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Antonello, la Sicilia e il Rinascimento
di Elina Gugliuzzo
Oggetto del contendere: quanta Messina c’è nella formazione della personalità di Antonello da Messina? Il “da Messina” è un puro fatto anagrafico o c’è un dato che lo oltrepassa? Quanto conta il contesto siciliano e meridionale nella vicenda dell’artista? Attorno a queste tematiche, e ad altre più strettamente legate alla storia dell’arte, si è sviluppato il convegno “Antonello e la cultura del Rinascimento in Sicilia”, tenutosi a Messina il 23 e il 24 ottobre 2015.
A lungo la storiografia corrente ha attribuito la formazione di Antonello alle sue esperienze maturate a Napoli e a Venezia, non valutando a dovere la qualità del tessuto sociale e culturale della Sicilia dell’epoca, ricco di spunti ispirativi e di saperi diversi. In buona sostanza sull’interpretazione della personalità artistica di Antonello ha pesato sempre il retaggio del critico d’arte Roberto Longhi, il quale nel breve saggio “Frammento siciliano” (1953)1 paragonava il “genio lieve” di Antonello piuttosto a una meteora, non ravvedendo nella Messina di quegli anni nessun presupposto che potesse far presentire il nascere e il crescere di un artista con quella profondità di coscienza. In effetti poi lo stesso Longhi definisce Antonello un «maestro dell’identità italiana» insieme a Giovanni Bellini e Piero della Francesca, adombrando così la presenza di precisi riferimenti nei suoi quadri ad aspetti paesaggistici propri dell’isola dov’era nato, come le colline e lo Stretto di Messina.
Ma è possibile, oggi, per gli studiosi dell’opera antonelliana perpetuare la sua decontestualizzazione dal milieu in cui l’artista era nato e vissuto?
I ricercatori e gli studiosi che si sono susseguiti e confrontati nella due giorni messinese hanno potuto contare su un’eccezionale base di partenza: la relazione introduttiva di Giuseppe Giarrizzo. Lo storico, accademico dei Lincei, ha incentrato l’attenzione sui caratteri della “Rinascenza siciliana” e sulla “mirabile ritrattistica” antonelliana, simbolo altissimo di un’epoca in cui la città dello Stretto si poneva al centro di risvegli e conflitti sociali, di accelerazioni mercantili e marittime, di rinnovamenti urbanistici e artistici, di addensamento di culture. La prolusione, con il suo richiamo alla storia di un centro urbano di attrazione senza confini, aperto a nuovi flussi culturali e artistici, di cui Antonello è stato l’alfiere e il catalizzatore, capace di assorbire le potenzialità locali in funzione internazionale, si è proiettata quindi verso risultati più avanzati rispetto a quanto scritto a suo tempo da Salvatore Tramontana su Antonello e la sua città2 e da Carmelo Trasselli sui Siciliani fra Quattrocento e Cinquecento3 (ambedue i testi sono del 1981, tuttavia aleggiavano ancora su tutti i convegnisti del 2015).
A dare man forte rispetto ad alcuni aspetti della “Rinascenza” prefigurata da Giarrizzo, sono intervenuti Giuseppe Restifo, Lavinia Gazzé e Salvatore Bottari.
Quest’ultimo, autore fra l’altro del volume Messina tra Umanesimo e Rinascimento (2010)4, si è soffermato sulle reti commerciali tracciate tra l’isola siciliana e il Nord Europa nel passaggio dal Quattro al Cinquecento; i rapporti mercantili e marittimi tra Sicilia, Mediterraneo, Fiandre e Inghilterra diventano pure rapporti culturali, anche grazie all’ipotesi di arrivo non solo di tele grezze, ma soprattutto di tele dipinte.
Giuseppe Restifo, dell’Università di Messina, ha affrontato la questione della ripresa demografica della città dello Stretto dopo il durissimo colpo della peste nera del 1347, contestualizzando il “genio” Antonello nella folla dei “geni” che arricchivano il patrimonio genetico e culturale della città mediante apporti esterni biologici e materiali. E a proposito di materiali e di “città di pietra”, è stato ricordato come in questa operasse anche il padre di Antonello, scalpellino e artigiano/artista nella Messina rinascente. Lavinia Gazzé, dell’Università di Catania, ha approfondito i rapporti marittimi e culturali tra Messina e Siracusa, mostrando inoltre, fra i diversi documenti archivistici, quello del 1471 inerente la committenza affidata ad Antonello “civis messanensis” per il gonfalone della confraternita dello Spirito Santo di Noto, e l’altra committenza per l’Annunciazione di Palazzolo Acreide.
I lavori sono proseguiti toccando molteplici aspetti della Sicilia e dello scenario mediterraneo tra XV e XVI secolo. Il medievista Francesco Paolo Tocco nel 2006 aveva proposto di identificare nei ritratti d’uomo Trivulzio e Borghese i due mercanti messinesi di origine veneziana Federico e Corrado Spatafora (padre e figlio)5. Quella proposta identificativa avrebbe potuto essere sviluppata in direzione dell’analisi del contesto umano e sociale in cui Antonello ebbe «i primi rudimenti della pittura» (secondo Giuseppe La Farina)6, dati anche gli interrogativi di fondo del convegno; Tocco ha preferito impegnarsi nell’illustrazione dell’ascesa della famiglia dei Bologna/Beccadelli nella Palermo del Quattrocento.
Mirella Mafrici, dell’Università di Salerno, ha parlato dell’offensiva turca verso il Mediterraneo dalla caduta di Costantinopoli alla battaglia di Lepanto; la studiosa napoletana Maria Sirago ha trattato il tema della pirateria barbaresca. Per la verità ambedue hanno spostato molto in avanti la focalizzazione degli eventi storici rispetto all’età antonelliana e rispetto ai quesiti storiografici posti nell’occasione, portando tuttavia un valido contributo alla conoscenza del contesto in cui si sviluppa la vicenda della Messina rinascimentale.
Il confronto è continuato poi con la dissertazione di Andrea Romano sulla cultura giuridica quattrocentesca, per proseguire con la trattazione, presentata da Alessandra Tramontana, delle scuole umanistiche e letterarie della Messina nell’età di Antonello, nel tempo in cui vi insegnava il greco Costantino Lascaris. Delphine Montoliu, dell’Università di Toulouse, ha mostrato un quadro della cultura letteraria soffermandosi sul ruolo delle Accademie messinesi. Rosario Moscheo, presidente della Società Messinese di Storia Patria, si è intrattenuto studiatamente sulla trattazione della “prospettiva” da parte di Francesco Maurolico, ma a volerne riportare i termini all’epoca antonelliana sarebbe un bell’anacronismo.
Vari aspetti della società siciliana tra Quattro e Cinquecento sono stati toccati da studiosi dell’ateneo peloritano: Daniela Novarese ha parlato delle corporazioni di mestiere locali, Maria Antonella Cocchiara della condizione giuridica e sociale della donna nell’età di Antonello, quindi del ruolo femminile nella città quattrocentesca, Giovan Giuseppe Mellusi delle confraternite, nello specifico della confraternita dei Verdi, Carmela Maria Rugolo dell’organizzazione del lavoro, con particolare riguardo a quello dei bottai messinesi, Giuseppe Campagna della comunità degli Ebrei di Messina, mentre sul porto, sull’area dello Stretto e sui rapporti tra Sicilia e Calabria si è soffermata Elisa Vermiglio, dell’Università per Stranieri di Reggio Calabria.
Quando il convegno è entrato nel vivo affrontando direttamente l’opera di Antonello da Messina, si è potuta ascoltare la magistrale relazione di una delle più autorevoli storiche dell’arte americane, Bette Talvacchia, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università del Kentucky. La studiosa ha parlato di un Antonello “universale” e dell’importante ruolo delle recenti mostre e dei restauri antonelliani. Il ruolo dell’isola e di Messina, porta del Mediterraneo, nella ricerca di nuovi linguaggi artistici (primo fra tutti quello che segna il passaggio dallo stile gotico a quello più propriamente rinascimentale) è stato sottolineato dallo storico dell’arte Gervase Rosser (Università di Oxford), secondo il quale «Antonello è un pittore davvero europeo, originale e brillante, figlio del suo tempo e pienamente legato al contesto sociale, culturale e religioso della fervida Messina dal respiro mediterraneo e della Sicilia rinascimentale del Quattrocento».
Tuttavia l’ombra di Longhi sembra allungarsi dai primi del Novecento ancora su alcuni studiosi odierni di Antonello. È stata poi la volta di Teresa Pugliatti, autrice di un noto studio su Antonello7, che si è soffermata sull’aspra polemica di primo Novecento tra lo studioso messinese Gaetano La Corte Cailler, scopritore del testamento antonelliano, e del palermitano Gioacchino Di Marzo, in una contesa scientifica che ha aperto nuovi fronti nelle ricerche storiche sull’artista. Di influenze bizantine, del “valore simbolico del colore”, e di “silenzi atemporali” presenti nello stile antonelliano ha parlato la storica dell’arte Daniela Pistorino, mentre Giampaolo Chillè ha confermato, attraverso il ritrovamento di preziosi documenti, l’attribuzione ad Antonello del dipinto di S. Nicolò dei Gentiluomini.
Importanti dunque, questi ultimi due elementi nuovi emersi nel convegno: l’influenza su Antonello dell’arte bizantina (in città erano presenti numerose icone nelle trenta chiese di rito greco), rilevata dalla Pistorino; l’attribuzione al sommo artista del dipinto di San Nicolò dei Gentiluomini, mostrato dal Chillè; e, ovviamente il ruolo del mosaico del Santissimo Sacramento del Duomo, evidenziato dallo storico inglese Rosser.
Nella sessione finale Marco Rosario Nobile, dell’Università di Palermo, ha trattato dell’architettura siciliana quattrocentesca, soffermandosi sui “fabricatores”8.
Grazia Musolino, della Soprintendenza di Messina, ha parlato dei mosaici del Duomo di Messina, con un’attenzione specifica al mosaico della “Ciambretta”, che oggi rivela una nuova luce artistica, anche per i recenti restauri dell’opera. Alessandra Migliorato, storica dell’arte del Museo regionale di Messina, ha analizzato le significative tipologie rinascimentali nella scultura siciliana, con particolare riguardo allo scultore Domenico Gagini; e Donatella Spagnolo, anch’essa dello staff museale peloritano, ha messo in rilievo i caratteri del “Transito della Vergine” di Salvo d’Antonio preso il “Sacro Litterio” del Duomo.
In conclusione, Salvatore Bottari, coordinatore del comitato scientifico, ha sottolineato come il convegno abbia messo in luce la vivacità della cultura e della società siciliana nel Quattrocento ed ha ribadito come la prima formazione di Antonello deve essere avvenuta a Messina, dove giungevano quadri dalle Fiandre e dove emergevano già i primi fermenti di una nuova sensibilità artistica, per poi proseguire a Napoli e a Venezia. L’opera di Antonello, insomma, nell’ambito della crescita demografica, socio-economica e urbana di quegli anni, sembrerebbe dimostrare la portata dell’esperienza artistica e culturale siciliana tra il XV e il XVI secolo in piena connessione con la contemporanea vicenda italiana ed europea.
Nella splendida cornice del Monte di Pietà, Salvatore Bottari e Gioacchino Barbera, direttore del Museo Regionale di Palazzo Abatellis di Palermo, hanno infine presentato il libro Around Antonello da Messina: Reintegrating Quattrocento Culture9, a cura di Bette Talvacchia e di Michael W. Kwakkelstein, direttore dell’Istituto Universitario Olandese di Storia dell’Arte di Firenze. Il volume raccoglie gli atti del convegno di Firenze dello scorso anno, contenente saggi e riflessioni che dischiudono nuove frontiere sugli studi antonelliani. Tra di essi un saggio dello stesso Rosser in cui si osserva come il giovane Antonello fosse stato influenzato dalle opere delle Fiandre che arredavano le case borghesi cittadine, senza dimenticare la bellissima “Ciambretta”, il mosaico medievale della cappella del Santissimo Sacramento del Duomo, con la Vergine sedente che sarebbe un omaggio alla Madonna della Lettera, e che, come scrisse il Susinno10, era al centro delle osservazioni del giovane artista, tanto da poter aver rappresentato il modello per la Madonna del Polittico di S. Gregorio.
A tirar le somme, s’è trattato d’un convegno utile, soprattutto per il tentativo di contestualizzare la figura di Antonello da Messina nell’ambiente in cui nacque e si sviluppò la sua formazione artistica. Oltrepassato il retaggio di Longhi e della pregressa storiografia, si è aperto il campo sul gioco degli scambi fra l’area dello Stretto, il Mediterraneo e l’Europa, a partire dal dato biologico e genetico (Restifo), per andare a quello commerciale e marittimo (Bottari), per finire a quello artistico e culturale (Rosser).
Si sono proposte ipotesi di lavoro, che dovranno essere supportate da ulteriori ricerche archivistiche, secondo le indicazioni emerse nello stesso convegno (Gazzé). L’esistenza di “precedenti” artistici, tele e mosaici e sculture, agevolava la trasmissione delle esperienze stratificate nell’ambiente cittadino e siciliano, e Antonello ne appare come il catalizzatore (Giarrizzo). Ancora altro si può “scavare” nella storia di questo Genio e della sua città, per ampliarne le conoscenze.











NOTE
1 R. Longhi, Frammento siciliano, in «Paragone», 47 (1953).^
2 S. Tramontana, Antonello e la sua città, Palermo, Sellerio, 1981.^
3 C. Trasselli, Siciliani fra Quattrocento e Cinquecento, Messina, Intilla, 1981.^
4 S. Bottari, Messina tra Umanesimo e Rinascimento. Il “caso” Antonello, la cultura, le élites politiche, le attività produttive, postfazione di G. Giarrizzo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010.^
5 F.P. Tocco, Proposta identificativa di due ritratti di Antonello, in G. Molonia (a cura di), Antonello a Messina, Messina Edizioni di Nicolò, 2006, pp. 47-52.^
6 G. La Farina, Messina ed i suoi monumenti, Messina, Stamperia G. Fiumara, 1840.^
7 T. Pugliatti, Antonello da Messina: rigore ed emozione, Palermo, Kalòs, 2008.^
8 Su questi temi già in precedenza aveva scritto N. Aricò, Materiali da costruzione a Messina negli anni tra Lepanto e la Peste, in G. Motta (a cura di), Studi dedicati a Carmelo Trasselli, Soveria Manneli, Rubbettino, 1983; e più di recente Architettura del tardo Rinascimento in Sicilia. Giovannangelo Montorsoli a Messina (1547-1557), Firenze, Olshki, 2013.^
9 M.W. Kwakkelstein, B. Talvacchia (eds.), Around Antonello da Messina. Reintegrating Quattrocento Culture, Firenze, Centro Di, 2014.^
10 F. Susinno, Le vite de’ pittori messinesi, ms., Messina 1724, pubblicato a cura di V. Martinelli, Firenze, Le Monnier, 1960.^
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