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La rimodulazione del welfare pensionistico: la pensione non è un diritto, il prelievo non è una tassa
di Dino Cofrancesco
Dopo qualche iniziale resistenza, la Corte Costituzionale con sentenza n. 173 del luglio 2016 ha finalmente capitolato e accettato l’impostazione del governo Letta con la legge di stabilità del 2014 ispirata alla filosofia buonista e redistributiva della élite oligarchica trasversale che va dal presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida al “montiano” Tito Boeri presidente dell’INPS secondo cui il nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni alte (a partire dai 3.000 € netti al mese con aliquote progressive del 6, 12, 18), essendo tutto interno al circuito pensionistico INPS, non è da considerare una tassa ma una “rimodulazione” del sistema pensionistico finalizzata a mantenerlo in equilibrio. È da prevedere che, da tale indirizzo, possano proliferare tanti ordinamenti “autonomi” per imporre i più vari balzelli, sicché si potrebbe ipotizzare il circuito dei parrucchieri dove un taglio di capelli potrà essere assoggettato ad un prelievo variabile a seconda dei capelli più folti o più radi esentando, ma non è certo, i calvi. La gravità delle affermazioni della sentenza è stata da pochi sottolineata. È vero, per ora non si tratta di grandi esborsi; il fatto è che siamo sommersi da una miriade di piccoli esborsi (dalle bollette della luce, gravate ora dal canone televisivo, ai telefoni, alle assicurazioni, e così via) dove l’ultima trovata è la retroattività delle sanzioni amministrative di importi astronomici sicché già si pensa ad una depenalizzazione in grande stile. Si è cominciato con la depenalizzazione della guida, senza aver mai conseguito la patente, nel momento in cui è stato introdotto l’omicidio stradale: schizofrenia allo stato puro.
Due riflessioni: la legge introduce un tributo coattivo, che grava solo su una parte dei pensionati (quelli dell’INPS), il cui gettito è destinato allo scopo di ripianarne il bilancio e la Corte Costituzionale anziché dire che si tratta di una imposta illegittima curiosamente afferma che non è un’imposta ma un “prelievo”. La seconda: la Corte si preoccupa della posizione dei pensionati colpiti dal contributo di solidarietà ma, altrettanto curiosamente, afferma che non sono titolari di un vero diritto a percepire l’intero importo in virtù del contratto obbligatorio di assicurazione con lo Stato a mezzo di trattenute per quaranta anni (resta da comprendere la natura giuridica dei prelievi ora, più credibilmente, prestazioni patrimoniali imposte) ma possono solo affidarsi al fatto che la pensione non verrà diminuita se non in situazioni particolari tra le quali ovviamente rientra quella attuale. Testualmente “il contributo deve operare all’interno dell’ordinamento previdenziale come misura di solidarietà forte, mirata a puntellare il sistema pensionistico e di sostegno previdenziale ai più deboli anche in un ottica di mutualità intergenerazionale, siccome imposta da una situazione di grave crisi del sistema stesso indotta da vari fattori… che devono essere oggetto di attenta ponderazione da parte del legislatore in modo da conferire all’intervento quella incontestabile ragionevolezza a fronte della quale soltanto può consentirsi di derogare al principio di affidamento in ordine al trattamento pensionistico già maturato. L’effettività delle condizioni di crisi del sistema previdenziale consente appunto di salvaguardare anche il principio dell’affidamento nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico sociale di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli”. Si è in altre parole passati da un sistema previdenziale ad un sistema solidaristico e intergenerazionale: di conseguenza il prelievo non è un’imposta e il diritto non è un diritto sicché le attuali pensioni sarebbero pagate dai (pochi) lavoratori in servizio gravati da pesanti oneri contributivi, specie in un periodo di mancanza di lavoro per i più giovani. Viene da pensare al surreale dialogo tra Alice e l’Uomo uovo descritto Lewis Carroll in Dietro lo specchio (il seguito di Alice nel paese delle meraviglie). Il bizzarro personaggio afferma che quando uso una parola essa significa ciò che io voglio che significhi e di fronte alle perplessità della bambina prosegue dicendo il significato delle parole lo decide chi è il padrone. Carroll era ignaro di aver posto le basi per il politicamente (e giuridicamente) corretto. La Corte ha parlato di ragionevolezza e della temporaneità del contributo una tantum ma se le cose stanno come appena detto chi garantisce che un mutato concetto di ragionevolezza di fronte all’attuale devastante crisi economica non giustifichi ulteriori provvedimenti particolari e che il “prelievo” non venga prorogato e magari esteso a pensioni di mera sussistenza? Ma non si era detto che la trattenuta obbligatoria era necessaria per l’imprevidenza del cittadino che una volta a riposo, avendo dissipato tutta la vita in vizi, si sarebbe trovato sul groppone dello Stato quale assistito? Nel nostro caso, però, è lo Stato che ha dissipato i soldi del cittadino allargando gli obiettivi dell’ente mutualistico fino a funzioni che nulla hanno a che fare con la previdenza: ci manca poco che l’INPS debba farsi carico della tratta autostradale Salerno – Reggio Calabria. Ma se è cambiata la natura dell’obbligazione del contratto Stato – cittadino in modo unilaterale, che almeno il pensionando possa chiedere indietro i contributi previdenziali versati e “fare da se”, come ad esempio, per l’assicurazione obbligatoria per responsabilità civile di danni cagionati per incidente stradale. Si obietterà: ma ciò è impossibile perché salterebbe non solo l’INPS ma l’intero apparato statuale. E questa risposta conferma che lo Stato ha utilizzato i soldi per fini che non sono quelli previdenziali sperperando clienteralmente il patrimonio pubblico che pure doveva servire per garantire le pensioni. Così il deficit INPS che ripiana lo Stato per l’anno in corso si attesta sugli undici miliardi di Euro e l’anno prossimo è ancora in crescita. Temporaneità ed eccezionalità del contributo? Direbbe la buonanima di Totò ma mi faccia il piacere. E Giulio Andreotti aggiungerebbe nulla in Italia è così definitivo come le cose provvisorie. Ignoranti dei misteri della contabilità di Stato assistiamo all’infinita querelle tra il premier Renzi e il presidente Boeri sul fatto che lo Stato non versa all’INPS i contributi dei dipendenti pubblici già INPDAP assorbito ma non soppresso dal decreto salva – Italia del mai troppo rimpianto senatore a vita Mario Monti (ora, incredibile ma vero, l’INPDAP assolve a funzioni di credito e qui raggiungiamo i livelli della farsa giacché l’INPS è andato in deficit anche per la scandalosa gestione dell’INPDAP. Curiosa partita di giro: l’INPS non da liquidazioni già maturate, ma attraverso l’INPDAP offre prestiti a usura ai dipendenti pubblici). A parte le stravaganti proposte dell’Onorevole Giorgia Meloni (tutti in pensione a 3.000 € al mese senza versamenti di contributi) che portano sì il segno di un socialismo reale (si è visto come è andato a finire) ma svelano anche la truffa dell’attuale sistema pensionistico non liberista, non comunista, non ad economia mista, non socialdemocratico ma… semplicemente discrezionale ed arbitrario. Nessuno ha preso in considerazione l’ipotesi di una tassazione progressiva che in Italia non colpirebbe gli imprenditori (sull’orlo del fallimento), ma i magnati dell’organizzazione pubblico – privata dalle mega pensioni e dei mega stipendi. Uno strano Paese in cui i privilegi concessori (vitalizi, prebende ecc…) sono garantiti costituzionalmente dagli internacorporis parlamentari e anche regionali e i diritti degradano a interessi. Vecchio Medioevo duro a morire.
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