|
La sinistra e l'alibi del multilateralismo
di
Maurizio Ambrogi
Lo scenario internazionale successivo alla fine della guerra fredda ha fatto perdere all’Italia le posizioni di rendita di cui godeva a partire dal secondo dopoguerra; il Paese è meno rilevante nell’alleanza atlantica, per il minor ruolo strategico giocato dal Mediterraneo, e risente dell’indebolimento del legame con l’Europa, per il dissenso con l’asse franco-tedesco. Sull’ultimo numero della rivista «Italianieuropei» alcuni interventi si interrogano sulle direzioni più opportune per la nuova politica estera italiana. John Lloyd lamenta il sostanziale fraintendimento cui è stata oggetto l’azione politica di Tony Blair, la cui scelta sull’Iraq fu dettata non solo dall’alleanza privilegiata con gli USA, ma da una visione complessiva finalizzata ad opporsi alle situazioni di pericolo per la pace mondiale, ad estendere la democrazia e a incoraggiare lo sviluppo economico del continente africano e dei Paesi più poveri. Le considerazioni di Massimo D’Alema, se anche accettano l’idea del possibile uso della forza per mantenere l’equilibrio internazionale, lo subordinano ad un ordine multilaterale. Si tratta di una posizione illusoria, che non fa riferimento a una visione realistica della situazione internazionale. Come suggerisce Adolfo Battaglia, l’Italia dovrebbe compiere una scelta simile a quella di quarant’anni fa: non affidarsi a un inesistente multiculturalismo, ma puntare sull’Europa come a uno dei due pilastri del mondo occidentale cui viene affidato il compito di garantire la sicurezza mondiale. Al di fuori di questa scelta, l’Italia sarà destinata a un ruolo sempre più marginale.
|