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Un Maresciallo per Luigi XIV
di Maurizio Ghiretti
Massimo Gori, insieme alla vita e alle imprese del maresciallo di Francia Vauban, grande difensore dei confini francesi (ancora oggi celebratissimo), affronta nel suo volume Vauban e la difesa della Francia ( Milano, 2007) in modo chiaro e rigoroso il periodo storico europeo dominato dalle ambizioni egemoniche di Luigi XIV, contrassegnato da guerre in cui la Francia si trova coinvolta con quasi tutti i paesi confinanti; un periodo, contraddistinto all’interno dalla sofferenza e dallo sfinimento dei sudditi, colpiti da ricorrenti carestie e vessati da una dura e iniqua imposizione fiscale (difetti capitali dell’Antico Regime), causa prima di ripetute rivolte popolari. Le spese militari sono esorbitanti: arrivano ad assorbire quasi il 70 per cento del bilancio statale, mentre i ceti privilegiati, cioè i grandi proprietari fondiari, non pagano le tasse sulla proprietà. L’autore ci ricorda inoltre che, secondo gli ideali stimati e glorificati dai ceti dominanti della società del tempo, l’età lodoviciana è “vissuta” come una fase storica “luminosa” e “grandiosa”, in cui l’esaltata glorificazione del Re Sole, congiunta all’ardire delle sue gesta militari, si accompagna al rafforzamento della monarchia assoluta. Anche se la prepotente e violenta politica francese verso i nemici esterni è a più riprese contenuta (ma mai definitivamente sconfitta), Luigi riesce a rendere stabile l’egemonia continentale della Francia: un successo di cui è sicuramente debitore anche nei confronti di Vauban.
Quando ci soffermiamo sulle più significative costruzioni politico-militari del passato siamo per lo più affascinati dai “protagonisti”, imperatori sovrani condottieri ecc., i quali dal proscenio della storia realizzano, con maggiore o minore successo, i loro progetti e dimentichiamo spesso che il felice esito delle loro imprese e delle loro politiche è debitore nei confronti di “comprimari” che agiscono in seconda linea. Forse senza questi uomini, secondi solo per ragioni sociali, politiche e per la funzione svolta, ma spesso primi per intelligenza, capacità e dedizione, i grandi progetti politico-militari dei “protagonisti” non avrebbero potuto essere realizzati o non sarebbero sopravvissuti per lungo tempo.
Uno dei principali uomini di “seconda fila” della storia di Francia, è Sébastien Le Prestre (1633-1707) marchese di Vauban, che ottenne il bastone di maresciallo per i meriti acquisiti, come ingegnere militare, nel brillante cursus honorum speso al servizio del Re Luigi e della Francia.
Massimo Gori nel suo accurato e documentato studio tratteggia con passione e competenza la vita e le opere del personaggio, mettendone in risalto non soltanto le capacità militari («organizzatore su di una scala che non si era mai vista prima, almeno nell´Europa post-impero romano»), ma anche quelle di individuo intellettualmente libero: uomo d’arme ma anche di lettere, il quale sa esaminare con spirito critico la società del suo tempo e la, non sempre condivisa, politica del suo re.
Il “ritratto” tracciato dall’autore mostra un Vauban culturalmente poliedrico, lucido, franco, amante della verità, alieno dalla cortigianeria imperante a Versailles, e soprattutto ingegnere militare come pochi in Europa, artefice del più importante sistema difensivo della Francia, un paese che alla fine delle interminabili vicende belliche del secondo Seicento, raggiunge le dimensioni che corrispondono a quelle odierne.
Vauban, nato in una famiglia di piccola nobiltà squattrinata, intraprende seri studi umanistici e si impadronisce «dei fondamenti della matematica, del disegno e dello studio delle fortificazioni».
Persuaso dal Mazzarino a entrare al servizio del re, dedica tutta la sua vita principalmente, ma non esclusivamente, all’arte teorica e pratica delle “cose della guerra”. A ventidue anni ottiene il brevetto di ingegnere militare reale e nei decenni seguenti offre un “contributo fondamentale alla poliorcetica”, cioè a quello specifico ambito dell’arte della guerra che si occupa di fortezze e di assedi: come l’eponimo di quest’arte militare, Demetrio Poliorcete, è egli stesso un poliorceta, cioè un grande conquistatore e difensore di città fortificate.
Nominato commissario generale delle fortificazioni, diviene un geniale costruttore di opere di difesa, mostrandosi nel contempo insuperabile nell’arte dell’assedio durante il mezzo secolo passato al servizio del re; Vauban contribuisce non poco alla grandezza e alla stabilità dei confini del suo paese.
I suoi successi sono dovuti anche al fatto che Vauban si rende conto personalmente dei problemi: si stima, infatti, che abbia percorso quattro-cinquemila chilometri all’anno in Francia e nelle zone di confine, per circa trent’anni. Vauban non è solo un grande stratega: è cartografo topografo urbanista economista pensatore politico e altro ancora. Gli incessanti viaggi e le poliedriche cognizioni lo mettono al corrente delle necessità militari del paese ma anche delle condizioni socio-economiche della popolazione. Egli sa, inoltre, cogliere le manchevolezze del Regno (scrive: «Ho visitato in quarant’anni la gran parte delle province e dei popoli francesi e a volte la loro povertà mi ha spinto a ricercarne le cause») e, nel tentativo di risolvere le ingiustizie sociali e superare le difficoltà economiche, formula un audace progetto di riforma fiscale, la Dîme Royale: il progetto, per nulla gradito alla corte e ai ceti privilegiati, procurerà molte amarezze ai suoi ultimi anni di vita.
L’autore, che ha ispezionato numerose piazzeforti, descrive con competenza il rafforzamento dell’apparato militare, offensivo e difensivo, voluto dai superiori del Vauban e sagacemente realizzato dall’ingegnere nei settori che gli sono affidati: per la prima volta la Francia, per merito del ministro Louvois, aveva un’amministrazione militare interamente centralizzata, solida nelle strutture organizzative. Il potenziamento dell’esercito è posto al servizio di una politica di espansione volta essenzialmente a sottrarre città e territori alla Spagna e all’Impero, soprattutto lungo i confini nord-orientali. Ed è lungo questi confini che maggiormente si manifesta l’opera instancabile di Vauban, sostenuta da «un potere politico ben deciso a delimitare, con grandi spese e mezzi imponenti, i confini che la Francia aveva saputo garantirsi nella seconda metà del secolo, dalla pace dei Pirenei a quella di Ryswick». Una delle opere strategiche più importanti e durature portate a termine in questo settore è la costruzione di un sistema di difesa dei confini chiamato “pré carré”. Il sistema del “pré carré”, come scrive l’autore, influenza tutte le scelte strategiche del successivo pensiero militare francese, fino alla seconda guerra mondiale. Anche la Maginot fa parte di questa linea di pensiero: l’insoddisfacente risultato di essa non dipende dall’idea vaubaniana della fortificazione organica, quanto dalla non compresa (dai comandi francesi) importanza della profondità nel sistema difensivo, categoria divenuta centrale nella guerra meccanizzata novecentesca.
Certamente, malgrado le traversie della storia, l’Hexagone è rimasto tale e questo avvalora il senso di continuità dello Stato francese fra età moderna e contemporanea.
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