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Il mecenatismo dimenticato: il Museo Filangieri1
di Claudio Consalvo Corduas
Premessa
Non è agevole ricostruire gli elementi che hanno caratterizzato la nascita e poi la tormentata storia di un importante museo: il Filangieri di Napoli. Consistente è la produzione scientifica e la pubblicistica relativa agli aspetti storici e artistici di questo Museo. Non sono questi né l’oggetto della mia indagine, né il mio campo. Il mio filo conduttore sarà la ricostruzione della genesi del suo assetto formale, la sua natura giuridica e l’individuazione di possibili soluzioni istituzionali per aumentare la sua capacità di attrarre mecenatismo ed erogazioni liberali.
Per inquadrare questi aspetti sarà comunque necessaria qualche breve digressione. Solo tenendo presente il contesto generale possono trovare una coerente sintesi la natura giuridica e la preservazione del ruolo istituzionale di questo Museo.
L’ambiente culturale nel quale nasce il Museo è quello della «felice stagione della museologia italiana nei primi decenni postunitari, che fece registrare un incremento, talvolta vorticoso, delle raccolte dei vecchi e nuovi organismi museali»2.
Tra le iniziative private ottocentesche nel campo della cultura, il Museo Filangieri di Napoli si presenta ai primi posti con il “coetaneo” Poldi Pezzoli di Milano, con il Bagatti Valsecchi di Milano, acquisito dalla Regione Lombardia nel 1994, o il Correale di Sorrento del 19043, o lo Jatta4 di Ruvo di Puglia, della prima metà del 1800, la cui collezione e l’arredamento nel 1991 furono acquisiti al patrimonio pubblico5, nonché molti altri musei privati che diedero vita al fenomeno del “museo abitato”, cioè delle Case-Museo con doppia funzione, abitativa e conservativa.


Le origini

Il Museo Filangieri di Napoli è coevo del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Nel 1883 e poi l’8 novembre 1888 nasce e viene aperto al pubblico quello napoletano; nel 1879 e poi il 25 aprile 1881 quello milanese. Un’epoca, la fine dell’800, piena di intensi fermenti ed iniziative culturali anche private. Molte le somiglianze. Colti, ricchi, aristocratici, animati da spirito etico e passione civile, sensibili ai segni dei tempi i fondatori. Anche coetanei: Gian Giacomo Poldi Pezzoli (Milano 1822-1879); Gaetano Filangieri (Napoli 1824-1892). Ambedue grandi viaggiatori per l’Europa6. Curiosi ed eclettici. Collezionisti d’arte ovviamente e sostenitori della funzione sociale della cultura. Nei rispettivi archivi non risultano tracce di rapporti epistolari o eventuale conoscenza o incontri nelle loro peregrinazioni in Europa. Forse in un’epoca di grandi fermenti politici le loro non coincidenti posizioni in questo campo si frapposero all’incontro, o forse solo il caso. Sul patrimonio artistico, certamente, si comportarono in modo analogo, quasi consultatisi in vita. Donatore in vita, il Filangieri, per il «godimento comune» del suo Museo, o meglio collezione privata, e del completamento e decorazione del palazzo Como, consegnatogli dal Comune di Napoli, destinato a sede del Museo. Donatore per disposizione testamentaria il Poldi Pezzoli alla cittadinanza di Milano della sua Casa-Museo. Ambedue con ovvio vincolo di destinazione. Grandi mecenati, quindi.
Il museo napoletano, il più antico museo civico cittadino, sorge influenzato dalle esperienze del suo fondatore ed in una zona urbana densa di storia: il centro storico della città di Napoli7. Tuttavia, la sua presenza nella città è stata discontinua8. Scarsa è stata quindi la sua incidenza nel contesto urbano.
I disastri bellici con la consistente riduzione del suo patrimonio artistico 9, la concorrenza dei contigui e primari siti culturali, costantemente vitali nel tempo, ne ha offuscato l’immagine. Nell’area di circa mezzo chilometro quadrato intorno al Museo Filangieri ci sono esempi di alta attrattività storica e culturale: Museo Archeologico Nazionale, Tesoro di San Gennaro, Pio Monte della Misericordia, Convento dei Girolamini, Cappella Sansevero e via dicendo. Peraltro, il Museo Filangieri non compare neppure in tutti gli elenchi dei musei napoletani10. È difficoltoso con questi concorrenti risalire la china dell’oblio e trovargli un’autonoma collocazione. Eppure la migliore storia di Napoli ha partorito questo museo, generando un percorso prestigioso ed affascinante.
Il fondatore, Gaetano Filangieri, è nipote dell’omonimo autore de La Scienza della Legislazione11. È vissuto in un contesto culturale internazionale, tuttavia sensibile alle proprie origini napoletane ed alla necessità di serbarne la memoria.
La storia del Museo, o meglio del palazzo Como12 che lo ospita, comincia nel 1881 e si definisce nel 1883. Si inserisce nel filone che costituirà la storia del Risanamento13 o “sventramento” di Napoli, voluto poi dal Sindaco Nicola Amore e dal presidente del Consiglio dei ministri, Agostino Depretis, a seguito del colera del 1884. La risistemazione anche sanitaria del centro storico di Napoli prevedeva fin dal 1839 l’allargamento e prolungamento di via Duomo. La cui prosecuzione avrebbe intercettato, tra gli altri, proprio il palazzo Como destinandolo all’abbattimento. Il palazzo costituiva a Napoli uno dei pochi esempi di architettura rinascimentale. Tuttavia, all’epoca dei nostri fatti, esso sopravviveva come una quinta teatrale. Esistevano cioè solo la «facciata di prospetto, quella di un lato e porzione di quella di un terzo lato»14 e la relativa area posteriore, scoperta ed interclusa. La facciata di prospetto era ancora rivestita dall’originale bugnato di piperno. Questa scatola vuota quattrocentesca era di proprietà del Comune di Napoli15 e la sua presenza così malridotta, ma pur densa di storia, rappresentava un «impaccio» per il Comune da cui lo trasse «la munificenza del Principe di Satriano Gaetano Filangieri»16. Il Filangieri, all’epoca già consigliere comunale per una lista civica tra il 1883 ed il 1887 nonché dal 1878 componente della Commissione Municipale per la Conservazione dei monumenti17, si accordò con il comune per «riceversi i tre muri» del palazzo Como. Il Comune aveva già fatto provvedere allo smontaggio della facciata ed al suo rimontaggio, così com’era, ma arretrato di circa 20 metri rispetto alla vecchia sede18. Si consentiva così la prosecuzione e allargamento di via Duomo. Il Filangieri eseguì a proprie spese il completamento e la decorazione interna dell’edificio19. Il pianterreno fu allestito su progetto dello stesso Filangieri con discutibile gusto neo-rinascimentale, alla maniera dell’amico architetto Eugène Viollet-le-Duc (Parigi 1814-1879). Il bel pavimento maiolicato della sala Agata Moncada, al primo piano, riproduce, con l’arma della famiglia Filangieri, quello analogo ed originale quattrocentesco della Cappella Petra, con le armi della nobiltà napoletana, nella non lontana chiesa di San Pietro a Majella. La tecnologia fu d’avanguardia 20. Nel palazzo, fine 1400 con gli interni costruiti a fine 1800, venne quindi collocata la complessa collezione privata del Filangieri. Il Museo venne inaugurato come detto nel 188821.


L’idea strategica originaria

La finalità di questo Museo civico – nel disegno strategico e utopistico del Filangieri, con il supporto dei coetanei Domenico Morelli (1823-1901) e Filippo Palizzi (1818-1899) – si collegava al preesistente Museo Artistico Industriale22. Quest’ultimo fu concepito nel 1878 e poi istituito come Museo Artistico Industriale presso l’Istituto di Belle Arti con decreto del 14 ottobre 1880 del Ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis e di cui nel 1878 lo stesso Filangieri aveva redatto lo Statuto. Il progetto del Filangieri «aveva tentato di riunire in un’unica istituzione le diverse necessità dell’epoca: l’istruzione industriale ed il design, la teoria e la pratica, il recupero del passato nelle forme e l’aggancio del futuro nelle tecniche». Le due istituzioni erano destinate ad arricchire la formazione degli allievi, in un’epoca non dimentichiamolo caratterizzata da un tasso altissimo di analfabetismo, e diventare rispettivamente «il luogo dove studiare e copiare quei modelli, nelle varie pratiche artistiche dall’oreficeria all’ebanisteria, dalla ceramica alla lavorazione dei metalli». Queste due istituzioni dovevano quindi interagire ed essere «unite, grazie al Filangieri, da un unico obiettivo ideale: il museo inteso come strumento didattico, luogo di studio e di crescita per gli allievi artisti»23. Il Museo Filangieri nasce con l’impronta settecentesca europea di scuola-museo, come strumento didattico e laboratorio culturale. Per la Napoli della fine ‘800 questa concezione si configurava ancora come “eccentrica”, altamente innovativa e rivoluzionaria rispetto al locale pensiero dominante nel campo didattico ed industriale24. Gli ostacoli frapposti dal conservatorismo o miopia dell’epoca resero questo disegno strategico del Filangieri uno dei tanti frutti delle utopie ottocentesche che non riuscirono a decollare25. Il Museo venne così rapidamente relegato a contenitore di eclettica arte in mostra, statica meta di pellegrinaggio e degustazione artistica, nonché glorificazione napoletana della famiglia Filangieri.
Il patrimonio espositivo di questo Museo ha subìto diverse vicissitudini. In parte è stato distrutto dai vandalismi del secondo conflitto mondiale. Successivamente è stato ricostituito oltre che con gli oggetti ed opere sopravvissute agli eventi bellici, anche con donazioni di privati26 e conferimenti temporanei di altri Musei statali27. Poi depauperato da numerosi furti dopo il 1998. Da ultimo il restauro del portone monumentale d’ingresso è stato effettuato grazie a donazioni del FAI e della banca Intesa Sanpaolo. Oggi ha acquisito un nuovo look.


Museo di incerta natura, pubblica o privata o mista

L’Atto pubblico di donazione, da cui parte questa indagine, viene rogato il 23 aprile 1883 dal notaio Luigi Maddalena, con repertorio n. 4598/271828. Le parti costituite sono il Sindaco di Napoli, conte Girolamo Giusso, ed il principe Gaetano Filangieri. Il soggetto beneficiario della donazione è l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”.
L’Atto di donazione, come intitolato, è fuorviante. Non è immediatamente evidente l’àmbito della donazione, se essa riguardi l’intera impalcatura dell’Atto o solo una parte peraltro modesta.
Voluta ambiguità sulla denominazione dell’Atto, sull’oggetto e sulla natura privata o pubblica del Museo? O semplice necessità di far quadrare un difficile cerchio giuridico e fiscale, derivante dai concetti espressi negli atti propedeutici ed ereditati dal notaio rogante.
Affidiamoci all’analisi delle fonti29.
A tal fine si rivela necessaria una digressione giuridica. Chi non fosse interessato può saltarla a piè pari fino alla fine del presente paragrafo. Anche se la conoscenza di questi elementi è necessaria per comprendere poi le possibili soluzioni. La funzione del giurista è soprattutto quella di proporre fondate soluzioni, non limitarsi a sollevare problemi. Per Ente morale o Corpo morale si intendeva all’epoca una “persona civile autonoma”, in pratica un soggetto di diritto privato, riconosciuto e dotato di autonomia giuridica. La legge del Regno di Sardegna del 5 giugno 1850, n. 1037, la seconda legge Siccardi, estesa dopo l’Unità d’Italia a tutto il territorio della penisola, stabiliva che «i Corpi morali, sieno ecclesiastici o laicali, non potranno acquistare stabili senza essere a ciò autorizzati con Regio Decreto». Questi soggetti erano quindi sottoposti a stretta “sorveglianza” del Governo, dotati di autonomia sì, ma sotto tutela o in libertà vigilata. La natura pubblica o privata della funzione svolta o affidata derivava dall’attività loro propria e dal patrimonio amministrato. L’istituto dell’Ente morale giuridico compare l’ultima volta in Italia nell’art. 26 del Regio Decreto del 26 giugno 1924, n. 1054, recante il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato30. L’espressione “Corpo morale” o “Ente morale” o “Ente morale giuridico” è ormai del tutto desueta e scomparsa dal lessico giuridico corrente. Superata da nuove e diverse denominazioni ed organismi.
Circa l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”, va considerato preliminarmente che l’offerta di Gaetano Filangieri, la redazione del suo Statuto e le delibere municipali che lo riguardano, con il lessico utilizzato, sono precedenti sia al Regio Decreto che lo istituisce e ne approva lo Statuto, sia ovviamente allo stesso Atto di donazione che recepisce il tutto. Pertanto, il notaio rogante ha dovuto coordinare atti, volontà e termini non univoci né risolutivi, soprattutto alla luce della scienza giuridica ed esigenze dell’epoca. Con questi presupposti ricostruire una coerenza univoca valida all’attualità non è certo agevole.
In sintesi questi gli elementi salienti “in gioco”, deducibili dall’Atto Maddalena e dagli inglobati accordi tra i due soggetti costituiti, dallo Statuto del Museo, dal Regio Decreto istitutivo dell’Ente autonomo e dalle allegate delibere municipali.
Il Municipio di Napoli «consegna senza bisogno di materiale tradizione», che avverrà il 15 maggio 1883 con la consegna del possesso materiale31, le tre mura ed area interclusa di palazzo Como «nello stato attuale come viene assegnato» alla persona fisica del Filangieri, e per esso all’Ente Museo32, che le «riceve»33. Il Filangieri «completerà e decorerà l’edifico»34. Il Comune garantisce la legittima provenienza dell’immobile e la sua libertà da pesi ed oneri35. Vengono poste a carico dell’Ente morale le tasse e imposte gravanti sull’immobile36. A sua volta il Filangieri offre le sue collezioni al Municipio di Napoli che le accetta. Dona all’Ente morale due titoli del Debito Pubblico del Regno d’Italia37 per una complessiva rendita annua di lire 2.500. L’affidatario della consegna di beni immobili e mobili e quindi della connessa gestione è l’Ente Giuridico Autonomo “Museo Principe Gaetano Filangieri”, precedentemente costituito come tale per Decreto Reale del 16 agosto 1882, che assolve le finalità del fondatore condivise dal Comune di Napoli. Questo decreto autorizza il Museo Ente morale ad accettare una sola donazione: la rendita annua perpetua, assegnatagli dal Filangieri38. Il Museo risulta quindi composto dalle “collezioni” offerte ed accettate, dalla “dotazione” di 2.500 lire annue, dalle “mura ed area interclusa” del palazzo Como39, completato dal Filangieri.
La Direzione e l’Amministrazione del Museo sono devolute vita natural durante al Filangieri e poi ad un Direttore dallo stesso nominato, il quale a sua volta nominerà il suo successore e così «di seguito perpetuamente»40. I Direttori dovranno essere «probi, intelligenti nelle cose di arte, di antichità, e ragguardevoli per condizione sociale»41.
Il Consiglio di Vigilanza vigilerà «sul buon governo del Museo», cioè sul rispetto delle finalità dello Statuto, nell’interesse della volontà del fondatore. È composto da due esponenti istituzionali, il Sindaco del Comune di Napoli, che ne assume la Presidenza, ed il Direttore del Museo Nazionale di Napoli, ora della Soprintendenza, nonché da un esponente tradizionale, rappresentato da «uno dei più prossimi parenti del fondatore»”42. Il Consiglio di Vigilanza «non potrà mai avocare a sé la direzione e l’amministrazione del Museo»43.
Il fondatore assegna all’Ente morale la detta rendita annua di lire 2.500, equivalenti all’attualità a 11.287 euro44, di cui si spoglia45. Tale rendita, che oggi sarebbe del tutto insufficiente, è stata statutariamente destinata solo alla retribuzione del personale addetto ed alla manutenzione di fabbriche, oggetti e suppellettili46. Il Filangieri, in altra sede, riteneva che tale dotazione potesse servire anche per nuovi acquisti e per premi o “borse di studio”47. Il costo della vita e del personale all’epoca evidentemente era molto esiguo. Il valore degli oggetti conferiti dal fondatore è stimato dal medesimo in non meno di lire 1.500.00048, equivalenti all’attualità a 6.772.795 euro. A carico del Comune di Napoli viene posto l’onere di sorveglianza con «un numero competente di guardie municipali»49.
In caso di scioglimento dell’Ente Autonomo, gli oggetti contenuti nel Museo con le relative vetrine, scaffali e sostegni «ritorneranno liberi in proprietà del fondatore e dei suoi eredi»”50; inoltre, il fabbricato «ritornerà in proprietà del Municipio»51, il valore del completamento dell’edificio, anticipato dal Filangieri, sarà ripartito a metà tra il Comune di Napoli e l’Ospedale Pellegrini di Napoli52.
Il successivo e vigente Regolamento del Museo introduce timide innovazioni. Indica che la proprietà del Museo civico appartiene all’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”, senza distinzioni tra i beni che lo compongono. Il Consiglio di Vigilanza approva il bilancio preventivo, la cui esecuzione resta affidata al Direttore, ed il conto consuntivo, nonché l’acquisto di nuove opere d’arte e l’accettazione di doni e legati. Le decisioni possono essere assunte anche solo da due consiglieri e quindi anche in assenza del Sindaco. I relativi verbali saranno riportati in apposito registro redatto dal Direttore53.
L’Atto di donazione, pur denominato tale, della donazione vera e propria tratta ben poco. Di donazione e connesso “spoglio” si parla solo per la rendita di 2.500 lire assegnata in perpetuo dal Principe Gaetano Filangieri. Per il resto si configurano nell’Atto in questione una moltitudine di situazioni giuridiche. Una convenzione relativa agli accordi tra le parti costituite ed agli obblighi futuri; lo Statuto del Museo; il Regio Decreto che erige ad Ente morale lo stesso Museo, quindi come «persona civile autonoma» capace di beneficiare della rendita assegnatale; l’istanza originaria del Principe Filangieri; e, infine, le due delibere del Consiglio municipale propedeutiche al procedimento.
Nessun dubbio sussiste sulla natura privata dell’Ente morale. I dubbi si pongono sulla natura privata o pubblica del patrimonio gestito dall’Ente e sulla funzione svolta da quest’ultimo. Quindi se l’Ente sia proprietario o possessore o detentore di questo patrimonio. Da cui deriverebbe il ruolo di affidatario della funzione pubblica o privata svolta.
Le tesi deducibili sulla natura pubblica o privata o mista del patrimonio dell’Ente morale in questione hanno diverse frecce ai rispettivi archi. La natura della funzione svolta segue quella del patrimonio. Il problema era poco rilevante all’epoca, se non irrilevante del tutto. Oggi, invece, risulta importante, soprattutto dal punto di vista fiscale e della possibilità e misura di poter beneficiare di contributi o interventi pubblici.


Tesi pubblicistica

La tesi pubblicistica può avvalersi di numerosi e consistenti elementi che confermerebbero la natura pubblica sia del complesso dei beni che costituiscono il patrimonio dell’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”, sia quindi della funzione svolta.
Questa tesi interpreta l’Atto di donazione come strettamente riferito alla donazione della rendita perpetua a favore del detto Ente morale. Tutto il resto è estraneo alla donazione, intesa in senso stretto, e riguarda accordi tra i soggetti costituiti. La cessione delle collezioni, la consegna dell’immobile assegnato, la condivisione degli scopi dell’Ente, le obbligazioni reciproche tra Gaetano Filangieri ed il Comune di Napoli sarebbero tutti elementi convenzionali, statutari o meno che siano, indipendenti dalla donazione vera e propria. Dalla combinazione di questi fattori si potrebbe dedurre la condizione dell’Istituzione di affidatario di una funzione pubblica.
In particolare, sul fronte mobiliare, rileverebbe che nelle premesse dell’Atto di donazione si legge che Gaetano Filangieri «fece offerta» del Museo – cioè del complesso di beni mobili costituenti le collezioni dallo stesso possedute – al Comune di Napoli, il quale lo accettò «con solenne deliberazione del 7 dicembre 1881», nonché dell’11 marzo 1882. Concetto poi ribadito dall’art. 3° dell’Atto di donazione che parla di «collezioni offerte ed accettate». Il trasferimento della proprietà delle collezioni, come beni mobili, a favore di un Ente pubblico come il Comune non necessitava di particolari formalità. Invece, il trasferimento della stessa proprietà ma a favore di un Ente morale avrebbe avuto bisogno dell’autorizzazione regia. Nel citato Regio Decreto del 16 agosto 1882 si previde solo che il Museo «posseduto» dal Filangieri, offerto e accettato dal Comune, venisse trasferito nel palazzo Como «appartenente al Comune» che ne costituirà la sede. Si autorizzava, inoltre, l’accettazione da parte dell’Ente morale della sola «rendita annua di lire 2.500». Nulla sulla proprietà delle collezioni.
Sull’altro fronte, quello immobiliare, il Comune di Napoli, per parte sua «consegna» le mura riallocate del palazzo Como a Gaetano Filangieri il quale le «riceve» con vincolo di destinazione a sede del Museo finché esisterà l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”. Nelle delibere municipali, citate ed allegate all’Atto Maddalena, e nella proposta del Filangieri non v’è cenno ad una cessione o rinuncia alla proprietà comunale del palazzo Como, ma solo alla consegna evidentemente del solo possesso per i lavori necessari ed al vincolo di destinazione. Inoltre, la citata legge Siccardi 1037/1850, vigente all’epoca, per l’acquisto o la donazione di un immobile, nel caso le tre mura e l’area interclusa del palazzo Como, a favore di un Ente morale avrebbe richiesto l’autorizzazione regia. Di tale autorizzazione non v’è traccia nel Regio Decreto del 16 agosto 1882 che richiama sì la legge Siccardi, ma solo in relazione all’articolo 2° con cui si autorizza l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri” ad accettare, come detto, la sola donazione della «rendita annua di lire 2.500 assegnatagli in perpetuo dal principe Gaetano Filangieri» e non anche la proprietà del palazzo Como. Inoltre, dal punto di vista fiscale, la registrazione dell’atto di donazione e di costituzione del Museo scontò nel 1883 un’imposta di registro limitata alla sola tassa fissa di lire 1,20, con «esenzione della tassa proporzionale»54. Soluzione coerente con l’utilità sociale dell’Istituzione e della rendita ad essa conferita, purché in assenza del trasferimento immobiliare. D’altro canto e ragionando a contrario, se fosse stata ceduta anche la proprietà dell’immobile, sarebbe stata incongrua la previsione dell’art. 4° dell’Atto di donazione secondo cui rimane «a carico dell’ente la tassa di concessione, la tassa di mano morta, la tassa di ricchezza mobile», delle quali tasse il Comune intendeva comunque sgravarsi. Gli oneri fiscali e tributari, le imposte e tasse, infatti, avrebbero seguìto automaticamente, se ci fosse stato, il trasferimento della proprietà immobiliare a favore dell’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”. Molto tempo dopo, per l’accettazione da parte del Museo Filangieri della donazione dell’immobile costituito dalla Villa Livia, fu infatti necessario l’apposito Decreto autorizzativo del Presidente della Repubblica del 4 agosto 1960, n. 178255.
Nel caso specifico, si configurerebbe a favore dell’Ente morale in questione solo la consegna del possesso di collezioni e palazzo, in comodato d’uso perpetuo e oneroso.
Infine, la denominazione di “Museo civico”56 sottolineerebbe la funzione municipale pubblica affidata all’Istituzione.
Questa ipotesi ricostruttiva appare coerente anche con la natura astrattamente temporanea dell’Istituzione. Gli articoli X e XI dello Statuto, per quanto compatibili con gli artt. 16, co. 2°, e 28 del vigente Codice civile, prevedono che in caso di scioglimento o estinzione dell’Ente Giuridico «tutti gli oggetti contenuti nel Museo […] ritorneranno liberi in proprietà del fondatore e dei suoi eredi», nonché analogamente «il palazzo Como ritornerà [libero] in proprietà del Municipio».
Tre gli elementi chiave della tesi pubblicistica, concernente l’immobile: a) mera “consegna” del palazzo Como; b) attribuzione dell’onere di corrispondere le relative tasse57 o imposte; c) restituzione al Comune dell’immobile in caso di liquidazione dell’Ente morale. Questi elementi farebbero emergere più i caratteri di un “comodato d’uso a titolo oneroso” dell’immobile a favore dell’Ente morale, che di una cessione della piena proprietà dell’immobile stesso.
Alla fine, la natura municipale e sostanziale del Museo Filangieri, distinta dall’Ente morale, sarebbe stata recepita anche dal Decreto del Ministro dell’Istruzione, di concerto con quello per l’Interno, del 15 settembre 1965, mai impugnato, nel quale il Museo Filangieri, inteso nel senso ampio di complesso mobiliare ed immobiliare, viene indicato come «di proprietà del Comune» di Napoli.
Museo come collezioni e palazzo Como come sede risulterebbero ambedue comunali, sebbene trattati come entità distinte.
Secondo la tesi pubblicistica, in conclusione, l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri” risulterebbe affidatario e gestore di un patrimonio di diversa natura, ma tutto municipale58. Quindi soggetto privato affidatario di una funzione pubblica.
Altri elementi, invece, potrebbero avallare la natura privata del complesso dei beni che costituiscono il patrimonio dell’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”.


Tesi privatistica

La tesi privatistica conferirebbe un senso più generico, rispetto a quello letterale, ai termini utilizzati negli atti amministrativi e dal notaio di “offerta”, “accettazione”, “consegna”, “possesso” di collezioni e palazzo. Enfatizzerebbe la considerazione che l’Atto è sì un rogito notarile, ma redatto in un’epoca anteriore al nostro Codice civile, quindi impreciso nell’uso dei termini giuridici secondo l’attuale interpretazione. Inoltre, non è da escludere il volontario utilizzo da parte del notaio rogante di precedenti dizioni generiche e quindi ambigue per risolvere situazioni di per sé non chiare negli atti propedeutici.
La tesi privatistica terrebbe quindi conto che nell’Atto di donazione ed all’epoca della sua redazione, per esempio, non era definita come oggi la distinzione tra i due istituti della proprietà e del possesso. Evidenzierebbe che il Regio Decreto del 16 agosto 1882 erige in Ente morale e come soggetto privato “il Museo Principe Gaetano Filangieri”, cioè le collezioni “possedute” da Gaetano Filangieri, intese come “di sua proprietà”, che diventano parte integrante e costitutiva dell’Ente privato. Tutti gli elementi “collezione”, “dotazione” e “mura e area interclusa”, che abbiamo visto prima, sarebbero anch’essi costitutivi dell’Ente morale in questione.
La legge 22 settembre 1960, n. 1080, con l’art. 2, impose agli Enti proprietari di musei di predisporre «un progetto di regolamento di organizzazione e di funzionamento degli istituti dipendenti». La disposizione di legge fece superare i limiti posti dall’art. XII dello Statuto all’adozione di un Regolamento concernente solo gli orari di apertura gratuita al pubblico del Museo. Il nuovo Regolamento fu quindi predisposto dal Direttore p.t., Francesco Acton, dell’Ente morale Museo Filangieri. Tale Regolamento fu poi approvato dal Comitato interministeriale nominato con decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 1° ottobre 1969, ai sensi del cit. art. 2, L. 1080/1960. Detto Regolamento, mai impugnato, indica che il Museo, nel senso più ampio di complesso mobiliare ed immobiliare, “è di proprietà dell’Ente «Museo Principe Gaetano Filangieri»”59. Dichiarazione implicitamente derogatoria di quella antitetica, ma precedente, contenuta nel cit. D.M. del 15 settembre 1965. Questa impostazione avrebbe quindi l’imprimatur dei competenti Ministeri (Istruzione ed Interno) sulla natura privatistica dell’Ente e del suo patrimonio.
Inoltre, per quel che vale, il palazzo Como risulta intestato in Catasto al Museo Filangieri e non al Comune di Napoli.
Infine, la frase contenuta nell’art. XI dello Statuto e su riportata, secondo cui “il palazzo Como ritornerà in proprietà del Municipio”, implicherebbe che il Comune di Napoli si sarebbe spogliato di fatto anche della proprietà e non solo del possesso con la consegna al Filangieri delle mura del palazzo Como, con buona pace dell’assente autorizzazione regia, ma alla luce dell’odierna e sanante liberalizzazione, introdotta dalle leggi 15 maggio 1997, n. 127, art. 13, e 22 giugno 2000, n. 192, art. 1, che hanno abrogato molti dei vincoli che regolavano la vita delle persone giuridiche e che risalivano alle storiche leggi Siccardi. Secondo la tesi privatistica, in conclusione, la proprietà del Museo e del palazzo Como apparterrebbe allo stesso Ente morale e quindi i beni che li rappresentano risulterebbero privati al pari dello stesso Ente. In questa seconda ipotesi, la funzione svolta dall’Istituzione rivestirebbe un carattere esclusivamente privato.
La questione della effettiva proprietà pubblica o privata dell’immobile è priva di interesse sul piano pratico, cioè del diritto di disporne, stante l’inalienabilità del fabbricato per vincolo di destinazione e l’obbligo di restituzione al Comune in caso di scioglimento dell’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”. La questione assume, invece, molta rilevanza sotto il profilo della responsabilità nei confronti dei terzi e della possibilità di beneficiare di contributi pubblici, fra cui quello dell’Art Bonus.



Tesi mista

Come terza ipotesi, spacchettando gli elementi raccolti, potrebbe anche proporsi una interpretazione intermedia: la tesi mista. Private le collezioni, pubblico il palazzo che le ospita. Secondo questa tesi la proprietà del Museo, cioè delle sole collezioni, apparterrebbe all’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”, soggetto privato. La proprietà dell’immobile destinato a sede del Museo apparterrebbe invece al Comune di Napoli, con buona pace questa volta dell’intestazione catastale. L’immobile sarebbe affidato in comodato d’uso ad un ente privato. Questa tesi o quella pubblicistica sarebbero da preferire in caso di interventi sull’immobile o di danni a terzi arrecati per la cattiva manutenzione del fabbricato. Tuttavia, nell’incertezza sulla effettiva proprietà dell’immobile, come può essere il nostro caso, va ricordato che, ai sensi dell’art. 2051 del Codice civile, l’Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri” potrebbe considerarsi comunque responsabile del danno eventualmente cagionato, stante la propria qualità di custode dell’immobile. Anche sotto questo profilo si rivela necessaria una idonea copertura assicurativa.
Come si vede non c’è che l’imbarazzo della scelta tra le teorie possibili. Se dovessi propendere per una di esse, quella pubblicistica sembra la più coerente e fondata e da tenere in maggiore considerazione.
Chiudo questa pur necessaria parentesi giuridica, che ci servirà in appresso, e passo ad evidenziare alcune interessanti analogie tra i due coevi musei: il Poldi Pezzoli ed il Filangieri. Di tipo diverso e sostanziali le differenze.



Analogie e differenze tra coetanei

Il Museo Poldi Pezzoli nasce per testamento di Gian Giacomo Poldi Pezzoli «ad uso e beneficio pubblico in perpetuo». La disposta Fondazione Artistica «colle norme in corso per la Pinacoteca di Brera» viene eretta ad Ente morale con Regio Decreto del 27 febbraio 1881 n. 79. Il Museo nasce come totalmente privato. Sia le collezioni che l’immobile erano di proprietà del testatore. Il Museo viene dotato dal testatore e fondatore di una rendita «annuale da erogarsi nella manutenzione e nell’aumento dell’armeria, dei quadri e degli oggetti d’arte», pari a 2.000 lire annue per il mantenimento, equivalenti all’attualità a 9.103 euro60, nonché a 6.000 lire per gli acquisti61, equivalenti all’attualità a 27.309 euro. Ai sensi della legge 22 settembre 1960, n. 1080, e con il citato decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 15 settembre 1965 il Museo Poldi Pezzoli viene inserito nell’allegato elenco dei «Musei grandi» non statali con il n. 14 della parte II. La relativa Fondazione è poi diventata Onlus con la modifica dello Statuto del 18 maggio 2011.
Il Museo Filangieri nasce per atto pubblico, in vita del fondatore, e viene eretto ad Ente morale con Regio Decreto del 16 agosto 1882 che ne approva anche lo Statuto organico. A seguito di ciò, con il citato Atto di donazione, da un lato il Filangieri e per esso il Museo diviene consegnatario, quindi custode, delle mura ed area di sedime del palazzo Como, poi completato dallo stesso Filangieri, di proprietà comunale e che sarà la sua sede, e dall’altro lato il fondatore tramite il Comune conferisce all’Ente le proprie collezioni, e dona una rendita di 2.500 lire annue «per la manutenzione del Museo, pel salario al portiere ed onorario al Conservatore, oltre quello che crederà di poter disporre in appresso in aumento della detta dotazione, tanto per l’accrescimento progressivo degli oggetti del Museo, quanto per premii annui o concorsi, e tutt’altro che possa aumentare il prestigio ed il decoro di tale artistica fondazione»62. Il Museo Filangieri condivide la stessa classificazione del Poldi Pezzoli come “Museo grande” non statale con il n. 17 della parte II, nel citato elenco allegato al decreto interministeriale del 15 settembre 1965.
Fin qui le analogie.
Radicale, invece, la differenza sotto il profilo istituzionale. Il citato decreto interministeriale del 15 settembre 1965 indica che il Museo Poldi Pezzoli è Ente morale, quindi privato come il suo patrimonio; il Museo Filangieri è indicato come di proprietà del Comune di Napoli, quindi risulterebbe pubblico.
Rilevanti anche le differenze circa la governance. Il Museo Poldi Pezzoli nasce come Fondazione Artistica Poldi Pezzoli ed il relativo Statuto è conforme a quello della Pinacoteca di Brera, come da disposizione del testamento segreto del 1871 di Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Pertanto, il suo Statuto fu redatto successivamente al lascito. Nasce dinamico. Questa Fondazione si articola con diversi organi. Il Consiglio di Amministrazione è ora composto da 14 membri (di cui 6 sono assegnati ad altrettanti enti sovventori che concorrono al finanziamento del Museo, 1 al rappresentante degli eredi del testatore, 1 all’Associazione degli Amici del Museo, i residui 6 ad Enti istituzionali). Il Comitato di Gestione o esecutivo è composto da 5 membri. Il Collegio dei Revisori è composto da 3 membri. Poi c’è un Direttore. Il Consiglio di Amministrazione e la direzione del Poldi Pezzoli, pur garantendo il ruolo della famiglia del fondatore, nascono e poi si affermano sotto una forma più elastica ed adattabile al mutare dei tempi. Come di recente attuato con l’ultima citata modifica dello Statuto del 18 maggio 201163.
Lo Statuto del Filangieri è inglobato nell’Atto di donazione in vita del suo fondatore. L’articolo IX di questo Statuto ingessa l’Istituzione: «Il Museo dovrà rimanere perpetuamente nel luogo, modo e nell’ordine come lo costituisce il suo fondatore». Il Consiglio di Vigilanza ed il Direttore del Filangieri nascono quindi come organi statici, vestali del “Tempio Filangieri”, imprigionati da uno spirito conservatore non solo – giustamente – del patrimonio loro affidato, ma anche – ingiustamente – della struttura di governo. Il Consiglio di Vigilanza è composto da tre membri sotto la presidenza del Sindaco di Napoli, non ha poteri di amministrazione. Il Museo è diretto ed amministrato in pratica da un organo monocratico: il Direttore. Quest’organo fu concepito dal fondatore a sua immagine e somiglianza. La figura e funzione del Direttore ricalca, ancora oggi, quella che il fondatore si era ritagliato per sé, allora. Tutto lo sforzo è, infatti, assegnato al Direttore che con immane impegno individuale deve sopperire a tutte le molteplici esigenze del Museo. Doveva e deve, fra l’altro, essere «ragguardevole per condizione sociale»: quindi per posizione sociale e censo. Ciò significa che il Direttore deve godere non solo di prestigio sociale cittadino, ma anche di risorse finanziarie da dedicare alla cura del Museo. La costituzione di una rendita di 2.500 lire, effettuata dal fondatore, con tutte le vicissitudini posteriori subite dalla lira, non fu più sufficiente alle esigenze del Museo, fino ad evaporare del tutto. L’onere posto a carico del Direttore è divenuto quindi insostenibile, dimostrando che non regge più quel tipo di direzione ed amministrazione del Museo ormai scisso dall’autosufficienza finanziaria.



Criticità e ostacoli attuali

“Salviamo il Museo Filangieri”: non a caso così è stata denominata l’Associazione Onlus di supporto. In effetti il Museo Filangieri non è riuscito ancora a decollare nella considerazione dei napoletani e ad inserirsi a pieno titolo nei circuiti turistici.
Di fatto fin dall’origine non decollò né da protagonista il Museo in sé, considerato “minore” rispetto ai giganti presenti a Napoli e proprio nella stessa zona, né il progetto integrato di formazione professionale dei giovani. Concorsero all’oblio le difficoltà economiche, la distruzione e dispersione di buona parte del patrimonio durante il secondo conflitto mondiale ed i successivi furti subiti, le prolungate chiusure, la scarsità degli interventi pubblici e l’indifferenza discontinua dell’Amministrazione municipale. Questi fattori hanno limitato la capacità dei direttori succedutisi nel tempo di concepire pienamente il museo come impresa museale64. La priorità della sopravvivenza frustrava ogni impegno strategico. Alle diverse difficoltà storiche si aggiungono, in particolare, le inadempienze del Comune di Napoli che non assolve né al proprio ruolo di presenza istituzionale e finanziaria, né regolarmente agli impegni minimi assunti con l’accettazione dell’offerta di Gaetano Filangieri e delle condizioni dallo stesso poste. Gli originari impegni assunti dal Comune risultano dalle decisioni stabilite con le delibere municipali del 7 dicembre 1881 e dell’11 marzo 1882, dal Regio Decreto del 16 agosto 1882 che le recepisce e da quanto ripetutamente riportato nel successivo Atto di donazione del 23 aprile 1883. Più di recente il Museo è stato riproposto come luogo di incontri e di iniziative di varia natura per favorirne il finanziamento.
Poche le vicende formali posteriori che risultano dai documenti d’archivio del Museo Filangieri.
Una in particolare ha messo in crisi la sopravvivenza del Museo. L’Atto di donazione tra il Filangieri ed il Comune di Napoli con l’art. 9° pose a carico dello stesso Comune la sorveglianza del Museo. Da ciò ne è nata una controversia. Con nota dell’8 giugno 1999, prot. 3733, il Comune di Napoli ricostruisce a partire dal 1954 la situazione del personale a carico dello stesso Comune per effetto dell’Atto di donazione del 23 aprile 1883. Da questa nota risulta che con delibera consiliare n. 145 del 3 maggio 1993 fu disposto unilateralmente «il rientro del personale comunale dal Museo Filangieri», rappresentato da 17 dipendenti. A sèguito della diffida del Direttore p.t. del Filangieri, il Comune di Napoli provvedeva circa tre anni dopo, in data 23 febbraio 1996, a «mantenere in servizio al Museo, esclusivamente negli orari di apertura al pubblico, i dipendenti comunali ivi presenti per il controllo dei Lavoratori Socialmente Utili assegnati al Museo Filangieri in numero di 40 unità per la sorveglianza delle sale espositive». Questa catena di controllo municipale sembra ispirata dalla tradizionale preoccupazione: “Quis custodiet custodes?”. Si presenta ampio lo spazio per un contenzioso con l’Amministrazione comunale circa l’idoneo assolvimento degli obblighi di disporre la custodia del Museo, derivanti dall’Atto di donazione. Soprattutto tenendo conto della mancata stipula di una Convenzione che regoli in proposito i rapporti finanziari tra l’Ente morale ed il Comune di Napoli. Convenzione anticipata dalla nota del Comune di Napoli del 10 aprile 1996, prot. n. 1777, e mai dal medesimo definita. Questa vanamente preannunciata Convenzione, però, riguarderebbe solo una parte del problema, l’aspetto finanziario. Converrebbe cogliere l’occasione del suo adeguamento per aggiornare il tutto, evitando il rischio di effettuare un trapianto in un organismo se non decrepito, almeno molto vecchio.
Due le attuali criticità del Museo Filangieri: l’autosufficienza economica e la governance65.
Sull’autosufficienza finanziaria dei musei privati o misti, anche se costituiti in Onlus, incide negativamente fra l’altro l’impossibilità di attingere alle erogazioni liberali tramite l’Art Bonus, produttivo del credito d’imposta pari al 65% del donato. Il Poldi Pezzoli, indiscutibilmente privato, è escluso da questa agevolazione. Sul Filangieri grava l’incertezza se esso possa formalmente considerarsi come museo pubblico, in parte o in tutto, e quindi beneficiario anche dell’Art Bonus, o come museo privato escluso da diversi benefici.
Le istituzioni museali, se private, risultano escluse in particolare dai vantaggi dell’Art Bonus. Possono beneficiare solo del più ristretto vantaggio fiscale applicabile in generale alle erogazioni liberali, pari di norma al 19% del donato66. Il credito d’imposta, come detto pari al 65% del donato, è riservato dal cosiddetto Decreto Cultura solo alle erogazioni liberali a favore del patrimonio culturale pubblico67. Cioè per:
– gli interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
– il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica;
– la realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti, delle fondazioni lirico sinfoniche e di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.
Al contrario, lo School Bonus, con il credito d’imposta pari al 65%, nel 2015 e 2016, e poi al 50%, nel 201768, del donato, è riservato alle erogazioni liberali a favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione: siano essi scuole statali, o paritarie private senza finalità di lucro, o gestite da Enti locali.
I relativi interventi devono essere finalizzati:
– a realizzare nuove strutture scolastiche;
– a manutenere e potenziare quelle esistenti;
– a migliorare l’occupabilità degli studenti.
Sotto questo profilo emerge una sperequazione tra l’Art Bonus per la cultura riservato solo a soggetti pubblici, con esclusione di quelli privati, anche sotto forma di Onlus come i musei qui in esame, e lo School Bonus che include anche le scuole private, purché sotto forma di Onlus. A mio avviso sarebbe equo che le erogazioni liberali a favore dei grandi musei privati o misti, necessariamente sotto forma di Onlus e rientranti nell’elenco di cui al decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 15 settembre 1965, beneficiassero non della deducibilità dal reddito del donante nella misura del 19% del donato, bensì del credito d’imposta del 65% del donato, come per i musei pubblici69. La indiscutibile finalità pubblica di questo tipo di musei grandi legittima l’aspettativa di partecipare agli incentivi previsti con l’Art Bonus.
Essere generatori del credito d’imposta potrebbe accompagnare queste istituzioni verso l’autosufficienza finanziaria.
Sotto l’altro profilo che ne limita l’operatività, quello della governance, il Filangieri – a differenza del Poldi Pezzoli – è lontano dall’attuale contesto socio-economico, diverso da quello originario in cui è vissuto il suo fondatore. Sono mutati i tempi, mutato l’assetto istituzionale e politico della città di Napoli, evaporate le risorse economiche originariamente assegnate, contenute le erogazioni liberali ed i contributi pubblici effettivamente disponibili. Inoltre, l’impostazione individualista della governance concepita dal fondatore del Filangieri non è più al passo con i nostri tempi. Senza una riforma degli organi del Museo, la presenza attiva di questa Istituzione risulterà asfittica e precaria, affidata all’impegno di un singolo individuo, il Direttore. Solo sulle sue spalle graverebbe il peso di mobilitare l’opinione pubblica e l’interesse della politica per i musei privati o misti, sotto forma di Onlus, di stimolare il coinvolgimento e le risorse finanziarie, pubbliche e private, occorrenti al suo mantenimento e sviluppo. Non a caso, ribadisco, in questa situazione precaria gli si è affiancata un’associazione denominata appunto “Salviamo il Museo Filangieri - Onlus”.



Strada da intraprendere

Il primo passo per modificare questa situazione è indiscutibilmente rappresentato dalla necessità di rompere il vincolo all’immobilismo stabilito dal citato articolo IX dello Statuto. Dopo più di 130 anni dalla fondazione del Museo, questa governance autocratica può rappresentare una “condanna” per l’Istituzione. Cosa questa che certo non era nelle intenzioni del suo fondatore. Come è stato evidenziato, lo Statuto si rivela oggi «del tutto inadeguato alle necessità della realtà e delle esigenze contemporanee»70.
Questa riforma incontra notevoli difficoltà sul piano della sua elaborazione sotto l’aspetto legale e dei necessari passi burocratici per l’approvazione. E non è un caso che finora non sia stata realizzata. In pratica, per adattare lo Statuto del Filangieri e gli accordi contenuti nell’Atto di donazione e quindi anche il relativo Regolamento a più moderne esigenze, occorre preliminarmente l’assenso del Comune di Napoli che presiede il Consiglio di Vigilanza.
Come abbiamo visto, la natura del Museo oscilla tra l’Ente morale privato ed il Museo comunale. Oltre le argomentazioni esposte, sono diverse le definizioni attribuite negli atti storici, pubblici o normativi, al Museo Filangieri: Ente autonomo e di godimento comune; Ente giuridico Museo Filangieri; Ente Giuridico; Ente morale; Museo pubblico autonomo; Museo civico; Museo ad uso pubblico; Istituto quasi municipale; Istituzione rivolta a pubblico vantaggio; nonché da ultimo, nel 1965, quella di Museo civico di proprietà del Comune.
Credo che su tutto prevalga la erezione del Museo ad “Ente morale”, dotato di autonomia e di riconoscimento, derivante dal Regio Decreto del 16 agosto 1882. Tale soggetto giuridico, in concreto, ormai svolge la funzione di affidatario di gestione ed è assimilabile oggi ad una Onlus. Questa condizione agevola, ma non di molto, il processo di riforma della governance dell’Istituzione. Infatti, si accantonerebbe la discussione sulla natura privata o pubblica dell’Istituzione, per occuparsi della gestione del suo patrimonio e della sua organizzazione e funzionamento.
L’Ente morale è un organismo obsoleto, da tempo superato dal sistema giuridico italiano.
L’Istituto che oggi riveste una forma giuridica simile a quella originaria di Ente morale è la Fondazione. La Fondazione è infatti un ente privato senza finalità di lucro, analogo sotto molti aspetti all’originario Ente morale “Museo Principe Gaetano Filangieri”.
Una Fondazione può avere tutti i caratteri per svolgere quella funzione senza fini di lucro assegnata originariamente al Museo Filangieri dal fondatore e dal Regio Decreto istitutivo.
Il regime giuridico delle fondazioni, per gli aspetti che qui interessano, è regolato dal nostro Codice civile con gli artt. 16, co. 2, 25, 26 e 28. Inoltre, le già citate leggi 15 maggio 1997, n. 127, e 22 giugno 2000, n. 192, hanno liberalizzato le attività economiche delle persone giuridiche. Una trasformazione della forma giuridica dell’Ente morale Filangieri rende anche necessario riadattarne Statuto e Regolamento vigenti.
Due opzioni possono prospettarsi per tale Fondazione.


Fondazione ordinaria

La soluzione più tradizionalista ipotizzerebbe una Fondazione di tipo ordinario, confermando il Direttore, quale attuale organo monocratico di amministrazione, come Amministratore Unico permanente, con facoltà di nominare il proprio successore. Il Consiglio di Vigilanza con gli stessi attuali poteri o trasformato nell’assimilabile Collegio dei Revisori, i cui componenti sarebbero indicati dagli originari membri del Consiglio di Vigilanza. Questa soluzione di governance rispecchierebbe troppo la struttura originaria e con la sua rigida continuità non si aprirebbe alla società civile.


Fondazione di partecipazione

Un’altra soluzione ipotizzerebbe una Fondazione di partecipazione con un Consiglio di Amministrazione aperto ad Enti istituzionali ed Enti sovventori, con un membro tradizionale, rappresentato dal parente più prossimo del fondatore. Il Direttore ne sarebbe l’organo esecutore e permanente, sempre con facoltà di nominare il proprio successore. Le rispettive competenze terrebbero conto, per quanto possibile, di quelle deducibili dagli originari Statuto e Regolamento. Questa soluzione decisamente innovativa rappresenta un dignitoso compromesso tra le disposizioni del fondatore e la realizzazione di una struttura adeguata ai tempi moderni, più elastica ed aperta ai contributi di articolate forze nuove. A questa soluzione mi atterrò nel prosieguo e conclusione di questo scritto.


Conclusione e proposte

Quali passi potrebbero essere necessari per la valorizzazione di questa Istituzione?
Quattro a mio avviso:
il primo, aggiornare Statuto e Regolamento;
il secondo, modificare la governance;
il terzo, fare squadra con i primari Musei privati;
il quarto, premere sulla politica per ottenere sull’Art Bonus l’equiparazione a quelli pubblici dei Grandi Musei privati o misti.



Primo passo
Appare necessario partire dalla trasformazione dell’Ente morale in una Fondazione a base associativa. Una tale trasformazione richiederà anche l’aggiornamento dello Statuto, nonché degli accordi scaturenti dall’Atto di donazione, del Regolamento e della struttura di governo del Museo. Seguirà per conseguenza l’iscrizione della Fondazione all’Anagrafe Unica delle Onlus.
Sul piano legale, l’attuale legislazione non frappone ostacoli alla trasformazione degli enti giuridici. Sotto il profilo del rispetto della volontà del fondatore, lo stesso Gaetano Filangieri, nella sua istanza al Comune di Napoli, definì la costituenda istituzione museale come una “artistica fondazione”71. Alla luce di questo riferimento va interpretato il vincolo posto dall’art. IX dello Statuto secondo cui «Il Museo dovrà rimanere perpetuamente nel luogo, modo e nell’ordine come lo costituisce il suo fondatore». Sarebbe solo la forma giuridica ad essere trasformata. Gli obiettivi originari verrebbero salvaguardati tramite una nuova governance, adatta ai tempi correnti ed alla scomparsa dell’originaria dotazione finanziaria disposta dal fondatore. In questa riforma istituzionale potrebbero essere eliminate tutte le clausole statutarie superate dalla Storia e definiti anche i rapporti finanziari tra l’Ente morale, poi Fondazione, ed il Comune di Napoli, di cui alla citata Convenzione preannunciata dal Comune di Napoli fin dal lontano 1996 e mai definita. La struttura attuale prevede che il Direttore è dotato dei poteri di amministrazione del Museo, finora né costituito sotto forma di Fondazione, né come Onlus. Invero, la suindicata legge 1080/1960 ha imposto agli Enti proprietari di predisporre un Regolamento di organizzazione e funzionamento. Come abbiamo visto, il precedente Direttore, Francesco Acton, propose un tale Regolamento e lo vide approvato dal Comitato interministeriale nominato con il citato decreto interministeriale del 1° ottobre 1969. Orbene, uno stesso procedimento potrebbe ipotizzarsi, per la stesura di un nuovo Statuto ed un nuovo Regolamento su iniziativa dell’attuale Direttore di concerto con il Consiglio di Vigilanza. I relativi nuovi testi sarebbero poi approvati dal Comune di Napoli e controllati dalla Regione ed infine dal Ministero dei Beni culturali. In tal modo si rinnoverebbe, aggiornandola, la struttura e la governance del Museo, come in modestissima parte fu fatto con il vigente Regolamento.
Facendo leva sui propri poteri, il Direttore potrebbe dimostrare prima al Consiglio di Vigilanza e poi, ove occorresse, alle dette Pubbliche amministrazioni che «il buon governo del Museo» (art. V dello Statuto) richiede oggi un aggiornamento dello stesso Statuto e del relativo Regolamento. Concorre a tal fine, fra l’altro, anche la sopravvenuta insussistenza dell’originaria dotazione finanziaria assegnata dal fondatore all’Ente morale, con la quale «la sua esistenza avvenire apparisce assicurata», come indicato nel Regio Decreto istitutivo del 16 agosto 188272. L’inadeguatezza della forma e struttura giuridica originaria si è manifestata con il venir meno proprio dell’autonomia finanziaria del Museo, a suo tempo assicurata dal fondatore, e quindi del presupposto fondamentale della decisione regia.
La forma giuridica con lo Statuto ed il Regolamento, andrebbero adeguati a quelli di altre analoghe istituzioni, da costituire come Fondazione «Onlus»73. Nella nuova struttura istituzionale potrebbero novarsi anche gli obblighi ed i rapporti finanziari e quant’altro stabilito nell’Atto di donazione. Come è avvenuto con le modifiche statutarie del 16 dicembre 199774 e poi quella citata del 18 maggio 2011 per il coevo Museo Poldi Pezzoli.
Circa la mission o lo scopo di una “Fondazione artistica Museo Principe Gaetano Filangieri – Onlus”, nei limiti del possibile, si adatteranno le clausole compatibili dell’originario Statuto, per preservare lo spirito del suo fondatore. Saranno eliminate le clausole obsolete. In questa ottica, oltre le tradizionali attività sociali (mostre, convegni, concerti, spettacoli, ecc.), potrebbe essere aggiornata l’originaria disposizione del fondatore di sviluppare il Museo come centro di eccellenza nelle pratiche di artigianato e restauro. L’apprendistato o la professionalizzazione degli artigiani non è più possibile attuarli in ristrette aree museali, come originariamente concepito dal Filangieri. Concezione troppo rivolta al passato in un’epoca, la nostra, in cui le nuove tecnologie rivoluzionano permanentemente i processi produttivi anche a livello artigianale.
In questo campo la tecnica della riproduzione 3D di oggetti d’arte potrebbe rappresentare un nuovo attrattore di giovani, soprattutto in aree museali ridotte. Sarebbe di stimolo per gli alunni delle scuole, in visita nella sede museale, reperire in rete i modelli 3D ivi esposti o assistere alla tecnica di digitalizzazione di oggetti di piccole dimensioni con scanner 3D dedicati, per generarne un modello tridimensionale virtuale e vederlo riprodotto solido in scala variata con tecnologia di stampa 3D. Con soluzioni adeguate si verificherebbe l’efficacia del confronto tra tecniche innovative di riproduzione ed utilizzo di nuovi materiali. A tal fine, occorrerebbe mettere a disposizione di studenti e giovani artisti le necessarie attrezzature con l’assistenza di uno specialista. Su questo filone, potrebbero anche introdursi le recenti innovazioni digitali sulla didattica museale.
Un agile museo potrebbe anche realizzare corsi di gestione museale avanzata.
Inoltre, tramite un mecenate, si potrebbe proporre alle Poste Italiane S.p.A. l’emissione di un francobollo commemorativo del Museo Filangieri con le indicazioni “Museo italiano di giovamento all’arte” e “Museo Filangieri”, nonché vignetta con la facciata di prospetto del Museo o la sala Moncada75, da rivendere anche in un costituendo idoneo bookshop con cartolina del Museo o con la busta del primo giorno di emissione.
Queste ed altre iniziative potrebbero costituire un aggiornamento dell’originario “sogno” del fondatore di sostenere un Museo civico con finalità didattiche e formative, oggi da combinare con attività ludica e di svago. Inoltre, la creazione di postazioni per un Museo interattivo e le rappresentazioni virtuali dei metodi di realizzazione delle opere esposte potrebbero attrarre nuovi gruppi di giovani e di visitatori.
Rivitalizzare in questo quadro la funzione del Museo agile e permanentemente propositivo significherebbe farlo rientrare in un più ampio percorso sia turistico che di interazione con la cittadinanza e non ultimo di promozione in Campania delle arti applicate al commercio, fra cui scultura, pittura, oreficeria, editoria, rilegatura e restauro di libri antichi, con tecnologie avanzate76. Oltre naturalmente tutte le altre iniziative, tipo “Quartet”, per sostenere economicamente il Museo e stimolare il mecenatismo.




Secondo passo

Definire una nuova struttura ed una nuova governance dell’Istituzione significa creare un Consiglio di Amministrazione aperto ed un Direttore suo braccio destro permanente e soprattutto dedicato alle relazioni esterne. A proposito di questa figura chiave, i musei che dichiarano di ricevere finanziamenti provenienti da erogazioni liberali e da sponsorizzazioni risultano dotati di un Direttore formalmente a ciò dedicato. I dati confermano quanto questa figura sia fondamentale per creare forme di collaborazione con i privati, costruire relazioni sul territorio e operare attivamente nella ricerca di fondi77. I componenti del Consiglio di Amministrazione sarebbero scelti tra rappresentanti delle Istituzioni e dei donatori o sovventori. Il Consiglio di Vigilanza, che “non potrà mai avocare a sé […] l’amministrazione del Museo”, confluirà in un Collegio dei Revisori78, eventualmente presieduto dal componente indicato dal Sindaco. Tutti i Consiglieri di Amministrazione, statutariamente, avrebbero uguali diritti e doveri e non rappresenterebbero gli Enti ed Organismi che li hanno nominati né ad essi dovrebbero rispondere. Ciò garantirebbe l’autonomia ed indipendenza dell’Istituzione.
Tutti questi incarichi sarebbero svolti a titolo gratuito e, pur onorifici, senza neppure rimborso spese. Quindi scelti tra risorse umane locali. Individuata questa nuova struttura, l’infaticabile attuale Direttore dovrebbe attivarsi presso le Autorità amministrative preposte, Comune di Napoli, Regione Campania e Ministero dei Beni Culturali, per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie per la trasformazione dell’originario Ente morale autonomo “Museo Principe Gaetano Filangieri”, di cui al Regio Decreto del 16 agosto 1882, in una Fondazione associativa Onlus. Tale Fondazione potrebbe essere, denominata “Fondazione artistica Museo Principe Gaetano Filangieri – Onlus” ed essere dotata di nuovi Statuto, Regolamento e Convenzione con il Comune di Napoli, secondo criteri adeguati ai tempi correnti, pur allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore.
Questo processo, se portato a buon fine, potrebbe innescare i presupposti necessari per rivitalizzare direttamente ed in prima persona l’Istituzione “Museo Filangieri”. Si potrebbe stimolare la partecipazione di grandi donatori al Consiglio di Amministrazione, all’Assemblea di partecipazione ed al connesso eventuale Comitato esecutivo. Se non c’è una attrattività per i donatori, non ci si può lamentare che questi poi latitino. L’associazione collaterale “Salviamo il Museo Filangieri - Onlus” potrebbe diventare finalmente quella degli “Amici del Museo Filangieri - Onlus”. Forse, così, il Museo Filangieri potrebbe pienamente decollare nel contesto napoletano.
In effetti, come rilevato, la governance del Museo Filangieri è stata concepita a misura del fondatore-autocrate: ricco, aristocratico, esperto d’arte, con tempo e danaro da dedicare all’Istituzione, circondato da un ambiente amministrativo municipale a lui sodale79. In pratica la funzione del Direttore, come emerge dallo Statuto è pari ad un Amministratore Unico, oggi però restato “senza portafoglio” e senza soci ai quali richiedere supporto finanziario. Comunque necessariamente dotato «di presenza assidua, di attenzione costante, di impegno tenace e pertinace»80.



Terzo passo

Occorre fare squadra o sistema tra i grandi musei italiani non statali. I grandi musei, di cui al citato D.M. del 15 settembre 1965 che include il Filangieri, potrebbero patrocinare dei gemellaggi fra quelli con impostazione, importanza e storie analoghe. A tal fine, in primo luogo, sarebbe necessario procedere ad una mappatura degli storici musei privati italiani, da inserire in rete e da aggiungere ai 19 che risultano dal Private Art Museum Report 2016 di Larry’s List81, che elenca solo i musei fondati da collezionisti di arte contemporanea ancora viventi.


Quarto passo

Occorre anche creare una lobby dei grandi musei privati, che si siano costituiti in Onlus. Il suo obiettivo iniziale sarebbe quello di spingere la politica a far inserire questi musei tra i soggetti generatori di credito d’imposta tramite l’Art Bonus, come regolato dal cosiddetto Decreto cultura, reso permanente e strutturale dalla Legge di Stabilità 2016. Ciò aprirebbe nuove prospettive finanziarie per queste Istituzioni82.


Per vivere e non sopravvivere
A tali condizioni, nuova forma giuridica, nuovo Statuto e nuova governance, gemellaggi e applicabilità dell’Art Bonus, il Museo Filangieri in particolare potrebbe acquisire più ampi spazi nella presenza e ruolo cittadino, come gioiello del mecenatismo napoletano, sia storico che attuale.
Il Museo Filangieri merita di vivere non di cercare di sopravvivere.



















NOTE
1 Ringrazio Maria Eleonora Acton di Leporano per avermi consentito di consultare la Biblioteca dello zio Francesco Acton, già direttore del Museo Filangieri, e le opere qui conservate di Gaetano Filangieri jr.; nonché Gianpaolo Leonetti di Santojanni, attuale direttore del Museo Filangieri, e Vincenzo Gaito per i documenti e notizie fornitemi sulla natura giuridica del Museo.^
2 U. Bile, Le origini del Museo: la storia di un’idea, in Gaetano Filangieri e il suo museo, Electa, 2002, p. 13.^
3 L. Esposito, Cento anni dalla fondazione del museo Correale di Terranova: memorie e progetti, http://www.academia.edu/1014390.^
4 G. Andreassi, Jatta di Ruvo. La famiglia, la collezione, il museo nazionale, Adda ed., 1996; Renato Brucoli, Acqua Aria Terra Fuoco - Dalle terrecotte alla porcellana: viaggio nell’arte ceramica fra Ruvo di Puglia, Terlizzi e Corato, Regione Puglia e Ministero Beni culturali, 2003, pp. 15-35; http://www.pugliadigitallibrary.it/media/00/00/38/532.pdf.^
5 Alcuni riferiscono per una cifra simbolica (Rosa Maria Faenza Jatta, in cit. “Acqua Aria Terra Fuoco”, http://www.pugliadigitallibrary.it/media/00/00/38/532.pdf). Altri per la cifra di 9 miliardi di lire http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2010/7/103762.html; http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/10/07/quella-lite-che-minaccia-ilfuturo-di.html).^
6 Così riferisce Gaetano Filangieri jr. di sé come viaggiatore: «Il fondatore di questo Museo […] nelle sue peregrinazioni per 25 anni attraverso l’Europa, visitando officine, scuole professionali, fabbriche ed istituzioni di ogni fatta», nel suo Catalogo del Museo civico Gaetano Filangieri, Principe di Satriano, Tip. dell’Accademia Reale delle Scienze, 1888, p. 435.^
7 Cfr. N. Barrella, Il Museo Filangieri, Guida ed., 1988, pp. 50 e ss.^
8 Dopo le distruzioni dell’ultimo conflitto mondiale che ne depauperarono drasticamente il patrimonio, il Museo Filangieri riaprì nel 1948. Beneficiò di numerose donazioni. Nel 1999 venne chiuso a seguito di una serie di furti, fra cui dopo il 1998 quelli di numerosi biscuit della donazione Perrone e l’intera collezione di monete antiche. È stato riaperto nel 2012.^
9 Vedi di L. Giusti, Tra dopoguerra e ricostruzione, in Gaetano Filangieri e il suo museo, cit., pp. 21-26.^
10 Cfr.: http://www.musei.it/campania/napoli/; http://www.musei.it/tipologia_museo.asp?id=3&id_citta=43; http://www.museiebiblioteche.regione.campania.it/MW/index.php?it/211/elenco-dei-musei-di-ente-locale-e-di-interesse-locale-riconosciuti-di-interesseregionale; http://www.fotoeweb.it/sorrentina/Napoli%20Elenco%20Musei.htm; http://www.mumex.it/opencms/export/sites/mumex/Multimedia/1289498131466_Analisi_di_scenario_e_delle_tipologie_museali_volume_I.pdf.^
11 Opera pubblicata tra il 1780 ed il 1791 che ha condizionato lo sviluppo della legislazione non solo in Europa, ma anche nei nascenti Stati Uniti d’America. Del suo autore (1753 1788) Johann Wolfgang Goethe ebbe a dire, usando esclusivamente per lui parole di particolare ammirazione e simpatia: «Egli appartiene a quella categoria di giovani egregi, che si prefiggono il bene dell’umanità non iscompagnato da una onesta libertà. […] I Filangieri non sono ricchi e vivono in decorosa parsimonia. (…) Non ho inteso il Filangieri pronunziare una sola parola insignificante», in “Viaggio in Italia”, Sansoni, 1924, Vol. II, pp. 18, 25, 31 e 214.^
12 La famiglia Como fu una famiglia di ricchi commercianti del Quattrocento che per confermare il loro successo fecero edificare un palazzo che rappresenta uno dei pochi esempi di architettura rinascimentale tipica toscana a Napoli.^
13 Legge 15 gennaio 1885, n. 2892, rubricata “Pel risanamento della città di Napoli”. Questa legge modificava in parte la precedente legge base sulle espropriazioni, quella del 25 giugno 1865, n. 2359, e con il suo art. 13 stabiliva che per l’esproprio non si sarebbe erogato il valore pieno degli immobili, ma «l’indennità dovuta ai proprietari degl’immobili espropriati sarà determinata sulla media del valore venale e dei fitti coacervati dell’ultimo decennio purché essi abbiano la data certa corrispondente al rispettivo anno di locazione». In pratica l’indennizzo veniva ridotto della metà.^
14 La descrizione dello stato originario del Palazzo Como è contenuta nell’art. 3° dello Statuto organico del “Museo Principe Gaetano Filangieri”, approvato con deliberazioni del Consiglio municipale del 7 dicembre 1881, dell’11 marzo 1882, nonché della Deputazione provinciale del 30 marzo 1882, ed infine con Decreto Reale del 16 agosto 1882, in G.U. del 14 settembre 1882, n. 215. Inoltre, detta descrizione compare anche nell’Atto di donazione per notaio Luigi Maddalena rep. 4598/2718 del 23 aprile 1883, pp. 19 e ss.^
15 Per effetto di due leggi “eversive” - il Regio Decreto del 7 luglio 1866, n. 3036, di soppressione degli Ordini, delle Corporazioni e delle Congregazioni religiose (in esecuzione della Legge del 28 giugno 1866, n. 2987) e la legge del 15 agosto 1867, n. 3848, per la liquidazione dell’Asse ecclesiastico - il palazzo Como di proprietà ecclesiastica venne acquisito al patrimonio del Comune di Napoli e destinato a sede dei suoi uffici.^
16 Come risulta dalla dichiarazione del Consigliere comunale Castellaneta, membro con il Filangieri della Commissione municipale dei monumenti, nell’assemblea del 7 dicembre 1881 (cfr. p. 48 Atto di donazione per notar Maddalena).^
17 Cfr. N. Barrella, cit., p. 64, nota 18, e p. 93; nonché cit. Atto Maddalena, p. 36.^
18 Tramite gli appaltatori Raffaele Brunato e Giovanni D’Alessio, v. l’art. 5° dell’Atto di donazione. Cfr. Giuseppe Russo, Il risanamento e l’ampliamento della città di Napoli, L’Arte tipografica, 1960.^
19 Premessa Atto di donazione del 23 aprile 1883; Art. XI Statuto; nonché G. Filangieri, Catalogo, cit., 1888.^
20 Impianto di riscaldamento centralizzato delle sale attraverso tubi inseriti nel pavimento. secondo uno schema analogo a quello reperibile in alcune ville gentilizie della Roma imperiale. Illuminazione da lucernario della sala di esposizione come la grande galleria del Museo del Louvre, tramite un solaio di copertura costituito da una travatura rivettata in vetro lattescente e acciaio a maglie triangolari, come la coeva Tour Eiffel (1887-1889), con vetrate apribili per aereazione e rinfrescamento della sala. Con l’illuminazione dall’alto le finestre sulla facciata esterna, non più funzionali, vennero rese cieche. Si aumentò così l’area espositiva interna, lasciando inalterata la facciata.^
21 F. Acton, Il Museo civico Gaetano Filangieri di Napoli, tip. G. d’Agostino, 1961; Umberto Bile, cit., pp. 13-20.^
22 Cfr. M. Santillo, Il museo artistico industriale e le scuole officine di Napoli. Un’occasione mancata, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. Il Palizzi ne fu anche il direttore dal 1881. Secondo Nicoletta Mazzone, in La restituzione del Museo Civico «G. Filangieri» alla città di Napoli, Nuovo Monitore napoletano, 8 dicembre 2015, “Museo ed Officine Artistiche Industriali" è il nome esatto di questo luogo sperimentale, ideato secondo l’impostazione del Museo londinese di Kensington, la cui realizzazione fu dovuta, in particolar modo, alle conoscenze ed all’esperienza acquisite dal patriota risorgimentale, nonché esperto di Belle Arti, Demetrio Salazar (1822-1882). Cfr. anche F. Di Vaio, Storia delle scuole, storia della città, in AA.VV. Mostra delle Scuole storiche napoletane, Giannini ed., 2014, p. 37.^
23 http://salviamoilmuseofilangieri.org/il-museo/.^
24 Questo originario disegno strategico del fondatore ha avuto un revival in una recente iniziativa promossa dalla Fondazione Emiddio Mele di concerto con l’Associazione “Salviamo il Museo Filangieri”. Nel Museo si sono effettuate lezioni e laboratorio creativo per giovani apprendisti sulle arti decorative delle collezioni presenti nello stesso Museo Filangieri. Tale iniziativa va inserita in un più ampio progetto per la promozione delle eccellenze artigianali della Campania, per le arti applicate, scultura, pittura, libri antichi. Vedi: F. Mele, I grandi magazzini Mele nella Napoli della Belle Époque, 2017, pp.. 8 e 10.^
25 L. Martorelli, Napoli: spenta l’utopia ottocentesca, in Il Giornale dell’Arte, n. 308, 4/2011. http://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/2011/4/107324.html.^
26 Tra le quali si annoverano grandi donazioni da parte di Riccardo di Sangro, Filippo Perrone, la famiglia De Ciccio, Salvatore Romano, Giuseppe Cenzato, Bovi-Mastroianni, Domenico de Luca Montalto; e minori donazioni tra le altre da parte di Francesco Acton di Leporano, Elena d’Aosta, Roberto Caracciolo di San Vito. Esiste nel Museo Filangieri una lapide con indicati molti dei donatori che concorsero alla reintegrazione postbellica del patrimonio espositivo del Museo. Vedi anche di Annachiara Alabiso, Villa Livia, in Gaetano Filangieri e il suo museo, cit., pp. 27-30; e di L. Falcone, La raccolta di ritratti dei Sanseverino di Bisignano, in “Collezionismo e politica culturale nella Calabria vicereale”, Fondazione Carical, Gangemi ed., pp. 177-190. https://books.google.it/books?id=DUXUCgAAQBAJ&pg=PA188&lpg=PA188&dq=acton+e+museo+filangieri&source=bl&ots=85rHH1R_7s&sig=xXc0HkKQnpNfRQJKaC55aQrgI8&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjP1oOom-3SAhVDsxQKHecGAgQQ6AEIKzAD#v=onepage&q=acton%20e%20museo%20filangieri&f=false.^
27 Grazie anche ai depositi temporanei del Museo nazionale di Capodimonte; http://www.euroarteitalia.it/eventi/index.php?page=item&id=16.^
28 Registrato il 4 maggio 1883 all’Ufficio atti pubblici di Napoli con il n. 3276, mod. 1, vol. 37 bis, fol. 80, esatte lire 1,20 per tassa fissa.^
29 Delibere del Consiglio comunale di Napoli del 7 dicembre 1881 e dell’11 marzo 1882; originario Statuto organico, tutt’ora vigente, del Museo “Principe Gaetano Filangieri”; Regio Decreto del 16 agosto 1882; Atto di donazione del 23 aprile 1883; Legge 22 settembre 1960, n. 1080, recante “Norme concernenti i musei non statali”; decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 15 settembre 1965 sulla classificazione dei musei non statali; decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 1° ottobre 1969 di nomina del Comitato interministeriale per l’approvazione dei Regolamenti di organizzazione e funzionamento dei musei non statali; Regolamento tuttora vigente del Museo Filangieri.^
30 Art. 26, co. 1, R.D. 1054/1924: «Spetta al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale di decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di un’autorità amministrativa o di un corpo amministrativo deliberante, che abbiano per oggetto un interesse d’individui o di enti morali giuridici; quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria, né si tratti di materia spettante alla giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi speciali».^
31 Vedi verbale del 15 maggio 1883 di duplice consegna dagli appaltatori Giovanni D’Alessio e Raffaele Brunati al Municipio di Napoli e da quest’ultimo al Gaetano Filangieri.^
32 P. 14 Atto di donazione per notaio L. Maddalena.^
33 Vedi p. 3, premesse Atto di donazione.^
34 Premesse Atto di donazione cit.^
35 Art. 4°, p. 15, Atto di donazione cit.^
36 Art. 4° cit.^
37 Con i numeri 750.532 e 413.193, ambedue del 22 marzo 1883.^
38 Art. 2°, R.D. cit.^
39 Art. 3° Atto di donazione.^
40 Art. IV dello Statuto.^
41 Art. IV dello Statuto.^
42 Art. V dello Statuto, nonché premesse del Regio Decreto del 16 agosto 1882. Il concetto dei “più prossimi parenti” o “congiunti” del fondatore si presta ad ampia e incerta interpretazione: quanto è estesa la prossimità? Circa i più prossimi parenti o congiunti attualmente viventi di Gaetano Filangieri, Principe di Satriano, ramo estintosi con Gaetano jr., sono numerosi i discendenti di rami collaterali per via di sangue dei Filangieri di Satriano.^
43 Art. V dello Statuto.^
44 http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/05/17/calcola-potere-dacquisto-lire-ed-eurodal-1860-2015/ ha guidato il calcolo dell’aggiornamento al 2015 del valore espresso in lire del1883, data della dotazione assegnata dal fondatore.^
45 Art. 2° del Regio Decreto del 16 agosto 1882, art. II dello Statuto e p. 17 Atto di donazione cit.^
46 Art. II dello Statuto.^
47 Istanza del Filangieri al Comune di Napoli allegata alla delibera municipale del 7 dicembre 1881, p. 42 Atto di donazione cit.^
48 Cit. istanza del Filangieri.^
49 Art. 9°, p. 18, Atto di donazione cit.^
50 Art. X e XI dello Statuto. Vedi cit. “Catalogo del Museo civico Gaetano Filangieri, Principe di Satriano”, vol. 1°, 1888. Per avere un’idea dei danni da vandalizzazione bellica del 30 settembre 1943 e da furti dopo il 1998, si possono mettere a confronto l’originario Catalogo del 1888 con quello attualizzato e presente nel cit. “Gaetano Filangieri e il suo museo”, Electa, 2002, pp. 32-123.^
51 Art. XI dello Statuto.^
52 Art. XI dello Statuto.^
53 Vedi premessa e Capitolo 4, rubricato “Consiglio di Vigilanza”, del Regolamento approvato dal cit. Comitato interministeriale, nominato con decreto interministeriale (Istruzione e Interno) del 1° ottobre 1969, ai sensi dell’art. 2 L. 1080/1960.^
54 Vedi nota del 21 maggio 1883 dell’Intendenza di Finanza n. 50180/8886, Sez. I.^
55 Con le leggi 15 maggio 1997, n. 127, art. 13, e 22 giugno 2000, n. 192, art. 1, sono stati abrogati questi vincoli e di fatto liberalizzati gli acquisti, anche tramite donazioni, «da parte di persone giuridiche, associazioni e fondazioni».^
56 Vedi verbale della delibera municipale del 7 dicembre 1881.^
57 Le “tasse” previste dal cit. art. 4° dell’Atto di donazione e cioè le tasse di manomorta e di ricchezza mobile sono state abolite dalle riforme fiscali tra il 1954 ed il 1973.^
58 Vedi premesse e artt. 3°, 4° e 6° Atto di donazione.^
59 Nel primo capoverso della premessa del Regolamento.^
60 http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/05/17/calcola-potere-dacquisto-lire-ed-eurodal-1860-2015/ ha guidato il calcolo dell’aggiornamento al 2015 del valore espresso in lire del 1871, data del testamento del fondatore.^
61 Cfr. Marco Carminati, “I conti segreti di Poldi Pezzoli”, 6 novembre 2011. http://caffetteriadellemore.forumcommunity.net/?t=48606705.^
62 Istanza del Filangieri al Comune di Napoli, riprodotta nella Delibera municipale del 7 dicembre 1881. Il Filangieri in tale istanza si riserva di aumentare detta dotazione ove necessario per l’amministrazione del Museo e per il maggior prestigio della Istituzione.^
63 http://stage.museopoldipezzoli.jwt.nohup.it/sites/default/files/dwn/Statuto_2011.pdf.^
64 «Parlare di impresa museale significa riferirsi, con locuzione convenzionale quanto a tecnica, a delle modalità di organizzazione e di gestione dei musei, atti a far sì che essi riescano a generare e, insieme, attrarre risorse sufficienti a coprire molta parte, se non la totalità dei propri costi di funzionamento», concetto contenuto in C. Barbati, L’impresa museale: la prospettiva giuridica, Aedon, n. 1, 2010; http://www.aedon.mulino.it/archivio/2010/1/barbati.htm.^
65 Sulla situazione in generale, vedi l’indagine ISTAT, Settore Cultura,“I musei e gli istituti similari non statali”, n. 6-2010; nonché MiBAC e DPS e Invitalia, “Analisi della competitività dell’offerta museale del Mezzogiorno e Benchmark”, vol. I. http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110524_00/inf_10_06_i_musei_e_gli_istituti_similari_non_statali.pdf; nonché: http://www.mumex.it/opencms/export/sites/mumex/Multimedia/1289498131466_Analisi_di_scenario_e_delle_tipologie_museali_volume_I.pdf.^
66 In occasione della dichiarazione dei redditi annuale, sia i privati che le imprese possono dedurre dal reddito le donazioni effettuate fino al 10% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70.000 euro all’anno (art. 14, co. 1, Legge 14 maggio 2005, n. 80). Ai sensi del successivo co. 3, resta ferma la facoltà delle imprese di avvalersi della normativa precedente che prevedeva la possibilità di dedurre le donazioni a favore delle Onlus per un importo non superiore a 2.065,83 euro o al 2% del reddito d’impresa dichiarato (art 100, co. 2, lett. h, D.P.R. 917/86). Per i privati c’è la possibilità di detrarre dall’Irpef il 19% dell’importo donato a Fondazioni e Associazioni Onlus (art. 15, co. 1, lett. h, D.P.R. 917/86). http://www.guidafisco.it/erogazioni-liberali-deducibili-detraibili-730-1298.^
67 Vedi art. 1, D.L. 31 maggio 2014, n. 83, c.d. Decreto Cultura, convertito con modifiche in legge 29 luglio 2014, n. 106. Questo sistema agevolativo è stato poi reso permanente e strutturale dalla legge di stabilità 2016 del 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, co. 318.^
68 L. 13 luglio 2015, n. 107, c.d. legge sulla Buona Scuola (art. 1, co. 145 e ss., istitutivi dello School Bonus); Decreto MIUR dell’8 aprile 2016, attuativo dello School Bonus. Salvo future modifiche.^
69 http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/visualizza_
asset.html_1464223263.html. Laura Giusti, cit., p. 26, riferisce che il Museo Filangieri risulta inserito nell’elenco dei “Grandi Musei italiani”, di cui al cit. D.M. istruzione, così da poter beneficiare degli interventi finanziati dalla UE.^
70 Nicola Spinosa, “Presentazione”, in “Gaetano Filangieri e il suo museo”, cit., p. 9.^
71 Dizione riportata testualmente nella delibera municipale del 7 dicembre 1881 e a p. 43 dell’Atto Maddalena. Questa dizione potrebbe comparire nella nuova denominazione del Museo Filangieri sotto la forma giuridica della Fondazione.^
72 Considerazione assunta nelle premesse del detto Regio Decreto.^
73 In base alla legge n. 342 del 21 novembre 2000, art. 38, alle società che ne fanno richiesta, viene offerta la deducibilità dal reddito di impresa delle erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di Onlus, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute finalizzate allo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei beni culturali e dello spettacolo, senza alcun limite di importo (Decreto ministeriale 11 aprile 2001, art. 1, comma 1, lett. “e” e “h”, e in base all’art. 100 comma 2, lett.” m”, del T.U. Imposte Dirette, D.P.R. 917 del 22 dicembre 1986). La Fondazione andrà iscritta all’Anagrafe delle Onlus presso l’Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Campania, purché in possesso dei requisiti indicati all’art. 10, comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 460 del 4 dicembre 1997, con svolgimento dell’attività nel Settore 7, ovvero tutela, promozione e valorizzazione delle raccolte artistiche.^
74 http://www.librari.beniculturali.it/opencms/opencms/it/istculturali/istituti/istituto_255.html.^
75 Come analogamente fatto, tra i tanti casi, con il francobollo sul “Museo della liquirizia”, “Giorgio Amarelli – Rossano”, 1° giorno di emissione 3 aprile 2004, € 0,45; oppure con quello sul “Museo archeologico nazionale della Sibaritide”, 1° giorno di emissione 27 maggio 2015, € 0,80; oppure con quello “Design italiano alta moda”, “Giorgio Armani”, 1° giorno di emissione 26 febbraio 2017, € 0,41.^
76 Attualmente a Napoli esistono numerosissime comunità per minori residenziali, convenzionate con il Ministero della Giustizia, Area penale, che sviluppano anche corsi di formazione nel campo della ceramica artistica e del piccolo restauro, per incentivare forme di imprenditoria sociale tra giovani, anche ex reclusi del Carcere minorile di Nisida, tra i 14 ed i 25 anni. Inoltre, ci sono i numerosi minori extracomunitari non accompagnati ospitati nei numerosi centri governativi di raccolta (Sprar). Anche a questi giovani potenziali artigiani potrebbe rivolgersi l’aggiornato interesse dell’Amministrazione del Museo Filangieri, in ossequio delle originarie finalità del suo fondatore, tramite il conferimento di borse di studio e la promozione di specifiche convenzioni per l’apprendistato.^
77 “Le erogazioni liberali a favore di musei e attività culturali. Normativa ed aspetti fiscali”, a cura di Massimo De Benetti, Regione Toscana – Giunta regionale, Direzione Generale Politiche formative, 2010, p. 11. http://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/
documents/1289312894394_3.RegToscana20104.Erogazioni_liberali_a_favore_dei_
musei.pdf.^
78 Federica Lorusso, “Il Collegio dei Revisori negli Enti non commerciali”, www.nonprofitonline.it/docs/dottrinarapporti/49.pdf.^
79 Come risulta dal corale sostegno e consenso all’iniziativa del Filangieri espressi da 64 componenti il Consiglio municipale di Napoli, registrato nella delibera del Consiglio municipale del 7 dicembre 1881, sotto la sindacatura del conte Girolamo Giusso, di approvazione dell’offerta del Filangieri. Orientamento pienamente confermato nella successiva delibera dell’11 marzo 1882 assunta da 57 componenti il Consiglio municipale di Napoli, sempre sindaco il conte Giusso, di approvazione dello Statuto del Museo Principe Gaetano Filangieri.^
80 N. Spinosa, cit., p. 9.^
81 https://www.larryslist.com/report/Private%20Art%20Museum%20Report.pdf.^
82 Vedi Claudio C. Corduas, “Mecenatismo ed erogazioni liberali”, L’Acropoli, 2/marzo 2017, pp. 160-186.^
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