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Gli “studi storici” di Francesco Fiorentino. Altre riflessioni sulla storiografia telesiana
di Franco Crispini
Specie nel prossimo anno in cui ricorre il V Centenario della nascita (1509) di Bernardino Telesio, è opportuno quanto meno richiamarsi a chi come Francesco Fiorentino ha voluto impiantare sul suo studio della “idea di Natura” quale si ritrova e si articola nel De rerum natura del filosofo cosentino, una prospettiva storiografica che riteneva valida per spiegare e capire i motivi più profondi della cultura filosofica dello “spaventiano” “Risorgimento italiano”. Il libro di Fiorentino in due volumi dedicati a Bertrando Spaventa e Camillo De Meis 1, assegna la “parte seconda” del primo volume2 alla filosofia di Bernardino Telesio di cui, dopo un obbligatorio richiamo al concetto di natura in Aristotele , nel Medio Evo e nell’età moderna, viene ricostruita la “fisica generale”, quella “speciale”, la fisiologia, la psicologia e la morale: del Telesio cioè viene reso tutto l’impianto di un “naturalismo” tramite il quale diventa possibile leggere un ampio tratto delle idee filosofiche moderne. L’ancoraggio ad una “dottrina naturalistica” è rimasto poi sempre, dopo Fiorentino, quello adottato per catalogare e considerare “storicamente” la filosofia italiana rinascimentale incentrata nei tre filosofi meridionali Telesio, Bruno, Campanella, ed è correntemente presente nei manuali scolastici. E il problema che rimane aperto è appunto se si tratta effettivamente della scelta di un punto di vista specificamente “storico” tramite il quale si riesce a vedere un profilo di quei filosofi e di quelle filosofie che non li schiacci sull’unico problema della costituzione di una veduta e di una dottrina ispirate al “naturalismo” e non li allinei lungo un asse che deve portare alla nascita della scienza moderna. Da una “filosofia della natura” alle scienze sperimentali, cioè, ma non solo a queste evidentemente, quanto a sistemi filosofici come quello di Kant o di Hegel in particolare, nei quali la conoscenza della natura viene posto secondo Fiorentino nella prospettiva filosoficamente più matura.
Abbiamo avuto già modo di cogliere3 un elemento peculiare del modo in cui procede il Fiorentino e lo facemmo appunto, quando nel 1988, anno del IV Centenario della morte, ci soffermammo su alcune circostanze, che qui non è il caso di ricordare, della edizione del De Rerum che si fece nel IV centenario (1909) della nascita del filosofo. Notavamo come con gli studi del Fiorentino, la storiografia telesiana che non vantava certo precedenti significativi4, toccasse a fine Ottocento una delle tappe più importanti, forse tuttora insuperata, malgrado l’ampio disegno storico venisse sovente ostacolato dalla intensa partecipazione dell’Autore ai noti processi della cultura filosofica italiana tra neohegelismo e neokantismo i quali dettavano anche criteri di lettura di una storia che non si svolse isolatamente da quella della vita civile.
Ma cerchiamo intanto di vedere più da vicino come Fiorentino conduce la sua ricerca “storica” che lo porterà a trovare, a partire da Telesio e fino a Tommaso Cornelio, fondatore ed animatore a Napoli, assieme a Leonardo di Capua, della Accademia degli Investiganti5, un più appropriato concetto di Natura uscito proprio dal presunto sviluppo conseguente del pensiero telesiano. Le pagine di apertura degli studi del Fiorentino dedicate alla Accademia Cosentina, propagine la più rigogliosa e più feconda della napoletana Accademia degli Investiganti danno un quadro esauriente di questo istituto culturale ( anche se propriamente tale non era, somigliando di più ad un sodalizio di uomini colti della città) al quale però è difficile poter vedere ben affidato l’avvio di un movimento moderno delle idee in tutti i suoi aspetti. Secondo il Fiorentino, quell’Accademia «ha dato origine all’avviamento nuovo della filosofia della natura [...]ed ha avuto gran copia di uomini illustri negli studi filosofici»6.
Bisogna anche dire però che la mentalità di molti di loro era lontanissima da quella di un “investigatore” naturalista e che nessun altro illustre filosofo vi era e che semmai era predominante la passione per gli studi classici. Purtuttavia, la ricostruzione del Fiorentino che, sulla scorta degli studi “critici” dedicati dallo Spaventa a Bruno e Campanella, cerca di orientarsi «in quell’arruffio ch’è la filosofia del Risorgimento», trovandosi di fronte ad un momento storico «dove traluceva piuttosto il desiderio di novità, che la creazione di una nuova coscienza speculativa», tenta egualmente di mostrare come tra le Accademie italiane, di Firenze, di Napoli nello stesso secolo “sestodecimo”, quella cosentina merita di essere “illustrata” sia per l’aspetto letterario che per quello scientifico7. E così lo studioso può vedere chi ha un ruolo di spicco in quella “falange” di scrittori, di eruditi, di poeti ,traduttori, che animavano l’Accademia che alla fine «servì a tutta Europa per la scoperta del vero metodo, con cui si deve studiare la natura»8, può ricostruirne i contributi umanistici e per tal modo sono davvero tanti i nomi e le opere di accademici cosentini che gli vengono incontro tra cui quelli di Giano Parrasio e Bernardino Telesio. Allo studioso non sembra potersi mettere in dubbio che in quell’ambiente e tra quelle espressioni predilette dalla intellettualità accademica ha la sua gestazione l’idea di un metodo scientifico di investigazione della natura; e per avere tali tracce si mette dietro, con pazienza erudita, ai tanti nomi di disputanti amatori delle forme letterarie delle tradizioni antiche e della letteratura italiana moderna, senza tuttavia poter rinvenire contribuiti che non sfigurino a confronto di quelli che diede Telesio. Di Giano Parrasio, per la verità non così noto poi nella storia della cultura rinascimentale, Fiorentino ripercorre le vicende di viaggi ed incontri con altri eruditi e letterati cosentini introdotti negli ambienti ecclesiastici e delle corti; è tutta una generazione che dopo la seconda metà del sedicesimo secolo si era «pressocché dileguata tutta», mentre stava maturando intanto una seconda generazione di illustri cosentini tra cui “grandeggia” Telesio. «Gli eruditi disseppellivano codici latini e greci - scrive Fiorentino - i filosofi tornavano agli antichi problemi ed alla antiche soluzioni»9.
E da qui lo storico può dare inizio ad un primo approccio al filosofo cosentino di cui vengono forniti dati sulla vita, sui viaggi assieme allo zio Antonio provetto nella forma latina della scrittura, a Milano, Roma,Padova, Napoli, un percorso che tuttavia non rende ancora molto evidente la formazione filosofico-scientifica di Telesio10, sul dilatarsi della filosofia telesiana la quale aveva già assunto, ma ciò risulta solo per il momento in via sommaria ed è poco dipendente dalle attività dell’Accademia cosentina, la sua fisionomia e rivelato il suo carattere innovatore, nel napoletano, in Calabria, a Roma, in Toscana, a Venezia, oltre che ovviamente a Cosenza dove l’Accademia dal 1575 è qualificata come “Telesiana”11. Se l’intento dello storico era di dare al pensiero di Telesio, in tutte le pagine della prima parte dei suoi studi, un retroterra ed un ambiente culturale da cui potessero esser venuti stimoli ed idee per quella riorganizzazione filosofica del quadro dei fenomeni naturali che si accinge a compiere, bisogna dire che non sempre si riesce a vedere, pur in quel fervore di interessi per la classicità latina e greca, un verace humus propizio per il cammino che il filosofo cosentino voleva intraprendere. Certo, tra le Accademie italiane, quella cosentina richiamava ingegni letterari, filologi portati negli studi delle belle lettere, i quali scrivono di tutto, epistole carmi, tragedie, encomi, con contenuti dettati da tradizioni tematiche prestabilite, ma anche su temi ispirati ad esempio sulla “Madonna di San Luca”, capaci di dare vita ad una scolastica cultura umanistica, ad una feconda produzione di genere, che giovarono senza altro e predisposero bene ad un minuzioso e grammaticale uso della lingua latina, chi come Telesio farà via via il suo apprendistato presso rinomati centri universitari italiani. Al Fiorentino non sfugge tutto questo, ma gli riesce poco di documentare, attraverso i molti nomi di forbiti umanisti che fanno capo e cui fa capo l’Accademia, una speciale vocazione alla investigazione naturalistica in grado di modificare, rispetto ai secoli precedenti, l’idea stessa di natura. Certo, si riesce a scovare anche qualche nome di isolato ed acuto osservatore e studioso in qualche ramo specifico delle scienze, come quello dell’astronomia nel caso di un Girolamo Tagliavia12, cui attribuire intuizioni che lo portano vicino a Copernico, cosa che nel non accorto ricercatore può portare alla rivendicazione di una precedenza nella formulazione della famosa ipotesi astronomica, ma da qui a parlare di condizioni degli studi e di comuni inclinazioni che favorissero un impegno che si volesse rivolgere a ricercare modalità nuove per spiegare i fenomeni naturali, corre davvero molto. Oltre tutto, di un cenacolo astronomico che si creò attorno a quell’astronomo è difficilissimo poter parlare, rimanendo il solo problema di come l’opera del Tallavia potesse esser venuta a Copernico nella Padova frequentata da Telesio. E perciò, se non siamo al caso di un fiore che spunta nel deserto, nemmeno possiamo dire che al Telesio, senza tutti i contatti intellettuali che ebbe fuori di Cosenza, potesse bastare il “clima” creato dalla Accademia,con i suoi sporadici interessi scientifici e filosofici, cui si rivolge Fiorentino,in uno sforzo notevole ma vano di renderne, attraverso tanti nomi anche di sconosciuti, la fisionomia di centro di discussione filosofico-scientifica, pur sapendo che da lì potevano giungere solo deboli incentivi capaci tuttavia di stimolare comunque un ardore di ricerca che trovò poi in Telesio la sua forma specifica dietro le decisive spinte che ricevette soprattutto nel suo soggiorno padovano.
Dopo un viaggio non tanto fruttuoso tra le individualità diverse e le “famiglie” accademiche tutte votate alla cura dei libri e della cultura antica, dal quale lo storico può raccogliere tanti elementi che lo mettono di fronte non ad uno scontro tra tradizionalisti e novatores bensì a dei fermenti intellettuali che se non rendono possibile almeno non ostacolano l’apertura di nuovi orizzonti di ricerca, si apre innanzi al Fiorentino la filosofia tutta compiuta del De Rerum Natura che rivela subito la sua originalità tra tutta quella prolissa produzione letteraria in cui si era consumato per anni il fertile ingegno “accademico”. Con quali criteri Fiorentino legge l’opera telesiana ed a quali risultati di fondo ne riconduce la trama speculativa?
Quel che lo storico cerca attraverso la enciclopedia del De Rerum, oltre che ovviamente le divergenze radicali da Aristotele e dai suoi commentatori, sono tutti i punti in cui il metodo nuovo, il riporre nelle cose, nella storia, le «ragioni vere», disegna e fonda una «scienza del concetto intero della natura»13. L’esame critico che viene fatto delle idee telesiane nella fisica, nella fisiologia, nella morale, nella psicologia, passa attraverso confronti, come col De Subtilitate di Gerolamo Cardano, richiami a Vico, a Spinoza, ai «materialisti moderni», ricorsi a chiavi interpretative che meglio facciano emergere i lati di una filosofia della natura che tiene sospesi alcuni problemi attorno i quali travaglierà il pensiero moderno, il problema del conoscere, quello della materia, quello dello spazio e del tempo, quello della «idealità della natura» che è «chiave di volta della filosofia della natura»14, «germi dell’idealismo», il problema della induzione, quello del materialismo, dell’abitudine, del senso, del soggetto senziente, della coscienza. Come è evidente, una storia del naturalismo moderno nella sua principale componente telesiana cui rimarrebbe debitrice la epistemologia moderna fino a Bacone, a Galilei, secondo il Fiorentino comprende tutti quei passaggi, quelle indicazioni problematiche, e porta nelle vicinanze di filosofie che hanno poi finito per sciogliere nodi intricati in cui restano chiuse riflessioni che se riescono a mostrare l’importanza del “farsi naturale” non spiegano come vi si giunge, come la veduta naturalistica può non chiudersi in se stessa, come può oltrepassarsi attraverso correzioni interne alla dottrina naturalistica stessa o l’indebolimento delle sue basi concettuali. Intanto lo studioso mette a fuoco da un lato le virtù del nuovo metodo che consentono un migliore approccio ai fenomeni, dall’altro tutti i tentativi per demolire la solida impalcatura aristotelica e rendere libera la strada alla nuova intuizione. Se questo è l’intento principale del Fiorentino,vedere cioè un Telesio che su tutti i fronti sui quali si muove il sapere enciclopedico di Aristotele tenta di non dargli tregua, di incalzarlo in modo stringente, di metterlo alla corda non sempre riuscendovi, di vedere come per quelle vie si approda ad un naturalismo giustificato nei propri fondamenti, non minore rilievo ha quello di capire quale posto si può assegnare alla filosofia telesiana della natura, all’idea stessa di natura che ne emerge, non solo all’interno di una veduta della realtà dei differenti tipi di fenomeni che le scienze, da Galilei al Positivismo, andranno costruendo, ma anche dentro gli sviluppi di filosofie che da Cartesio in poi, fino a Kant, fino a Hegel, assumeranno come problema fondamentale una veduta congiunta di spirito e natura, di pensiero e realtà. Le due finalità interne all’analisi che il Fiorentino compie di tutte le proposizioni ed argomentazioni del De Rerum, vengono poste sull’unico terreno di un commento interrotto spesso da rimandi a filosofi di epoca successiva, a Spinoza15, ai materialisti16, ma poi all’interno degli svolgimenti di un patrimonio di idee telesiane, a Cartesio, Vico, Leibniz, Kant, Hegel, con i quali rimandi si vuole quasi evidenziare una permanente attualità dei problemi che sono nati dalla riflessione telesiana, e con essi viene poi a misurarsi la restante filosofia moderna e contemporanea. Parimenti non sfugge allo storico della filosofia che le questioni che tengono teso il pensiero di Telesio sorgono poi tutte dalla insistente confutazione delle tesi aristoteliche e perciò mantengono uno specifico debito al loro autore. Si vuol dire che è frequente, quasi continuo, un doppio sguardo dello storico, alla specifica soluzione telesiana circa il senso, la sensibilità come contatto, lo “spiritus”, l’“anima”, la conoscenza sensibile e la conoscenza intellettuale, il bene, la virtù, le passioni, punti centrali di discussioni e polemiche, negli anni stessi di Telesio, in cui il discrimine è sempre costituito dalla distanza effettiva da Aristotele e dalla “novità” delle soluzioni, ed i mutamenti di punti di vista con Bruno, Campanella ed un loro avvicinamento a Cartesio, Spinoza, Leibniz. Due affermazioni del Fiorentino lungo il corso del suo esame della dottrina telesiana e delle trasformazioni che va subendo con Bruno e Campanella soprattutto, ci paiono significative per renderci conto che quel che primieramente interessa lo storico è di cogliere la linea di tendenza del naturalismo, cioè le forme che esso va assumendo, gli sbocchi verso cui sta andando da Telesio in poi. La prima affermazione : «il naturalismo schietto si affina, si amplia, tende verso il Soggettivismo»17, e questo con Campanella in particolare modo. La seconda affermazione : «Il Soggettivismo era prematuro né poteva storicamente apparire senza che si fosse attraversato il Naturalismo» 18.
Essa risalta nelle pagine dedicate a Bruno, nelle quali abbondano gli accostamenti al naturalismo spinoziano (che ha una forma «più recisa e più rigida»19), la concordanza con proposizioni dell’ Ethica e per il tema della libertà e necessità, un rinvio alla critica kantiana; dove il Naturalismo resta il «significato speciale della filosofia di Bruno»20,un Naturalismo che perviene alla «impossibilità della conoscenza vera»21. Ma in questa analisi delle posizioni bruniane che echeggia la «gran parola della Rinascenza» e cioè la «infinità della Natura», si vede ancora più chiaramente quale è la chiave storiografica che Fiorentino sta usando : «la filosofia del Risorgimento dunque, per avere considerato l’Assoluto come Natura ha preparato il grande avvenimento dello Spirito la cui speculazione incomincia con la coscienza cartesiana»22.
La lettura che dunque viene fatta è di come si va spostando l’asse teorico del Naturalismo dopo che Telesio che ne ha gettato le basi le quali, tuttavia, ancora , pur essendosi liberata la natura dalle «forme avveniticce» di Aristotele, non ne consentivano un sufficiente dinamismo. Dove maggiormente si appunta l’attenzione del Fiorentino è sui percorsi che da Telesio a Bruno a Campanella hanno come risultato una «nuova posizione filosofica per una lenta e progressiva trasformazione del problema della natura» così che «Campanella pur credendo di proseguire il problema del Naturalismo si trova di fronte ad un problema nuovo»23.
E ciò dal ruolo fatto assumere alla unità del soggetto senziente, dalla importanza data al senso. A tal proposito, a sottolineare la “novità” del Campanella, Fiorentino così scrive: «il passaggio dalla filosofia del Rinascimento a quella dell’età moderna consiste nel trasformare il senso in ragione, il semplice soggetto in spirito, l’uomo di Campanella nell’uomo di Cartesio e Kant»24.
Ed ecco ancora la insistenza del Fiorentino ad assumere quali parametri dell’analisi del pensiero di quell’epoca, Cartesio, Spinoza, Leibniz, «un intero periodo storico in poche righe» durante il quale «l’interno trasforma e atteggia l’esterno, gli fa prendere una forma (Kant)»25. Conclude lo storico questo momento della sua indagine: «dal Naturalismo telesiano al soggettivismo kantiano: non bastò il solo Campanella che non seppe smettere tutte le tradizioni del naturalismo, e non arrivò al concetto dello spirito soggettivo»26.
Lo schema storiografico mostra altri lati che lo rafforzano e confermano le ragioni dei superamenti ed inveramenti successivi: «Telesio non applica il Naturalismo a tutte le produzioni dello spirito come fa Campanella»27; Campanella «raccolse e tesoreggiò la eredità del naturalismo precedente», ma «ondeggia tra naturalismo e sistema delle cause finali»28. A conclusioni di tutto un quadro di ondeggiamenti del naturalismo che passo passo trova sempre nuovi motivi per sostenersi ed altri per incrinarsi e superarsi, Fiorentino può scrivere: «il naturalismo arrenando nella sua propria intrapresa, e chiarendosi impotente di spiegare la natura, aveva reso palpabile la sua disorbitanza»29.
Con questo rilievo così netto diventa chiaro come il criterio storiografico eserciti una specie di supremazia su quello a cui mette di fronte il ricorso alla veduta naturalistica in tutti i suoi convinti sostenitori moderni : un Naturalismo filosofico quale si tentò di costruire da Telesio ai telesiani meridionali, agli “Investiganti” e Tommaso Cornelio, ma soprattutto attraverso Bruno e Campanella, finisce per cadere in mille contraddizioni senza riuscire a trovare la via maestra per dare un pieno equilibrio filosofico al rapporto mente-natura. Per un altro verso, dove doveva portare, si chiede il Fiorentino, tutto quel lavorio di idee per pervenire ad un concetto di Natura e tracciare un accesso ai suoi “segreti”, per renderla alla portata dei nostri mezzi razionali? Ecco quello che lo storico fa risaltare:
Il Risorgimento italiano mirava ad inaugurare la nuova filosofia, nella quale le scienze naturali dovevano staccarsi dalla ricerca speculativa, e suggellare così quella piena indipendenza dell’idea di natura al cui affrancamento aveva lavorato l’età precedente. Era tempo che il “fantastico commercio” si interrompesse e si creasse un più vero ed intimo legame […];

e per Galilei questo legame non è più lo spettatore che si mescola con lo spettacolo; la «legge balza dal fondo dei fenomeni; la natura parla il linguaggio suo proprio»30. Questo l’approdo, questa una vita in comune, una crescita insieme, dal seno del naturalismo e dalle sue tante contraddizioni, di filosofia del soggetto-spirito e ricerca sperimentale : la veduta del Fiorentino vuole essere anche una risposta non solamente sul piano storiografico, al Positivismo che rompe quel “legame” e vede nella filosofia della natura che è il frutto della rinascenza, uno “stadio” inferiore.
Così come è apparsa allo studioso della idea di natura nel Rinascimento italiano, nella tradizione del naturalismo telesiano vi sono dunque preannunci del procedimento della ricerca scientifica moderna e nello stesso tempo è operante una filosofia che va preparando i sistemi del criticismo kantiano e dell’idealismo. E’ a partire da come l’Ottocento nel suoi ultimi decenni, il secolo di Fiorentino, vive e ricostruisce la sua storia filosofica, che lo studioso di Telesio, della filosofia della Rinascenza e dell’età moderna, muovendo proprio da lì, mette in piedi il suo punto di vista storiografico.
Sempre dietro le tracce di una presenza e permanenza degli apporti di pensiero telesiano, Fiorentino, non mai abbandonando il suo criterio di lettura, seguita, con un ultimo capitolo31 dedicato a Galilei, Bacone e Cartesio, questi tre che, con un «principale divisamento», si «intrecciano col nostro Risorgimento in generale»32. Cosa cerca ancora lo studioso? Va ad individuare “parentele” con Telesio ( come nel caso di Bacone), va a sostenere, una rivendicazione di tipo spaventiano, che «è in Italia che si pone la questione del metodo»33.
Nello scorrere le pagine degli “studi” del Fiorentino, come finora stiamo facendo, quello che ci ha interessato e crediamo interessi di più a chi voglia mettere in luce il metro storiografico adoperato, in ragione del quale viene fuori una certa immagine di Telesio non solo alle prese con Aristotele e quanto di platonico in questi poteva trovarsi ma che ha un sua propria configurazione di pensiero, naturalista alla maniera degli ilozoisti greci, o con venature stoiche, o materialista, o con inclinazioni predarwiniane ( è lo stesso Fiorentino che del tutto azzarda una simile ipotesi), o empirista , o proto kantiano ( la «idealità immanente della natura fondata su spazio e tempo»34) o proto idealista, e poi entro quale cornice di ipotesi teoriche e di soluzioni concettuali quella filosofia si regge, ma non soltanto come una dottrina naturalistica.
Così come si è venuto svolgendo, l’esame storico del Fiorentino, nel segnare un tracciato delle idee telesiane in seno al pensiero moderno fino a Galilei, meglio si direbbe dell’idea della natura, non ha avuto bisogno di ricorrere a forzate “attualizzazioni” al fine di rendere possibile il riconoscimento di una vitalità di quelle idee stesse. E tuttavia, i sistemi di pensiero dell’Ottocento filosofico ed i conflitti ideali di quel secolo tra scienza, filosofia, fede, hanno dato allo studioso spartiti di lettura medianti i quali l’età di Telesio e della Rinascenza è stata vista in un grandioso sforzo di andare oltre se stessa, di anticipare formulazioni presenti poi in altri filosofi e soprattutto in quelli di un periodo storico col quale sono maggiori le affinità del Fiorentino. In parte non abbiamo mancato di richiamarli, ma vi sarebbero tanti altri punti particolari, decisivi per le “teoriche del conoscere” tanto coltivate nel corso del pensiero moderno, della lettura che Fiorentino fa delle mutazioni, ad esempio, che subisce,attraverso i telesiani minori ma soprattutto in Bruno, Campanella, e poi all’interno della più ampia idea di “esperienza”, il concetto di “senso” che come è noto è un termine fondamentale della costruzione telesiana di appropriazione della natura, o quello di “anima- spirito” per come viene inteso da Antonio Persio, altro convinto telesiano 35; o ancora sul significato delle divergenze tra Telesio e Francesco Patrizi, sulla posizione di Telesio riguardo alle proprietà dello “spirito”, alla “conoscenza intellettuale” in particolare, alla sua idea di “sommo bene”. Tutti aspetti, questi, che, in chi andava cercando i lineamenti di una concezione naturalistica ed al tempo stresso andava spiando le falle che vi si aprivano e le impossibilità che si rendevano manifeste di tenere tutto racchiuso dentro i confini di processi naturali risultanti dal “contatto”, consentivano di riportare i problemi telesiani nei capitoli di un pensiero moderno che come viene notando Fiorentino celebra il Naturalismo e contemporaneamente ne svela le intrinseche debolezze, facendo quasi intravedere quello che manca per avere unna idea di natura senza dovere «garreggiare in sapienza con Dio» o affidarsi al solo apprendimento del “senso”. La storia che Fiorentino, muovendo da Telesio, sta ripercorrendo è quella sia della configurazione filosofica di una “idea di Natura” che compendi tutto quello che, in pieno distacco dall’antichità e dall’epoca medioevale, può valere a darne una immagine nuova, sia della organizzazione di un naturalismo con pretese scientifiche nel senso che tenta di dare valore ad una “via investigativa” o “induttiva”. Telesio, per la scelta del metodo, per l’idea che esso consente di avere della Natura, per la contesa sulla “forma” aristotelica, per le sue applicazioni a spiegare specifici fenomeni naturali36, al Fiorentino sembra contenere entrambe quelle diramazioni che a distanza daranno i loro frutti. Nella prospettiva storiografica del nostro Autore, l’interesse prevalente, appunto, è rivolto ad una storia del Naturalismo sia come una filosofia che si approssima, ma ne rimane mancante, all’altra metà costituita da una filosofia del Soggetto o dello Spirito, sia come scienza della natura deficitaria tuttavia di alcuni pilastri, debolmente cercati,che sono la “induzione”, la “sperimentazione”, la “matematizzazione”, i quali diventano fondamentali nello scenario di quella che viene chiamata “rivoluzione scientifica”.
Su di un punto bisogna insistere: questo Telesio del Fiorentino è un significativo e valido risultato storiografico in quanto la cifra di lettura che se ne dà è ricavata dall’interno del grande movimento culturale di una età storica che aspira a realizzare una modificazione profonda delle basi del sapere: una età di “rinascita” da cui ha avvio, nella tesi cara a Spaventa condivisa dal Fiorentino, una “circolazione” del pensiero italiano in seno a quello europeo. In altri termini, da Telesio si diparte una corrente innovativa che attraversa e pervade buona parte della ricerca intellettuale moderna la quale appunto si adopera intensamente per mettere alla portata dell’uomo, dei suoi poteri conoscitivi, la realtà che lo circonda, la natura come ordine di fenomeni da sussumere nelle forme del pensiero, da ridurre a possibilità di esperienza. L’impegno storiografico maggiore del Fiorentino è dunque da individuare in questa linea che cerca di tenere legato Telesio ed il suo lascito di idee alle vicende intellettuali di una folta schiera di novatores taluni dei quali non sono figure di primo piano ed altre invece segnano le tappe degli orientamenti moderni del pensiero: dare al filosofo cosentino uno spazio e un respiro così ampi, collocarlo nella dimensione di un “anticipatore” segnato tuttavia da tante limitazioni, farne un punto di incrocio di istanze filosofiche e scientifiche all’interno delle vicende teoriche del naturalismo moderno, è sicuramente questo un decisivo contributo che viene dal Fiorentino.
In anni successivi, quella che era stata una ricostruzione fatta nello spirito di una storiografia che non sacrifica ai punti di arrivo della riflessione filosofica, alla “contemporaneità” di questa, quello che era e doveva restare un momento di incubazione di idee con una sua relativa validità, tende in qualche modo a venire meno per lasciare prevalere l’esigenza di estrapolare una strada unica percorsa dall’Autore del De Rerum. Così, Troilo( 1910) individua in Telesio una posizione dominante, quella di un «empirista radicale»37; Gentile (1911), quella di un «metafisico materialista»38. In un certo senso, quella cornice storica che Fiorentino si sforzava, con molta fatica, di tenere in piedi si ritrova scarsamente nella storiografia telesiana di anni più recenti. Della filosofia del cosentino si vuole cogliere prevalentemente la “novità” e “modernità” che si cerca di precisare anche al di là dei suggerimenti che vengono da Bacone39, e quasi “strutturare” nei termini di una filosofia con connotati netti e precisi, siano essi di stampo empiristico o razionalistico, idealistico o materialistico. Quella di Gentile è una lettura speculativamente forte ( la quale secondo Troilo che nel 1914 ritorna sul “caso”, finisce per «riformare e deformare il Telesio secondo le sue personali predilezioni»), nella quale alcune connotazioni fanno da vero discriminante: il ricorso al presunto «pensiero puro», l’affermazione di una realtà vera come solamente «realtà pensata», la negazione della “empiricità” dei primi principi; insomma non un empirista ma un «metafisico materialista». Telesio può così entrare a far parte della famiglia dei “precusori”, categoria questa ultima assai ricorrente nella storiografia idealistica. Per Gentile, «senza essere una metafisica, la filosofia telesiana non avrebbe potuto esercitare l’azione storica che esercitò, attraverso Campanella, Bruno, e tutto il naturalismo meridionale del secolo XVII, e per tutta l’Europa attraverso Bacone […]»40. Nell’«indirizzo mentale telesiano», nota sempre Gentile, il voler seguire il senso non vuol dire che quella filosofia «dovesse riuscire un puro empirismo» perché tale essa non è ; semplicemente Telesio, come Bacone «si illuse credendo che il metodo sia un antecedente alla filosofia, e questa un prodotto di essa» e l’organo di cui si serve Telesio è quello di cui si sono serviti sempre tutti i metafisici, è il “pensiero puro” per il quale la realtà è appunto sempre la “realtà pensata”. Né secondo Gentile vi è , come vuole il Fiorentino41, una incoerenza interna al sistema telesiano costituita dalla presenza di una «anima piovuta dal cielo», un «soprappiù», una «essenza inutile aggiunta all’uomo per un cero ossequio alla religione»:
Non basta che l’anima creata non abbia oggetto mondano e naturale, perché la si dichiari una concessine ai tempi e alla fede; quasi che il Telesio, filosofando con maggiore libertà, potesse farne a meno. Ma è vero che essa è un residuo irriducibile del suo pensiero, rispetto al naturalismo, che è la sua vera, viva filosofia. E’ vero che essa rimane nell’organismo del pensiero telesiano un’idea morta, che non può entrare, e non entra , nel circolo del sistema42.

Dove Gentile calca di più la mano è sui cardini di una lettura che nella filosofia telesiana vuole vedere come si costituisce e si legittimi una attività dello spirito, un «ideale della ragione» che fa si che la «spiegazione naturalistica» non sia senza «residuo», è quando riconosce che l’acume filosofico del cosentino non è sopravanzato da una «intrepida cecità materialistica» e non dissimula «la meraviglia del caso, che il naturale meccanismo delle nature agenti produca il miracolo del mondo e del pensiero», una costruzione armonica che non è “lasciata campata in aria. Il puro meccanismo non è intellegibile."43. Se è vero, osserva ancora il Gentile, che Telesio per «redimere la realtà dalla trascendenza» non sa «intenderla che meccanicamente», è anche vero però che la lega e la sospende «da un capo all’altro, al pensiero, alla legge»; e tuttavia, «tutta la immanenza, che è il pensiero nuovo di Telesio, resta, come doveva restare, quasi avvolta e chiusa nel bozzolo della vecchia trascendenza»44. Questa la conclusione cui arrivano queste pagine gentiliane, un discorso tenuto dal Gentile a Cosenza nel 1911, le quali sono un esempio di storiografia idealistica, come si coglie chiaramente da un tema peculiare quello della dialettica immanenza-trascendenza :
Ma negli sforzi di Telesio di ricostruire una natura, che avesse in sé i suoi principi, gli storici scorgono la prima grande battaglia combattuta, sulla soglia dell’età moderna, per rivendicare la libertà ed il valore immanente della vita; e però essi additano nel Cosentino uno degli eroi del pensiero45.

Tra Fiorentino e Gentile si è venuto consolidando un indirizzo di storiografia filosofica che dà il primo posto, nella ricostruzione delle filosofie passate, a tutti gli elementi che segnalano “albori” del presente, somiglianze con l’oggi, avvicinamenti a quelli che si reputano stadi più “alti” in rapporto ai quali si individuano fasi “preparatorie” che decidono le “appropriazioni” compiute in momenti successivi di filosofi spesso sottratti al peso del tempo in cui sono vissuti. Questa tendenza è ben presente al Gentile, e forse anche perché la sua maggiore tempra filosofica lo porta a “decostruire” , diremmo con linguaggio attuale, i testi in esame, il De Rerum nello specifico, a ritrovare le sue intuizioni, o alcune di esse, nel pensiero dell’altro. Gli spazi per letture che correggano o comunque non ricalchino il paradigma gentiliano restano tutti aperti, e difatti a distanza di più di trenta anni, Nicola Abbagnano46 respinge la tesi di una metafisica telesiana perché semmai assieme ad Aristotele viene criticata «ogni possibile metafisica» ed anche quel che di metafisico vi è nei continuatiori, in Bruno, in Campanella non è eredità telesiana. Il principio di fondo nell’empirismo telesiano, pur «grossolano»,47 è la «sostanzialità» della natura, concetto scientifico più che filosofico, in base al quale essa, tramite i suoi principi ha una reale autosufficienza, si spiega e si giustifica “totalmente”; quel che vi è di trascendente serve a sottrarre l’uomo ad un rigido determinismo naturale. L’immagine di un Telesio filosofo e non scienziato è invece quella che viene data da Soleri il quale, dopo aver limitativamente notato una forma mentale incline alla astrazione dell’epoca precedente ed un ricorso al “senso” fatto con « la vecchia forma astrattiva del filosofo medioevale», non può fare a meno di affermare, con un certo eccesso :
L’evoluzione storica svolgerà molti germi telesiani: l’influsso è basilare e decisivo per l’empirismo e il sensismo materialista; è forte anche per il razionalismo fenomeni sta(meccanicismo cartesiano e spinoziano).Un paziente ed accurato raffronto di testi fa scoprire in Telesio forti e insospettati precedenti dei pensatori comunemente ritenuti iniziatori del pensiero moderni48.

Vale la pena notare che questi “influssi” telesiani non vanno per il Soleri a confluire in costruzioni filosofiche positive del pensiero moderno, sono debiti che pesano e non motivano quei superamenti che tanto piacevano a quella corrente storiografica che trasse ispirazione dal Gentile.
Oltre le letture d’insieme, quelle che vogliono imprimere un marchio, una divisa filosofica al Telesio, la storiografia telesiana registra altri momenti significativi sia per un apporto filologico venuto dagli studiosi, sia per una definizione critica di nessi e temi più specifici la quale apre spazi e contesti che danno respiro all’articolazione interna del pensiero del filosofo cosentino. Dagli anni Settanta del secolo scorso, quella che esce rafforzata, con evidenti vantaggi per la prospettiva storiografica stessa, è tutta una tendenza, a prendersi cura filologica e storica dei testi telesiani degli “Opuscoli”, delle edizioni del De Rerum natura ( i due primi libri della edizione romana 1565, di quella napoletana del 1570, dei nove libri della edizione napoletana del 1586 e genovese del 1588)49. Questa ricchissima stagione di scavo tra i testi telesiani da cui appare meno scarnificato e più movimentato lo sfondo della produzione filosofica telesiana, ha i suoi effetti più evidenti in studi che, a partire dalla Introduzione a Telesio (1997) di Roberto Bondì, nella quale c’è un profilo, scrupolosamente costruito,di una figura che può stare tutta dentro quella che è la nascita della scienza moderna, giungono alla grande fioritura di ricerche che vengono alla luce in occasione del IV centenario della morte50. Fermiamoci sulla Introduzione di Bondì la quale è l’ultimo lavoro organico dedicato al filosofo, potendosi considerare tanti altri pregevoli contributi venuti prima (non ci pare che dopo ve ne siano stati altri da apportare qualcosa di significativo alla storiografia telesiana) solo analisi parziali di questo o quell’aspetto del pensiero e dell’opera del Cosentino. Nella impostazione assumono subito rilievo alcuni aspetti : una attenzione «lucreziana» alla «fecondissima natura» è un primo segnale di un interesse che prenderà vi via forma; la grande importanza degli opuscoli filosofici, i libelli (sul mare, sui terremoti, sulla respirazione, i colori, i sapori, il sonno) scarsamente considerati nella critica telesiana, che invece Bondì esamina accuratamente per gli argomenti che contengono ed una loro originalità; la particolare funzione del concetto di «spiritus» 51; il rapporto tra Telesio e la tradizione magico-ermetica, tema, secondo Bond, «sul quale non si è adeguatamente insistito».Così scrive questo studioso:
E’ sicuramente vero che nel De Rerum natura è possibile individuare significativi punti di contatto con la visione magica del mondo,ma è altrettanto vero che Telesio rifiuta con fermezza alcuni motivi rilevanti di quella visione52.

Qui, e nel rilievo che viene dato alla assenza in Telesio di una serie di temi importanti della tradizione magico-ermetica, appare evidente che il canone dello studioso è quello di una storiografia della scienza che con Paolo Rossi centralizza il tema magia-scienza e quello del «sapere pubblico», come essenza stessa della «rivoluzione scientifica» moderna. Così scrive Bondì : «l’immagine che del sapere e del sapiente ebbe Telesio è opposta a quella degli esponenti della magia e presenta significativi punti di contatto con quella dei fondatori della modernità»53.
Dell’opera maggiore, Bondì esamina il proemio al De natura iuxta propria principia, del 1565 e passa poi all’esame della seconda edizione del De rerum del 1570, dando spazio alle discussioni, tensioni.obiezioni, risposte di Telesio e Persio, che ne seguirono e che rivelano allo storico il clima di interesse che le tesi naturalistiche del filosofo cosentino generarono. Notevole attenzione il più recente studioso di Telesio dedica alle edizioni del De rerum, alle redazioni di qualche suo libro (V), ai mutamenti di posizione,quali che siano gli spazi critici e filologici che vengono aperti, restano preminenti le tematiche naturalistiche, i tentativi di segnare su molte questioni di fisiologia, di biologia, la diversità da Aristotele. Le pagine finali della Introduzione del Bondì dedicate agli “Opuscoli” ( febbri, fulmine) dell’ultimo periodo ed alla condanna ecclesiastica, alla censura del 1600, concludono felicemente questo lavoro di ottimo peso storiografico. Per le implicazioni di carattere religioso, la incidenza sull’ortodossia di Telesio sono diversi i luoghi dell’opera chiamati in causa fino alla «tormentata stesura» dell’opuscolo De somno incluso nell’“Indice dei libri proibiti”( nel quale scritto torna il problema dello “spiritus” e dell’anima “e semine educta”), e poi al tentativo di una “expurgatio” e di correzioni della prima edizione del De rerum54. Questa indagine di Bondì, che nella storia della storiografia telesiana occupa un posto di primo piano, sugella una lunga fase di studio che ha conosciuto varie stagnazioni, interrotte qualche anno prima che uscisse quella Introduzione, da una notevole concentrazione di interessi di ricerca,come mostrarono i Convegni dell’anno centenario (1988) ed in particolare quello del Suor Orsola Benincasa (15-17 Dicembre 1989) i cui Atti abbiamo ricordato 55 per alcuni contributi fondamentali. Quanto in questo Convegno napoletano è emerso dalle relazioni di numerosi e qualificati studiosi, indica chiaramente innanzitutto che nel corso del tempo si è mantenuta costante la considerazione critico-storiografica di un problema Telesio come un capitolo di particolare spessore nella storia della cultura rinascimentale e moderna; e come anche un ritorno di approfondimenti era necessario per una verifica di quanto di nuovo poteva raccogliersi a meglio delinerare una età di Telesio ed una significatività del suo pensiero. Il valore storiografico della relazione di Alessandro Savorelli, Letture telesiane da Fiorentino a Gentile56, è quello che giustamente viene segnalato nelle pagine introduttive da Giuseppe Galasso57: effettivamente tra Fiorentino e Gentile si viene elaborando e diversificando il modello storiografico idealistico che è messo alla prova proprio nello studio della filosofia rinascimentale58, e di quella telesiana, nello specifico. Rispetto a quello che ne scrive il Savorelli, queste nostre pagine che cercano appunto di vedere come ha funzionato lo schema storiografico del Fiorentino considerate le tendenze critiche che si misurano successivamente sul pensiero telesiano, potrebbero esserne una integrazione ed una rimessa in discussione di quello che è possibile porre alla base della “lettura” telesiana. Giustamente la Introduzione del Galasso segnala poi le acquisizioni critiche che su questo o quell’altro aspetto e tema dello sfaccettato quadro telesiano, vengono dagli interventi degli studiosi che affrontano il pensiero di Telesio da diverse angolazioni le quali rinviano in ultimo, come nota Galasso, «alla Napoli della seconda metà del Cinquecento come naturale teatro, e non solo in senso geografico, di una esperienza filosofica per tanti motivi certamente fuori del comune»59. Oltre che approfondimenti e chiarimenti su questioni specifiche (una teoria della luce, il concetto di spazio) della dottrina telesiana, dalla maggior parte delle relazioni degli studiosi vengono aperti spazi di lettura che completano e rifiniscono il quadro storico: con Mario Agrimi, per la presenza di Telesio nel Seicento napoletano,60 con Lorenzo Bianchi per il «novatore» Telesio «tra eruditi e libertini nella Francia del Seicento»61. Dal Convegno telesiano di Napoli si possono trarre dunque tanti stimoli per ripensare tutto il peso del lascito telesiano nella cultura moderna e per ricollocarlo in una sfera per nulla angusta e ristretta: in ciò il Convegno ha trovato le sue più autentiche “ragioni”, come ha messo bene in luce Cesare Vasoli62, riaprendo tutti i termini fondamentali di una “questione” storiografica telesiana.
Se proprio una conclusione vogliamo trarre, ci pare di poter dire che la storiografia telesiana, fino ai modi in cui da ultimo si è venuta riproponendo, ha dato assestamento ad alcuni dei suoi risultati più cospicui ed incisivi: un maggiore e migliore arricchimento del contesto storico entro cui vedere il pensiero telesiano, vivere, disporsi, articolarsi; una corroborazione filologicamente attrezzata dell’interesse diretto alle opere telesiane, gli Opuscoli ed il De rerum. La nuova frontiera degli studi telesiani ha oramai alle spalle tante chiusure e limitazioni localistiche, e tante forzature dei testi che erano nuociute all’immagine moderna di Telesio.





NOTE
1 F.Fiorentino, Bernardino Telesio ossia Studi storici su l’idea di Natura nel Risorgimento italiano, Firenze, Le Monnier, voll. 2, 1872-1874.^
2 Op. cit. pp. 155-320.^
3 Cfr. il nostro Il De Rerum Natura di Telesio, in Bollettino della Società filosofica Italiana, 135 , Roma, Sett.-Dic.,1988, pp. 61-67.^
4 Per la “presenza di Telesio tra Seicento e Settecento”, v. R.Bondì, Introduzione a Telesio, in Storia della critica, 2, Laterza, Bari, 1997, pp. 142-147. Del 1838 è un interessante scritto pubblicato postumo del concittadino F.S. Salfi, Elogio di Bernardino Telesio, Migliaccio, Cosenza, 1838.^
5 Su T. Cornelio, cfr. il nostro Metafisica del senso e scienze della vita in T.Cornelio, Napoli, Guida,1974, ora in Omaggio a Cornelio, T. I e II a cura di G. Mocchi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 39-169.^
6 Fiorentino, op. cit., pp. 16-17.^
7 Fiorentino, op. cit., p. 18.^
8 Op.cit., p. 20.^
9 Op. cit., p. 190.^
10 Op.cit., pp. 79-100.^
11 Op. cit., pp. 102-153.^
12 Scrive Fiorentino, op. cit., p. 91: «Più esplicitamente il cosentino Cornelio attribuisce ad un Girolamo Tallavia di Reggio di Calabria uno scritto su la mobilità della Terra: scritto rimasto inedito per la morte dell’Autore, e capitato in mano di Copernico». L’affermazione di Tommaso Cornelio è in Thomae Cornelii consentini, Progymnasmata phisica, Neapoli, MDCLXXXVIII, p. 124.^
13 Op. cit., p. 156.^
14 Op. cit., pp. 230-235.^
15 Op. cit., pp. 283, 311, 339.^
16 Op. cit., pp. 283, 289.^
17 Op. cit., pp. 355-357.^
18 Op. cit., vol. II, p. 82.^
19 Op. cit., p. 75.^
20 Op. cit., pp. 11-12.^
21 Op. cit, pp. 58-59.^
22 Op. cit., p. 82.^
23 Op. cit., p. 125.^
24 Op. cit., pp. 126-129.^
25 Op. cit., pp. 149-150.^
26 Op. cit., p. 151.^
27 Op. cit., p. 159.^
28 Op. cit., pp. 202-203.^
29 Op. cit., p. 210.^
30 Op. cit., p. 254.^
31 Op. cit., pp. 254-302.^
32 Op. cit., p. 286.^
33 Op. cit., p. 284.^
34 Su questo v. quello che più recentemente ne scrive G. Martano, La “ svolta” telesiana nella storia dei concetti di spazio e tempo, in Bernardino Telesio nel IV Centenario della nascita (1588), Napoli, 1989, pp.71-101.^
35 Su questo v. R. Bondì, cit., pp. 6-11.^
36 Per le materie affrontate da Telesio negli “opuscoli”, v. Bondì, cit., p. 5 e sgg.^
37 E. Troilo, Bernardino Telesio, Formiggini, Modena, 1910.^
38 G. Gentile, Bernardino Telesio, Laterza, Bari, 1911, p. 66; ora in G. Gentile, Storia della filosofia, a cura di E. Garin, Sansone, Firenze, 1969, p. 298.^
39 F. Bacone in un suo scritto del 1623- 24, per il quale v. Bondì, cit., p. 142, sottolinea come Telesio «reciti favole nuiove», come il suo naturalismo appartenga alle «filosofie pastorali». Né quel naturalismo vale meglio in qualche sua versione geo-sociologica ("mediterraneità”, “meridionalità”!). Su tali aspetti si può vedere V. Giachetti Assenza, Bernardino Telesio: il migliore dei moderni. I riferimenti a Telesio negli scritti di Francesco Bacone, in «Rivista critica di storia della filosofia», 35 (1980), pp. 41-78.^
40 Gentile, Storia della filosofia, cit., p. 296.^
41 F. Fiorentino, P. Pomponazzi, Firenze, 1868, pp. 387-390; ed anche, Telesio, vol. I, cit., pp. 319-320.^
42 Gentile, op. cit., pp. 305-306.^
43 Op. cit., p. 307.^
44 Ibidem.^
45 Ibidem.^
46 N. Abbagnano, Telesio e la filosofia del Rinascimento, Milano, Bocca, 1941.^
47 Op. cit., pp. 49-50.^
48 G. Soleri, Telesio, Brescia, 1945, p. 145. Di G. Soleri, v. anche Le dottrine antropologiche di Bernardino Telesio, in «Rivista di filosofia neo-scolastica», 41 (1949), pp. 320-41.^
49 Nel 1965-1970, appare la traduzione italiana del De Rerum: De Rerum natura iuxta propria principia, testo, traduzione e note di L. De Franco, I ( Libri I-III), Cosenza 1965; II( IV-VI), Cosenza, 1974; III( VII-IX), Firenze, La Nuova Italia, 1976. A cura di De Franco sono anche i Varii de naturali bus rebus libelli, Prima edizione integrale. Testo critico (a cura di), Firenze, La Nuova Italia,1981. Di Luigi De Franco, che ha meriti particolari tra gli studiosi più recenti e più attenti del Cosentino, vanno ricordati alcuni contributi importanti: Bernardino Telesio, la vita e l’opera, Cosenza, Edizioni Periferia, 1989; Introduzione a Telesio, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1995.^
50 Oltre il già cit. Telesio nel IV Centenario della morte, Napoli, 1989, che contiene gli scritti di G. Martano, cit., e di N. Badaloni e A. Ingegno che riaffrontano le note questioni della “vita”, del corpo, spirito, anima, libertà, e lo fanno con grande perizia critica, di grandissimo valore sono gli Atti del Convegno cosentino(12-13-maggio 1989), Cosenza, 1990, e Bernardino Telesio e la cultura napoletana, atti a cura dell’Istituto Suor Orsola Benincasa, Guida, Napoli, 1992, nei quali ultimi vi sono, tra gli altri, interventi che vanno segnalati : G. Galasso, Introduzione: Telesio e la filosofia napoletana del Rinascimento; E. Peruzzi, Un contemporaneo di Telesio: il cosentino Giovan Battista Amico e la teoria delle sfere omocentriche; M. Agrimi, Telesio nel Seicento napoletano; A. Savorelli, Letture telesiane da Fiorentino a Gentile.^
51 R. Bondì, “Spiritus” e “anima” in Bernardino Telesio, in «Giornale critico della filosofia italiana», 72 (1993), pp. 405-417.^
52 Bondì, Introduzione, cit., p. 18.^
53 Op. cit., p. 19.^
54 Op. cit., pp. 128-129.^
55 Bernardino Telesio e la cultura napoletana , Napoli, 1992, già cit. (Nota 50).^
56 Atti, cit., pp. 445-473.^
57 Op. cit., pp. 7-43.^
58 Galasso,cit., p. 12.^
59 Op. cit., p. 39.^
60 M. Agrimi, op. cit., pp. 331-372. Qui non si può fare a meno di richiamare la figura di Tommaso Cornelio di cui è significativo quello che ne scrive Fiorentino(Op. cit., Vol. II, p.252): «Cornelio non si occupa del pensiero in sé ma della natura».^
61 L. Bianchi, già cit. in op.cit. pp. 373-416.^
62 C.Vasoli, in op.cit., pp. 492-511.^
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