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Le scuole secondarie dal Decennio alla seconda restaurazione (1806-1820) Il caso Calabria
di Rosella Folino Gallo
Principi informatori generali

Le scuole secondarie costituiscono un importante segmento del sistema dell’istruzione pubblica sia in periodo napoleonico sia durante il Quinquennio. Delle stesse, la non definita definizione e la relativa concreta incisività sul territorio di radicamento mostrano l’interesse del legislatore a disciplinarle e al contempo la titubanza da questi espressa riguardo a collocazione e tipologia.
La nebulosità della definizione è plausibilmente spiegata dalla difficoltà oggettiva nel districarsi tra diversificazioni e particolarismi legati al territorio oltre che a realtà culturali contingenti. Il variare numerico di cattedre, e di diversa tipologia, rendeva quanto mai duttile la consistenza e perfino l’esistenza di queste scuole, molte delle quali gravanti sulle casse comunali e per questo facilmente soggette a mancanza o esiguità di fondi, se non a storno in altri settori delle somme loro destinate, e che finivano con il promuoverne l’apertura o il decretarne la chiusura. E tuttavia l’insistere sulle scuole secondarie sottolineava l’importanza delle stesse quale veicolo di disseminazione di saperi, anche se non facile risultava il circoscriverne l’identità, presentandosene ostica la definizione specifica e qualitativa; ma il volerle avvicinare, sia pur timidamente ai collegi e ai seminari (e questi ultimi conglobandoveli), significava apprezzarne la valenza pur valutandone la differenza.
La rilettura di due documenti ufficiali coevi – il Rapporto del 1815 del Galdi1 e il Breve cenno del Cardito del 18202 – rilevanti entrambi per contenuti e per allocazione in quanto posti a conclusione di importanti periodi, lascia cogliere elementi significativi a riguardo dell’enunciazione di principi, della formulazione di giudizi in merito all’argomento trattato, della rilevazione di dati, tutti visti dall’ottica governativa.
Nel Rapporto galdiano per le scuole secondarie erano previsti i seguenti insegnamenti: grammatica italiana e latina, geografia, elementi di storia e di mitologia, la spiega dei classici latini e italiani, l’aritmetica teorica, la geometria elementare, la fisica e la filosofia; le medesime scuole si suddividevano in tre classi: la prima comprendeva quattro professori, la seconda tre e la terza, infine, uno. La suddivisione non era arbitraria, ma risultava dettata dalle circostanze e – rispettando per quanto possibile il criterio di uniformità3 – dal disegno di incrementare tali scuole traendo profitto dai collegi retti dagli ex-Scolopi, dai Dottrinari, dai Barnabiti, dai Mandarini, dai Pii operai esistenti sul territorio, nonché dai seminari.
Il Galdi inoltre disciplinava la conduzione delle finanze con la proposta avanzata al Ministro dell’Interno, e da questi condivisa, di affidare a pubblici impiegati l’amministrazione dei beni per le scuole secondarie, non potendo queste assimilarsi né alle commissioni né al consiglio di Real Collegi e di Real Licei e né essendoci nei piccoli centri grandi proprietari come nei principali centri o nella capitale; la commissione amministrativa sarebbe risultata così composta: cassiere comunale, sindaco, direttore della scuola secondaria amministrata4.
L’interesse fattivo mostrato dal Galdi per le scuole secondarie, oltre che per i Real Collegi e i più prestigiosi Real Licei, si configura meritorio nell’espletamento delle sue funzioni di Direttore della Pubblica Istruzione; e un tale interesse nello specifico, e in funzione di questo, ne evidenzia l’importanza quale scuola preparatoria per i quadri intermedi della società.
Il Breve cenno carditiano, delineava una alquanto dettagliata panoramica dello stato dell’istruzione, a partire dal 1815, vissuta quale eredità del periodo murattiano potenziata in quanto colta nel suo evolversi nel periodo della Restaurazione fino al 1820. Egli non assume un atteggiamento criticistico riguardo alla validità del sistema educativo murattiano, solamente pone l’accento sul compiuto del tempo suo – assai consistente a suo avviso – enumerando tutti i provvedimenti presi in favore della politica scolastica: quanto potenziato, quanto svolto fattivamente messo a raffronto con il periodo al quale si subentrava.
Notevole importanza riveste il fatto che, sia come impostazione/realizzazione di normative sia come traduzione in atto delle stesse nella realtà scolastica, anche nella Restaurazione – quale valore trasversale tra passato regime e nuovo regime – si protrasse l’uso di utilizzare la valida esperienza acquisita da uomini che, come il Galdi ad esempio, pur essendo stati parte attiva nel regime napoleonico, si erano distinti per il loro operare a favore delle istituzioni scolastiche, garantendo in tal modo la continuità e la perseveranza nel discorso formativo della gioventù.
Un simile atteggiamento, punto fermo nelle linee portanti e nello stesso tempo evoluzione delle stesse e del sostrato storico che vi fa da sfondo, sottolinea l’importanza del problema educativo.
Le medesime scuole secondarie inoltre necessitano al loro interno di una più precisa differenziazione, modulandosi le stesse su realtà diversificate. Poste a metà tra le scuole primarie, rispetto alle quali impartivano più cognizioni, e rappresentavano di certo una più ampia offerta formativa e, a ben vedere, i seminari e i collegi, ai quali forse con qualche forzatura erano avvicinate nella tipologia, e nei quali si riconosceva un’estensione d’insegnamento metodico e progressivo non facilmente attuabile nella compagine delle secondarie in generale, esse costituivano una risposta più circoscritta rispetto a collegi e seminari, ma pur sempre risposta, a esigenze esistenti in loco come nel caso degli insegnamenti di agricoltura5.



a) I seminari

All’interno delle scuole secondarie si ritagliano uno spazio a sé i seminari, in quanto divergenti dalle secondarie laiche nella somministrazione, nella numericità e nella specificità delle materie, ma convergenti alle medesime in quanto assimilati ad esse come tipologia.
Gli eventi bellici legati alla rivoluzione del ’99, all’occupazione militare e al clima di guerra generalizzato, avevano decretato una pesante chiusura di seminari nel Regno; frequentati in passato, oltre che da allievi interessati ad abbracciare la carriera ecclesiastica, da giovani non intenzionati a portar la tonaca, ma presenti nell’istituto al solo fine di ricevere istruzione6, i seminari presentavano una situazione di fondo frastagliata nella proposta degli insegnamenti, confermando un pronunciamento particolaristico che contrastava con la tendenza all’uniformità voluta dal disegno di riordino del sistema-istruzione napoleonide, dove viva era l’esigenza sentita dal governo dimonitoraggio e di vigilanza – anche finanziaria – sugli stessi, tenuto nel debito conto che i seminari, pur restando sottoposti all’autorità ecclesiastica dei Vescovi, avrebbero finito con l’essere considerati equipollenti ai collegi7. E il cambiamento di tipologia a riguardo dei seminari – passati da istituto di tipo superiore a medio – non è da intendersi come una discrasia, ma come un più oculato assestamento della gradazione di tipologia.
La Restaurazione avrebbe raffermato la situazione, tenendo presente l’apporto del Concordato sancito tra la Santa Sede e le Due Sicilie nel 18188.
Nel suo Rapporto al Murat concernente gli anni 1810-18119 il Ministro dell’Interno Giuseppe Zurlo dipingendo il quadro dell’istruzione pubblica nel Regno, poneva con forza l’accento sull’opportunità di trarre partito utile dai seminari vescovili finalizzati all’istruzione comune e non solo a quella speciale ecclesiastica, uniformandoli per gli studi di lettere, di fisica e di matematica “alle regole ed al metodo conveniente al bene dello Stato, ed al piano dell’istruzione generale, salvo il governo e l’ispezione de’ vescovi su di essi”.
Rincalzava una simile tesi Matteo Galdi con l’affermare che i seminari, se adeguatamente retti – e corretti nelle inadempienze registrate – e censiti, essendo sparsi nel territorio del Regno, avrebbero potuto costituire per i comuni dove erano insediati, e per il relativo hinterland, un importante punto di riferimento nella mappa della somministrazione dei saperi e – rivestendo il ruolo di scuola secondaria – consentire un’offerta formativa di notevole entità, necessitando al conseguimento di tale fine l’opera congiunta del Ministro de’ culti e dell’interno e poi dell’Intendente10.
Il ritornare con tanta ufficialità sul tema non può che sottolineare l’urgenza di collocare i seminari all’interno del sistema scolastico sia napoleonico sia della restaurazione – l’uno teso all’ammodernamento napoleonide delle istituzioni scolastiche nel Napoletano, l’altro tendente al mantenimento delle medesime istituzioni scolastiche rivisitate assecondando la propria visuale – per il fatto di considerare importante la loro valenza come punto di riferimento nel territorio di incardinamento dei seminari, nonché per le funzioni svolte e svolgibili dagli stessi.



Gli insegnamenti di agricoltura

Un discorso a parte meritano gli insegnamenti che ruotano intorno all’agricoltura11 e che, presenti pure nelle cattedre stanziate nei Real Licei12, partecipavano della teoria-pratica dell’agricoltura intesa come espressione di “soda utilità” di stampo genovesiano, imperniata in una società a carattere e vocazione sostanzialmente agricole, e che pertanto molto poggiava sui proventi derivati dall’agricoltura13. Questa direzione aveva coinvolto illustri personaggi del mondo culturale napoletano, come il calabrese Domenico Grimaldi autore del Saggio sull’economia campestre in Calabria Ultra14, il padre Niccola Columella Onorati15,Teodoro Monticelli 16 l’illustre “scienziato del Vesuvio”, Giovanbattista Gagliardo17, importante studioso e valente agronomo, Vincenzo Cuoco estensore in età murattiana del Progetto18 educativo che, sebbene naufragato nella realizzazione pratica per motivi che nulla avevano a che vedere con la sua validità intrinseca, avrebbe lasciato un’impronta indelebile destinata a protrarsi ben oltre la politica scolastica del tempo; nel disegno educativo cuochiano, vicino agli altri insegnamenti, veniva evidenziata la necessità di quelli concernenti l’agricoltura, contemplandone la somministrazione nella triplice ripartizione di ordine scolastico primario, secondario e sublime.
Nella diffusione delle pratiche agronomiche rilevante era l’influenza esercitata dai catechismi19 agrari; i medesimi, costituendo opera a carattere divulgativo e finalizzati all’acquisizione di un sapere pratico – assieme a quelli riguardanti le arti e i precetti del galateo – non appannaggio esclusivo di Società economiche o di scuole secondarie20, erano previsti nelle scuole primarie21 anche durante il periodo della Restaurazione.
Al di fuori delle istituzioni scolastiche, l’addottrinamento nelle pratiche agrarie – tenendo presenti alcune modalità di somministrazione orale, accessibile a tutti – per i ceti più bassi era costituito dalla lettura di istruzioni e memorie campestri che i parroci22, sollecitati a ciò dall’alto, si premuravano di fare la domenica o i giorni festivi dopo le funzioni religiose; si confermava così la forte presenza di ecclesiastici in questo settore, presenza che si mostrava duttile nel configurare i suoi ministri quali mediatori di conoscenze presso i ceti meno aperti alle novità – perché impossibilitati dalle contingenze (non alfabetizzati o non presenti nelle scuole di agricoltura per ristrettezza di numero, per miseria o per le più svariate motivazioni) o semplicemente perché più arretrati – e pertanto bisognosi del sostegno di concrete forme d’incoraggiamento nel proporre soluzioni efficaci a problemi vecchi e nuovi, a intraprendere nuove strade alla ricezione di utilimezzi nella conduzione campestre, in una parola un primo passo a recepire e a stimolare la modernità, lasciando da parte le scorie dell’arretratezza.
Un aspetto da non trascurare era poi quello della sperimentazione nella coltura dei vegetali – condotta in piccolo e in proprio da agronomi o semplicemente da amanti dell’agricoltura – con questo intendendo la coltivazione di nuove piante o l’introduzione di metodi innovativi più produttivi nella coltura di piante tradizionali e già conosciute, nel riconoscere di queste particolarità, già note o del tutto nuove, e nell’individuarne la resa economica se potenziate.
Gli insegnamenti di agricoltura rivestivano un notevole interesse nell’improntare il ruolo – misto tra teoria e pratica – svolto dalle Società economiche23 riguardo all’importante sezione agraria. Molto spesso queste, sparse per le province, nel territorio di loro competenza sollecitavano l’apertura di scuole di agricoltura da parte dei soci aderenti; dei docenti che ne ricoprivano le relative cattedre, alcuni si profilavano come semplici ripetitori – ma pur sempre validi quali segmenti di ricezione e di trasmissione di saperi – altri si presentavano come figure di rilievo.
Nel caso della Calabria, basti pensare a Giuseppe Cua nella scuola di Catanzaro (del quale e della quale si parlerà più innanzi) o a Francesco Silvagni, operante in quella di Cosenza.
Le Società economiche venivano a loro volte sollecitate a redigere catechismi agrari – destinati pure ad uso esterno al tipo di scuole anzidetto – mirati alla diffusione della conoscenza di nuove metodologie produttive nell’agricoltura, nonché al rafforzamento di quelle già note e molto spesso trascurate24.
Un chiaro esempio riguardo al meccanismo messo in atto nell’impartizione delle direttive dal centro alla periferia, e cioè dall’Istituto d’Incoraggiamento25 con sede a Napoli alle Società economiche in provincia, costituisce il catechismo agrario di Gabriele Silvagni26 in Calabria Citra, rivolto a un’utenza alfabetizzata o per lo meno propensa all’apprendimento, intesa come un mélange di proprietari, a varia gradazione di fortune, aperti a recepire possibili soluzioni ai problemi dell’agricoltura considerata come produzione, e a ciò che ad essa era legato.
L’opera sebbene si presenti mutila – esiste infatti solo la Parte I – riveste un certo interesse sia per il contenuto del quale si avvale e per le modalità secondo le quali è stata scritta e sia in quanto espressione in loco di un bisogno di cognizioni che anche se non in tempi brevissimi avrebbe trovato risposta nel medesimo territorio (la scuola secondaria di Agricoltura, installata a Cosenza nel 1819; la cattedra di Agricoltura prattica, sarebbe stata ricoperta quell’anno stesso da Francesco Silvagni, zio dell’estensore del catechismo agrario ora citato e autorevole membro della Società Economica di Cosenza).
Importante canale privilegiato di comunicazione centro-periferia era costituito dai Consigli provinciali27: questi corpi rappresentativi assumono rilevanza in quanto facenti da tramite tra il potere centrale, rappresentato dall’Intendente e la realtà locale, vista nel pronunciarsi delle sue necessità e delle sue positività e criticità; gli stessi sopperivano alla duplice funzione di ricezione di notizie e di trasmissione delle medesime, attuata sempre per via gerarchica; altra lato da considerare nell’operato svolto dai Consigli provinciali era quella di agire, sollecitati dall’Intendente, come punto catalizzatore d’interesse nel raccogliere dati e informazioni, al fine di intessere il canovaccio sul quale far vertere la discussione del medesimo consesso. Rientrava a pieno titolo in queste prerogative anche l’occuparsi dell’istruzione intesa come descrizione dello stato e migliorie da attuarsi nella medesima, contemplata nelle risposte alle richieste dell’Intendente nell’istruire il canovaccio competente, e delle quali si troverà traccia nei Consigli provinciali e nella documentazione attinente delle quali si discuterà più avanti.
Altro canale per l’istruzione, anche agraria, oltre alle Società economiche, era costituito dall’esplicarsi delle esigenze del territorio da parte dei Cons. prov. Rappresentanze e corpi intermedi espressione del legame centro-periferia.



Contesto storico-legislativo.

In età napoleonica molto forte si sarebbe rivelato il trait d’union tra l’importante tema dell’istruzione pubblica e le modifiche strutturali dello Stato, le quali si configuravano caratterizzate da profonde innovazioni nell’amministrazione, improntate come erano all’ammodernamento giuridico e istituzionale dello stesso e connotate da consistenti riverberi nel sociale.
L’opera di organizzazione statutaria e amministrativa del Regno di Napoli28 era cominciata da subito, con l’arrivo di Giuseppe Bonaparte nella città partenopea; il nuovo re, infatti, aveva dato inizio all’attuazione della triplice riforma concernente giustizia, imposte e ordinamento interno dello Stato, il quale si sarebbe configurato governato secondo una legge unica e comune, valevole per tutto il territorio del Napoletano.
La legge dell’8 agosto 1806 aveva diviso il Regno in 13 province, ognuna delle quali suddivisa in distretti e ogni distretto a sua volta suddiviso in università (gli odierni comuni). A capo di ogni provincia veniva posto un intendente29 con poteri amministrativi, finanziari e di alta polizia, affiancato nelle sue mansioni da un Consiglio d’intendenza composto da 3 membri di nomina regia; a guida del distretto veniva messo un sotto-intendente, assistito da un Consiglio di distretto composto da un massimo di 10 membri; nelle università i decurioni, 10 in tutto – prima eletti pubblicamente poi estratti a sorte tra coloro che possedevano una rendita minima stabilita a seconda dell’importanza del comune – trattavano degli affari municipali e nominavano gli amministratori, definiti sindaci ed eletti ed avevano la facoltà di presentare le terne dei candidati per i Consigli distrettuali e provinciali. Era previsto infine un Consiglio generale di provincia, composto da non meno di 15 membri e da non più di 20, con il compito di esaminare l’operato dell’intendente, distribuire i pesi dei dazi sui distretti e inviare al Ministro dell’Interno una relazione sullo stato della provincia.
Tramite le intendenze, e gli organismi che vi ruotavano intorno, veniva creato un sistema di potere decentrato e non periferico nelle province, considerate in rapporto di continuità con Napoli.
Ai sensi della legge dell’8 agosto 1806 la Calabria si configurava come ripartita nelle due province di Calabria Citeriore – articolata nei distretti di Amantea, Castrovillari, Cosenza e Rossano e con capitale Cosenza – e di Calabria Ulteriore, a sua volta suddivisa nei distretti di Catanzaro, Gerace, Monteleone e Reggio e con capitale Monteleone.
Nella Restaurazione, lasciata sostanzialmente in vigore la ripartizione napoleonica del territorio napoletano, ai sensi della legge del 1° maggio 1816 la provincia della Calabria Ulteriore veniva spartita in 1° e 2°, suddivise rispettivamente l’una nei distretti di Reggio, Gerace e Palmi e con capitale Reggio, antica piazza d’arme, l’altra nei distretti di Catanzaro, Monteleone, Nicastro e Cotrone, riportando in auge come capitale Catanzaro e declassando Monteleone a capoluogo di distretto30.
La riforma si presentava indissolubilmente ancorata alla legge sull’eversione della feudalità del 2 agosto 1806, e questa mostrava la sua facies innovativa di svolta epocale, quale radice prima dell’innovata struttura sociale.
La politica scolastica, contestualizzata nella compagine amministrativa napoletana e condotta sulla linea dell’esperienza francese31, ebbe dunque modo di consolidarsi su un supporto legislativo efficace nel raggiungere i termini innovativi prefissi; e se ne facilitò l’operare usando l’accortezza di utilizzare l’esperienza di uomini che in tale campo avevano animato il precedente periodo borbonico; prendeva in tal modo l’avvio tutta una serie di provvedimenti legislativi riguardanti la scuola32, a loro volta destinati a incidere profondamente nel sociale e a perdurare – anche dopo la caduta del regno dei Napoleonidi – ratificati con gli inevitabili aggiusti nella seconda Restaurazione.
Nell’immediato della Restaurazione33, per quanto riguarda l’istruzione pubblica il nuovo governo si trovò di fronte un sistema scolastico vivo e vitale34 “tale da non poter essere senza danno, intimamente tocco” che, sebbene con una connotazione diversa più restrittiva pubblica35, avrebbe ratificato conferendogli il proprio imprimatur – come del resto sarebbe avvenuto per la compagine amministrativa saldamente instaurata nel Decennio e più conforme ai tempi che ormai urgevano36 – evidenziando così la volontà di voler proseguire sulla via ormai tracciata, anche se con meno forza, del periodo precedente.
Suggerivano questa risoluzione una serie di concause tra cui il voler sottolineare la finalità della scuola pubblica per la preparazione tramite di essa somministrata quale snodo importante tra compagine sociale e organizzazione statuale, fermo tenendo come quest’ultima richiedesse per il suo svolgimento concreto la presenza, e la competenza, di personale adeguatamente preparato a tale scopo, in grado di gestire le nuove e pressanti forme amministrative, imbastendo pratiche, stilando e soprattutto decodificando prontamente, tramite le conoscenze in merito acquisite con adeguamento professionale sia teorico che pratico, la copiosa produzione burocratica – dei e, soprattutto, tra i vari uffici – fatta da circolari, rapporti, applicazione di nuove leggi, corrispondenze di vario genere, richiedenti personale atto ad espletare con celerità e sicurezza il dovuto; si aggiungeva anche l’opportunità di mantenere nel loro ruolo i rappresentanti delle amministrazioni,a vari livelli, create in periodo murattiano, e che molto difficilmente avrebbero rinunciato alla collocazione sociale ed economica acquisita.
Ponendo l’attenzione alle scuole secondarie, si rileva come queste si presentassero incardinate nei nuovi ordinamenti, pur se tra incertezze e contraddizioni; e in ugual modo si rileva come le stesse sarebbero passate dal Decennio alla Restaurazione continuando ad ottemperare alla loro funzione, perpetrandosi incertezze e contraddizioni.
Il Decreto organico per l’istruzione pubblica del 29 novembre 1811 regolamentava le scuole secondarie37 riconoscendone il primo grado nei collegi reali non convertiti in licei e in istituti simili eretti da comuni o da particolari con permesso regio; nello specifico, le stesse dovevano essere dotate di almeno quattro professori (due di grammatica, uno di rettorica, ed uno di filosofia e matematica). I seminari diocesani erano annoverati tra le scuole secondarie .
Diversamente aveva previsto la Legge per lo stabilimento dei collegi nella Capitale e nelle provincie del Regno del 30 maggio 1807 la quale aveva stabilito che dopo gli esami di fine anno – pubblici e solenni, svolti alla presenza di autorità civili e religiose – si conferissero delle piazze franche ad alunni meritevoli, distintisi nelle scuole primarie o secondarie (senza specificare che tipo di scuola si intendesse con questo termine), per accedere a istituti d’istruzione considerata superiore; e tra questi erano annoverati i seminari, mentre i rimanenti stabilimenti38 erano tutti sedenti in Napoli, tranne la scuola reale militare stabilita a Caserta.
Gli eventi bellici legati alla rivoluzione del ’99, all’occupazione militare e al clima di guerra generalizzato, avevano decretato una pesante chiusura di seminari nel Regno; occorreva prender provvedimenti, e a questo fine era mirato il decreto giuseppiano del 30 novembre 1806 per la riapertura dei seminari chiusi.
La Sovrana determinazione del 10 giugno 1807 aveva innescato un procedimento di vigilanza oramai in fieri, che con il correttivo del D.R. del 12 ottobre 180739 sarebbe sfociato nel Decreto organico del 29 novembre 1811 in cui i seminari erano considerati equipollenti ai collegi, fermo restando che essi restavano sottoposti all’autorità ecclesiastica dei Vescovi in tutto e per tutto40. Gli Statuti pe’ real licei del 1816 avrebbero meglio circostanziato, appesantendole, le modalità dello svolgersi degli esami nei seminari.
La trasformazione dei seminari da istituto di tipo superiore a medio non va inteso come un declassamento; infatti la stessa era dettata da un criterio di maggior funzionalità e fruibilità dei medesimi che, per il fatto stesso di essere disseminati numerosi nel territorio, ben si prestavano a una più ampia offerta formativa dell’istruzione di tipologia media.
I dati sui seminari, sia pur parziali, raccolti dalla Sovrana determinazione del 10 giugno 1807 suggerivano una diversa mappatura degli istituti, evidenziando negli stessi una numericità che disegnava una fitta rete sul territorio, una non facile rendicontazione di cespiti e di rendite in godimento, in gran parte più che consistenti, una specificità di cattedre che però non toccava la soglia della specializzazione, se non in casi particolari.
Gli effetti della ricognizione, tenuto conto della non facile riapertura di tali istituti educativi, furono di allocare più appropriatamente i seminari tra le scuole secondarie con il fine di incrementare consistentemente queste con l’apporto di finanze, disponibilità di cattedre e presenza fattiva sul territorio di quelli.
Per adempiere al principio di uniformità di metodo e d’insegnamento,tramite la disposizione ministeriale del 26 marzo 1812, fu dato incarico al giurj competente di redigere un indice di “scelti classici e di opere elementari nelle lettere e nelle scienze”; ebbe così l’avvio la “Collezione economica di servire per li Reali Collegi,ed alcuni stabilimenti di pubblica istruzione”,per i caratteri di Angelo Trani.
Il Regolamento pe’ Licei, pe’ Collegi regali, e le altre scuole secondarie del Regno41 del 1812 esplicava il proprio raggio di azione comprendendo gli ordinamenti da impartirsi ai Reali Licei, istituiti nel 1811, disegnando la suddivisione degli anni di studio e delle discipline di insegnamento negli stessi con una durata totale prevista di 8 anni; ad esso si sarebbero dovuti uniformare i Reali Collegi e le Scuole secondarie, queste ultime purché fornite dei quattro professori previsti dall’art. 13 del Decreto organico, e cioè due di Grammatica, uno di Retorica e uno di Filosofia e Matematiche.
I Reali Collegi – regolamentati dagli artt. 174-179 – senza contemplare le materie caratterizzanti i Reali Licei, avrebbero avuto un corso di studi di 8 anni con i seguenti professori: uno di Grammatica Inferiore per 1 anno, uno di Grammatica Superiore per 2 anni, uno di Umanità e retorica per 2 anni, uno di Filosofia, Matematiche e Fisica per 3 anni; gli allievi migliori sarebbero stati chiamati a concorrere alle piazze franche nei Reali Licei.
Gli alunni più distinti delle Scuole secondarie – regolamentate dagli artt. 180-185 – avrebbero potuto concorrere alle piazze franche dei Reali Collegi e dei Reali Licei; restava limitata però la loro chiamata a presenziare a solenni funzioni, decurtata di circa la metà rispetto a quella di Licei e Collegi.
Sostanzialmente e. invero, molto più puntigliosamente, sulla stessa linea si sarebbero posti gli Statuti pe’ reali licei del 1816 – artt. 1-6 – sia in qualità che in concretezza fattiva nell’insegnamento delle singole discipline della sezione media e di quella specialistica; ad essi si sarebbero uniformati gli Statuti pe’ Collegi e per le scuole secondarie – rispettivamente artt. 1-4 e artt. 9-11 – promulgati nel medesimo anno.
Il Decreto Organico del 1811 regolamentava anche l’istituto della vigilanza sugli stabilimenti educativi, affidata alla Direzione dell’Istruzione Pubblica il cui Direttore di nomina regia e coadiuvato dai Giurj – presenti in ciascuna provincia e distribuiti in tre sezioni distinte per lettere, scienza e lingua – aveva il compito di far eseguire i regolamenti approvati dal governo riguardo all’insegnamento e all’amministrazione. Il Regolamento per la collazione de’ gradi nelle Facoltà (D.R. dell’1 gennaio 1812) prevedeva che la licenza e la laurea fossero conferite dall’Università e l’approvazione dai Licei.
La Real Determinazione del 2 agosto 1815 istituiva una Commissione di Pubblica Istruzione – surrogante la precedente Direzione generale – con a capo come Presidente il principe di Cardito i cui poteri sarebbero stati in seguito notevolmente ampliati.
Datano pure del 2 agosto 1815 i Real Decreti riguardanti la revisione dei libri da pubblicare e il ristabilimento, e la riconferma, della Commissione del 1805 riguardante l’esame e la revisione dei libri introdotti dall’estero.
Le due relazioni del Cardito, di poco susseguentesi, – l’una del 2 e l’altra del 4 settembre 1815 – chiariscono lo spirito informativo al quale si ispiravano i provvedimenti legislativi riguardo la somministrazione dell’istruzione, tendenti certamente al progresso delle scienze e delle arti ma connotati oltre che da uniformità, da una rigida “rettitudine dei precetti, onde quella del carattere e della morale cristiana” mirate a “svellere i principi che false e illusorie teorie” avevano fatto nascere.
Gli Statuti pe’ Collegi e per le scuole secondarie – promulgati con D.R. del 14 febbraio 1816, in pari data con gli Statuti pe’ real licei del Regno di Napoli i quali si presentavano molto più puntuali e precisi e circostanziati riguardo a insegnamenti impartiti, organizzazione, impianto generale insomma, anche riguardo ai Reali Collegi – si diluiscono e scivolano nell’incertezza per le scuole secondarie42.
I giurj furono aboliti, surrogati da ispettori, dotati di larghi poteri per sorvegliare su collegi, licei, scuole secondarie, pensionati e scuole private riguardo a disciplina e insegnamento; in questo stato di cose le prerogative degli ispettori si rafforzavano in modo deciso a confronto di quelle notevolmente più blande dei giurj.
Una nota restrittiva va letta nel sensibile contrarsi del numero dei Licei, ognuno dei quali dotato delle diverse facoltà, finalizzati non solo a facilitare questo tipo d’istruzione, quanto a scongiurare il pericolo potenziale di assembramenti di giovani, molte volte “effervescenti” nella Capitale43.
Il Regolamento per la collazione de’gradi dottorali (D.R. 27 dicembre 1815) prevedeva che la laurea venisse conferita dall’Università e l’approvazione e la licenza dai Licei. Negli Statuti pe’ reali licei, si confermava quanto detto in proposito, specificando la formazione della commissione d’esami riguardo ai componenti della stessa.



Nella Calabria Citra e nella Calabria Ultra.

Sia il conclusivo rapporto ufficiale del Galdi e sia quello riassuntivo e altrettanto ufficiale del Cardito, pur facendo riferimento all’intero territorio delNapoletano, presentano dei rilievi attagliati e specifici alla realtà calabrese, e in entrambi si rilevano delle discrasie a riguardo di stabilimenti educativi calabresi: il Cardito44 afferma che nel 1815 a Reggio esisteva un Real Collegio – vi era invece il Real Liceo, creato con D.R. del 18 febbraio 1813 e inaugurato solennemente il 15 marzo del 1814, retrocesso in seguito a Real Collegio con D.R. del 14 gennaio 1817 – e che il Real Collegio Vibonese sarebbe stato istituito nel periodo di tempo intercorso tra il 1815 e il 1820, pur essendo questo già stato creato con D.R. del 25 giugno 1812 e inaugurato solennemente il 6 gennaio 1815; il Galdi45 dà notizia certa dell’esistenza del Real Liceo reggino già prima del 1815 e dell’istituzione del Real Collegio Vibonese entro la stessa data, anche se non ne esplicita i provvedimenti di legge fondanti. Nello scritto galdiano le scuole secondarie erano 7; in quello carditiano erano 6.
Notizie interessanti sulla situazione scolastica generale in Calabria si deducono dal rapporto del Cardito diretto al Ministro di Grazia e Giustizia, e degli Affari ecclesiastici, e recante la data del 20 novembre 181946, significativo per il fatto di lasciar cogliere dati utili in quanto a prospettiva e a contesto, deducibili anche attraverso le correzioni che si ritrovano nel testo. La Calabria Citra presentava un collegio in Cosenza con 28 alunni interni e 22 esterni, una scuola secondaria in Rossano, tre in Cosenza e una in Scigliano; scuole private in numero di 235 (corretto 225); scuole maschili gratuite 203 con 3783 alunni; scuole feminee gratuite 45 frequentate da 716 alunne; collegio detto Italo-greco, che con Sovrana approvazione “è passato sotto la situazione chiesastica” (cancellato da S.Adriano deve essere trasferito in Corigliano); una direzione di Scuola di metodo di mutuo insegnamento stabilita in Cosenza. La Calabria 2° Ultra presentava il Liceo di Catanzaro con 10 alunni interni e 77 esterni; scuole secondarie in Misuraca, in Cirò e in Catanzaro, una per comune; scuole private 101 (corretto 119); scuole primarie maschili 203 frequentate da 4253 alunni; scuole gratuite feminee 36 con 824 alunne; collegio in Montelione con 42 (corretto 12) alunni interni e 87 esterni. La Calabria I° Ultra presentava un collegio in Reggio Calabria con 15 alunni interni; scuole private 66(corrette 93); scuole pubbliche maschili 136 con 2579 alunni; scuole gratuite feminee 37 frequentate da 605 alunne.
Allegato al rapporto vi è una dicitura riguardante nello specifico le scuole secondarie: “Le scuole secondarie nel Regno, ch’erano 15, oggi sono (cancellato 29) 54 delle quali 17 sono di Agricoltura, le altre alcune di Scienze e le rimanenti di Belle lettere. Molte altre sono in progetto. Si aggiunge l’installazione già seguita di 10 scuole agrarie nella provincia di Molise” (Progressi dell’Istruzione Pubblica dall’anno 1815 all’anno 1818).
Inoltre, il raffronto tra le appena menzionate relazioni ufficiali del tempo e l’accurata disamina di documentazione archivistica di prima mano da e per gli stabilimenti educativi del periodo esaminato, lascia cogliere delle discrasie, plausibimente dovute a scarsa informazione degli Uffici competenti, non precise perché enfatizzate ad arte, nei risultati ottenuti o caratterizzate da vuoti, con tutta probabilità causati da ignoranza o da superficialità: è il caso dell’esistenza purtroppo effimera (1808-1810) della Scuola secondaria di Scienze Fisiche, Matematiche e Metafisiche di Dasà47 o ancora l’istituzione della cattedra straordinaria di Geometria pratica unita a quella regolamentare di Disegno presso il Real Collegio di Catanzaro48; di queste due ultime scuole – e delle quali l’esistenza è inconfutabilmente provata da documenti d’archivio, conservati presso l’Archivio di Stato di Catanzaro – non ho rinvenuto traccia né in rapporti ufficiali né in tavole riassuntive dello stato delle scuole nel Regno; diversamente da altre scuole, largamente menzionate.
Il supporto legislativo dato dal sistema napoleonico all’istruzione si mostrava innovativo e consono ai tempi, anche se non sempre caratterizzato da efficienza perché incagliato in frequenti secche finanziarie e, soprattutto, fortemente limitato dai dissesti apportati dalla guerra e dalle asperità tante volte verificatesi nel “calarsi” nelle realtà locali49 – aspetto comune questo al periodo successivo della Restaurazione – che non sempre favorivano la realizzazione pratica di quanto progettato .
Di questo disagio un quadro sconsolato, pur se mitigato da qualche debole proposta di miglioramento, emerge dalla relazione di un importante organo ufficiale, quale il Consiglio Provinciale di Calabria Citra, nella seduta tenutasi a Cosenza il 4 novembre 180950:

“Non vi è Pubblica istruzione in Calabria. Dopo il 1799 il talento è stato un delitto, e soltanto degno della persecuzione del passato Governo. Li Padri di famiglia han creduto un’asilo nell’ignoranza dei Figli. Quest’orribile pregiudizio è restato distrutto con il nuovo felice Governo; ma le circostanze del tempo, ed il brigantaggio han deluso ogni cura su tal proposito… La barbarie si avvicina, se si trascura un tanto articolo, e tutto deve temersi dall’ignoranza. Le catedre invano si aprono, non vi è chi ascolta. Sarebbero necessari de’ buoni maestri, ch’esattamente pagati, fossero poi d’obbligo di riferire al Governo in ogni stagione il metodo da loro tenuto, e gli allievi, che si sono distinti, e concedere a questi qualche picciolo segno d’onore. Gli espulsi maestrj offrono senza stipendi l’occasione di parare una gran biblioteca che fornirebbe un gran mezzo alla gioventù d’istruirsi. Cosenza e Montalto offrono delle accademie antichissime, che giacciono nel silenzio.Potrebbe il Governo ordinare la riunione delle accademie sudette e proporre de quesiti, prometter premj. Così è sperabile vedere un’altra volta accendere l’entusiasmo per le scienze, ed animarsi li talenti. Li teatri sono utili per coltivare lo spirito, e civilizzare i Popoli inculti, e raddolcirne i costumi”.


Una situazione in qualchemodo propositiva per l’attuazione di miglioramenti, anche se segnata dalla consapevolezza di manchevolezze, si configura nella relazione svoltasi a Catanzaro il 28 ottobre 1809 del Consiglio Provinciale della Calabria Ultra51:

“La mancanza di molti seminari nuoce all’Istruzione pubblica… Una scuola di arti e di agricoltura ne’ Seminari dell’Interno, un’altra di commercio e navigazione nelle Città marittime, che hanno un traffico qualunque, sarebbe utilissima. Importerebbe soprattutto che ogni Distretto avesse un collegio per le persone più agiate, ed un seminario pe’ figli di Famiglia non favorite dalla Fortuna. Nel Distretto di Gerace potrebbe stabilirsi un Collegio nella città di Stilo e lasciare il Seminario a Gerace. Nel Distretto di Reggio Calabria il Seminario a Palmi e il Collegio a Reggio Calabria ove attualmente si trova. Nel Distretto di Catanzaro già a Catanzaro il Real Collegio, mentre i Seminari a Cotrone e a Nicastro. Nel Distretto di Montelione, il Collegio richiesto e il Seminario a Tropea, dove già è. Per ciò che si attiene alle disposizioni naturali degli abitanti all’Istruzione, sono esse le più felici…In questa Provincia non vi sono né Musei, né Biblioteche né depositi di oggetti di scienza e di arti. Vi sono per altro non pochi oggetti di antichità sparsi in vari luoghi, come ancora più casse di libri ne’ Monasteri sì anticamente che recentemente soppressi. Il passato Intendente de Thomasis ne ha di questi ultimi raccolti non pochi che vanno a mettersi in bell’ordine con persone una Biblioteca nel Palazzo dell’Intendenza di questa Capitale della Provincia”.

Risulta interessante il voler secondare le vocazioni territoriali con lo stabilire una scuola di arti e una di agricoltura nei seminari situati all’interno, e in quelli allocati in città rivierasche una scuola di commercio e di navigazione; e degno di nota è il disegno strategico di una mappa con segnata la distribuzione di stabilimenti educativi, uniformata al censo dell’utenza e suddivisa per distretti: per gli allievi più facoltosi erano destinati i collegi da dislocarsi a Stilo, a Monteleone, a Reggio, a Catanzaro (in queste ultime due città già vi erano); mentre per gli allievi di condizione più modesta erano previsti i seminari – già esistenti – a Gerace, a Palmi, a Cotrone e a Nicastro.
La provincia, nonostante fosse ricca di reperti storici, non era fornita né di musei né di biblioteche, anzi il personaggio che si era più interessato all’aspetto culturale – curando la raccolta di libri provenienti da Monasteri soppressi, facendo si che non se ne sperdessero le casse piene di libri – era stato Giuseppe de Thomasis il quale, dotato di personalità di spicco, nel periodo in cui aveva ricoperto la carica di Intendente della Calabria Ultra, si era adoperato nell’incentivare iniziative scolastiche e culturali di rilievo: “raccogliere i primi semi di una biblioteca”, caldeggiare la cattedra straordinaria di Geometria Pratica presso il Real Collegio di Catanzaro, promuovere l’istituzione di un corso di Disegno o Geometria Pratica a Catanzaro a spese del Comune, promuovere la fondazione della scuola secondaria di Dasà.
Particolare rilevanza assumono degli inediti documenti catanzaresi in quanto rappresentano il significativo momento nell’immediato del passaggio tra Decennio e Restaurazione, colto nel momento dell’allestimento di una mappatura ricognitiva sullo stato dell’istruzione in tutto il Napoletano, con richiesta d’indagine diretta agli intendenti e con conseguenza analoga di modalità di esecuzione dell’indagine medesima. Da queste relazioni trapela che si era nello scontento per quel che riguardava le scuole primarie mentre buona si presentava la situazione di Real Collegi e Real Licei 52.
Notevole interesse per le notizie fornite riveste il rapporto, e del quale già si è fatta menzione , del Pro-presidente del Giurj del Distretto di Gerace all’Intendente della Calabria Ultra, datato Gerace 28 settembre 181553. In esso il solerte funzionario, forte dell’esperienza di 6 anni di esercizio nella carica di cui aveva avuto l’onore e l’onere, faceva un resoconto, il più completo possibile, della situazione scolastica del geracese, secondando in ciò le richieste in merito dell’Intendente volte a istruire il canovaccio di discussione della seduta del Consiglio in risposta a quanto voluto dal Segretario di Stato, e cioè “che il Consiglio Generale della Provincia si occupi della Istruzione Pubblica, evidenziandone i difetti e proponendo rimedj dell’attuale sistema di Pubblica Istruzione”:

“Gli sforzi di tutti i tempi che un Governo regolato pose in uso per menarla (l’istruzione) a perfezione, furono sempre paralizzati o dalla imperfezione de’ sistemi o dalla pigrizia degl’Incaricati. Gli stabilimenti de’ Convitti, de’ Collegj, e delle Scuole Pubbliche sono di fresca data. Vi eran de’ Seminarj Vescovili, che servivan di supplemento alle scuole mancanti; ma la monotonia de’ metodi Ecclesiastici conveniva poco a giovini che non aspiravano al chiericato. In quest’ultimi tempi si fece un brillante apparato di Licei, Collegj, Scuole Secondarie, Scuole primarie, Pensionati, ma in mezzo a tanti termini sonori la ignoranza de’ tempi presenti non fece invidia a quella de’ tempi passati. Sei anni di esercizio nell’impiego di Giurj, di cui vengo onorato, mi offrirono l’agio di guardar davvicino lo stato della Pubblica Educazione in questo Distretto, e l’ho trovata sempre dejetta ed avvilita….À progressi dell’Educazione Pubblica si oppongono i pregiudizi del Popolo, l’incapacità degl’Istitutori, la restrizione degli oggetti d’insegnamento, l’indifferenza de’ Delegati, la poca considerazione pe’ Funzionarj, e la mancanza di locali…Sarò sempre costante nel credere esser le Scuole Primarie inutili e forse nocive ancora. Tre mila ducati che nel Distretto di Gerace si gittano per Istitutori, che non istruiscono, si potrebbero impiegare con miglior successo ad altri stabilimenti senza uscire dall’atmosfera dell’Educazione de’Fanciulli. Le Scuole Secondarie onorate coll’epiteto di Colleggi sarebbero più proficue ad istruire la Gioventù. In Gerace vi è il Seminario Vescovile capace di contenere fino a sessanta in settanta Alunni. Quando questo pio stabilimento fosse dotato della metà de’ soldi che sino adesso si son prodigati à Maestri delle Scuole primarie, avrebbe il Pubblico un mezzo sicuro per la educazione de’ giovini allievi. Questo piano non è nuovo: si era sottoposto altra volta all’esame del Consiglio Provinciale, e, se non m’inganno, era stato approvato; la sola mancanza di fondi ne impedì la pratica. So che alla Direzione Generale della Istruzione Pubblica si era comunicato un progetto non dissimile, ma non so qual sia stato il suo destino”

Nel distretto di Gerace la pubblica istruzione si trovava prostrata in uno stato di avvilimento per molteplici cause che affondavano le proprie radici nell’incapacità e nell’ignoranza. Nocive nel loro non funzionamento si rivelavano le scuole primarie, e anzi il Pro-presidente avanzava la proposta rivoluzionaria/ retriva di eliminarle del tutto: retriva e rivoluzionaria al contempo in quanto non riconosceva il valore dell’alfabetizzazione il più possibile estesa prefiggendosi il fine di sopprimere la pur validissima istituzione delle scuole primarie e in quanto si poneva contro-corrente in un inutile sforzo di osteggiare un cambiamento oramai in atto. Le carenze e i difetti colti nel risvolto pratico di strutture di disseminazione dell’alfabetizzazione non potevano assolutamente dar ragione dell’annullamento delle stesse, piuttosto si doveva guardare alla validità dell’istituzione e non ai limiti e alle carenze della stessa che potevano e dovevano esser corretti. Egli inoltre formulava l’ipotesi che metà della cifra spesa inutilmente per scuole primarie poteva con successo esser devoluta alle scuole secondarie, al seminario sito a Gerace e che per l’appunto che avrebbe magnificamente assolto al compito di educare efficacemente i giovani allievi.
Quello che lascia perplessi e in dubbio è la constatazione della notizia – sempre dal Pro-presidente in questione enunciata – che già in passato era stato preso in considerazione un simile progetto da parte del Consiglio Provinciale e che anche la Direzione generale in altri tempi aveva accarezzato un disegno non dissimile e però egli della prima ipotesi dice che si era arenata per mancanza di fondi e della seconda afferma di non conoscere il destino.
Fuor di dubbio è il caso di prendere sul serio queste notizie, anche se riferite in modo poco circostanziato, considerata la fonte da cui provengono e cioè da un Propresidente che parla nell’esercizio delle sue funzioni; plausibile è il credere che le difficoltà siano state molte e che l’esasperazione a riguardo di uomini e situazioni particolari sia stata tale, sia a livello rappresentativo generale sia a livello personale, da auspicare un pericoloso arretramento sulla via dell’alfabetizzazione e che però una tale presa di posizione non abbia trovato effettivo riscontro nella realtà dei fatti; e comunque, quanto riferito dal funzionario geracese, è indice di come da autorità competenti in materia, nonostante i buoni proponimenti da queste espressi in altri momenti e in sedi ufficiali, sia stata messa sul tavolo l’ipotesi – fortunatamente andata a vuoto – di intervenire drasticamente su una realtà che, già irta di suo di difficoltà oggettive, si presentava non sempre abbastanza tesa a superare gli ostacoli frapposti al raggiungimento di risultati apprezzabili scolasticamente parlando.
La relazione continua con il far menzione dei seminari, conglobandoli nelle scuole secondarie e riguardandoli come mezzi validi al raggiungimento dei fini educativi; soprattutto è messo in luce il ritenere di poterne adoperare le notevoli potenzialità,ora installandovi scuole di agricoltura, ora proponendo scuole di commercio e di navigazione. In definitiva, ci si atteneva al disegno galdiano di trasformare i seminari da istituti atti alla preparazione religiosa in scuole secondarie che potessero essere occasione di promozione e di sviluppo del territorio tramite l’acquisizione di nuovi efficaci centri di somministrazione dei saperi.



Scuole laiche e scuole tenute da religiosi.

A Catanzaro, di datazione incerta ma sicuramente prima ancora del 1809,per volontà dell’Intendente de Thomasis veniva proposta una scuola di Disegno e di Geometria prattica a peso delle casse comunali e l’insegnamento relativo a quest’ultima parte veniva posto come cattedra straordinaria presso il Real Collegio sedente in loco.
Una scuola secondaria di Scienze Fisiche, Matematiche e Metafisiche fu aperta a Dasà nel 1808 a carico del Comune – con delibera del Decurionato cittadino del 6 Aprile dello stesso anno – e chiusa nel 1810 per eccessivi carichi finanziari dello stesso; fu prescelto per maestro in essa il Dottor Fisico D. Giuseppe Oliverio, con l’onorario di ducati 8 al mese. Il ripristino della Scuola fu richiesto dal Sindaco e dal Decurionato di Dasà al fine di promuovere l’istruzione/formazione della gioventù del luogo e limitrofa. “...la gioventù studiosa, che con rapidità riportava de’ vantaggi dallo studio di dette scienze, rimase nel più pregiudizievole abbandono...divisato che i suiscritti giovani per la strettezza delle di loro fortune non possono stabilirsi ne’ Collegi e molto meno recarsi in altre Città culte per apprendere quelle virtù che rendono utile a loro stessi, alla Padria ed allo Stato. Si mosse tempo fa a domandarmi la riapertura della cennata Scuola di Filosofia, Scienze, Matematiche e Fisiche sotto la disciplina del testè conosciuto abile Oliverio “(Il Sotto-Intendente di Monteleone all’Intendente, 29 aprile 1818); la somma necessaria alla realizzazione del progetto sarebbe stata reperita sulla rendita di benefici di luoghi pii,ammontante a ducati 179,90, e della quale si forniva un accurato rendiconto. Le aspettative di Dasà andarono deluse, in quanto fu operato lo storno della somma stabilita per la riapertura della Scuola in favore di altra opera di beneficenza “avendo S.M. sanzionato lo stabilimento di 6 grandi orfanotrofi nelle Province, gli avanzi accennati servono necessariamente alla dotazione dell’Orfanotrofio che dovrà stabilirvisi nel locale di S. Stefano pe’ proietti e mendici delle Calabrie. Abbia dunque, Sig. Intendente, di partecipare tutto ciò al Sindaco e al Decurionato di Dasà affinché o propongano altri fondi, se ne hanno, o si persuadano dell’impossibilità del progetto”54.
A Reggio fu istituita una scuola secondaria di prima classe da allogarsi nel soppresso convento dei Basiliani (D.R. del 16 luglio 1810); per l’infelicità dei tempi tale scuola ebbe vita grama, mancando il locale e continuando il convento basiliano ad essere adibito ad ospedale militare.
Nel 1815 il Galdi segnalava l’esistenza di scuole secondarie a Cosenza, a Luzzi, a Montalto, a Malito, a Lago, a Rossano nella Calabria Citra, a Misuraca (collegio de’ PP. Pii Operaj) nella Calabria Ultra, per un totale di 7 scuole secondarie55.
Nel 1820 risultavano stanziate in Calabria Citra scuole secondarie a Rossano, a Cosenza, Scigliano, in Calabria Ultra II a Mesoraca, a Catanzaro e a Cirò, per un numero complessivo di 6; mentre nella Calabria Ultra I non erano segnalate scuole secondarie56.
La scuola di Rossano, fondata con D.R. del 13 maggio 1813,gravava sulle casse comunali ed era dotata di due professori – l’uno di Filosofia e Matematica, Giuseppe Morica, nominato con D.R. il 7 ottobre 1813, l’altro di Umanità e Letteratura, Domenico Cortese, – ciascuno con il soldo di 140 ducati annui; il numero di alunni afferenti alle cattedre era rispettivamente di 10 e 18.
Quella di Cosenza era un’antica scuola gesuitica,mutata in scuola secondaria di Agricoltura pratica con D.R. del 10 agosto 1819 e passata poi a carico del Tesoro con D.R. del 16 agosto 1819; era dotata di due cattedre – l’una di Filosofia e Matematica, ricoperta da Francesco Golia, già professore di Matematiche e fisica e poi di Logica, Metafisica ed Etica al Real Collegio di Cosenza e l’altra di Agricoltura prattica, ricoperta con D.R. del 3 novembre 1819 da Francesco Silvagni, membro della Società Economica di Cosenza – alle quali afferivano rispettivamente 18 e 10 alunni; il soldo dei professori ammontava a 60 ducati annui ciascuno e gravava sugli stati discussi del Comune.
A Scigliano era stabilita una “casa educativa diretta da Padri Operarj” fondata con D.R. del 15 maggio 1790; guidata da un rettore, essa vantava ben 5 professori, così distribuiti per cattedra: Rudimenti di lingua italiana e latina, Grammatica media, Rettorica e Poesia, Filosofia e Matematiche, Morale e Teologia. Le finanze erano garantite, e a peso, degli alunni pensionari e dagli introiti delle messe celebrate dai Padri. Il personale insegnante, compreso il rettore, era costituito da ecclesiastici.
A Mesoraca aveva sede un “ritiro diretto da PP. Filippini”; vi prestavano la loro opera un rettore (Girolamo Pedollà), un vice-rettore (Matteo Rossi), 3 professori per altrettante cattedre distinte (Filosofia e Mattematiche Elementari, Belle Lettere, Grammatica Inferiore) rispettivamente Giovan Battista La Rosa, Antonio Bova, Pasquale Canadei, un prefetto (Nicola Bova); tutto il personale citato era costitutito da ecclesiastici.
A Catanzaro era stabilita una scuola di Agricoltura pratica, fondata con D.R. del 14 dicembre 1819, gravante sulle casse comunali; la cattedra di Agricoltura prattica – alla quale afferivano 10 alunni e il cui soldo previsto per il docente ammontava a 60 ducati annui – era ricoperta da Giuseppe Cua (nominato con D.R. del 22 maggio 1819), già professore al Real Liceo di Catanzaro in quello stesso anno, incagliato nei rigori della “Giunta di Scrutinio della pubblica istruzione” nel 1821 e uscitone indenne per sovrana clemenza57.
A Cirò veniva istituita una scuola secondaria con D.R. del 30 novembre 1819; la medesima non era ancora funzionante e, ai sensi dei Reali rescritti dell’11 ottobre 1815 e dell’8 febbraio 1820, era indetto pubblico concorso, per la cattedra vacante di Lingua italiana e latina con il soldo di 50 ducati annui58.



Seminari

Notevole importanza in Calabria ricoprono gli stabilimenti educativi costituiti dai seminari diocesani, sia per la cospicua presenza nel territorio sia per la tradizione storica dalla quale erano sostenuti, aperti nella quasi totalità dopo il Concilio Tridentino.
Varie e mutevoli erano state le vicende di ognuno, ma tutti indistintamente avevano subito i dissesti del terremoto del 1783 e si erano mossi su uno sfondo comune di guerra – le tragiche evenienze del ’99, l’occupazione militare – di repressione e di vendette, di brigantaggio. Le nefaste condizioni avevano forzato molti seminari a chiudere e altri a condurre vita grama; pochi, evidentemente più sostenuti, non erano stati affossati del tutto, come quello di Mileto che – subiti gli effetti del sisma del 1783 che lo avevano distrutto – sarebbe stato riportato a vita fiorente grazie all’opera energica e meritoria di Monsignor Minutolo.
Riveste interesse che durante tutto il Decennio napoleonico e nel successivo Quinquennio della seconda Restaurazione i seminari calabresi, pur se costretti a un percorso accidentato e pieno di insidie – ora in tono minore attraverso le “scole pie” ora con maggior fulgore attraverso brillanti insegnamenti di grammatica e di retorica – mantennero la loro funzione precipua di centro di acculturamento della gioventù59.
Ai primi dell’Ottocento, in periodo napoleonico, molti seminari dunque risultavano chiusi, adibiti ad alloggio delle truppe, come quelli di Reggio, di Cotrone e di Nicastro; e frastagliata si presentava la situazione di fondo riguardo alle discipline in essi somministrate – ad esempio, nel seminario di Reggio era previsto anche l’insegnamento di materie scientifiche – diversificandosi le stesse come genere oltre che come consistenza numerica.
Nella missiva dell’Intendente della Calabria Ultra al Sottointendente del Distretto di Catanzaro – Monteleone, 17 giugno 1807 – veniva chiarita nei fini e nei modi di esecuzione la Sovrana determinazione del 10 giugno 180760:

“Vuole il Re che subito si riferisca 1° Quanti seminarj vi sono, ed in quali luoghi di codesta Provincia. 2° Quanta sia la loro rispettiva rendita, e da quali fondi si tragga. 3° come detta rendita si amministri, e quali e quante siano le persone impiegate nell’amministrazione economica, e qual’annua mercede si corrisponda alle medesime. 4° Quali, e quante scuole si facciano in ciascun Seminario, e quali libri in essi s’insegnano. 5° Quanti maestri vi siano, qual sia il di loro merito, e quale la paga di ciascuno. 6° Quanti seminaristi vi siano in ciascun Seminario, e di quale età possono essere ricevuti, e uscirne. 7° Quanto annualmente corrispondano i medesimi per lo di loro mantenimento”

Significative per il movimento suscitato al riguardo, e pur se mancanti delle relazioni annunciate, sono le corresponsive di riscontro al Sotto-Intendente del Distretto di Catanzaro – allegate al documento – del Monsignor Vescovo di Catanzaro (Catanzaro, 6 luglio 1807), del Vicario di Squillace (in data 18 luglio 1807 il prelato rimetteva un duplicato della relazione nella quale asseriva di aver eseguito l’ispezione di cui incaricata dall’Intendenza e dichiarava inoltre di essere in attesa della relazione della curia di Santa Severina), del seminario di Taverna (19 agosto 1807); vi era anche riscontro (Monteleone, 12 agosto 1807) delle relazioni originali di Belcastro, Isola, Catanzaro, Cotrone e Nicastro “circa lo stato de’ Seminarj”.
Notizie interessanti intorno al tipo di scuole, e finanze, si possono trarre ancora da altra documentazione catanzarese: il Vicario di Isola in una lettera all’Intendente della provincia di Calabria Ultra (21 novembre 1807) proponeva uno storno delle rendite dei seminari perché “non restino oziose ed inutili” ma siano devolute alla costruzione di strade per il bene generale e giustificava il fatto di non aver adempiuto all’incarico di cui si va discorrendo e al quale certamente avrebbe adempiuto “…se non mi fosse sorto il dubbio, che il Seminario di q. vacante Chiesa, il quale per altro non è stato, (ed è che una semplice scola pia, ove è concorsa e concorre, la Gioventù di q.a Comune ed augusta Diocesi ad esser istruita in unione di pochi novizi, e Chierici residenti nelle proprie case, nelle Lettere e nella Dottrina Cristiana)non sia, come non è di quelli compresi nella Sovrana Disposizione che parla solamente di que’ Seminarj chiusi p. le passate circostanze della Prov.a, mentre per anzidetto Seminario quantunque angusto nelle rendite,picciolo e mal acconcio nelle fabbriche, che malgrado le circostanze ventivate, pure è stato sempre aperto, e in azione ed ha adempiuto a tutti l’oblighi, come sta praticando oggi giorno”61.
Informazioni utili alla ricostruzione della vita e del contesto del seminario crotoniate si attingono dal rapporto indirizzato all’Intendente della Calabria Ultra, datato Cotrone 25 novembre 1807,” …se il Seminario di q.a città debba intendersi chiuso, o no, quanto che è vero, che da più anni non vi sono stati convittori per la ragione che essendosi trasferito per ordine supremo in un luogo più commodo, e di miglior aria, le fabriche in conseguenza non permisero di subito abitarvi: essendo poi accadute le politiche vicende, divenne, come lo è quartiere de’ soldati; ciò non ostante le Scuole di Teologia, Umanità ed altre cattedre p. commodo e vantaggio del Publico sono state sempre aperte, avendo atteso ogni maestro al suo rispettivo incarico, siccome tuttavia stanno praticando, con essersi corrisposto loro dal Seminario sud.to il solito onorario. Attendo su di ciò l’oracolo di V.E., se le sud.te publiche Scuole si debbano sospendere, e far desistere iMaestri, e se agevolandosi l’apertura delle Scuole si debbano agl’anzid. Maestri erogare il loro solito onorario”62.
Un rapporto ufficiale63 – anche se di data posteriore al periodo studiato – ci suffraga con il somministrare delle informazioni a proposito di due seminari, quello di Martirano – soppresso, e chiuso fin dal 1806 e le cui rendite erano state devolute al Demanio durante il decennio – e quello di Nicastro, nonostante le vicissitudini subite di gran lunga più fiorente del primo e che lo aveva assorbito:

“…Come Ella forse conosce qui vi eran due Vescovadi, uno di Martirano, in Nicastro l’altro. Dopo l’ultimo Concordato(1818), nella riduzione de’ Vescovi, quello di Martirano fu aggregato a Nicastro: quella chiesa rimase colleggiata, il Seminario si trovava chiuso sin dal 1806, perché ne furono addette le poche rendite al Demanio nel decennio stante la morte dell’ultimo Vescovo: ed in seguito fu aggregato a questo di Nicastro e quelle fabbriche ad uso privato, e ridotte in malessere.
L’antico Seminario di Nicastro, perché in luogo improprio ed angusto per la quantità degli alunni, questo Monsignor Vescovo ne ha riedificato altro di estesissima dimensione capace di moltissimi Alunni, vicino all’Episcopio, che non era l’antico; e costruito non solo con esquisita decenza,ma ancora le sale, ossia camerate distribuite conmiglior ordine e polizia: come tutti gli altriMembri addetti all’opera. Questo Seminario di Nicastro è in tutt’attività. Solo ne’ mesi di Settembre e Ottobre rimane sospeso, perché gli alunni temendo dell’aere fan ritorno nelle loro famiglie per rientrare ai principi di Novembre”.

Messe a raffronto e integrate vicendevolmente, la documentazione catanzarese già esaminata e la esaminanda documentazione napoletana64 sui seminari, lasciano scaturire delle informazioni utili a rievocare una situazione di fondo plausibile.
Al dire del Caldora65 ai primi dell’Ottocento in Calabria erano stanziati 14 seminari: a Belcastro, inoperoso per la morte di Monsignor Fabiani; a Strongoli, ancora in mente Dei; a Tropea e a Oppido, entrambi chiusi per i pesanti danni non ancora riparati del terremoto del 1783; a Umbriatico, con sede a Cirò, inattivo per mancanza di fondi; a Mileto, fiorente; a Rossano, piccolo e che con una modesta rendita ospitava 29 seminaristi paganti ognuno 24 ducati annui; a Bisignano che ospitava pochi convittori; a S.Marco, aperto il 1798, con 35 seminaristi paganti 24 ducati annui ognuno; a Isola, ospitante solamente 9 seminaristi; a Bova, ridotto in pessimo stato; a Cassano, a Catanzaro; a Reggio Calabria, adibito ad alloggio delle masse. Gli insegnamenti, per motivazioni intrinseche, tutti affidati a ecclesiastici, si presentavano vari, per l’usuale e molto in ristretto, comprendendo il latino, la teologia e il canto gregoriano e ampliandosi notevolmente in molti casi, cosicché nel seminario di Rossano – vivace centro culturale e religioso e che ospita tutt’ora il mirabile codex purpureus, già dichiarato patrimonio dell’umanità – venivano somministrati pure gli insegnamenti di retorica, filosofia e cronologia, in quello di S.Marco belle lettere e filosofia, in quello di Isola: filosofia morale,umanità, dottrina cristiana e grammatica. Come un caso a parte si configura il seminario di Reggio – importante centro politico e culturale66 – che molto soffrì dell’infelicità dei tempi e dove più ricca si presentava l’offerta formativa, caratterizzata dagli insegnamenti di lingua latina, greca e per qualche tempo anche ebraica, lettere umane, poetica, rettorica, filosofia, elementi di matematica, aritmetica, geometria, trigonometria, logica e metafisica, fisica, geografia, ottica, anatomia, teologia, storia sacra ed ecclesiastica, diritto canonico, diritto civile.
Dall’incrocio di incartamenti napoletani e catanzaresi si evince tuttavia un numero maggiore di seminari esistenti in Calabria, e che ascendono pertanto al numero di 17: a Cassano, a Cotrone, dove era presente l’insegnamento di leggere e scrivere; a Isola, a S.Severina, a Catanzaro, anche con l’insegnamento di leggere e scrivere; a Squillace, a Gerace, a Bova, a Nicastro, a Oppido, chiuso dopo il terremoto del 1783; a Mileto, a Nicotera, a Reggio, con lezioni irregolari sempre a causa del sisma del 1783; a Cosenza, con pochi allievi; a Cariati, pure con pochi seminaristi; a Rossano, a Cirò.
Entrambe le documentazioni però non segnalano né il seminario con sede a Taverna – e di cui è data notizia nel carteggio catanzarese (dianzi da me segnalato) inerente il monitoraggio dei beni dei seminari voluto dalla Sovrana Determinazione del 10 giugno 1807 – e né il seminario di Martirano, accorpato a quello di Nicastro, pure questo menzionato nella documentazione catanzarese su citata.
C’è da dire che il discorso sui seminari calabresi andrebbe ampliandosi molto di più, se adeguatamente sostenuto; e questo richiede un impegno di lavoro che esula dal presente.
In conclusione, sebbene distanti dal prestigio dei Real Licei, e anche dai Real Collegi, le scuole secondarie nel loro insieme tuttavia rappresentavano un discreto centro di somministrazione dei saperi, costituito al suo interno da un amalgama di scuole laiche create ex-novo, di scuole preesistenti rette da religiosi, di seminari, e rispondente ai criteri di riordino del sistema scolastico vigente in periodo napoleonico e in periodo restaurativo.












NOTE
1 Rapporto a S. E. il Ministro dell’Interno sullo Stato attuale dell’Istruzione pubblica nel Regno di Napoli del Direttore generale della medesima, Napoli, Stamperia Reale, s. d. (ma 1815).
L’opera si presenta senza data di edizione, ma è sicuramente del 1815 in quanto nella tav. IV l’A., nelle note sul Collegio Vibonese, fa esplicitamente menzione dell’inaugurazione dello stesso, avvenuta solennemente i primi di gennaio del 1815, precisamente il 6, e riportata inoltre in un documento ufficiale – il rapporto dell’Intendente della Calabria Ultra al Ministro dell’Interno – del 12 successivo.
(Archivio di Stato di Napoli – d’ora in avanti ASNA – Ministero Interno, II Inventario, f. 5091).^
2 Breve cenno sullo stato attuale della Pubblica Istruzione del regno delle Due Sicilie nella parte al di qua del faro paragonato a quello ch’ era nel 1815, in Collezione delle leggi de’ decreti e di altri atti riguardanti la pubblica istruzione promulgati nel già Reame di Napoli dall’anno 1806 in poi, Napoli, Stamperie del Fibreno, 1861, 3 voll., vol. I, pp. 551-562.
Va precisato che, da ora in avanti, le leggi i decreti e gli atti ufficiali citati – se non diversamente segnati – sono tratti da Collezione delle leggi de’ decreti… appena citata e da Bullettino delle leggi del Regno di Napoli (1807-1815), Napoli, Fonderia Reale e Stamperia del Ministero della Segreteria di Stato.^
3 “…si è voluto profittare di tutti i mezzi che offriva l’antica istruzione, di tutti i soccorsi che somministrano i Comuni secondo la loro maggiore o minor popolazione, e di tutti i legati ed altre pie disposizioni fatte da benemeriti cittadini a vantaggio della pubblica Istruzione. In tal guisa il grado della scuola secondaria non è stato determinato da un principio stabile, da una particolare teoria, ma dalla quantità de’ fondi de’ quali si era in grado di disporre”.
(Rapporto a S. E. il Ministro dell’Interno sullo Stato attuale dell’Istruzione pubblica…, op. cit., p. 20).^
4 Rapporto del Direttore della Pubblica Istruzione al Ministro dell’Interno –Napoli 31 maggio 1813 – e corresponsiva, Napoli 14 agosto 1813.
(ASN, Consiglio d’Istruzione Pubblica, fascio 1512).^
5 R. DE LORENZO, Le scuole secondarie e gli insegnamenti di agricoltura nel Mezzogiorno, in Storia delle istituzioni educative in Italia tra Ottocento e Novecento, Il Risorgimento-Quaderni (8), 1996, pp. 37-61.^
6 X. TOSCANI, Recenti studi sui seminari italiani in età moderna, in Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche, 2000 (7), pp. 281-307. C. MATARAZZO, Educazione e istruzione nel regno di Napoli. Il modello capuano tra il 1832 e il 1850, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento. Da Milano a Napoli: casi regionali e tendenze nazionali, a cura di A. BIANCHI, Brescia, La Scuola Editrice, 2007-2012, 2 voll., II vol., t. I, pp. 657-689 con appendice documentaria, pp. 689-695; il saggio, pur travalicando i limiti temporali prefissimi, presenta il notevole pregio di tracciare un percorso storico pertinente e facilmente ripercorribile.^
7 M.A. TALLARICO, Il vescovo B. della Torre e i rapporti Stato-Chiesa nel decennio napoleonico, in Annuario dell’Istituto Italiano per l’età moderna e contemporanea, 1975-1976 (XXVII- XXVIII), pp. 133-397; M. MIELE, La chiesa del Mezzogiorno nel Decennio francese: ricerche. Quaderni dell’Accademia Pontaniana, 52, 2007.^
8 W. MATURI, Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le Due Sicilie, Firenze, Le Monnier, 1929; F. BARRA, Il problema della ristrutturazione delle circoscrizioni diocesane nel Regno di Napoli tra il Decennio e la Restaurazione, in Studi di Storia Sociale e religiosa. Scritti in onore di Gabriele De Rosa, a cura di A. CESTARO, Napoli, Ferraro, 1980, pp. 537-576;M. SPEDICATO, Tra il Papa e il Re. Le diocesi meridionali alla fine dell’antico regime, Galantina, Panico, 2003.^
9 Rapporto sullo stato del Regno di Napoli per gli anni 1810, e 1811 presentato al re nel suo Consiglio di Stato dal Ministro dell’Interno, Napoli, Trani, 1813, p. 37.^
10 Rapporto del Direttore della Pubblica Istruzione al Ministro dell’Interno sull’interesse da prendersi per i seminari del Regno, Napoli 1 luglio 1812.^
11 Questo interessante argomento è da me più ampiamente trattato in un lavoro di prossima pubblicazione.^
12 Il Decreto Organico del 1811 nei Real licei disegnava per la specialità di matematiche fisiche una cattedra di Storia naturale e per la specialità di medicina una cattedra di storia naturale e chimica, (art.18); il medesimo decreto nella facoltà di scienze matematiche e fisiche dell’Università disegnava una cattedra di botanica e una di zoologia (art. 25), specificando che il professore di botanica avrebbe diretto il giardino delle piante e avrebbe potuto avere un aggiunto (artt. 29-30) vi sarebbe stato un museo di zoologia per le lezioni di queste scienze, con un aggiunto.
Gli Statuti pe’ reali licei del 1816, nella parte specialistica delle scienze, prevedevano una cattedra di Storia naturale”eseguendosene le dimostrazioni ne’ Gabinetti di mineralogia e di zoologia, e nell’orto botanico”(art.1, c.10).^
13 Per un quadro d’insieme non solo italiano, concernente la fase degli stati pre-unitari e infine quella dell’Unificazione, ma che si slarga al contesto europeo riguardante Germania, Francia e Inghilterra, si veda Agricoltura come manifattura. Istruzione agraria, professionalizzazione e sviluppo agricolo nell’Ottocento, a cura di G. BIAGIOLI e R. PAZZAGLI, Firenze, Olschki, 2004, voll. 2.^
14 Stampato a Napoli il 1770 per i caratteri di Orsini.^
15 Delle cose rustiche, ovvero dell’agricoltura teorica, trattata secondo i principj della chimica moderna, opera del p. Niccola Onorati, Napoli, Porcelli-Flauti, 1791-1793, 3 voll.; Saggio di economia campestre e domestica per gli 12 mesi dell’anno ad uso degli agricoltori, de’ pastori, e di altra gente industriosa del Regno di Napoli per l’anno 1810, Napoli, Trani, 1809.^
16 Catechismo di agricoltura pratica e di pastorizia per la pubblica istruzione de’ contadini del Regno di Napoli, Napoli, Amato Cons, 1792.^
17 Catechismo agrario per uso de’ curati di campagna, e de’ fattori delle ville del signor Gio. Batt. Gagliardo socio della Reale Accademia delle Scienze, Napoli, Coda, 1807.^
18 Rapporto al re Gioacchino Murat e progetto di decreto per l’organizzazione della pubblica istruzione, in V. CUOCO, Scritti sulla pubblica istruzione, a cura di L. BISCARDI e R. FOLINO GALLO, Roma-Bari, Laterza, 2012, rispettivamente alle pp. 22-23, 34-35 e 96-98.
Ivi, rimando al mio “Leggere” nel suo tempo il “Rapporto al re Gioacchino Murat e progetto di decreto per l’organizzazione della pubblica istruzione nel Regno di Napoli” di Vincenzo Cuoco, pp. XXV-LXII spec. XXVII, XXVIII, XLVI, L, LI.^
19 Sui catechismi in generale cfr. P. MATARAZZO, I catechismi degli stati di vita alla fine del Settecento, in Editoria e cultura a Napoli nel XVIII secolo, a cura di A.M. RAO, Napoli, Liguori, 1998, pp. 503-526.^
20 La richiesta – da tempo avanzata ed evidentemente non evasa – di catechismo di agricoltura nelle scuole primarie è presente nel rapporto del Pro-Presidente del Giurj del Distretto di Gerace all’Intendente di Calabria Ultra, datato 28 settembre 1815: “Richiamai l’attenzione del passato Sig.re Direttore Generale su questo articolo, promise interessarsi perché nelle Scuole Primarie vi fosse il comodo per apprendersi la Geografia, la Storia, la Lingua latina ed italiana e il Catechismo ancora di Agricoltura; ma sia per la circostanza de’ tempi, sia per quel periodo che si richiede alla perfezione di tutti i buoni istituti, non si è potuto giungere, e così l’affare restò in progetto”.
(Archivio di Stato di Catanzaro – d’ora in avanti ASCZ – Fondo Intendenza, Consigli Provinciali e Distrettuali, b. 1.)^
21 Regolamento per le scuole primarie de’ fanciulli di Napoli e del Regno, approvato con D.R. dell’1 maggio 1816, rincalzato dal Regolamento per le scuole primarie de’ fanciulli e delle fanciulle del Regno approvato con Rescritto del 21 dicembre 1819.^
22 W. PALMIERI, L’“offerta di stato” nell’agricoltura meridionale del primo Ottocento: trasformazioni e vincoli, in Meridiana, 1996 (25), pp. 133-166; R. DE LORENZO, Sperimentazione e struttura agraria nel Mezzogiorno pre-unitario, in Agricoltura come manifattura…, op. cit., pp. 507-555.^
23 R. DE LORENZO, Società economiche e istruzione agraria nell’Ottocento Meridionale, Milano, Angeli, 1998.^
24 F. ASSANTE, Rapporti di produzione e trasformazioni colturali in Basilicata e Calabria nel secolo XIX, in Il Mezzogiorno preunitario. Economia, società e istituzioni. Atti del Convegno Forma e limiti di un processo di modernizzazione: ilMezzogiorno tra crisi dell’antico regime e l’Unità (Bari, 23-26 ottobre 1985), a cura di A. MASSAFRA, Bari, Dedalo, pp. 55-69 e EAD., Organizzazione e innovazione in agricoltura: il caso Basilicata e Calabria, in Società Italiana degli Storici dell’Economia, Innovazione e sviluppo. Tecnologia e organizzazione fra teoria economica e ricerca storica (secoli XVI-XX). Atti del Secondo Convegno Nazionale (Bologna, 4-6 marzo 1993), pp. 17-35; entrambi ora ripresi nel volume della medesima A. In Basilicata nei secoli XVII-XX. Uomini, istituzioni, mercato: un equilibrio difficile, Galantina, Congedo Editore, 2015, rispettivamente alle pp. 31-46 e 47-66.^
25 E.O. MASTROJANNI, Il Reale Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, Napoli, Pierro, 1907; F. BALLETTA, L’Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, in Cultura e lavoro intellettuale: istituzioni, saperi e professioni nel Decennio francese. Atti del primo seminario di studi “Decennio francese (1806-1815)” (Napoli, 26-27 gennaio 2007), a cura di A.M. RAO, Napoli, Giannini, 2009, pp. 39-52.^
26 Introduzione al progetto di un Catechismo agrario adattato alla Provincia di Calabria Citra proposto dal Segretario perpetuo della Società Economica Cosentina Gabriele Silvagni.
Lo scritto sarebbe stato letto nella seduta generale della Società economica stabilita il 5 maggio 1816 in Cosenza.
(ASN, Ministero Interni, II Inventario, fascio 2576).^
27 A. SCIROCCO, I problemi del Mezzogiorno negli Atti dei consigli Provinciali (1808-1830), in Archivio Storico per le province napoletane, serie III, IX, 1971, pp. 115-138; ID., I corpi rappresentativi del Mezzogiorno dal Decennio alla restaurazione, in Quaderni Storici, XIII, 1978, pp. 102-125; A. SPAGNOLETTI, La formazione di una nuova classe dirigente in provincia di Bari. Sindaci e decurioni tra 1806 e 1830, in Archivio Storico Pugliese, XXXVI, 1983, pp. 117-165; ID., Centri e periferie nello stato napoletano del primo Ottocento, in Il Mezzogiorno preunitario…, op. cit, pp. 379-391; ID., Il controllo degli intendenti sulle amministrazioni locali nel regno di Napoli, in L’Amministrazione nella storia moderna, a cura di E. ROTELLI, Milano, 1985, 2 voll., pp. 953-1019; M.S. CORCIULO, I Consigli generali e distrettuali di Terra d’Otranto dal 1808 alla rivoluzione del 1820-21, in Il Mezzogiorno pre-unitario…, op. cit., pp. 393-410; EAD., Sugli atti dei Consigli Generali e Distrettuali di Principato Citra durante il Decennio francese (1806-1810), in Clio, XXV, 1989, pp. 105-122.^
28 G. TALAMO, Napoli da Giuseppe Bonaparte a Ferdinando II, in Storia di Napoli, Napoli, Società editrice Storia di Napoli, 1972, vol. IX, pp. 31-130 poi ripreso in Storia e cultura nel Risorgimento italiano, Roma, Archivio Guido Izzi, 1993, pp. 3-160 spec. 32-48; Studi sul Regno di Napoli nel Decennio francese 1806-1815, a cura di A. LEPRE, Napoli, Liguori, 1985; R. DE LORENZO, L’amministrazione centrale e periferica nel Regno di Napoli, in L’Italia nell’età napoleonica, Atti del LVIII Congresso di Storia del Risorgimento Italiano (Milano, 2-5 ottobre 1996), Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 1997, pp. 145-192.^
29 A. DE MARTINO, La nascita delle intendenze: problemi dell’amministrazione periferica nel Regno di Napoli, 1806-1815, Napoli, Jovene, 1984.^
30 C. TROYA, Memoria sulla divisione fisica e politica delle Calabrie, Napoli, Trani, 1816.^
31 J. GODESCHOT, Les institutions de la France sous la révolution et l’empire, Paris, Presses Universitaires de France, 1968; S. BUCCI, La scuola italiana nell’età napoleonica. Il sistema educativo e scolastico francese, Roma, Bulzoni, 1976, pp. 30-86 e 237-252; R. FOLINO GALLO, L’istruzione pubblica in Calabria…, op. cit., pp. 57-65.^
32 A. ZAZO, L’istruzione pubblica e privata nel Napoletano (1767-1860), Città di castello, il Solco, 1924, pp. 79-157; ID., Le riforme scolastiche di G. Murat (1808-1815), in Rivista pedagogica, a. XVII, 1924 (f. III), pp. 226-250; A. BROCCOLI, Educazione e politica nel Mezzogiorno d’Italia (1767-1860), Firenze, La Nuova Italia Editrice, 1968, pp. 73-119; N. DE SCISCIOLO, L’istruzione pubblica in Basilicata e a Napoli nelle realizzazioni del riformismo borbonico e del governo francese: novità o continuità?, in Rassegna storica lucana, a. XIII, 1993 (17/18), pp. 109-135; F.E. D’IPPOLITO, Il dibattito sull’istruzione pubblica a Napoli nel decennio francese, in Frontiere d’Europa, 1998 (2), pp. 151-191; E. CORBI-M.R. STROLLO, L’istruzione a Napoli dal 1806 al 1860, Lecce, Pensa Multimedia, 1999, pp. 11- 40; M. LUPO, Tra le provvide cure di sua Maestà. Stato e scuola nel Mezzogiorno tra Settecento e Ottocento, Bologna, il Mulino, 2005, pp. 61-85; ID., L’istruzione superiore pubblica nel Mezzogiorno continentale (1767-1859): strutture, problemi ed interpretazioni storiografiche attraverso un approccio quantitativo, in L’istruzione in Italia tra Sette e Ottocento…, op. cit., pp. 535-557, con Appendice Statistica (pp. 558-578); R. FOLINO GALLO, L’istruzione pubblica in Calabria. Scuole Regie, Real Collegi e Real Licei tra Settecento e Ottocento, Soveria M. (CZ), città calabria, 2011, pp. 27-66.^
33 N. CORTESE, Per la storia del Regno delle due Sicilie dal 1815 al 1820, in Il Mezzogiorno ed il Risorgimento italiano, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1965, pp. 327-372; G. TALAMO, Napoli da Giuseppe Bonaparte a Ferdinando II, op. cit., pp. 75-96; A. SCIROCCO, Il Mezzogiorno nell’età della Restaurazione, Napoli, E.S.I., 1971; ID., Dalla seconda restaurazione alla fine del Regno, in Storia del Mezzogiorno, op. cit., 1986, vol. IV, t. II, pp. 641-789; ID., Governo assoluto ed opinione pubblica a Napoli nei primi anni della Restaurazione, in Clio, 1986 (2), pp. 203-224; E. IACHELLO, Il Mezzogiorno nell’età della Restaurazione: nuove indicazioni di ricerca, in Società e storia, 1985 (29), pp. 649-672; Il Mezzogiorno agli inizi della Restaurazione, a cura di W. PALMIERI, Roma-Bari, Laterza, 1993; A. SPAGNOLETTI, Storia del Regno delle Due Sicilie, Bologna, Il Mulino, 1997, ivi compreso il consistente apparato di note bibliografiche.^
34 A. ZAZO, L’istruzione pubblica…, op. cit., pp. 158-189 spec. 189; A. BROCCOLI, Educazione e politica …, op.cit., pp. 118-136; D. COSIMATO, L’istruzione pubblica nel Mezzogiorno tra Restaurazione e Reazione, Napoli, Morano, 1974; M. LUPO, Tra le provvide cure…, op. cit., pp. 87-97 spec. 89-90; ID., L’istruzione superiore pubblica nel Mezzogiorno continentale (1767-1859)…, op. cit.,; R. FOLINO GALLO, L’istruzione pubblica in Calabria…, op. cit., pp. 67-76.^
35 ZAZO non condivide il severo giudizio del Colletta sulle scuole di quel periodo, posticipandolo a quello relativo ai moti del ’21 (P. COLLETTA, Storia del Reame di Napoli, con introduzione e a cura di N. CORTESE, Napoli, Libreria Scientifica Editrice, 1957, vol. II).^
36 A. SCIROCCO, Stato accentrato e articolazioni della società nel Regno delle Due Sicilie, in Il rapporto centro-periferia negli Stati pre-unitari e nell’Italia unificata, Atti del LIX Congresso di Storia del Risorgimento Italiano (L’Aquila-Teramo, 28-31 ottobre 1998), Roma, Istituto per la Storia del risorgimento Italiano, 2000, pp. 120-150 spec. 125-134. Sull’esperienza del Quinquennio nella Calabria Ulteriore 2° mi permetto di rimandare al mio intervento – pp. 151-165 – al medesimo Congresso, alla relazione su menzionata.^
37 Art. 13 – Il primo grado delle scuole secondarie si troverà: 1° in quei collegi reali i quali non saranno convertiti in licei; 2° nei simili stabilimenti che si faranno dai comuni o dai particolari, previo il nostro permesso. In essi vi dovranno essere almeno quattro professori cioè due di grammatica, uno di rettorica, ed uno di filosofia e matematica.
Art. 14 – I seminari delle diocesi saranno considerati in questo numero. Essi continueranno a dipendere totalmente dall’autorità dei vescovi ed ordinari rispettivi. / I nostri Ministri dell’Interno e del Culto ci proporranno di accordo le misure che saranno credute convenienti ad assicurare la loro esistenza ed i regolamenti relativi alla uniformità del metodo d’insegnamento e dei libri elementari che vi dovranno essere osservati ed adoperati per le lettere e per le scienze.^
38 Gli istituti d’istruzione superiore erano la scuola politecnica per i giovani destinati al servizio della marina, dell’artiglieria e del genio militare e civile, la scuola delle belle arti, il convitto di quelli “che vogliono applicarsi al foro”, il convitto per gli allievi di chirurgia e medicina.^
39 In esso si affermava che almeno una volta all’anno l’Intendente e/o il Sottointendente pertinenti per territorio avessero il diritto di assistere agli esami pubblici tenuti nei seminari e inoltre negli stessi istituti i giovani potevano essere ammessi solo al compimento del 18° anno d’età, in maniera tale che potessero avere consapevolezza nello scegliere lo “stato ecclesiale”.^
40 Nel settembre dello stesso anno erano stati pubblicati i Regolamenti per il Seminario di Napoli da osservarsi sino a che S.M. si degnerà di dare le sue sovrane disposizioni pel governo de’ Seminari del Regno.^
41 Stampata a Napoli per i caratteri di Angelo Trani.^
42 Art. 26 – Sono considerate scuole secondarie tutte quelle dove l’insegnamento non potrà ricevere quella estensione determinata de’ collegi, e dove il corso degli studi non potrà essere ugualmente metodico e progressivo.
Art. 27 – Tutti gli articoli registrati pei collegi e licei, si possono applicare alle scuole secondarie in tutte quelle parti che sono adattabili alle medesime.
Art. 28 – Dove la località e le circostanze esigessero dell’eccezioni, il Presidente della Commissione di Pubblica Istruzione è autorizzato a portare delle modificazioni a questi statuti, adattandoli al bisogno delle scuole secondarie, che domandano dalla sua avvedutezza simili provvidenze. Queste però dal Presidente della suddetta Commissione saranno date sempre riportandosi sulle stesse tracce disciplinari, per conservare, quanto sarà possibile l’uniformità.^
43 A. SCIROCCO, Collegi e Licei nel Mezzogiorno (1806-1860), in Storia delle istituzioni educative …, op. cit., pp. 7-22.^
44 Breve cenno…, op. cit., pp. 554-555.^
45 Rapporto a S. E. il Ministro dell’Interno sullo Stato attuale dell’Istruzione pubblica…, op. cit., pp. 27-28 e tav. IV.^
46 Sullo stato attuale della Pub(bli)ca Istruzio(ne). Lo scritto è corredato da un’ampia rappresentazione grafica, suddivisa in 16 colonne – 1 per provincia – recante ognuna la situazione di propria competenza riguardo alla pubblica istruzione. La lettera di trasmissione, datata Napoli 13 dicembre 1819, porta la seguente dicitura esplicativa: Lo stato della P.I. dell’anno che cade con un brevissimo quadro istorico comparativo da pubblicarsi sul Giornale “per estensum” in una sola volta in un foglio separato.
L’intera documentazione si ritrova in ASN, Consiglio Generale della Pubblica Istruzione, f. 1548.^
47 Rapporto del Presidente della Commissione della Pubblica Istruzione all’Intendente della Calabria Ulteriore 2°, Napoli 25 luglio 1818 in ASCZ – Fondo Intendenza, Amministrazioni Speciali, serie Pubblica Istruzione, Scuole Primarie e secondarie, b. 1, f. 40; riportato in R. FOLINO GALLO, L’istruzione pubblica in Calabria. Scuole Regie, Real Collegi e Real Licei…, op. cit., p. 173.^
48 ASCZ, Fondo Intendenza, Amministrazioni Speciali, serie Pubblica Istruzione, Real Liceo di Catanzaro, b. 7, f. 168, 173 e 180; riportato in R. FOLINO GALLO, L’istruzione pubblica in Calabria. Scuole Regie, Real Collegi e Real Licei…, op. cit., pp. 167-170.^
49 Fra i numerosi e pregevoli scritti sulla storia della Calabria, per brevità dettata dalla necessità di non sbilanciare l’economia del lavoro di cui si va qui discorrendo, farò menzione solamente di alcuni di essi, soprattutto quelli riguardanti congressi storici: N. CORTESE, La Calabria Ulteriore alla fine del secolo XVIII, in Rivista critica di cultura calabrese, 1921 (III-IV), pp. 3-38; ID., La Calabria nel Risorgimento. Relazione generale del Congresso e A. SALADINO, La Calabria tra rivoluzione e reazione (1806-1820), entrambi in Atti del II Congresso Storico Calabrese (Catanzaro, 25-27 aprile; Cosenza, 28 aprile-1 maggio), Napoli, Fiorentino, 1961, rispettivamente alle pp. 3-15 spec. 3-11 e pp. 139-158; U. CALDORA, Calabria napoleonica, Cosenza, Brenner, 1985 (2); A. GUARASCI, La Calabria nell’età della Restaurazione, in La Restaurazione in Italia. Strutture e ideologie, Atti del XLVII Congresso di Storia del Risorgimento Italiano (Cosenza, 15-19 settembre 1974), Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, 1976, pp. 25-63; G. CINGARI, La Calabria tra Settecento e Ottocento: fermenti ideologici e spinte rivoluzionarie, in La Calabria dalle riforme alla Restaurazione, Atti del VI Congresso Storico Calabrese (Catanzaro, 29 ottobre-1 novembre 1977), Salerno-Catanzaro, Soc. Ed. Meridionale, 1981, 2 voll., vol. I, pp. 103-116; Rivoluzione e Antirivoluzione in Calabria nel 1799. Atti del IX Congresso Storico Calabrese (Roccella Jonica, 12-14 novembre 1999), Reggio Calabria, Laruffa, 2003.^
50 ASNA, Min. Int., I Invent., f. 183/2.^
51 Ibidem.^
52 Ho avuto modo di trarre delle conclusioni sui Real Collegi e i Real Licei di Calabria nel mio ”L’istruzione pubblica in Calabria… e al quale rimando alle pp. 97-216^
53 ASCZ, Fondo Intendenza, Consigli Provinciali e Distrettuali, b. 1; ibidem sono contenuti anche i documenti poc’anzi citati.^
54 Rapporto del Presidente della Commissione della Pubblica Istruzione all’Intendente della Calabria Ulteriore 2°, Napoli 25 luglio 1818, in ASCZ, FI, Amm. Spec., serie Pubb. Istruz., Scuole Primarie e secondarie, b. 2, f. 40; ibidem si ritrova il carteggio relativo all’iter burocratico della scuola.^
55 Stato indicante le scuole secondarie, ed altri stabilimenti di pubblica Istruzione eretti, e da erigersi nel Regno di Napoli. In Rapporto a S.E. il Ministro dell’Interno…, op. cit., tav. III.^
56 Stato generale dell’Istruzione Pubblica del Regno delle Due Sicilie di qua dal Faro dell’anno 1818, Napoli, 7 ottobre 1820, in ASN, Ministero dell’Interno, Appendice II, fascio 42, f. 3.^
57 Il nome di Giuseppe Cua si desume dall’elenco dei professori in carica presso il Real Liceo di Catanzaro, 16 in tutto, compilato dal rettore Luigi Giancotti Peronaci in data Catanzaro, 20 settembre 1819.
Nelle evenienze dei moti del 1820-21, durante i quali il Real Liceo di Catanzaro era stato chiuso e poi riaperto ai primi di novembre del 1821, il rettore – sollecitato per “informi” su maestri, impiegati e alunni dell’istituto del quale era a capo – aveva provveduto a stilare gli elenchi tra maestri, impiegati e alunni di quelli che non meritavano di essere riammessi nell’istituto e poi – con rapporto all’Intendente di Calabria Ultra 2°, in data 20 ottobre 1821 – aveva presentato la nota dei professori sospetti di “avere appartenuto alla proscritta società carbonica per principio di timore e pertanto meritevoli di essere conservati nell’impiego”, dividendoli in due classi: esenti Luigi Peronaci (rettore), Santo Pingitore (prefetto e poi vice-rettore), sacerdote Tommaso Masciari (Filosofia e Matematica sintetica), sac. Giuseppe Calabretta (Grammatica italiana), sac. Gaetano La rosa (Applicazione regole grammatica italiana), sac. Gioacchino Chiriaco (Calligrafia), Francesco Riccio (Grammatica latina), Francesco De Leon (Fisica e Matematica analitica), Francesco Arcuri (Diritto e Procedura criminale), Raffaele Larussa (Diritto Regno romano e Procedura civile), Antonio Bugino (Ballo); per timore (clemenza) Nicola Stiriti (Regole grammatica latina), Giuseppe Cua (Storia naturale), Gennaro Cafassi (Umanità), Costantino Lopez (Rettorica), Francesco Pugliatti (Medicina prattica), Giovanni Cesare Rossi (Chirurgia e Ostetricia), Filippo Paldi (Notomia e Fisiologia), Giuseppe Aceto.
L’intero incartamento si ritrova in ASCZ, FI, Amm. Spec., serie Pubbl. Istruz., Real Liceo di Catanzaro, b. 7, f. 198.^
58 ASN, Consiglio d’Istruzione Pubblica, fascio 1512. (Avviso indetti pubblici concorsi per cattedre vacanti presso vari stabilimenti educativi, Napoli 17 ottobre 1820).^
59 Riporto qui i primi dati raccolti durante una mia ricerca sui seminari ancora in corso; sebbene parziali, essi hanno una loro significativa rilevanza in quanto danno ragione dell’impianto delle modalità e dei fini di questa particolare tipologia di stabilimenti educativi mentre ben si configurano i difficili momenti che ebbero a patire i seminari tesi nello sforzo di superare l’impasse in cui si erano venuti a trovare.^
60 ASCZ, Amministrazioni Speciali, Serie Affari Ecclesiastici, b. 1, f. 4.^
61 Ibidem.^
62 ASCZ , Amministrazioni Speciali, Serie Affari Ecclesiastici, b. 5, f. 116.^
63 Il Sotto-Intendente del Distretto di Nicastro all’Intendente di Calabria Ultra 2°, Nicastro 7 settembre 1837.
(ASCZ , Amministrazioni Speciali, Serie Affari Ecclesiastici, b. 3, f. 64).^
64 ASN, Segreteria e Ministero dell’Ecclesiastico. Espedienti della Pandetta, III, f. 3947.^
65 Calabria napoleonica, op. cit., pp. 374-399 spec. 374, 375 e 391. La documentazione è tratta dall’Archivio di Stato di Napoli, Affari Ecclesiastici, III, f. 180 (nuova segnatura, Segreteria e Ministero dell’Ecclesiastico. Espedienti della Pandetta, III, f. 3947) e forse la stesa abbisognerebbe di riflessione in più, a riguardo di alcuni seminari come quello sedente a Rossano.^
66 Ho avuto modo di trarre alcune conclusioni sul bel contesto culturale reggino nel mio L’istruzione pubblica in Calabria. Scuole Regie, Real Collegi e Real Licei tra Settecento e Ottocento, op. cit., pp. 108-123.^
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