel 410, e poi dai Vandali, nel 45543 – e viene confermato dalle legislazioni dei popoli germanici44, che di frequente affidano l’amministrazione della giustizia ai vescovi avviando quella compenetrazione tra potere secolare e Chiesa che caratterizzerà l’intera età medievale45.


3. L’età media: il percorso dell’asilo verso l’immunità

Il lungo arco in cui si svolge l’età media è il periodo di maggiore affermazione dell’asilo connesso ai luoghi di culto della cristianità. Lo sgretolamento dell’autorità politica in Europa è la ragione della sua vitalità e al contempo la causa della sua inevitabile debolezza46. L’assenza di un potere che possa dirsi sovrano consente il rafforzamento delle prerogative delle istituzioni ecclesiastiche.
La Chiesa usa l’asilo per sottrarre competenze ai poteri laici, rivendicando per sé la giurisdizione su coloro che cercano riparo nei santuari. D’altro lato, l’esistenza di un mosaico di poteri secolari, singolarmente autonomi e reciprocamente concorrenti, rende impossibile l’unificazione dell’asilo in una sola forma comune a tutti i territori cristiani. Alla frammentazione dell’unità politica europea si accompagna infatti inevitabilmente un’analoga differenziazione dell’istituto che va in direzione opposta alla sua tendenza strutturalmente universalista.
Sin dagli albori dell’epoca medievale – lo si è visto – la Chiesa rivendica la prerogativa di offrire asilo a chi si rifugia nei luoghi di culto. Attraverso la sua azione, essa con forza domanda implicitamente ai poteri laici di legittimare la pratica del “confugio”47 e di riconoscere alle autorità ecclesiastiche la piena capacità di disporre dello ius asili, che diventa ben presto un privilegio attribuito ai santuari in virtù dell’onore dovuto a Dio. A partire dal VI secolo, iniziano, infatti, a moltiplicarsi i diplomi d’immunità assegnati ai luoghi sacri. Questi configurano altrettante forme di asilo locale, la cui singolare specificità, nel quadro di una realtà politica e giuridica profondamente polimorfa, riflette distintamente la natura ancora essenzialmente consuetudinaria dell’istituto48.
L’accesso alla protezione è esteso a tutti senza alcuna eccezione, in conformità al carattere universale dell’asilo che si fa discendere dal principio del dovere incondizionato della carità cristiana. All’inizio dell’età media, ne beneficiano soprattutto gli schiavi e gli aldi, ai quali l’istituto, pur non garantendo la liberazione, assicura un trattamento più mite da parte del proprietario, che per riavere il proprio servo è tenuto a promettere di averlo perdonato. Ma ricorrono all’asilo anche i liberi esposti alla vendetta privata e coloro che rischiano di incorrere in pene irreparabili49.
Con l’Impero rinnovato dai Franchi, l’istituto appare non necessario e anzi dannoso al normale svolgimento dell’attività repressiva affidata alla giurisdizione penale50. La temporanea restaurazione dell’ordine motiva, da parte del diritto carolingio, un atteggiamento più restrittivo verso l’asilo ecclesiastico51. Pur riconoscendo la legittimità dei privilegi attribuiti ai luoghi di culto, Carlo Magno esclude dalla protezione i presunti omicidi e i rei già giudicati colpevoli52. L’esercizio del diritto di asilo trova in questo modo un limite insuperabile nella superiorità del giudizio penale svolto dalla giurisdizione laica, la cui efficacia non può essere più ignorata neanche dalle autorità religiose53.
È invece nel pieno Medioevo che l’asilo raggiunge il suo massimo apice. La teoria gregoriana contenuta nel Dictatus Papae del 1075 ben esprime la posizione dominante occupata dalle istituzioni ecclesiastiche, al cui vertice il Papa afferma la propria superiorità su qualsiasi potere secolare, assegnandosi il potere di scomunicare e di deporre l’Imperatore e di emettere sentenze giudiziarie inappellabili dalla giurisdizione laica.
A partire dal nuovo millennio, l’asilo si confonde con le immunità di cui gode la Chiesa. Il riconoscimento dell’immunitas configura una deroga al diritto secolare, in base alla quale i luoghi, i beni e le persone appartenenti alle gerarchie ecclesiastiche sono esenti dalla giurisdizione laica, da responsabilità penali e da obbligazioni civili54. Il diritto di asilo, scrive Carlotta Latini, «appartiene alla chiesa e di questa costituisce uno dei privilegi. […] Dalla chiesa questo privilegio ‘si trasmette’ alla persona del criminale che sceglie la via del confugio, e l’immunità del luogo diventa la sua immunità»55. L’asilo diviene una delle sue conseguenze56, venendo a definire una sfera di potere, esclusiva delle istituzioni ecclesiastiche, attraverso la quale la Chiesa rivendica una propria autonomia giurisdizionale concorrente alla giustizia amministrata dai poteri secolari.
I diplomi di immunità hanno infatti l’effetto di sospendere il corso ordinario della giustizia. Al giudice laico è vietato estrarre il rifugiato dal luogo sacro in cui ha trovato protezione e gli è impedito di istituire contro di lui un procedimento in contumacia57. Il diritto canonico precisa le regole relative al privilegio di asilo conseguente all’immunità locale dei luoghi sacri, stabilendo che la cattura del rifugiato non deve assumere una forma violenta e che comunque deve essere autorizzata preliminarmente dal vescovo; inoltre, per tutti coloro che vengono consegnati alla giurisdizione secolare, è imposto al giudice laico di non applicare la poena sanguinis, quale che sia il reato commesso58.
La mitigazione della pena diventa dunque l’obiettivo principale dell’asilo, che viene a godere, in questo contesto, di un comprensibile consenso sociale. Del resto l’istituto costituisce anche uno strumento di difesa per i soggetti deboli frequentemente vittime delle violenze e dei soprusi operati dai potentati feudali59, rispetto alla cui arbitrarietà le istituzioni ecclesiastiche svolgono un ruolo di contenimento e di mediazione.
I principi dell’universalità della protezione e dell’immunità del luogo sacro sono riaffermati nei documenti conciliari più rilevanti di questo periodo, nei quali i rari limiti imposti al godimento della tutela sono stabiliti in conformità al suo carattere rigorosamente religioso e in funzione delle esigenze avanzate dai poteri laici in rapporto al mantenimento dell’ordine pubblico. Il Canone 15 del Concilio Laterano II del 1139 conferma il privilegio di asilo a tutte le chiese e ai cimiteri60. L’anno seguente, il Decreto di Graziano esclude dall’accesso alla protezione gli eretici, gli ebrei e i grassatori61, questi ultimi già esclusi da Nicola II nel 105962. Da questo momento la pena prevista per la violazione dell’immunità, che configura il reato di sacrilegio, è la scomunica63.
Il Canone Inter Alia emanato da Innocenzo III ribadisce il principio dell’asilo secondo il quale l’immunità locale attribuita ai luoghi sacri si trasmette a tutti coloro che vi entrano. Ciò nonostante, sono esclusi dall’immunità il latro publicus e il devastatore dei campi64. Nel Canone è inoltre contenuta la regola che prescrive alle autorità ecclesiastiche di rilasciare il reo al giudice laico soltanto previo giuramento che non gli sarà applicata la poena sanguinis. Nel caso poi che il rifugiato abbia effettivamente diritto ad accedere alla protezione offerta dal privilegio di asilo, l’accoglienza nel santuario si traduce spesso di fatto in una forma di impunità la cui validità ha però effetto esclusivamente entro l’area dell’immunità locale. L’unica alternativa all’impunità del fuggitivo è la composizione tra le parti, che significa la soddisfazione economica della vittima, o dei suoi familiari, quale risarcimento del danno prodotto dal fatto delittuoso65.
A partire dal XIII secolo si pone ancor più insistentemente la domanda di una più ampia regolamentazione dell’istituto, cominciando ad apparire sempre più necessaria la previsione di un numero maggiore di limiti alla classe dei potenziali beneficiari della protezione. Questa esigenza riflette, da un lato, la volontà dei poteri secolari di esercitare pienamente le loro prerogative giurisdizionali e, dall’altro, l’urgenza condivisa dalle stesse istituzioni ecclesiastiche di contenere un fenomeno, di difficile controllo, che inevitabilmente comporta per la Chiesa gravosi oneri economici e sociali66.
Viene quindi ampliato l’insieme dei casi eccettuati. In forza di evidenti ragioni economiche, l’immunità è negata ai debitori residenti nella città mercantili. Inoltre il diritto canonico esclude i briganti, gli omicidi volontari e coloro che commettono reati nei luoghi sacri facendo affidamento sull’immunità67. Si accresce progressivamente il numero dei casus excepti, finché la previsione delle eccezioni non finisce per svuotare la regola e «al principio del diritto canonico, per cui nessuno deve essere escluso dall’asilo, si va sostituendo il principio opposto dell’asilo consentito soltanto in casi determinati»68.
La disciplina dell’istituto, corredata dall’indicazione, peraltro sommaria, dei casi eccettuati, ha l’effetto di complicare seriamente le regole fissate dal diritto canonico per la concessione della protezione: il diritto di asilo è ormai inquadrato in un rigido formalismo giuridico – ben poco compatibile con il precetto della carità cristiana – che comporta un’inevitabile proceduralizzazione della tutela offerta dai luoghi sacri69. L’immunità locale non ha più un effetto immediato sulla posizione di coloro che cercano rifugio nei santuari. Al confugiato è infatti concessa protezione soltanto in seguito a un giudizio preliminare operato dal vescovo, attraverso il quale viene accertato che il soggetto, secondo la lista dei casi eccettuati, abbia effettivamente diritto a beneficiare della tutela offerta dall’immunità ecclesiastica70.
Questa prassi, per la quale ai prelati è implicitamente delegata la verifica dei fatti di rilievo penale di cui è ritenuto responsabile il reo, non può non produrre forti contrasti con la giurisdizione secolare, la quale inizia a farsi carico della crescente rivendicazione delle prerogative dei poteri laici nella gestione dell’ordine pubblico e della materia criminale.


4. Lo svuotamento dell’immunità e la dissoluzione dell’asilo cristiano

Quando termina l’età media, la crisi dell’asilo è già irreversibile. Il rafforzamento dei poteri laici favorisce l’organizzazione di un’efficiente amministrazione della giustizia pubblica, che, in ambito penale, si traduce in una maggiore attenuazione del rigore della legge e in una relativa mitigazione delle pene afflittive71. La prassi della vendetta privata cede il posto all’azione misurata dei tribunali giudiziari72 e la schiavitù si presenta come un fenomeno del tutto marginale, in via di estinzione fin dalla prima età comunale.
Il diritto d’asilo appare, così, sempre meno necessario e la rivendicazione della Chiesa di mantenerne la prerogativa viene ad assumere un valore sempre più simbolico. A favorire questa tendenza, peraltro, è la diffusione del ricorso illegittimo all’istituto. L’aumento degli abusi va a detrimento degli interessi delle stesse istituzioni ecclesiastiche, che si trovano costrette a sopportare i costi economici e sociali conseguenti al mantenimento di un numero sempre più incontrollabile di soggetti privi di beni, spesso violenti e irrispettosi dei luoghi sacri73.
L’asilo si presenta ormai come un privilegio che – non essendo peraltro più motivato dalle particolari esigenze cui rispondeva nel quadro di ordinamenti secolari primitivi e per lo più ineffettivi – rischia, garantendo l’impunità al reo, di incoraggiare la commissione dei crimini e di indebolire la pretesa avanzata dai poteri laici di salvaguardare gli interessi delle comunità a questi sottoposte. Come ben sottolinea Giulio Vismara, «nato dall’incertezza del diritto per ovviarne le conseguenze, l’asilo minaccia di diventare ora esso stesso fonte di incertezza della giustizia»74.
I diffusi abusi alimentano la contestazione dell’istituto. Alle violazioni dell’immunità ecclesiastica commesse dai familiari delle vittime, si aggiungono quelle operate dai magistrati secolari. Già dal XV secolo, i giudici laici dimostrano di voler ignorare il divieto di violare l’asilo connesso ai luoghi sacri, rivendicando per sé il potere di privare dell’immunità quegli individui che a loro giudizio non meritano il favore della Chiesa75.
Per evitare che le autorità secolari incorrano nelle pene canoniche ordinate per le violazioni dell’asilo, la questione inizia ad essere oggetto di intervento dei poteri sovrani. Nel 1539 in Francia, un’ordinanza di Francesco I istituzionalizza la pratica dell’estrazione preliminare76 che consente la consegna del rifugiato sulla base di un mandato di cattura emesso nelle forme legali77. Secondo l’Ordinanza, i criminali che hanno trovato riparo nell’immunità possono essere estratti immediatamente dai luoghi sacri dal giudice laico, in esecuzione di un décret de prise de corps, salvo poi essere restituiti alle autorità ecclesiastiche nel caso in cui le accuse a loro carico si rivelino infondate78. Il magistrato è autorizzato a costringere con la forza il rifugiato a lasciare il luogo immune, per sottoporlo al proprio giudizio, «con la riserva di reintegrarlo nell’asilo se non lo trovi [sic] colpevole di reati eccettuati»79 dal diritto canonico. Nei territori sottoposti alla corona francese, lo svuotamento dei privilegi associati ai santuari è formalmente portato a compimento nel 1547, quando Enrico II autorizza l’esecuzione delle perquisizioni nei luoghi che ricadono nella sfera delle immunità ecclesiastiche.
Anche la dottrina giuridica getta le basi per una battaglia contro quelle che ormai appaiono prerogative illegittime della Chiesa. Nella discussione in merito ai singoli casi eccettuati, gli stessi canonisti si dividono e si confrontano con le opinioni dei civilisti, mentre l’autorità dei pontefici tace80. Alciato attribuisce al potere secolare la competenza di disciplinare la materia dell’asilo, cui, pertanto, viene negato lo statuto di norma di diritto divino. Il giureconsulto milanese, a sostegno di questa tesi, richiama l’esperienza romana. La modificabilità delle regole che definiscono il diritto d’asilo, quale conseguenza dell’immunità ecclesiastica, sarebbe testimoniata dall’atteggiamento delle autorità imperiali, le quali, pur riconoscendo la legittimità dell’asilo in virtù del rispetto dovuto ai luoghi sacri, intervenivano per limitarne giuridicamente la portata: se, per un verso, ne riconoscevano il carattere sacro, dichiaravano però anche la facoltà umana di alterarne i contenuti81. Dello stesso avviso è Diego de Covarrubias. Il canonista spagnolo afferma che, essendo i diritti naturali tali in forza del fatto che non possono essere modificati dalle costituzioni umane, l’asilo deve essere considerato un istituto passibile di modifiche anche da parte dei poteri laici, essendo stato alterato più volte dai numerosi interventi dei pontefici82.
Nonostante le opinioni dottrinali e i decisi interventi dei poteri laici, l’istituto rimane fortemente radicato al livello sociale, soprattutto presso le monarchie cattoliche. L’immunità locale, cui consegue il privilegio di asilo, è parte della libertas ecclesiae. Questa definisce l’esenzione dei luoghi sacri dalla giurisdizione laica in deroga al diritto comune. La libertas si traduce nella rivendicazione di un’autonomia della Chiesa, che tende ad affermare la propria condizione di autorità separata dal potere secolare con proprie specifiche prerogative.
Per la dottrina canonistica, le chiese ricadono nell’esclusiva sovranità del pontefice. Come autorevole precedente, viene richiamata l’opinione di Baldo degli Ubaldi, che aveva affermato che i luoghi sacri sono fuori dal territorio di competenza dei giudici secolari83. Per Francisco Suarez, la chiesa è un locus exemptus che non rientra nella iurisdictio dell’autorità laica. Secondo il teologo spagnolo, l’intera procedura di estrazione del rifugiato dal luogo immune costituisce di conseguenza un fatto anti-giuridico. L’ingresso del reo nel luogo sacro determinerebbe una sorta di passaggio in territorio alieno, rispetto all’ordinamento cui il soggetto è sottoposto, di carattere simile a ciò che avviene nel passaggio dal territorio di uno Stato a quello di un’altra entità sovrana84.
Lo spazio dell’immunità locale è insomma ancora ritenuto «un’isola a solo diritto canonico immersa nel mare dello ius commune», entro la quale vige la norma speciale del luogo sacro quale espressione della libertas ecclesiae. I suoi contenuti sono elaborati sullo sfondo della riorganizzazione politicoistituzionale della Chiesa definita dalle conclusioni del Concilio di Trento, svoltosi tra il 1545 e il 1563.
Nella seconda metà del XVI secolo, il potere laico, che nel corso dell’età media aveva accettato di essere in qualche misura subordinato all’autorità superiore della Chiesa, si va sempre più delineando come potere concorrente alle istituzioni ecclesiastiche. Di fronte alle rivendicazioni delle autorità secolari, la Chiesa reagisce mettendo in opera una politica di conservazione delle proprie prerogative, entro la quale l’asilo riveste un ruolo emblematico. L’obiettivo dell’immunità locale è di sottrarre al potere laico la funzione di ius dicere e, quindi, di rivendicare la piena iurisdictio sul rifugiato. L’accertamento e la valutazione della sua posizione devono essere svolti, secondo la Chiesa, dalle autorità ecclesiastiche, in conseguenza dell’esclusiva competenza del pontefice e dei suoi rappresentanti sui luoghi di culto. L’asilo appare, insomma, a tutti gli effetti uno strumento che la Chiesa adopera per intervenire direttamente nella gestione della cosa pubblica in aperto contrasto con i poteri laici e con l’esclusività delle loro prerogative giurisdizionali.
La più decisa rivendicazione dell’immunitas loci sacri è contenuta nella Bolla Cum Alias emanata da Gregorio XIV nel 159186. Questa costituzione pontificia, pur introducendo poche novità legislative, cristallizza finalmente in una norma canonica l’intera disciplina dell’istituto dell’asilo. L’elenco dei casi eccettuati è ulteriormente allargato: i criminali esclusi dall’immunità, cui corrispondono altrettanti crimina atrociora, sono i grassatori, i ladri, i devastatori dei campi, i sacrileghi, gli eretici e i rei di lesa maestà. La Bolla aggrava la posizione dei rifugiati rei di delitti eccettuati, la cui consegna alle autorità secolari avviene senza alcuna garanzia circa l’applicazione della poena sanguinis. Per i crimini lievi l’estrazione del reo rimane invece vietata. Ancora secondo l’illuminante ricostruzione di Carlotta Latini, «la regola di ordine generale sembra essere quella per cui se un soggetto, che non sia chierico, ha commesso un crimine al di fuori di un luogo sacro, la giurisdizione spetta ovviamente al giudice laico, ma se poi questo reo si rifugia in chiesa, la cognizione circa la natura del reato, per potersi dichiarare se il crimine è o meno eccettuato, spetterà alla chiesa, ossia al vescovo»87. Si tratta di un esame preliminare – poiché precedente all’eventuale procedura di estrazione del reo dal luogo immune – interamente devoluta alle autorità ecclesiastiche, che svolgono l’accertamento del caso mediante un processo informativo di natura inquisitoria. Questa fase decisionale implica necessariamente l’ingresso, da parte del vescovo competente, nel merito del giudizio, i cui esiti, risultato di una valutazione dei fatti spesso sommaria, solitamente non sono in linea con le aspettative dei giudici laici.
Ai soggetti valutati meritevoli di tutela non è peraltro garantita alcuna forma di impunità, dato che questo sarebbe in contrasto con la finalità dell’asilo che è la salvezza dell’anima del penitente attraverso la redenzione e l’espiazione del peccato. Gli stessi canonisti riconoscono infatti il dovere in capo al giudice ecclesiastico di infliggere una pena. In conformità con questa esigenza, si preferisce generalmente risolvere la questione ancora attraverso la composizione tra i privati, obbligando il reo a destinare una somma concordata di denaro alla vittima, o ai suoi familiari, oppure consentendo la fuga al criminale in una sorta di esilio volontario. Ma si ricorre anche all’applicazione di pene straordinarie, tra le quali le più diffuse sono quella dei triremes88 – adottata frequentemente nel ’500 e nel corso del XVII secolo – e la detenzione carceraria nei monasteri.
Oltre a queste disposizioni, la sezione più dirompente della Bolla del 1591 è quella relativa alla violazione dell’immunità. Questa, configurando l’ipotesi del sacrilegio, in quanto usurpazione della maiestas pontificia in una delle sue espressioni più notevoli, la iurisdictio, è punita con la scomunica. I responsabili, per effetto della sanzione, sono esclusi dalla comunità dei fedeli e sono costretti a partecipare a una procedura di espiazione che prevede una pubblica penitenza. Ai magistrati secolari rei di violazione dell’asilo, una volta scomunicati, è inoltre preclusa la capacità di continuare a rivestire la propria funzione pubblica89.
Durante il primo trentennio del ’600, l’applicazione diffusa della pena canonica rischia di paralizzare i sistemi giurisdizionali, suscitando inevitabili contrasti con i poteri secolari. La Bolla non è però recepita ovunque né sul continente europeo né nei territori italiani90. In Francia, la procedura dell’estrazione preliminare del reo condotta dal giudice laico appare già una prassi consolidata. In Inghilterra, con lo Statuto del 1604, Giacomo I abroga tutte le leggi anteriori che confermavano la dichiarazione d’inviolabilità dei santuari, e il Parlamento, con un Atto del 1625, ne vieta ogni eventuale nuovo riconoscimento91. In Svizzera, l’istituto dell’asilo cristiano è menzionato per l’ultima volta in un atto legislativo del 152892. In Spagna, la Bolla, pur formalmente non recepita, è sostanzialmente applicata fino agli anni ’30 del XVIII secolo in base alle diverse consuetudini locali. I Paesi Bassi di religione cattolica risentono fortemente del dominio spagnolo e nell’area germanica il privilegio di asilo resiste nei soli territori a maggioranza cattolica.
Nonostante la sua limitata recezione, la Bolla gregoriana ha un’enorme influenza sul difficile processo di accentramento dell’amministrazione della giustizia negli Stati sovrani. La rivendicazione del privilegio di asilo da parte delle istituzioni ecclesiastiche forma il presupposto per l’esplosione di una contesa insanabile con i poteri laici, alimentata dalla moltiplicazione dei conflitti di giurisdizione tra i magistrati della Chiesa e i giudici secolari.
La situazione si aggrava a partire dal 1626, quando Urbano VIII istituisce la Sacra Congregazione dell’immunità. L’attività della Congregazione è quella di un tribunale dei ricorsi che esamina tutte le cause di violata immunità. Ha la funzione di difendere le prerogative delle istituzioni ecclesiastiche e di allargarle quanto più possibile. Costituendo un’ingerenza effettiva nella gestione della politica penale negli ordinamenti concorrenti, la Congregazione attira su di sé le critiche delle autorità secolari che premono per un ridimensionamento dell’asilo e delle prerogative della Chiesa. Pertanto, durante i primi decenni del ’700, non diminuisce, ed anzi aumenta, la frequenza dei conflitti di giurisdizione93.
In risposta alle lamentele espresse anche dalle stesse gerarchie ecclesiastiche relativamente all’attività della Congregazione, viene ulteriormente esteso il numero dei casi eccettuati94. Le forme delle procedure di accertamento della posizione del rifugiato e dell’estrazione del reo rimangono però quelle prescritte dalla costituzione gregoriana95, che – scrive Giulio Vismara – diventa «un tale impaccio all’amministrazione della giustizia da condannare se stessa all’inefficacia»96.
Tende, così, gradualmente ad affermarsi una condizione di separatezza nella gestione dell’ordine pubblico e della punizione dei reati, che porta la Chiesa a scendere a più miti compromessi con i poteri laici e a stringere con questi dei concordati d’intesa97. All’immunità locale vengono, quindi, a sostituirsi delle «semplici cautele»98 che il giudice laico è tenuto ad osservare se la cattura del reo avviene in un luogo sacro.
Il potere secolare è ormai soverchiante e la dottrina giuridica è compatta nella glorificazione della giurisdizione centralizzata dello Stato e nella sconfessione della presunta natura di diritto divino dell’asilo99. Sulla natura potenzialmente nociva dell’immunità locale per l’amministrazione della giustizia si sofferma anche Beccaria, che tronca definitivamente la questione affermando che «dentro i confini di un paese non dev’esservi alcun luogo indipendente dalle leggi. La forza di esse seguir deve ogni cittadino, come l’ombra segue il corpo. L’impunità e l’asilo non differiscono che di più e meno, e come l’impressione della pena consiste più nella sicurezza d’incontrarla che nella forza di essa, gli asili invitano più ai delitti che le pene non allontano». E conclude, sottolineando il pericolo costituito dalle immunità ecclesiastiche per l’unicità del potere sovrano, aggiungendo che «moltiplicare gli asili è il formare tante piccole sovranità»100, ciascuna espressione di un potere concorrente che, attraverso le proprie peculiari rivendicazioni, minaccia di sottrarre quote di capacità giurisdizionale allo Stato.
Le considerazioni di Beccaria non mancano di influenzare altri giuristi che, pur condividendo le parole dell’illustre penalista milanese, ne smorzano però il vigore. Ne è un esempio Cosimo Amidei, il quale riconosce che l’asilo è il luogo «ove tacciono le leggi», ma ammette che la sua eventuale abolizione non appare, nel contesto dell’Europa continentale del ’700, ragionevolmente pensabile. Soltanto quando sarà bandita la tortura e sarà realizzata un’effettiva riforma del sistema penale nel suo complesso sarà infatti possibile eliminare definitivamente gli asili dai territori degli antichi regimi101.
Non stupisce quindi che l’istituto cristiano, pur destinato ad esaurirsi, resista in diversi paesi per tutto il corso del ’700 e per buona parte del XIX secolo. In Spagna, il provvedimento con cui veniva abolito l’asilo, risalente a un’Ordinanza emanata da Filippo II nel 1570, inizia ad essere generalmente osservato soltanto a partire dal 1835. Nelle regioni tedesche, la sua abolizione formale si fa attendere per lungo tempo ed è realizzata in Prussia nel 1794, nel Württemberg nel 1804, in Bavaria nel 1818 e in Sassonia nel 1827. In Italia, viene soppresso dalla Legge Siccardi del 9 aprile del 1850, dapprima solo nei Regni di Piemonte e di Sardegna e, in seguito all’unità nazionale, in tutti i territori della monarchia. La legislazione in materia criminale raccolta nei moderni codici penali non fa menzione dell’istituto, di cui, verso la metà del XIX secolo, al termine della sua ininterrotta parabola, non vi è più alcuna traccia entro l’intero continente europeo102.



NOTE
1 Cfr. L. Bolesta-Koziebrodzki, >i>Le droit d’asile, Leiden, Sythoff, 1962, p. 30.Top
2 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, Paris, PUF, 1998, p. 41.Top
3 Cfr. F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato. Per una storia del diritto di asilo, in Il diritto di asilo, a cura di B.M. Bilotta, F.A. Cappelletti, Padova, CEDAM, 2006, p. 9.Top
4 Cfr. A. Padoa-Schioppa, Il diritto nella storia d’Europa. Il medioevo, Padova, CEDAM, 1995, p. 25.Top
5 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 54.Top
6 Cfr. G. Vismara, Asilo (diritto intermedio), in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1958, p. 198.Top
7 Sull’asilo nel contesto della storia ellenica si vedano, tra gli altri: K.J. Rigsby, Asylia, Berkeley, University of California Press, 1996; E. Balogh, Political refugees in ancient Greece, Roma, «L’erma» di Bretschneider, 1972; U.E. Paoli, Asilo (diritto greco e romano), in Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1958. Per una sintetica rassegna, rimando a F. Mastromartino, L’asilo nella società e nella cultura greco-antica, in «L’Acropoli», 10 (2009), pp. 173-184.Top
8 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 42.Top
9 Cfr. A. Quintano Ripolles, Asilo, in Nueva Enciclopedia Juridica, Barcelona, Seix, 1951, p. 50.Top
10 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., pp. 52-53.Top
11 Ivi, p. 78.Top
12 Cfr. F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato, cit., p. 15.Top
13 Cfr. E. Bernardi, Asilo politico, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, UTET, 1987, p. 164.Top
14 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 201.Top
15 Cfr. D. Ippolito, Pluralismo giuridico, in U. Eco (a cura di), Il Medioevo, vol. I, Alto Medioevo, Milano, Federico Motta Editore, 2009, pp. 461-470.Top
16 Cfr. F. Mastromartino, Le istituzioni politiche, in U. Eco (a cura di), Il Medioevo, vol. VII, Basso Medioevo, Milano, Federico Motta Editore, 2009, pp. 475-486.Top
17 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., pp. 34-35.Top
18 Cfr. L. Bolesta-Koziebrodzki, Le droit d’asile, cit., p. 35.Top
19 L’asilo può essere chiamato interno – o intra-nazionale – se i beneficiari della protezione sono membri della comunità politica sulla quale è sovrana l’autorità che riconosce l’inviolabilità del luogo di asilo. Inversamente, può essere denominato esterno – o extra-nazionale – se la protezione concessa dall’autorità sovrana, nel territorio di propria competenza, è riservata esclusivamente a soggetti non appartenenti alla comunità politica ad essa sottoposta. Ogni forma di asilo interno è di natura (prevalentemente) religiosa; ogni versione di asilo esterno è di natura politica. Cfr. D. Alland, C Teitgen-Colly, Traité du droit de l’asile, Paris, PUF, 2002, p. 25.Top
20 Cfr. P. Grossi, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 56-60.Top
21 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., pp. 84-85.Top
22 Cfr. A. Padoa-Schioppa, Il diritto nella storia d’Europa, cit., pp. 45-46.Top
23 Su cui si vedano, tra gli altri: E. Grosso, Le vie della cittadinanza, Padova, CEDAM, 1997, pp. 135 sgg; G. Grifo, Civis, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 34.Top
24 Cfr. A. Duclaux, Ad ecclesiam confugere. Naissance du droit d’asile dans les eglises, Paris, De Boccard, 1994, p. 7.Top
25 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 55.Top
26 Cfr. A. Duclaux, Ad ecclesiam confugere, cit., pp. 181-182.Top
27 Agostino, Sermone Morin Guelferbytanus 25, P.L.S. 2, col. 508-609, traduzione italiana in appendice a Il diritto di asilo, B.M. Bilotta, F.A. Cappelletti, cit., p. 222. Nello stesso passo: «A ben voler distinguere, se si tolgono dalla chiesa coloro che compiono il male, non ci sarà luogo ove si possano nascondere coloro che fanno il bene: se acconsentissimo a che i colpevoli venissero allontanati da qui, non ci sarebbe luogo in cui potrebbero rifugiarsi gli innocenti».Top
28 Cfr. il seguente passo del Canone: «[…] fate in modo che nessun vescovo vada alla corte, a meno che non sia stato eventualmente invitato per lettera dal nostro religiosissimo imperatore»; in appendice a Il diritto di asilo, B.M. Bilotta, F.A. Cappelletti, cit., p. 217.Top
29 Cfr. A. Duclaux, Ad ecclesiam confugere, cit., pp. 28-30.Top
30 Le categorie di soggetti cui la Chiesa offre rifugio sono quelle elencate nel già citato Canone 7 della legislazione conciliare di Sofia.Top
31 Il testo del 397 riduce, però, l’accesso al rifugio per gli ebrei, cui viene offerta protezione soltanto previo accertamento della loro innocenza da parte del vescovo. Cfr. A. Duclaux, Ad ecclesiam confugere, cit., pp. 60-63.Top
32 La permanenza dei rifugiati nei santuari si rese possibile in virtù dell’inazione delle forze imperiali.Top
33 Cfr. appendice a Il diritto di asilo, B.M. Bilotta, F.A. Cappelletti, cit., p. 222.Top
34 Ivi, p. 223.Top
35 Si legga quanto scrive A. Duclaux al riguardo, secondo la quale i testi del 419 e del 431 non costituiscono «une sanction légale de l’asile à proprement parler, mais une législation a posteriori»; in Id., Ad ecclesiam confugere, cit., p. 257.Top
36 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 48.Top
37 Cfr. appendice a Il diritto di asilo, B.M. Bilotta-F.A. Cappelletti, cit., p. 224.Top
38 Si legga il passo seguente della Costituzione citata supra: «Nel caso che costui, spinto dal furore, intenda resistere con le armi, sia concesso al padrone di trascinarlo via anche con il ricorso alla forza che è in suo potere». Ibidem.Top
39 Secondo A. Duclaux queste disposizioni modificano lo statuto del diritto di asilo che da diritto reale, imputato al luogo sacro, diviene una sorta di diritto personale che ha effetto anche fuori dal luogo di rifugio: «On assiste […] à une modification de la définition juridique de l’asile. De droit réel [car la protection jusque là conférée par le droit d’asile était exclusivement attachée à l’édifice du culte], il devient une sorte de droit personnel puisque l’impunité consentie par le maître en échange de la livraison de son esclave s’attache à la personne de celui-ci, y compris hors des lieux consacrés». In Id., Ad ecclesiam confugere, cit., p. 240.Top
40 Nel libro IX, titolo 45 intitolato De his qui ad ecclesiam confugit.Top
41 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 198.Top
42 Cfr. P.G. Caron, Asilo (diritto canonico e diritto pubblico statuale, medioevale e moderno), in Novissimo Digesto Italiano, Torino, UTET, 1958, p. 1036.Top
43 In questi episodi, secondo Agostino, si rende manifesta la superiorità del cristianesimo rispetto ai culti pagani, e quindi dell’asilo offerto nelle chiese rispetto alle forme di protezione connesse all’istituto greco. Si leggano le pagine iniziali di La città di Dio, Milano, Rusconi, 1984, in cui Agostino sottolinea la sacralità degli asili cristiani rapportandola a quella connessa ai templi dei culti pagani: «La rozzezza barbara […] è apparsa tanto mite che le più grandi basiliche furono scelte e destinate a riempirsi di gente che doveva essere risparmiata, dove nessuno potesse essere colpito o trascinato via, dove molti che dovevano esser liberati erano condotti dal nemico compassionevole, donde nessuno, in conclusione, poteva venire prelevato, neppure da un nemico crudele, per esser fatto prigioniero. Tutto ciò deve essere attribuito al nome di Cristo ed ai tempi cristiani»; «Proprio questo dovrebbero riconoscere [i miscredenti]: il fatto che dei barbari feroci, contro ogni costume di guerra, li hanno risparmiati, non solo in qualunque luogo, grazie al nome di Cristo, ma anche in quegli enormi luoghi consacrati al suo nome e così scelti, secondo una grande misericordia, per contenere moltissima gente»; «Là [nei templi greci] si perse, qui [nei templi cristiani] si salvò la libertà; là furono rinchiusi i prigionieri, qui ciò venne impedito; là venivano ammassati dal nemico dominatore i futuri servi, qua erano condotti da mani pietose coloro che sarebbero stati liberi»; ivi, pp. 90, 83 e 87. Si vedano anche ivi le pp. 82 e 84.Top
44 I Goti riconoscono la pratica dell’asilo nei luoghi di culto della cristianità. Presso i Visigoti, è consentita l’intercessione per la mitigazione della condanna a morte in capo al rifugiato ed è punita la violazione dell’asilo. Presso i Burgundi, il rispetto dovuto ai luoghi sacri non impedisce l’arresto del rifugiato, che, d’altro lato tuttavia, beneficia di una commutazione della pena: un’ammenda pecuniaria per il ladro e la confisca di metà dei beni per il reo di omicidio, da versare come risarcimento in favore degli eredi della vittima. La posizione giuridica degli schiavi non cambia, rimanendo equiparata a quella delle cose. L’Editto di Rotari, per esempio, conferma infatti che gli schiavi non sono né capaci di diritti né imputabili di obblighi e che dipendono, sotto il profilo giuridico, interamente dal loro padrone. Non stupisce allora che essi continuino ad essere oggetto di particolare favore in relazione alla protezione offerta dagli asili. Ne è un esempio un Editto longobardo del 735 in cui si dispone il divieto di estrarre con la forza lo schiavo dal santuario e si stabilisce che lo schiavo venga esonerato dalla pena per effetto del perdono accordato dal padrone. Cfr. P.G. Caron, Asilo, cit., p. 1037 e S.P. Sinha, Asylum and international law, L’Aja, Nijhoff, 1971, pp. 11-12.Top
45 Cfr. M. Galizia, La teoria della sovranità, Milano, Giuffrè, 1951, p. 37.Top
46 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 62.Top
47 Il termine usato dalle autorità ecclesiastiche per riferirsi all’istituto segna un ulteriore discontinuità rispetto alle forme greche. Fino al nuovo millennio, si preferisce infatti sostituire al nome ‘asilo’ alcune perifrasi che indicano non già il luogo in cui è offerta protezione, quanto l’atto stesso del cercare rifugio nelle chiese. Fra queste la più utilizzata è “ad ecclesiam confugere”. Questa è l’espressione che denota l’istituto nei, già ricordati, documenti costituzionali del 392, del 397 e del 398, poi raccolti nel Codice di Teodosio del 438 nel paragrafo, appunto, intitolato De his qui ad ecclesiam confugit. È utilizzata anche da Agostino e nel Concilio di Cartagine del 399. Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 37; F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato, cit., p. 10; A. Duclaux, Ad ecclesiam confugere, cit., pp. 15 e 33.Top
48 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 62.Top
49 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 199.Top
50 Ibidem.Top
51 Cfr. P.G. Caron, Asilo, cit., p. 1037.Top
52 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 79.Top
53 Cfr. P.G. Caron, Asilo, cit., p. 1037.Top
54 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 64.Top
55 Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità. Diritto d’asilo e giurisdizione nell’ordine giuridico dell’età moderna, Milano, Giuffrè, 2002, p. 2.Top
56 Cfr. F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato, cit., p. 17.Top
57 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 69.Top
58 Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., pp. 72-73; si legga inoltre quanto scrive la stessa autrice al riguardo: «L’immunitas scioglie dallo ius come il diritto d’asilo libera dalla poena sanguinis»; ivi, p. 395.Top
59 Cfr. L. Bolesta-Koziebrodzki, Le droit d’asile, cit., p. 35.Top
60 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 70.Top
61 Ossia i rapinatori di strada.Top
62 Cfr. F. Crepéau, Droit d’asile, Bruxelles, Editions Bruylant, 1995, p. 36 e G. Vismara, Asilo, cit., p. 200.Top
63 Cfr. D. Alland, C. Teitgen-Colly, Traité du droit de l’asile, cit., p. 24.Top
64 Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., p. 213.Top
65 Ivi, p. 387.Top
66 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 200.Top
67 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., pp. 79 e 81.Top
68 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 200.Top
69 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 81.Top
70 Cfr. F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato, cit., p. 18.Top
71 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 83.Top
72 Cfr. L. Bolesta-Koziebrodzki, Le droit d’asile, cit., p. 13.Top
73 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 199.Top
74 Ivi, p. 201.Top
75 Cfr. P. Segur, La crise du droit d’asile, cit., p. 82.Top
76 Si tratta dell’Ordonnance di Villiers-Cotterêts, Ordonnance génerale en matière de justice et de police.Top
77 Cfr. P.G. Caron, Asilo, cit., p. 1038.Top
78 Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., pp. 305-306.Top
79 Cfr. G. Vismara, Asilo, cit., p. 201.Top
80 Ivi, p. 200.Top
81 Ibidem. Si veda di A. Alciato, Aereus praesumptionum tractatus, regula III, praes. XXXIII, paragrafo 4; Lugduni 1551.Top
82 Cfr. D. de Covaburrias, Variarum resolutionum, Francoforte, 1573, tomo II, libro II, cap. XX, n. 2.Top
83 Cfr. Baldo degli Ubaldi, In primum secundum et tertium Codicis libros commentaria, 1. Si quis in hoc genus, il titolo De episcopis et clericis, n. 2; 1585.Top
84 Cfr. F. Suarez, De virtute et statu religionis, volume I, tomo XII, libro III, capitolo XIII, nn. 4-6 e 15; Lugduni, 1613-1614.Top
85 Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., p. 381.Top
86 Cfr. F.A. Cappelletti, Dalla legge di Dio alla legge dello Stato, cit., p. 19.Top
87 In C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., p. 332.Top
88 Si tratta della condanna alla galera, ossia ai remi. Ivi, p. 401.Top
89 Rispetto a questo effetto della scomunica, una posizione nettamente contraria è assunta da U. Grozio, per il quale «il potere laico ha il diritto di difendere i propri magistrati ab Ecclesiae tyrannide». Citato in C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., p. 329. Di Grozio, si veda il De imperio summarum potestatum circa sacra, libro II, capitolo IX, paragrafo 27.Top
90 La Bolla non è recepita formalmente né in Francia, né in Spagna, né in Portogallo, né in Germania, né nelle Fiandre. Non è inserita nella legislazione civile neanche nel Regno di Napoli, nella Repubblica di Venezia, né in Lombardia. Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., pp. 305-306, in nota.Top
91 Commenta con favore l’abolizione dell’immunità dei santuari W. Blackstone, secondo il quale il provvedimento costituisce un progresso per l’amministrazione centralizzata della giustizia. In Commentaries on the laws of England, (prima edizione, 1765-1769), London, The University of Chicago Press, 1979, pp. 326-327.Top
92 Cfr. S.P. Sinha, Asylum and international law, cit., p. 13.Top
93 Per un esame di alcuni casi negli Stati italiani e nei Paesi Bassi, si veda ancora C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., pp. 337-344 e 358-364.Top
94 Attraverso le decretali di Clemente IX del 1712 e del 1720. Cfr. S.P. Sinha, Asylum and international law, cit., p. 12.Top
95 Esse vengono confermate anche dalle disposizioni contenute nella Bolla Ex quo divina, emanata da Benedetto XIII nel 1725.Top
96 In G. Vismara, Asilo, cit., p. 201.Top
97 La Chiesa stipula un accordo con il Regno di Napoli nel 1741, secondo cui si istituisce un tribunale misto, composto da prelati e da giudici laici, presieduto da un vescovo scelto dal pontefice ma su proposta del sovrano. Un concordato sostanzialmente analogo nei contenuti è stipulato in Lombardia pochi anni più tardi, nel 1758. Prescriveva che «il delinquente laico sospettato di aver commesso un crimine eccettuato e rifugiato in chiesa poteva essere tolto dal luogo immune con licenza dell’ecclesiastico solo sulla base di una richiesta del magistrato laico; il criminale veniva poi trattenuto dalla curia secolare nomine ecclesiae con l’obbligo di restituzione all’immune qualora si fosse deciso che doveva fruire dell’immunità. Il giudice secolare doveva formare il processo informativo entro quattro mesi dall’incarcerazione del reo, quindi esibirlo al vescovo che entro un mese stabiliva se il criminale doveva godere o meno dell’immunità. Tutto sommato quindi era ancora il giudice ecclesiastico a decidere, ma sulla base di un processo informativo interamente realizzato dai laici». Cfr. C. Latini, Il privilegio dell’immunità, cit., pp. 439-440.Top
98 Cfr. E. Bernardi, Asilo politico, cit., p. 164.Top
99 Così ragionava F. D’Aguirre – un autorevole giurista legato al giurisdizionalismo settecentesco: «Concludiamo adunque, non esser l’asilo di legge Divina, ma derivato solo dall’esempio della gentilesca superstizione, ed introdotto poscia nella Chiesa dalla clemenza, e leggi dei principi, secondo le quali perciò non si dee conceder, se non che agli innocenti, ed oppressi, ed a coloro, i cui delitti o son leggieri, o meritano scusa, e perdono»; in Id., Discorso sopra l’asilo ecclesiastico, Firenze 1765, p. 174.Top
100 Cfr. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, (prima edizione del 1764), Milano, Mursia 1973, pp. 101-102. Già due decenni prima, anche Montesquieu aveva messo in guardia dalle degenerazioni conseguenti all’immunità ecclesiastica. Nelle annotazioni relative al suo soggiorno a Roma aveva infatti osservato che «negli Stati della Chiesa ogni anno si verifica un numero infinito di […] assassinii, ancor più che a Roma. La sicurezza dell’impunità, una chiesa che sono sempre sicuri di trovare, li incoraggia». Citato in nota in Ch. de S. de Montesquieu, Lo spirito delle leggi, Torino UTET, 2005, p. 124.Top
101 Cfr. C. Amidei, La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, 1768-1783, in Opere di Cosimo Amidei, a cura di A. Rotondò, Torino, 1980, pp. 153-254.Top
102 Cfr. S.P. Sinha, Asylum and international law, cit., p. 13.Top
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