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Qualche lettera di Adolfo Omodeo a Cesare Spellanzon, 1935-1946
di Antonino De Francesco
La Storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia di Cesare Spellanzon, i cui primi quattro volumi uscirono tra il 1933 e il 19381, costituisce una testimonianza tra le più significative di quanto la tradizione di studi di parte democratica non fosse mai, nel corso del Ventennio, del tutto venuta meno. Questo spiega perché, proprio all’indomani dell’ingresso dell’Italia in guerra, complice la volontà del regime di proporla nei termini di un conflitto nazionale in linea con la tradizione patria, la risorgimentistica, quasi d’improvviso, ulteriormente ampliasse una visibilità che mai era stata interamente cancellata.
I molteplici lavori dati alle stampe proprio tra il 1940 e il 1943 costituiscono infatti una stagione di grande effervescenza nello studio della storia patria, i cui effetti neppure il tracollo militare, il conflitto intestino e un dopoguerra presto portato a porre sul banco degli imputati tutte le vicende dello Stato unitario sarebbero riusciti a cancellare. Anzi: non sia azzardato suggerire come proprio negli anni di guerra fossero poste molte delle basi che avrebbero retto, dopo il 1945, la risorgimentistica più avveduta e quanto la storiografia dell’Italia repubblicana molto si avvantaggiasse di quella stagione che per certi versi segnò una fase di vivace rilancio del dibattito sulle origini e il significato del movimento nazionale.
Di quella breve e tuttavia importante stagione costituisce una fonte documentaria di grande rilievo proprio l’epistolario di Cesare Spellanzon, il quale – dapprima per sviluppare la fatica risorgimentale di cui si è detto e quindi per dare vita a un Lessico degli uomini, degli avvenimenti, del giornalismo e delle letterature del Risorgimento e dell’Unità d’Italia dalle origini al 1911 che l’Ispi di Milano gli aveva commissionato nel 1942 - intrattenne corrispondenza con tutti i migliori ottocentisti del tempo 2. Si tratta di un fondo di grande interesse, proprio perché molto ricco per quel che concerne gli anni a cavaliere del secondo conflitto mondiale e il cui studio sistematico porterebbe certo a delineare un quadro esauriente di quella estate indiana della Risorgimentistica italiana cui si è fatto sopra cenno.
Utile traccia in tal senso sono le missive di Adolfo Omodeo che qui vengono pubblicate: come si evince da quanto rimane di un carteggio che certo doveva essere assai più ampio, i due entrarono in contatto nel 1935 e da allora lo rimasero sino alla prematura scomparsa, nel 1946, dello storico siciliano. Il rapporto tra i due prese avvio a seguito della recensione molto favorevole di Omodeo all’opera dell’altro, che comparve sulla Critica del marzo 1935. Sembra utile riportarne qualche brano:
Mi piace richiamare l’attenzione su quest’opera che, nell’aspetto modesto di divulgazione, dissimula un’esemplare probità di ricerca, un’attenta e amorosa cura del particolare entro la tela d’insieme, un equilibrio raro di giudizio. Passando sopra a qualche ineguaglianza stilistica, possiamo affermare che essa è indubbiamente il tentativo meglio riuscito di narrazione generale del nostro Risorgimento. […] Il punto di vista è al di sopra della vecchia agiografia e della conseguente reazione denigratoria: è quello dell’uomo dei nostri giorni che vuole intendere la risurrezione d’Italia […]. Non mai come oggi è stato di moda un goffo autoctonismo di sapore giobertiano: di far rimontare il Risorgimento alle riforme settecentesche e di considerare il periodo 1789-1815 come un’irruzione perturbatrice. Lo Spellanzon non ha partiti presi, ma narra pacatamente tutta l’immensa opera di rinnovamento del periodo francese-napoleonico: la nuova struttura sociale-politica, il nuovo ordinamento giudiziario, il risveglio militare, la formazione delle classi dirigenti, la ventilazione delle idee, il potere temporale vulnerato d’una ferita insanabile, la mescolanza degl’italiani di ogni provincia: e deve convenire anche lui “che l’Italia del 1815 non era più quella del 1745”. Il moto degli spiriti del ’700 si riduce a un modesto preludio. E io son convinto che, continuando, senza pregiudizi, per questa via, si arriverà a scorgere la vera grandezza del Risorgimento, vertice della moderna civiltà europea in terra d’Italia3.

I due avrebbero fatto così incontro sul terreno di un rinnovato interesse per la vicenda politica nazionale, che si tenesse distante dall’agiografia, al tempo stesso rifuggisse dalla pretesa di tutto raccogliere sotto le insegne di casa Savoia e ribadisse invece – contro quanti intendevano, in ossequio all’acceso nazionalismo dei tempi e alla ancor più dichiarata gallofobia del regime, escludere ogni influenza d’Oltralpe – come l’Italia moderna fosse il prodotto del violento impatto delle nuove idee di Francia nella penisola.
Era un indirizzo di studio che in quegli anni, come lo stesso Omodeo ammetteva, molti avevano ripudiato, preferendo invece magnificare una dimensione autoctona del risveglio nazionale che induceva all’interessata riscoperta del discorso giobertiano: una prospettiva, quest’ultima, che ad Omodeo sembrava artificiosamente contemperare quanto la stessa storia italiana si incaricava invece di smentire, perché uno stacco profondo era non solo nelle origini, ma anche negli sviluppi e financo negli esiti dell’Ottocento politico italiano. A suo avviso, proprio l’esperienza del fascismo confermava quanto la storia della modernità italiana fosse segnata da molteplici fratture che la storiografia di regime, pur tutto adoperando in tal senso, mai avrebbe potuto ricomporre: contro le pretese di tutto tenere assieme, sotto il segno di un fascismo autentico erede e addirittura perfezionatore del Risorgimento, stava insomma la concreta vicenda italiana, che proprio la deriva nella dittatura confermava esser storia molto mossa, largamente imprevedibile e niente affatto riconducibile sotto l’ombrello protettivo di uno stantio sabaudismo.
Questi convincimenti di Omodeo, che avevano favorito il suo giudizio positivo dell’opera di Spellanzon, promettevano tra i due reciproca stima e simpatia, destinate a rafforzarsi anche per il dignitoso rifiuto del tempo presente che entrambi contraddistingueva: e poi giocava a favore di una loro intesa una comune sensibilità politico-culturale, di cui faceva prova un sincero e profondo patriottismo, che li aveva portati ad essere entrambi interventisti nel corso del 1915. All’indomani della guerra, la marea montante del fascismo li avrebbe presto costretti ad una vita di studio distante dall’arengo della vita pubblica, ma proprio su quel terreno, tutto segnato dalla ricerca delle origini dell’identità nazionale quale risposta alle distorsioni del tempo presente, le loro posizioni politiche sarebbero venute accostandosi attorno ad una comune sensibilità democratica. Essa finiva per riunire, a dire il vero, percorsi in precedenza assai diversi: sempre lineare era infatti il tragitto politico di Omodeo, che mai avrebbe deflettuto dai valori di libertà; più contorto quello di Spellanzon, già vicino al sindacalismo rivoluzionario nell’anteguerra, tentato, nel 1919, dall’avventura di San Sepolcro, accostatosi quindi all’Unione di Salvemini per poi tradursi nel campo di un riservato dissenso a fronte del regime.
Queste loro vicende spiegano perché, a mezzo anni Trenta, costretti al mero diletto degli studi, i due si interessassero in parallelo alla vicenda risorgimentale, che reputavano il solo ancoraggio politico-culturale a fronte di un incerto futuro. E per la via di questi comuni interessi di ricerca avrebbero intrecciato una sincera amicizia, di cui fan prova i riferimenti a incontri intercorsi anche con le rispettive famiglie e le puntuali descrizioni, da parte di Omodeo, dei dolori e delle ansie che molto lo angustiarono, sul versante prima privato e quindi pubblico.
A cementare questo rapporto erano inoltre gli impegni editoriali, che videro entrambi ottenere dall’Ispi la direzione di due distinte collane di storia: Spellanzon ebbe la cura di “Storie, memorie e documenti dei secoli XVIII e XIX” al cui interno egli si proponeva di dare alle stampe differenti lavori volti a riportare all’attenzione del pubblico scritti di epoca risorgimentale ancora poco noti; Omodeo ebbe invece l’incarico di curare una “Biblioteca storica”, anch’essa imperniata sulla riproposizione di scrittori politici dell’Ottocento e tuttavia segnatamente orientata su una scala europea. Anche queste iniziative sono chiaro riflesso del margine di manovra di cui, nel panorama culturale di fine anni Trenta, il tema risorgimentale – grazie all’acceso nazionalismo fascista e all’ondata del secondo irredentismo che molto lo promuoveva – poteva ancora molto fruire. E tuttavia, era un interesse troppo collegato alla drammatica congiuntura internazionale, presto portata a declinare nei termini della guerra, perché potesse porre salde radici.
Inutile dire, infatti, che la crescita delle iniziative culturali promosse dallo stesso Spellanzon, fra cui quel Lessico cui si è fatto agli inizi cenno, fosse destinato a rimanere lettera morta a seguito del crollo del regime nel 1943. La separazione della penisola e la guerra civile strozzarono infatti sul nascere tutte le iniziative editoriali: per conto dell’Ispi, Spellanzon pubblicò giusto un titolo4 salvo trasferire poi il progetto editoriale presso un altro editore milanese, Fasani, che negli anni di Salò e immediatamente successivi programmò e dette alle stampe molteplici lavori suggeritigli da Spellanzon5; Omodeo, invece rimasto isolato dall’alta Italia, presto passato ad un’attività politica nel partito d’azione che lo avrebbe allontanato per qualche tempo dalle cure dello studio e dell’editoria non poté invece far molto, sicché alle Considerazioni sui principali avvenimenti della Rivoluzione francese della Staël, uscite con una sua introduzione nel 1943, tenne giusto dietro l’anno successivo, senza che egli potesse tuttavia seguire direttamente la cosa, la pubblicazione dei ricordi dell’ambasciatore austriaco von Hubner per la cura di Alessandro Galante Garrone6.
Non solo: le vicende della guerra civile molto pesarono pure sugli scambi epistolari tra i due che dovettero presto interrompersi, travolti a Napoli all’impegno politico di Omodeo e a Milano dal dramma della vita quotidiana
sotto le bombe che suggerì a Spellanzon di sfollare per qualche tempo ad Usmate. Solo l’immediato dopoguerra avrebbe consentito ai due di riprendere a scriversi e non a caso i progetti editoriali tornarono subito sull’orizzonte del loro scambio epistolare. Omodeo si sarebbe interessato a quanto l’altro andava pubblicando per l’editore Fasani e al tempo stesso lo avrebbe invitato a collaborare a «L’Acropoli», la rivista che egli aveva fondato a Napoli nell’immediato dopoguerra e alla quale Spellanzon offrì infatti il proprio contributo. Ma erano programmi giusto abbozzati, destinati a non tradursi in una concreta linea politico-editoriale, perché – come è noto – di lì a poco la morte privava la storiografia italiana di una delle sue figure già da tempo più rappresentative e poneva fine anche ad una rivista di rilievo, che un significativo ruolo avrebbe certo potuto giocare nei primi, incerti passi dell’Italia repubblicana.


Lettere di Adolfo Omodeo a Cesare Spellanzon

1.


Napoli 25 settembre 1935
Caro professore,

Le ho inviato la pubblicazione richiestami e vi ho aggiunto un altro mio volumetto7. Circa il “Mazzini e Cavour” non ho estratti: fascicolo per fascicolo, da alcune copie della rivista stralcio le pagine con i miei scritti e le invio agli amici. Potrò fare così per le ultime puntate; ma per le prime, che cominciano nel luglio ’34 sono sfornito8. Quanto prima però pubblicherò un volume completo sull’opera politica del Cavour e Le farò mandare una copia9.
Spero di conoscerla personalmente in un mio prossimo viaggio in alta Italia.
Cordiali saluti
A. Omodeo


2.


Napoli, 29 aprile 1937
Caro Spellanzon,

grazie della Sua lettera. Ho dato incarico di fare ricerche in archivio per la questione che L’interessa. Spero di darLe quanto prima qualche notizia in proposito. Ma si tratta di boicottaggio da parte dei liberali per l’assedio di Roma del 1849 o da parte dei Borboni per tenere isolato il regno? Nella edizione dei “Casi di Napoli” che io ho in biblioteca non ho trovato l’accenno; forse perché si tratta della prima edizione10. Se si tratta di boicottaggio borbonico la cosa potrebbe spiegarsi con la finzione della quarantena di cui si lagnavano tutti i commercianti (cfr. in proposito il volume del Senior)11.
Leggerò con molto [interesse] il capitolo che Lei mi vuole mandare. Ho letto con molto interesse il suo III volume12; avrei voluto parlarne come merita, ma in questi tempi sono schiacciato da lavori urgentissimi e ho dovuto rinviare molte cose che mi stavano a cuore.
Le invio in bozza una recensione che apparirà nel fascicolo di luglio perché tratta di un argomento che L’interessa13. La prego di rinviarmi la bozza perché devo mandarla in tipografia.
Grazie, caro amico, e cordiali saluti, anche da parte di mia moglie.
Omodeo


3.


Napoli, 26 ottobre [1938]
Caro Spellanzon,

Le ho spedito il volume del Tofano14 che ho trovato nella biblioteca della Facoltà di Lettere. Siccome l’ho preso a prestito a nome mio, Lei con suo comodo lo rimanderà a me.
Circa la biografia del De Cosa15 ne ho girato l’incarico al prof. Pontieri che dirige la Società di storia patria. Mi ha promesso di farglielo inviare. M’informi caso mai non lo facessero, ché provvederò io.
Ho ricevuto e La ringrazio il IV volume della “Storia del Risorgimento”16. Mi propongo di recensirlo. Le farò avere la terza edizione del mio manuale su “L’età del Risorgimento”17.
A Milano sono stato di passaggio fugacemente. Spero di tornarvi per più lungo soggiorno.
Affettuosi saluti
Omodeo


4.


[Napoli], 11 gennaio1939
Carissimo Spellanzon,

la mia “Età del Risorgimento” è stata licenziata. L’editore la voleva mettere in circolazione rilegata e con qualche illustrazione: ma pel momento ha messo fuori solo un certo numero di copie in brochure. Il suo nome è nell’elenco degli omaggi, che il Principato mi ha promesso di spedire entro gennaio. Ad ogni modo, Lei telefoni al Principato e solleciti l’invio per la recensione.
Grazie dell’interessamento promesso alle cose mie. Io ho finito proprio oggi la recensione al suo IV volume (molto buono): essa apparirà probabilmente nel fascicolo di marzo18. Grazie vivissime dei suoi auguri che ricambio di cuore.
Omodeo


5.


[Napoli], 6 ottobre 1939
Caro Spellanzon,

scusi se le comunico con molto ritardo l’esito della ricerca richiestami: sono tornato a Napoli solo da pochi giorni. Ho trovato i dati nella “Commemorazione di S. Luigi Tosti abate cassinese” fatta [da] Alfonso Capecelatro, Montecassino 1898, pp. 37-42. Il Capecelatro, valendosi di lettere del Tosti, documenta che nel gennaio ’48 trovandosi il Tosti a Roma fu richiesto dal papa a quale avvenimento storico poteva ravvicinarsi l’entusiasmo di quei giorni. Rispose: “alla lega lombarda” e offerse al papa di scriverne la storia e di dedicargliela. Fece inutili ricerche anche nell’archivio vaticano. Partì da Roma verso il giugno, certo dopo la visita del Gioberti in Roma, che il Tosti narra la visita da lui fatta al Torinese. Tornò a Montecassino per dar l’ultima mano al lavoro. Prima di partire presentò il suo ms. e la dedica al papa: il quale (narra il Capecelatro) non ebbe il tempo di legger per intero la dedica e gli restituì il ms. dicendo che lo pubblicasse. L’opera uscì verso l’autunno quando i tempi eran mutati: il Tosti ebbe dispiaceri e si recò nell’ottobre dal papa a giustificarsi. Il papa l’accolse benevolmente: disse però che alcuni punti della dedica non poteva approvare. Il Tosti si giustificò: come supporre che dal giugno all’ottobre si dovessero incalzare tanti avvenimenti!
Credo che ciò soddisfi la Sua richiesta e non faccio ricerche in archivio perché poco si potrebbe trovare, dato che nel ’48 a Napoli la stampa dei libri era libera. A me pare che nella dedica ci siano allusioni non solo all’enciclica del marzo ai popoli italiani, ma anche all’allocuzione del 29 aprile.
Non per farLe sollecitazione, ma nel caso che Lei lo avesse già spedito, Le ricordo che il libro del Tofano non m’è giunto. Se Le occorre lo tenga quanto Le comoda: l’avvertimento serve solo nel caso di smarrimento postale.
Io spero di venir di qui a non molto a Milano e avrò gran piacere di rivederLa.
Ha veduto la recensione del Porzio in “Nuova rivista storica”?19 Son lieto che Le rendano giustizia tutti.
Affettuosi saluti
A.Omodeo


6.


Napoli, 14 dicembre 1940
Caro Spellanzon,

ho ricevuto la sua ultima lettera, non così la cartolina speditami da Bologna. Mi scusi se non le ho potuto mandare più di due volumi: del terzo non ne avevo copie disponibili, e per i successivi l’editore mi manda pochissime copie20.
Ho ricevuto l’invito a collaborare al dizionario21: ma pur troppo non posso: troppi lavori mi gravano, ed ora ho assunto col pubblico l’obbligo di scrivere la seconda parte dell’“Opera politica del Conte di Cavour”22. Seguo con molto interesse la sua mirabile attività e faccio i migliori voti per il successo delle sue intraprese di studioso, Cordiali saluti.
Omodeo


7.


Lucino, 1 agosto 1941
Caro Spellanzon,

mi è dispiaciuto di non poterti vedere nella mia recente corsa a Milano. Ma siccome si trovava di passaggio per Milano mio fratello, che doveva ripartire subito per la sua villeggiatura al mare, non mi è rimasto tempo per una corsa in Piazza Carlo Erba23. Sarà per una prossima volta, se tu non mi vuoi onorare di una tua visita qui a pochi passi da Como (stazione di Grandate). Ho ricevuto la tua proposta e ho tardato a risponderti perché gli scandalosi esami di quest’anno mi avevano completamente sfinito.
Ti dirò francamente che di curare il La Cecilia non me la sento. Per illustrare adeguatamente il protagonista, bisognerebbe studiare non so quanti archivi d’Italia e dell’estero, e tu sai che gli archivi per ora sono chiusi o quasi, perché i documenti sono nelle cantine. E poi sono assorbito da troppi lavori. Delle memorie del La Cecilia a Napoli ho fatto acquistare una copia dalla biblioteca della Facoltà di Lettere. Penso che una nuova edizione potrebbe benissimo curarla la signorina Valente (ora si trova villeggiare a Sant’Agata sui due Golfi, pensione Petagna, prov. Napoli), oppure Ruggiero Moscati che, impiegato all’archivio di Napoli, sarà in condizione di frugare nelle carte chiuse nelle cantine24.
Da parte mia vado preparando lentamente la seconda parte del mio Cavour. A giorni andrò collazionando il diario Massari coi fotogrammi presi a Roma sull’originale, e così andrò preparando anche l’edizione che ti ho promesso25. Tanti affettuosi saluti a te e alla tua famiglia.
Omodeo
Villa Antonioli, Lucino (Como)


8.


Napoli, 19 febbraio 1942
Caro Spellanzon,

il tuo volumetto mi è giunto lo stesso giorno della tua lettera. L’ho messo da parte per leggerlo al primo momento libero26. Intanto ammiro la tua bella attività, che è una mortificazione per i diversi docenti che han messo sulle cattedre di storia del risorgimento. I quali ora polemizzano non so perché fra di loro. Qui io ho pensato per la tua collezione. Il Croce mi parla spesso di certe memorie di un esule siciliano del 1820, il Micciché. Dice che sono molto interessanti. Perché non ne fai curare un’edizione dalla signorina Valente (indirizzo Piazzetta Aniello Falcone 102)? Nella biblioteca Croce la signorina troverà tutti i mezzi per fare una buona introduzione con le note e l’introduzione [sic] necessaria27.
Per ciò che si riferisce al Massari non ho ancora ricevuto dall’I.S.P.I la copia del Diario. Bisognerà che quanto prima mi metta a questo lavoro.
Tanti affettuosi saluti a te e ai tuoi.
Omodeo


9.


[Napoli] 25 marzo 1942
Caro Spellanzon,

un mio collaboratore, il prof. Paolo Brezzi di Roma, mi trasmette l’unita lettera del dr. Gorresio, che propone la ristampa di una sezione delle “Notti degli emigrati a Londra” del Petruccelli della Gattina28. Siccome io non intendo fare concorrenza alla tua collezione io la trasmetto a te, perché giudichi se la cosa ti pare opportuna: l’importante è se l’introduzione sarà tale da mettere le cose in un ordine storico soddisfacente, dato il carattere del Petruccelli della Gattina.
L’indirizzo del Gorresio è via Oslavia, 30 Roma.
Ho chiesto al Croce per le “Pagine sparse”: i primi due volumi sono completamente esauriti: degli altri due è possibile avere qualche copia29. Non ricordo più quale ti manchi. Fammelo sapere, che se è degli ultimi due te ne procuro copia.
Cordiali saluti
A. Omodeo


10.


[Napoli], 13 dicembre 1942
Caro Spellanzon,

io e i miei siamo sani e salvi dalle due ultime incursioni: siamo invece in ran pena perché da più di quaranta giorni mio figlio non scrive. Si trovava a El-Daba non lontano da El Alamein. Sono convinto che è stato fatto prigioniero: ma pur con questo convincimento è un’ansia di tutti i momenti.
Ho sentito con dispiacere dei guai sofferti da te e da altri amici milanesi (fra gli altri il Flora). Ormai questa triste situazione si va estendendo, Dio sa quando finirà!
Il senatore si è trasferito con una parte della sua biblioteca in una villa a Sorrento. Nella settimana entrante anch’io trasferirò la mia famiglia a Positano (prov. di Salerno).e vi soggiornerò anch’io quando la scuola mi lascerà libero.
Tanti affettuosi saluti a te e ai tuoi e a tutti gli amici milanesi.
A. Omodeo


11.


[Napoli], 6 febbraio 1943
Caro Spellanzon,

ti ringrazio molto del tuo gentile interessamento per mio figlio. Mi scuserai se sono stato poco sollecito nel risponderti, ma l’affanno dei giorni di attesa è stato angoscioso; a ciò si è aggiunto il fatto che ho condotto la mia famiglia a Positano, in provincia di Salerno per metterla al sicuro dai numerosi rischi che ormai si corrono in città. Dunque di mio figlio, ho per prima cosa avuto notizie dagli elenchi della Croce Rossa che lo portavano nelle liste degli incolumi. Poi mi è arrivata da lui la notificazione della cattura: ho ancora ricevuto altre tre lettere in cui è abbastanza sollevato e in cui mi dice che si sono messi insieme ad insegnarsi vicendevolmente quello che sanno: questo mi ha fatto molto piacere. Ho poi recentemente avuto da lui notizie freschissime del 28 gennaio dal nunzio apostolico che l’è andato a trovare in Egitto dove mio figlio si trova. Adesso perciò siamo tutti più sollevati nonostante la pena che mi dà averlo lontano, è finalmente fuori dai rischi.
Io due volte alla settimana scendo a Napoli a fare le mie lezioni che ho messo insieme per trattenermi a Napoli il meno possibile. Qui riesco a lavorare abbastanza, in discreta calma.
Ti ringrazio ancora moltissimo del tuo gentile interessamento e ti saluto caramente con i tuoi.
A. Omodeo


12.


Napoli, 25 maggio 1945
Caro Spellanzon,

rivedo con grande piacere i tuoi caratteri e con egual piacere leggo che hai continuato a lavorare. I miei studi hanno subito lunghi intervalli per la mia attività politica e per essere stato ministro per una cinquantina di giorni, in cui mi affannai a rinnovare la scuola italiana: ma subito dopo De Ruggero (che amico da trent’anni sembrava nelle mie medesime direttive) distrusse ogni cosa e si ritornò indietro, né ancora si va troppo avanti; sono poi stato eletto rettore, carica che conservo. In mezzo a lotte qualche volta feroci, ho potuto far molto per la vecchia e illustre università, che i tedeschi hanno gravemente e stupidamente danneggiata; ma ho raccolto amarezze in gran copia. Ho pubblicato qualche scritto politico che ti manderò appena sarà possibile. Ti ringrazio del dono che vuoi farmi della tua eccellente opera e attendo con impazienza il volume. Ti saluterò Croce, quando sarà di ritorno da Firenze. Sapresti dirmi chi amministra, sia pure in via di liquidazione l’Ispi e Mondadori? Mi interessa molto saperlo. Mia moglie ricambia i tuoi saluti. Ho molto desiderio di vederti e di vedere i miei cari di Milano. Saluti affettuosi
A. Omodeo
P.S: Se puoi saggia quali siano le intenzioni delle due case circa la Biblioteca storica


13.


Napoli, 18 luglio 1945
Caro Spellanzon,

ho ricevuto la tua lettera e te ne ringrazio. Sono stato a Milano da dove sono tornato da pochi giorni e mi sono messo al corrente di tutte le possibilità editoriali.
Sono occupato per l’università, che i tedeschi hanno lasciata saccheggiata e bruciata in maniera disastrosa – tanto da avere ben poco tempo libero. Però quando riprenderò il Cavour, curerò il Massari. Per la “Età della restaurazione” non posso far nulla perché è stato ceduto a Mondadori30. In questi anni di separazione mi sono occupato di politica e come mia attività personale e come scritti – che ti farò tutti inviare.
Ho raccolto amarezze numerose, ma non credo di avere perduto il mio tempo, comunque ora sono fuori dal campo per molteplici motivi.
La mia rivista «L’Acropoli» è di critica politica; quando l’avrai fra mano scrivimine il tuo giudizio e preparami qualche articolo adatto, che volentieri pubblicherò (l’editore credo dia L. 200 a pg.). Oggi sono ritornato agli studi, ma il mio tempo è ora più limitato.
Al Laterza ti conviene scrivere direttamente; ora Croce pubblica dei «Quaderni di critica». Caro Spellanzon, spero di poterti rivedere e riprendere l’antico legame cordialissimo.
Mio figlio è ancora in prigionia! E ho fatto tutte le pratiche possibili; inutilmente.
Saluti affettuosi
A che cosa stai lavorando?
A. Omodeo


14.


Napoli, 20 novembre 1945
Caro Spellanzon,

rispondo con molto ritardo alla tua cortese lettera e ti sono grato dell’articolo che mi hai mandato.
Come tu stesso pensi bisognerà dividere l’articolo per essere troppo lungo per essere pubblicato intero31. Ricordo la promessa ed alla prima occasione raccoglierò i miei scritti di quell’epoca e te li farò avere. Spero di arrivare fra non molto a Milano per vedere la mia figliola e gli amici. Ti saluto cordialmente.
A. Omodeo


15.


Napoli 15 gennaio 1946
Ill.mo prof.
Cesare Spellanzon
Usmate Velate
Milano

Appena liberata l’Italia settentrionale noi ci affrettammo a scriverLe ad Usmate per assicurare a «L’Acropoli» – di cui Le inviavamo a parte il programma – la Sua preziosa collaborazione. Non avendo ricevuto alcun cenno di adesione o di ricezione ritenemmo errato l’indirizzo e perciò Le abbiamo inviato presso la redazione di «Lo stato moderno» i numeri 10 e 11 non che un assegno postale di lire 5800 quale compenso per l’estratto dalla Sua storia in tali numeri.
Ci auguriamo di ricevere quanto prima un Suo articolo scritto proprio per «L’Acropoli» e la preghiamo di farcene conoscere fin da ora l’argomento.
Desideriamo pure precisazioni circa la sua richiesta – trasmessaci dalla figlia del nostro direttore in una con l’istruzione, che seguiamo, di indirizzare ad Usmate Velate – di numeri arretrati della nostra rivista.
In attesa e con i migliori saluti
Gaetano Macchiaroli editore


16.


Napoli, 4 febbraio 1946
Caro Spellanzon,

Ho ricevuto l’articolo per «L’Acropoli» e sarà pubblicato al più presto. Te ne ringrazio perché va proprio bene. Uscirà presto nel fascicolo di febbraio. Non ho ricevuto invece i tuoi appunti sul reclamo universitario. Me ne occuperò io stesso al C.S. se c’è un tuo ricorso, come credo.
Di ogni cosa ti ringrazio cordialmente
Tuo
A. Omodeo


17.


Napoli 7 gennaio 1947
Caro professore ed amico,

ricevo la Sua e la ringrazio delle sue affettuose parole.

Il numero de «L’Acropoli» di cui lei mi parla uscirà in aprile ad un anno di distanza dalla fine del mio Adolfo: ci sono state difficoltà per avere gli articoli – che sono tutti di suoi compagni di fatica – da posti lontani, alcuni dall’America, e poi oggi in Italia i pochi buoni sono sopraffatti da un lavoro enorme: debbono lavorare anche per quelli che non ne sono capaci.
Lei avrà certamente per quell’epoca il numero de «L’Acropoli», che sarà di molta importanza, perché avrà un tono elevato e serio di informazione sull’opera di Adolfo Omodeo.
Di nuovo La ringrazio, caro professore, del Suo buon ricordo. Il rimpianto degli amici conforta il mio. Saluti ed auguri a tutta la Sua famiglia

Eva Omodeo




NOTE

1 C. Spellanzon, Storia del Risorgimento e dell’unità d’Italia. Vol. 1: Dalle origini ai moti del 1820-21 e al Congresso di Verona, Milano, Rizzoli, 1933; vol. 2: Da dopo i moti del 1820-21 alla elezione di Papa Pio IX, 1846, Milano, Rizzoli, 1934; Dalla elezione di papa Pio IX (giugno 1846) all’inizio della guerra d’indipendenza (marzo-aprile 1848), Milano, Rizzoli, 1936 e vol. 4: Dall’inizio della guerra del 1848 nell’alta Italia all’armistizio Salasco, Milano, Rizzoli, 1938. Nel dopoguerra l’opera sarebbe stata ripresa con il vol. 5: Dall’armistizio Salasco alla fuga del Papa dallo Stato romano e alle agitazioni per la costituente italiana, Milano, Rizzoli, 1950 e dopo la morte dello Spellanzon, intervenuta nel 1957, sarebbe stata portata a termine, con altri tre volumi pubblicati tra il 1959 e il 1965, da Ennio Di Nolfo.^
2 La si veda nei quattro faldoni che raccolgono l’epistolario di Spellanzon in Biblioteca del Museo del Risorgimento di Milano, Archivio Spellanzon, Epistolario, bb. 13-17.^
3«La Critica», 33(1935), pp. 139-40.^
4 Nella collana uscì infatti il solo C. Ferrari, Memorie postume, a cura di M. Menghini, Milano, ISPI, 1942^
5 Prima della liberazione, nella collana Fonte, uscirono D. Berti, Il conte di Cavour avanti il 1848, a cura di F. Bolgiani e Staël, Dieci anni di esilio, a cura di C. Cordié, mentre erano già in stampa G. LA CECILIA, Memorie storico-politiche dal 1820 al 1878, a cura di R. Moscati; G. GUERZONI, Giuseppe Garibaldi, a cura di A. Codignola e A. TOCQUEVILLE, Il vecchio regime, a cura di E. Chichiarelli. Erano inoltre in preparazione le Memorie di Andryane per la cura di U.R. Montini, La Russia vista da De Maistre, a cura di F. Lemmi; A. PINGAUD, Bonaparte presidente della repubblica italiana, a cura di L. Bulferetti; A. TAYLOR, L’Italia nel 1847-48, a cura di F. Curato, la Storia universale di Schiller a cura di L. Mazzucchetti, Napoleone il piccolo di Hugo a cura dello stesso Spellanzon e La società francese durante la Rivoluzione del Goncourt a cura di A. Barone.^
6 J.A. von Hubner, Nove anni di ricordi di un ambasciatore austriaco a Parigi sotto il Secondo Impero, 1851-1859, traduzione e introduzione di A. Galante Garrone, Milano, Ispi, 1944.^
7 Circa i due libri inviati, il primo, dovrebbe essere Figure e passioni del Risorgimento italiano, Palermo, Libreria Ciuni, 1932, l’altro – atteso l’interesse che portava in quel frangente Spellanzon alle vicende meridionali (e che lo avrebbero spinto, come vedremo, a chiedere ragguagli storiografici al riguardo) – potrebbe essere il volume curato da Adolfo Omodeo stesso dal titolo Documenti francesi sulla caduta del regno meridionale, Napoli, Società napoletana di storia patria, 1935.^
8 In effetti, Omodeo aveva sino ad allora pubblicato le proprie considerazioni attorno a Mazzini e a Cavour, sotto il titolo complessivo di Note critiche alla storia del Risorgimento, nei seguenti fascicoli della Critica: 32(1934), pp. 278-303, 358-77 e 435-48; 33(1935), pp. 34-57, 99-113, 189-208, 270-87 e 341-70.^
9 Si tratta di L’opera politica del conte di Cavour, il cui primo volume Omodeo dette alle stampe, a Firenze, per la Nuova Italia, nel 1940.^
10 Il riferimento è a G. Massari, I casi di Napoli dal 29 gennaio 1848 in poi: lettere politiche, Torino, Ferrero, 1849.^
11 Si veda, per il riferimento bibliografico, N.W. Senior, L’Italia dopo il 1848: Colloqui con uomini politici e personaggi eminenti italiani, traduzione dall’inglese a cura dello stesso Omodeo, Bari, Laterza, 1936.^
12 Per l’individuazione del volume di Spellanzon si veda sopra alla nota n.1.^
13 Si tratta della recensione a R. Palmarocchi, Alcuni aspetti della politica di Pio IX nei primi due anni di governo, in «Rassegna storica del Risorgimento», 23 (1936), pp. 696-718 che comparve nella «Critica», 35 (1937), pp. 394-408.^
14 Il riferimento è a G. Tofano, Storia senza passione e senza spirito di parte, Napoli,Tip. S. Tommaso, 1870.^
15 Omodeo si riferisce qui a G. Parrilli, Vita del barone Raffaele De Cosa, [Napoli], Libreria strada Toledo, 1856.^
16 Si veda ancora la nota 1.^
17 Si veda A. Omodeo, L’età del Risorgimento italiano, Messina-Milano, Principato, 1938.^
18 La recensione al volume dello Spellanzon comparve sulla «Critica», 37(1939), pp. 131-3 e viene infatti confermato il giudizio lusinghiero già espresso nel 1935: «L’opera dello Spellanzon … non è un’opera popolare … ma è un ripensamento complessivo ed originale con l’uso e il dominio di una letteratura sterminata e su tutti i documenti accessibili; è, insomma, sul Risorgimento uno dei più importanti lavori dei nostri giorni …» (p.131). Tale giudizio troverà ulteriore conferma di lì a breve in A. Omodeo, La leggenda di Carlo Alberto nella recente storiografia, Torino, Einaudi, 1940, p. 15, dove citando l’opera così subito aggiunge: «Questa storia dello Spellanzon è opera che da sola riabilita i recenti studi risorgimentali, che in genere non brillano per doti superiori».^
19 Il riferimento è alla recensione molto positiva di Guido Porzio all’opera dello Spellanzon in Studi albertini e alterazioni programmatiche nella storia del Risorgimento, in «Nuova rivista storica», 23 (1939), pp. 205-31, dove alla p. 230 si legge: «Una lodevole eccezione all’andazzo malaugurato delle alterazioni programmatiche è costituita dalla Storia del Risorgimento e dell’unità d’Italia (Milano, Rizzoli, 4 volumi, il 1° del 1933) di Cesare Spellanzon, storico coscienzioso, acuto e alieno da rimpinzamenti di concetti e ritrovati altrui accolti senza o con scarsa critica discernitiva. Nell’opera anzidetta, adorna di splendida veste tipografica, non v’è problema che lo Spellanzon non esamini con intelletto scevro di pregiudizi e armato di tutti gli accorgimenti di un indagatore, il quale, pur essendo caldo di patria carità, miri soprattutto alla scoperta e alla manifestazione del vero».^
20 Qui sembra che Omodeo faccia riferimento ai discorsi parlamentari di Cavour che egli veniva curando, sin dal 1932, per la Nuova Italia di Firenze e dei quali, al momento della corrispondenza, erano già usciti cinque volumi.^
21 Trattasi del Lessico degli uomini, degli avvenimenti, del giornalismo e delle letterature del Risorgimento e dell’Unità d’Italia dalle origini al 1911 del quale si è già avuto modo di parlare. Circa i contatti presi da Spellanzon per la redazione dell’opera con gli storici del tempo, un esempio è quello offerto dalla corrispondenza intrattenuta con Walter Maturi, al quale inutilmente offrì di redigere la voce su Vincenzo Cuoco (e una edizione del Saggio storico). Si veda al riguardo il mio La mancata ristampa del “Saggio storico” di Vincenzo Cuoco negli anni del secondo conflitto mondiale, in «Annali cuochiani», n. 5, 2007, pp. 107-12.^
22 Essa uscirà nel 1941 per i tipi de La Nuova Italia.^
23 Si tratta del luogo di residenza a Milano di Spellanzon.^
24 Infatti sarà proprio Moscati a ricevere l’incarico e a curare il volume che uscirà nel 1946 presso l’editore Fasani (vedi supra, n.5).^
25 Il Diario del Massari venne pubblicato da Giovanni Beltrani, che aveva ricevuto gli originali a Milano, per la via di Silvio Spaventa, da Visconti Venosta. Si veda G. Massari, Diario politico di Giuseppe Massari dal 2 agosto al 31 dicembre 1858, con una prefazione di G. Beltrani, Bologna, Cappelli, 1931. I manoscritti, depositati poi al Museo centrale del Risorgimento di Roma, attirarono l’attenzione di Omodeo, che non mancò di notare come il Beltrani avesse disperso le carte e queste giacessero in disordine e si impegnò dunque con Spellanzon per una edizione definitiva che mai riuscì però a portare a termine. Il lavoro venne ripreso e concluso da Emilia Morelli, che nel 1959 lo pubblicava, scegliendo come titolo proprio una espressione di Omodeo. G. Massari, Diario dalle cento voci, 1858-1860, Bologna, Cappelli, 1959.^
26 C. Cattaneo, Considerazioni sulle cose d’Italia nel 1848, a cura di C. Spellanzon, Torino, Einaudi, 1942.^
27 Il riferimento è alle opere Pensées et souvenirs historiques et contemporains, Paris, chez l’auteur, 1830 e Moeurs de la Cour et des peuples des Deux-Siciles, Paris, Levasseur, 1837, che Spellanzon in effetti accettò di assegnare alla Valente, la quale, per via della guerra, non poté però mai portare a termine il lavoro. Vedi la sua testimonianza in A. Valente, Michele Palmeri di Micciché e le sue memorie della vita e della corte e dei popoli delle Due Sicilie, in «Archivio storico delle province napoletane», 34 (1953-54), poi ripreso in Studi storici in memoria di Benedetto Croce, Napoli, Società napoletana di storia patria, 1955, pp. 253-78 (il riferimento al mancato lavoro editoriale è alla p. 253). La traduzione italiana dei testi avrà luogo alcuni anni più tardi. Si veda M. Palmieri di Micciché, Costumi della Corte e dei popoli delle Due Sicilie, a cura di E. Sciacca, Milano, Longanesi, 1987 e Pensieri e ricordi storici e contemporanei, a cura di D. Fernandez, Palermo, Sellerio, 1991.^
28 La prima edizione dell’opera uscì a Milano, nel 1872, per i tipi Treves.^
29 Il riferimento è alla raccolta crociana delle Pagine Sparse, e segnatamente ai seguenti volumi: Pagine di letteratura e di cultura, Napoli, Ricciardi, 1919; Pagine sulla guerra, Napoli, Ricciardi, 1919; Memorie, schizzi biografici e appunti storici, Napoli, Ricciardi, 1920 e Politica e letteratura. Ricordi di vita ministeriale, Napoli, Ricciardi, 1927.^
30 Il riferimento è qui al suo La cultura francese nell’età della Restaurazione, effettivamente poi comparso, nel 1946, per i tipi della Mondadori.^
31 In effetti il lavoro comparve in due parti: segnatamente, C. Spellanzon, Errori della Seconda Repubblica, in «L’Acropoli», 1 (1945), n.10, pp. 443-56 e L’elezione del principe presidente, ivi, n. 11, pp. 494-508.^
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