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È Renzi il problema?
di G. G.
Che cosa è accaduto tra le elezioni europee del 2014 e questa estate del 2016 per far cadere Renzi dall’immagine di un “vincente” difficilmente contrastabile a quella di un quasi predestinato “perdente”? Che cosa è accaduto per far passare centrodestra e destra dal ruolo indiscusso di sola antagonista e alternativa al vincente Renzi al ruolo di un variopinto gruppo di naufraghi che non intravvedono alcuna riva di un possibile salvataggio? Che cosa accaduto perché il Movimento 5 Stelle, che sembrava già avviato a un placido, per quanto, eventualmente, lungo tramonto, passasse al rango di predestinato vincitore delle prossime elezioni al Parlamento, e con margini percentuali crescenti, in tutti i sondaggi dei più e dei meno accreditati centri demoscopici? Che cosa è accaduto perché i discorsi di sinistra, sull’unità della sinistra, sulle politiche e sulle prospettive della sinistra apparissero sempre più discorsi vuoti e sul vuoto?
Basterebbe rispondere: «è accaduto quel che è accaduto»; e sarebbe una risposta tanto più pertinente ed esauriente in quanto sarebbe incontrastabile. Ma ciò è vero, ben s’intende, solo sul piano del metodo. Su quello della vita vissuta e delle sue emozioni, passioni e interessi si desidera, del tutto comprensibilmente e giustamente, altro: si desiderano analisi persuasive, si pretendono schiarimenti e illuminazioni orientatrici, si aspettano giudizi rassicuranti sia retrospettivi che prospettici. E altrettanto si vuole, per un impulso ugualmente comprensibile e legittimo, sul piano critico e problematico dei discorsi politici e degli studi.
Non è, però, su questi piani che vogliamo muoverci qui, né vogliamo affrontare questioni che richiedono molteplici indagini e approfondimenti. Qui vogliamo soltanto toccare qualche punto che ci sembra fortemente rilevante, e perfino prioritario e pregiudiziale, nel quadro delle questioni che abbiamo sollevato all’inizio di questa riflessione.
Ci riferiamo, in particolare, alla posizione di Matteo Renzi in tutto quel quadro. Nell’analisi sia dei partiti di opposizione, sia di una consistente parte del suo stesso partito il presidente del Consiglio dei Ministri figura come l’autentico e supremo responsabile di tutti i mutamenti che nel frattempo si sono avuti da quando sbandierò il trionfale risultato del partito democratico alle elezioni europee del 2014: oltre il 40% dei voti. Oggi questa percentuale viene ritenuta, nei sondaggi, in calo di un terzo, e perfino, secondo qualcuno, quasi della metà. Colpa - dicono - dello stesso Renzi.
Che cosa gli si imputa? Moltissimo: il doppio incarico di governo e di partito; un atteggiamento intransigente e oltranzista nei rapporti sia con la minoranza del suo partito che con gli alleati e con gli altri partiti; un troppo parlare di grandi successi e realizzazioni a cui poco corrisponde nella realtà; una continua sfida e un continuo gioco al rialzo in tutte le questioni politiche non solo interne al suo partito e al paese, ma anche in alcune di quelle internazionali; una sostanziale inadeguatezza della sua politica a fronteggiare la crisi economica e finanziaria in cui da anni si dibatte il paese; una più particolare e più grave inadeguatezza a fronteggiare il gravissimo problema dei “migranti”; una cieca trascuratezza, come segretario del suo partito, nel curarne e svilupparne il tradizionale radicamento territoriale; una fondamentale incomprensione di ragioni evidenti di ordine politico e sociale fatte proprie da altri partiti e dalla minoranza del suo partito; una cieca ostinazione nel rifiutarsi di aprire il cerchio dei suoi più fedeli ad altre collaborazioni; una conseguente, eccessiva dipendenza da questo cerchio (il “cerchio magico”) dei suoi più immediati collaboratori; e poi altri innumerevoli e spesso gravissimi appunti.
È da notare – crediamo – che nei mezzi di informazione le critiche a Renzi tendono ad avere moltissimo spazio, accompagnate spesso da una sostanziale adesione a quelle critiche da parte di coloro che scrivono o parlano nei media. E anche su questo vi sarebbe molto da chiedersi e da ragionare. Ma ripetiamo che i nostri scopi sono qui molto limitati, e che non intendiamo affatto procedere a un’analisi sistematica e approfondita di tante e così importanti questioni (e ciò anche se non possiamo esimerci dall’osservare che nella critica a Renzi si va fin troppo spesso ben pltre il segno di una anche aspra osservazione e si sconfina chiaramente nel pregiudizio sfavorevole che altera anche dati di prima evidenza e che rifugge anche dai riconoscimenti più doverosi).
Il nostro scopo si limita a mettere a fuoco un solo punto, facilmente e appieno sintetizzabile una sola domanda. A tutti gli interrogativi che abbiamo posto all’inizio si può, infatti, rispondere in modo esauriente o non è affatto possibile rispondere e soddisfacente, facendo il processo a Renzi per trovarne conferma che sua, personalmente ed esclusivamente, è la responsabilità di quell’impressionante mutamento di prospettive politiche che si può notare tra le elezioni europee del 2014 e la tornata elettorale amministrativa della primavera del 2016? È nella guida sbagliata del governo, della maggioranza sulla quale il governo si regge, e del partito di cui Renzi continua a essere presidente, che bisogna puntare per trovare una buona ragione esplicativa di tanti e così notevoli mutamenti? È nell’uomo Renzi, le sue idee e la sua prassi politica nell’azione di presidente del Consiglio e di capo del partito che bisogna ravvisare il fatale anello debole, anzi rovinoso, della catena politica che egli ha messo su e che continua a gestire con tanta esclusiva determinazione? È di qui che proviene tutto il male della gestione Renzi per cui assistiamo non solo a un andamento insufficiente e pregiudizievole per il futuro della sua azione di governo, ma anche a un progressivo, impressionante dimagrimento e autentica disintegrazione dei partiti tradizionali, il suo e quelli della destra? È Renzi l’implicito, ancorché oscuro e nascosto, fattore di incremento del Movimento 5 Stelle?
Nessuno – crediamo – vorrà liberarsi di questi interrogativi qualificabili di impertinenza o rispondendovi negativamente. Impertinenti non sono. Chi potrebbe mai negare che il discorso politico si è ridotto in Italia, almeno per tre quarti, e soprattutto per quanto riguarda i problemi nazionali (ma, in effetti, non proprio soltanto per essi), a pronunciarsi pro e contro Renzi; a individuare i meriti (pochi, pochissimi o proprio nulla) e i demeriti (inesauribili) di Renzi; a indicare i fossi e le buche in cui è più o meno fatale che Renzi precipiti? Di più: già si evocano o si indicano non solo tempi e modi, ma anche specifici protagonisti della sua defenestrazione. Di più ancora: come è da tempo in Italia consueto, non si manca neppure di alludere o di apertamente suggerire, più o meno spesso, le implicazioni e complicazioni giudiziarie in cui Renzi e il suo “cerchio magico” sarebbero o potrebbero essere coinvolti. Il tutto condito da una non meno ricca indicazione ed esemplificazione degli elementi che si presume giustifichino un tale quadro anche fuori d’Italia, sul piano europeo e globale. Senza parlare dei “poteri forti” e occulti che si muoverebbero dietro di Renzi, e dei quali egli sarebbe lo strumento, consapevole o inconsapevole non importa.
Di qui, appunto, nasce la serie delle perplessità che ci hanno spinto a porre i precedenti interrogativi. Ammesso (e non concesso) che le analisi e i giudizi negativi riservati a Renzi siano pertinenti e fondati, e che li si possa o si debba accettare, è credibile che, eliminato questo fattore negativo, i problemi dinanzi ai quali ci troviamo troverebbero altra e ben diversamente positiva soluzione? Ci sembra, francamente, incredibile; e crediamo, anzi, che, in un modo o nell’altro, lo dovrebbero riconoscere tutti, a meno che… A meno che il processo a Renzi non debba essere fine a se stesso e servire al solo scopo di eliminare, per una qualsiasi ragione per cui lo si voglia, più ancora che Renzi, l’ipotesi politica che egli ha sviluppato e portato avanti con la serie delle “riforme” da lui predicate e vantate.
E poi? Eliminato Renzi, dove si andrebbe come vi si andrebbe? E il porsi il problema del “poi” rivela appieno la radicale insufficienza e la finale insoddisfazione delle polemiche contro Renzi e dei ragionamenti in cui esse si articolano. Nessuno si chiede quali siano le ragioni di fondo del quadro storico e sociale entro il quale Renzi e noi ci muoviamo. Le riduzione personalistica delle questioni e dei problemi, dinanzi ai quali effettivamente ci troviamo, alla sola persona Renzi, e al suo carattere e ai suoi più o meno chiari “giochi” e modi di parlare e di fare, non risolve nulla di decisivo. Anche se le imputazioni a Renzi fossero del tutto fondate e giustificate (e proprio non lo crediamo), ugualmente nulla o ben poco si risolverebbe eliminando il rituale capo espiatorio dei problemi italiani individuato in lui.
È, insomma, e perciò, nella deficienza di una tale riduzione personalistica che a noi sembra di ravvisare l’insufficienza e la finale insoddisfazione e troppo scarsa validità e vitalità che si ravvisano nelle critiche correnti a Renzi. E anche questo ci sembra essere un motivo di profondo dubbio della imputazione che si fa a Renzi (e che riesce culminante sul piano politico) di eversore distruttivo, o di fattore di massimo rischio della democrazia italiana (e non lo crediamo perché anche una tale imputazione sembra essere diventata rituale in Italia, appena una personalità sembri emergere in modi e misure insolite sulle consuetudini nazionali).
E se, invece, allargassimo lo sguardo e cercassimo di andare oltre Renzi? Se cercassimo di vedere e capire quali siano le effettive forze e tendenze politiche e sociale che determinano il corso delle cose nel nostro tempo? Se ci preparassimo a continuare a fronteggiarle altrimenti da come si imputa a Renzi di fare, sicché la nostra critica a lui non si esaurisca nella sola
pars destruens fine a se stessa e senza domani, e prospettasse già una pars construens, valida ad avere un successo maggiore di Renzi o a sostituire il nostro successo al suo più o meno presunto insuccesso?
È meno facile, certo, della sbrigliata e illimitata critica. Ma non ci aspetti nulla, però, non ci si aspetti proprio nulla – altrimenti – da una caduta di Renzi, che sia preparata da altri o, magari, da lui stesso. E con ciò non vogliamo dire di pensare, e tanto meno vogliamo suggerire ad altri, che Renzi è insostituibile e che non si può (o, tanto meno, si deve) sfiduciarlo o abbatterlo, né che non possiamo sperare nulla di più e di meglio di lui, né che questa medicina, amara o non amara che sia, ce la dobbiamo bere per forza senza data di scadenza di un tale farmaco. Ci mancherebbe altro! Vogliamo soltanto indicare alcuni elementi, a nostro parere, oggettivi dell’attuale situazione politica italiana che fanno apparire Renzi in essa radicato e difficilmente scalzabile. E il fatto che nessuno neppure proponga, in termini espliciti e chiari, nonché plausibili e realistici, schieramenti alternativi di maggioranza e di governo ce ne pare una pesante conferma.
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