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Labriola e Giordano Bruno
di Eva Del Soldato
Non fu un particolare interesse per la filosofia rinascimentale, quanto piuttosto preponderanti motivazioni politiche che spinsero anche Antonio Labriola a confrontarsi con l’ondata di interesse verso la figura di Giordano Bruno, montante a fine Ottocento. Ma, come bene dimostra il volume in questione [A. Labriola, Giordano Bruno. Scritti editi e inediti (1888-1900), a cura di Stefano Miccolis e di Alessandro Savorelli, Napoli, Bibliopolis 2008], la parola del filosofo di Cassino seppe mantenere un apprezzabile equilibrio, accompagnato da un notevole senso critico.
La raccolta di scritti proposti da Miccolis e Savorelli comprende testi di natura assai diversa fra loro, composti nell’arco di circa dodici anni: lettere ufficiali, in risposta agli inviti di vari Comitati per le onoranze a Giordano Bruno, missive private, aventi come oggetto le sue proprie ricerche bruniane, articoli di giornale e soprattutto gli appunti per un ciclo di lezioni tenuto fra il febbraio e il marzo 1900 su Il destino storico di Bruno in occasione del terzo centenario della morte del filosofo. E proprio la presentazione integrale di questo ciclo di conferenze – che era già stato edito parzialmente con l’aggiunta del resoconto stenografico fatto da un anonimo ascoltatore della prima lezione (riprodotta anche qui in appendice) da Benedetto Croce nel 1906, nella raccolta Scritti varii di filosofia e politica di Labriola – e che è conservato all’interno del Fondo Dal Pane presso la Società Napoletana di Storia Patria, costituisce il nucleo fondamentale del volume. Va sottolineato come i curatori, oltre a riuscire a risolvere i gravi problemi decifratori dell’autografo, abbiano felicemente optato per una soluzione grafica giocata su due colonne che riproduce l’andamento dell’autografo, e con esso il modus agendi del Cassinate: sulla colonna di destra appare il testo definitivo, su quella sinistra appunti e divagazioni.
Il terzo centenario del rogo bruniano venne celebrato mentre si erano ormai spenti gli entusiasmi dei decenni precedenti, che avevano ad esempio accompagnato l’erezione del monumento in Campo de’ Fiori e consacrato il Nolano come il martire par excellence della libertà di pensiero e il campione del materialismo antireligioso. Labriola si era tenuto fin dai suoi primi scritti bruniani distante da queste posizioni troppo facili e aveva intrapreso un altro cammino interessandosi in particolare alla biografia del filosofo, come traspare fortemente dalle stesse lezioni del 1900, che suggellarono appunto queste sue ricerche. Non era solo un interesse erudito a muovere il Cassinate, ma la necessità di collocare storicamente Bruno nel suo tempo. Il Bruno precorritore dell’idealismo di spaventiana memoria pare culturalmente insostenibile a Labriola, che valorizza semmai il Nolano come anticipatore della moderna immagine del mondo da semplice filosofo dell’astronomia, e non certo da metafisico. E altrettanta insofferenza Labriola dimostra verso i sostenitori del materialismo bruniano (coloro che, per intendersi, come Enrico Morselli che gli «erigevano un monumento» come il precorritore della scienza moderna e del “monismo”, p. 114), che del Nolano facevano un uso meramente ideologico e quindi, con «retoriche esagerazioni» (p. 41), superficiale. Per Labriola invece l’esemplarità della figura bruniana risplende proprio quando la si collochi e consideri in quel suo dato momento storico, senza fughe in avanti: la sorte che toccò al Nolano fu secondo Labriola il logico risultato di una stagione dove la libertà culturale e morale italiana stava morendo definitivamente, e dove quindi una personalità «atopica», «importuna» e «inquieta» come quella bruniana doveva necessariamente entrare in urto con la reazione cattolica e perdere così la partita.
Avvicinatosi a Bruno nel 1888 – secondo Croce senza averlo mai letto, ma l’affermazione pare eccessiva – e per interesse politico (interesse che traspare chiaramente nell’articolo Giordano Bruno e la democrazia del 1889, che gli viene sensatamente attribuito dai curatori, per quanto apparso anonimo nella rivista «Satana»), Labriola attribuiva al Nolano, in quei primi scritti, il suo stesso radicalismo di quegli anni che precedettero la svolta socialista e leggeva le dottrine e la biografia del filosofo in funzione della netta opposizione a qualsivoglia conciliazione fra Stato e Chiesa, oltre che del richiamo all’esigenza di una educazione popolare, sola garanzia della libertà di
coscienza. Ma il Cassinate, come si è detto, si allontanò velocemente da un uso puramente strumentale di Bruno, proponendosi studi ben più seri, nutriti anche di bibliografia internazionale sulla sua figura e che ebbero come migliore esibizione le lezioni del 1900, lezioni che i curatori definiscono certo non a torto «l’unico apporto serio in Italia allo stanco centenario» (p. 25).
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