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Intellettuali tedesche per l'Italia tra '800 e '900
di Anna Maria Voci
L’oggetto dell’ultimo libro di Christina Ujma, una germanista tedesca scomparsa improvvisamente e prematuramente nel maggio del 2016, è l’analisi degli scritti che varie donne colte tedesche, vissute tra il XIX ed il XX secolo, ci hanno lasciato sui loro viaggi e le loro esperienze in Italia.
Questo libro, dal titolo Stadt, Kultur, Revolution. Italienansichten deutschsprachiger Schriftstellerinnen des 19. Jahrhunderts. Aus dem Nachlass herausgegeben
von Rotraut Fischer und Ruth Ujma, Bielefeld, Aisthesis Verlag, 2017 (Forum Vormärz Forschung e.V. Vormärz-Studien, XL), offre un resoconto critico, vivace e sfaccettato, delle molteplici impressioni ricevute nel corso delle loro peregrinazioni in Italia da alcune intelligenti, colte e creative donne tedesche, la cui vita e le cui opere la ricerca scientifica ha da diversi anni avvicinato e fatto meglio conoscere ad un ampio pubblico di lettori, soprattutto in Germania, ma anche in Italia: Dorothea Mendelssohn-Veit-Schlegel, Fanny Mendelssohn-Hensel, Ottilie von Goethe, Adele Schopenhauer, Caroline Unger-Sabatier, Ludmilla Assing, Malwida von Meysenbug, Fanny Lewald-Stahr, Isolde Kurz, Ricarda Huch.
Il libro dà un contributo ad un filone di ricerca, quello degli studi sulle ripercussioni letterarie dei molteplici viaggi di intellettuali tedeschi nella terra “dove fioriscono i limoni”, che è ancora lacunoso, soprattutto, come avverte l’A. (p. 9), per quanto riguarda il sec. XIX ed in particolare il periodo dopo il 1832 (anno della morte di Goethe). Una delle principali tesi sostenute dall’A. è che, almeno per ciò che riguarda gli scritti sui viaggi italiani delle intellettuali da lei scelte, si constata in essi un crescente riferimento alla realtà loro contemporanea: le osservazioni si fanno più realistiche, più politiche, più “cittadine”, “urbane”, cioè molto meno condizionate dalla considerazione esclusiva di arte e natura, e molto meno inclini a descrizioni di paesaggi più o meno ideali ed arcadici e dense di reminiscenze classiche. In altre parole: nella maggior parte di questi resoconti sull’Italia non si ritrova la consueta percezione del paese, fatto solo di arte e paesaggio (come avviene nel modello indiscusso, Goethe), ma una mescolanza di osservazioni sulla politica, la gente, la vita cittadina, l’arte, e anche, pur se in grado molto minore, la religione. Sotto questo profilo, come rileva l’A., un altro modello almeno di due delle donne oggetto di questo libro, Fanny Mendelssohn e Fanny Lewald, furono Heine e i suoi Reisebilder.
Alcune di queste donne compirono almeno un viaggio in Italia insieme, ad es. Ottilie von Goethe e Adele Schopenhauer. Altre si soffermarono in Italia abbastanza a lungo per avere il tempo di aprire e mantenere un salotto, ad es. Caroline Unger e Ludmilla Assing a Firenze, Malwida von Meysenbug a Roma.
Opportunamente l’A. sottolinea come la forma letteraria nella quale si descrivono le esperienze italiane subisca qualche mutamento nel corso del sec. XIX. All’inizio vi sono lettere e note di viaggio sotto forma di diarii: le lettere di Dorothea Schlegel da Milano e Roma al secondo marito, Friedrich Schlegel (1818); il diario italiano, contenente fini osservazioni ironiche sulle esperienze fatte durante il viaggio, che la nipote di Dorothea, quel vero talento musicale che fu Fanny Mendelssohn, tenne tra Venezia, Firenze, Roma e Napoli (1839-1840); le lettere dell’irrequieta e poco convenzionale nuora di Goethe, Ottilie, che, a differenza del suocero, mostra vivo interesse, oltre che per l’arte, anche per la gente e la situazione sociale e politica dell’Italia di quel tempo e simpatia per il movimento patriottico italiano, e che, durante i suoi soggiorni a Roma, Firenze e Venezia ebbe contatti stretti con le locali élites intellettuali (1846/47; 1852-1854; 1855/56).
Fanny Lewald, la più famosa autrice ottocentesca di romanzi, una donna coraggiosamente anti-conformista, mediatrice letteraria del Risorgimento italiano in Germania, compì diversi viaggi in Italia (1845/46, 1866/67, 1877/78, 1882/83), soggiornando prevalentemente a Firenze, Roma e Venezia. Iniziò con un libro di viaggio intitolato Italienisches Bilderbuch (1847), una mescolanza colorita di osservazioni sull’arte, la gente, la cultura popolare, la politica, e sulle città da lei visitate; proseguì con un Römisches Tagebuch
(1865); passò poi ad una raccolta di resoconti di viaggio in forma di lettere, per lo più pubblicati prima in riviste o quotidiani, poi riuniti e ristampati in forma di libri. Anche le impressioni e osservazioni sulla politica e la cultura italiane, e su Firenze in particolare, della cugina di Fanny Lewald, Ludmilla Assing, una donna di idee libertarie e democratiche, curatrice della prima edizione tedesca in due volumi di scritti politici di Mazzini (Amburgo 1868), mediatrice culturale e politica tra Italia e Germania in epoca post-risorgimentale, stabilitasi a Firenze nel 1862 e lì rimasta fino alla morte (1880), furono stampate in riviste o quotidiani tedeschi e italiani.
Il libro su Firenze della coltissima (ma per molto tempo rimasta nell’ombra della celebre madre e dell’ancor più celebre fratello) Adele Schopenhauer, scritto durante il suo soggiorno a Firenze nel 1847/48, ma scoperto solo di recente e pubblicato nel 2007, è una descrizione della storia e delle opere d’arte della città, basata su letture erudite (principalmente la Nuova Cronica di Giovanni Villani e le Vite di Vasari), contenente anche osservazioni sulla politica del tempo e allusioni all’aspirazione alla libertà dei Fiorentini. Un’altra interessante e importante mediatrice culturale e politica è Malwida von Meysenbug, che si stabilì nel 1863 a Firenze e si trasferì a Roma verso la metà degli anni ’70, dove morì nel 1903. Lasciò numerosi scritti e saggi sul Risorgimento, animati da sentimenti democratici e finora pubblicati solo in piccola parte. Firenze, soprattutto la Firenze rinascimentale, è la protagonista dei racconti e novelle di Isolde Kurz (Florentiner Novellen, 1890), che vi si trasferì nel 1877 rimanendovi per circa 25 anni. Le sue Italienische Erzählungen (1895) sono una raccolta di saggi e feuilletons sulla Firenze contemporanea all’autrice, soprattutto sulla vita dei ceti meno fortunati. Infine le sue Florentinische Erinnerungen (1910) sono una compilazione di ritratti in ricordo di persone conosciute a Firenze e di scritti sulla città e dintorni. Il primo libro di Ricarda Huch su Garibaldi (1906) ha ad oggetto un tema inconsueto, la Roma della rivoluzione del 1848/49, ed è un romanzo storico basato anche su ricerche in archivi e biblioteche. Ujma ne offre un’analisi critica accurata, individuando, tra l’altro, nel libro tracce di un’influenza delle poesie dedicate da Carducci a Garibaldi.
Un altro interessante tratto comune alla maggior parte di queste donne è il fatto che esse, a Roma, non si dimostrano tanto interessate alle antichità, emancipandosi così, anche in questo, dal modello di Goethe. Almeno alcune di loro (Fanny Mendelssohn, Adele Schopenhauer, Fanny Lewald), con la loro ammirazione per Firenze, espressa già negli anni ’40 del sec. XIX, precorrono o concorrono in un certo senso alla “scoperta” che Burckhardt (1860), e, prima di lui, Michelet, fecero della capitale toscana con la sua storia e la sua arte. In particolare è interessante il caso di Adele Schopenhauer, che presenta Firenze come una comunità di cittadini, ben viva e consapevole di se stessa e dei propri valori civili, nella quale arte ed erudizione sono indissolubilmente legate all’identità ed alla coscienza urbana. A differenza che a Roma o altrove nell’Italia degli anni ’40 e ’50 del sec. XIX, ma anche nella maggior parte degli Stati tedeschi, a Firenze si respirava più libertà, meno censura e oppressione. Ma anche negli anni ’60, allorché Firenze divenne capitale d’Italia, e almeno ancora nel decennio successivo, si conferma questo prevalente spostamento di interesse da Roma, che era stato il fulcro del viaggio italiano di Goethe, a Firenze, città che continuò ad esercitare molta attrazione per la vivacità della sua vita politica e culturale.
Inoltre, a parte il caso della “convertita” Dorothea Schlegel, il cui cattolicesimo presenta tuttavia tratti pietistici estranei al cattolicesimo romano, ma molto vicini alla sensibilità della comunità di artisti tedeschi a Roma chiamati Nazareni, tutti gli scritti sull’Italia esaminati dall’A. mostrano poco interesse per la religione, per la Chiesa cattolica ed i suoi riti, hanno cioè un carattere piuttosto laico. Peraltro, il rapporto di queste intellettuali con Roma fu alquanto ambivalente: durante la prima metà del secolo XIX essa fu avvertita come una città interessante, ma anche un po’ noiosa, quasi morta; la cesura radicale fu quella del 1871, quando Roma divenne capitale di un nuovo Stato nazionale, che donne come Fanny Lewald, Ludmilla Assing, Malwida von Meysenbug o Ricarda Huch salutarono con convinzione.
In conclusione: tutte queste donne, colte, sensibili, non convenzionali, dotate di diversi talenti artistici, si sentirono bene in Italia, dove trascorsero periodi felici. Per molte di loro essa fu un luogo di rigenerazione, un rifugio dall’angustia culturale e politica che talune avevano sperimentato nella patria tedesca, una graditissima opportunità di lasciarsi alle spalle problemi e situazioni critiche vissute in Germania, un paese dove vivere in libertà, soprattutto in libertà psicologica, e appagare la sete di conoscenze e di nuove esperienze provata dalla loro mente. L’Italia allargò i loro orizzonti e permise ad alcune di esse di tornare in patria arricchite, alle altre, che restarono in Italia, di esprimere al meglio, per il resto della loro vita, inclinazioni culturali, senso cosmopolitico, interessi e doti intellettuali.
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