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La mobilità sostenibile, l'auto condivisa e il trasporto urbano del futuro
di Guglielmo Corduas
1. Premessa

I danni a lungo termine dello sviluppo insostenibile sono noti e oggi facilmente decifrabili. Il cambiamento climatico, la crisi economica del 2007 e le conseguenze dell’indebitamento illimitato, nonché le sempre più calde tensioni socio politiche internazionali, sono tutti evidenti segnali dello stato di crisi delle società sviluppate, che da questa crisi dovrebbero trarre ispirazione per un cambiamento verso una crescita equilibrata ed un nuovo modello di sviluppo.
Il principio di sostenibilità, il ridimensionamento dei consumi e la riconversione produttiva, oltre che la preservazione degli ecosistemi e dell’equilibrio ecologico terrestre, è, ad oggi, l’unica opzione possibile per il futuro dell’umanità. Il difficile è trasferire la teoria nella pratica.
L’Europa si è pronunciata spesso per la sostenibilità e per ridurre sia lo spreco, sia l’incidenza della produzione industriale sull’ambiente, sia l’insensibilità pubblica rispetto al problema. L’obiettivo finale che l’U.E. si pone è stimolare le riforme per intervenire con politiche decise e intelligenti, nazionali ma soprattutto locali, incentivando i privati e spianando la strada al supporto amministrativo locale, necessario perché le relative iniziative durino. È solo con questa impostazione che possono partire gli investimenti volti a definire le nuove dinamiche di vita sociale, economica ed individuale del futuro: compostaggio di comunità, digitalizzazione dei fatturati, mobilità in sharing e via dicendo. Queste idee devono essere considerate come risorse e devono essere, specialmente se nate dal basso e legate al territorio, sostenute e promosse, attuandole in modo graduale, senza aggredire ritmi e abitudini, ma attraendo i privati (investitori e consumatori) per convenienza ed efficacia.
In questo quadro si inseriscono le iniziative di sostenibilità per il territorio.



2. L’oggetto auto, lo sharing e la nuova mobilità urbana

La mobilità gioca un ruolo fondamentale nel cambiamento dei consumi da individuali a collettivi e nelle auspicabili future “città sostenibili”. La prima cosa da fare, per comprendere il concetto di mobilità sostenibile, è dimenticare l’abituale ruolo che negli anni è stato dato all’automobile, sicuramente uno dei simboli del XX secolo. L’auto ha rivoluzionato i sistemi di produzione industriale, di consumo ed è arrivata a scandire i ritmi delle nostre vite, rispondendo alla moltitudine di esigenze moderne e adattandosi perfettamente all’individuo e alle sfide della tecnologia, come la rapidità dei collegamenti. Compriamo una “city car” così come compriamo un vestito o un qualsiasi oggetto che lasciamo inutilizzato per la maggior parte del tempo ed è questo il motivo per cui “l’oggetto auto” riflette limitatamente il nostro reale bisogno di mobilità e molto di più il nostro status personale, la nostra immagine. Così, giustificate dal bisogno automatizzato del mezzo di trasporto privato e dal suo appeal, le società sviluppate hanno intrecciato l’esigenza di mobilità cittadina con le dinamiche di consumo superfluo, di eccesso e di vanità, fornendo, piuttosto che un servizio, un bene di consumo. È possibile modificare questo orientamento? Il car sharing è la riposta.
Lo sharing (condivisione) è un fenomeno molto recente, arrivato con la globalizzazione digitale. Forse ci troviamo di fronte al primo mezzo reale di coscienza globale. Attraverso lo sharing i popoli hanno cominciato a ragionare senza confini, come specie, come genere umano, piuttosto che come individui. Questo passo è fondamentale nel percorso verso la sostenibilità. Condividere è diventato un termine alla moda, un trend che per ora viene sfruttato solo superficialmente. Il car sharing porta questa moderna tendenza ad un livello superiore.
Si tratta di un servizio che punta all’elettrico, ma è anche perfettamente adattabile per i veicoli a carburante, rendendolo innovativo, conveniente e poco traumatico per la città. Il car sharing è la migliore soluzione per indirizzare i centri urbani verso la totale sostenibilità del bisogno di mobilità.



3. Cos’è il car sharing

Il car sharing nasce in Europa alla fine degli anni ’90, per poi espandersi anche verso i paesi in via di sviluppo come la Cina, l’India, Brasile, Messico e Turchia. Questo perché l’alta densità della popolazione, tipica di questi paesi, favorisce la crescita del servizio.
Inizialmente il car sharing era station based. I veicoli dovevano essere ritirati e poi riportati nello stesso luogo, detta appunto ‘stazione’. Questo sistema era utile solo per chi abitava nei pressi di tali stazionamenti e per commissioni rapide, in quanto la sosta diventava non conveniente. In seguito, si è passati al sistema one way, ovvero prelevo il veicolo al punto A e lo posso lasciare anche al punto B. Ma il sistema più avanzato è il free floating.
Il free floating (circolazione libera), è un meccanismo che ha implicazioni sia tecnologiche che normative. Questo perché permette, attraverso la georeferenziazione eseguita da un’App apposita, di individuare il luogo più vicino in cui è stato parcheggiato un veicolo (non più stazioni ma stalli pubblici). Ciò consente di prelevare e lasciare la macchina dove vuole il cliente, dando la disponibilità reale dei veicoli in strada. È questo un meccanismo chiaramente di natura collettiva e urbanistica, che gioca completamente sulla reale mobilità degli utenti del servizio. Il potenziale del free floating è altissimo, ma bisogna proiettarsi molto avanti per comprenderlo appieno. Se l’Amministrazione di una città adottasse un sistema di car sharing e a quest’ultimo rispondesse una vasta utenza, favorendo il free floating su tutto il territorio, la libertà di movimento sarebbe totale e il car sharing diventerebbe il mezzo di trasporto principale di una comunità. Per adesso però, è una realtà che si sta sviluppando e il suo obiettivo deve essere quello di integrarsi con i sistemi in atto, offrendo, inizialmente, solo un’efficiente alternativa.
Tecnologicamente le società che operano nel campo sono pronte per il free floating, ma l’ostacolo, in genere, è di tipo amministrativo.



4. Vantaggi del car sharing

Oltre ai suoi evidenti benefici per l’ambiente e il benessere della città, il punto più importante e su cui si basa molto del successo del servizio, è la sua netta convenienza economica. Un veicolo di proprietà individuale, utilizzato per andare da un punto A ad un punto B, sta fermo più di quanto sia mobile, per cui i suoi costi fissi, molto alti e sempre tendenti ad aumentare, incidono maggiormente sui chilometri percorsi e sui tempi di utilizzazione.
Costi annuali dell’uso di un’automobile in 22 città del mondo.






Turchia: € 5000 UK: € 4705 P. Bassi: € 4595 Svizzera: € 4530 Italia: € 4045
Portogallo: € 3970 Germania: € 3890 Francia: € 3460 USA: € 3305 Spagna: € 3300
N. Zelanda: € 3250 Australia: € 2900 Canada: € 2490 India: € 2460 Russia: € 2355
Giappone: € 2220 Cina: € 1790 S. Africa: V 1745 UAE: € 915 Qatar: € 720
Argentina: € 370S. Arabia: € 325

Fonte: «Daily Mail», 27-11-2013.

Ovviamente a tutto ciò va aggiunta la manutenzione, il costo di acquisto (ridistribuito su 10 anni) ed il costo dei mancati interessi sul capitale utilizzato per l’acquisto dell’auto (calcolato sempre per 10 anni). In definitiva, la spesa è consistente. Tuttavia, questi costi sono interamente legati al possesso di un’auto e non al suo servizio. Il car sharing agisce proprio su questa differenza.
Con il car sharing, si aboliscono costi fissi e costi vivi, come parcheggio, manutenzione, si aboliscono i costi di acquisto e vendita (svalutata) e, nel caso del car sharing elettrico, anche i costi e l’inquinamento da carburante. Con le spese di percorrenza direttamente collegate all’uso e quelle fisse distribuite tra più persone, si percepisce, quindi, il vero costo della mobilità ogni volta che si deve decidere di usare un veicolo.
Utilizzare l’auto condivisa (in sharing), con un sistema free floating, è molto elementare. L’utente, iscritto al servizio, quando ha bisogno di muoversi con un’auto, invia la richiesta alla compagnia attraverso un’App, che gli indica il veicolo disponibile parcheggiato più vicino. La procedura si basa su un supporto software che gestisce l’uso, la localizzazione dei veicoli e la flotta.
Il servizio, quindi, è totalmente informatizzato e molto accessibile perché dispone di rapide procedure di prenotazione e utilizzo. Il software necessario è relativamente economico e l’hardware (i veicoli) vengono forniti attraverso un contratto in leasing con un grande compagnia automobilistica (per es.: Mercedes, Renault, Fiat). Puntare su compagnie che investono sull’elettrico rappresenta l’obiettivo finale.
Il modello standard, nonostante dipenda dalla location, consiste principalmente in una rata al minuto, ora o giorno, con sconti che si applicano automaticamente per l’uso a ore o giornaliero. Le rate includono tutto: noleggio, carburante (in molti casi viene rimborsato all’utente dalla compagnia), assicurazione, parcheggio (in aree autorizzate) e manutenzione. In qualche caso, è richiesta una piccola tassa annuale fissa.
L’Italia è un paese in cui il car sharing si sta espandendo molto, + 400% di utenti nel 2013, il seguente è il listino prezzi, per Roma e Milano, di una delle compagnie di car sharing più importanti in Europa.






Quota unica di iscrizione (gratuita nella fase di lancio): € 19, 00
Tariffa al minuto di guida e/o sosta: € 0, 29
Tariffa oraria (50 km. gratuiti inclusi): € 14, 90
Tariffa al km., dopo i 50 km. concessi ad ogni noleggio: € 0, 29
Tariffa massimo per 24h. di noleggio (50km. Gratuiti inclusi): € 59,00




5. Mobilità a confronto

In assenza di una copertura totale del servizio free floating su un territorio, è chiaro che l’utente utilizzerà un veicolo in sharing solo se sarà sicuro di doverlo usare continuamente nel tempo da lui prestabilito, la sosta infatti, in un sistema station based o parzialmente free floating, è poco conveniente. Se guardiamo al futuro, possiamo immaginare talmente tanti veicoli in sharing per strada, che lasciarne uno e trovarne un altro diventa molto più facile e quindi più veloce e conveniente. Tuttavia, in una fase ancora iniziale come questa, il car sharing si deve integrare con il trasporto urbano pre-esistente. In questa fase, se dobbiamo raggiungere un luogo lontano, sperduto, magari con qualche sosta nel frattempo, usare la propria auto può risultare più conveniente; se dobbiamo fare varie commissioni in centro città, con soste e tratti a piedi, l’ideale è il mezzo pubblico; se, invece, dobbiamo raggiungere un luogo che conosciamo, lontano o vicino che sia, senza dover fare soste, ma con uno scopo specifico, allora l’auto condivisa ci farà risparmiare tempo e denaro. La domanda di mobilità, quindi, varia e bisogna creare interazioni tra i vari sistemi che la soddisfano. Il car sharing si adatta ad un individuo che gestisce il suo tempo e i suoi spostamenti in modo preciso e, pertanto, sceglierà l’auto condivisa quando questa si adatterà alla sua esigenza, congiuntamente al mezzo pubblico e all’auto privata, o combinando le alternative. Inoltre, il sistema, è ancora una realtà su cui le persone si stanno iniziando ad affacciare. Pertanto, è importante che, in questo momento, il car sharing si presenti il più possibile adattabile ai ritmi consuetudinari della vita cittadina, per poi, possibilmente, imporsi sempre più per convenienza, benefici e sofisticatezza del servizio, sia tecnologica che amministrativa. Il car sharing deve quindi considerare diversi aspetti per potersi installare. In città che dispongono di un servizio taxi frequente ed economico, il car sharing avrà sicuramente più difficoltà ad avere successo, mentre negli agglomerati fuori città, meno densi e caotici, essendo l’auto privata il mezzo principale e il trasporto pubblico certamente più saltuario, il car sharing potrebbe integrare del tutto la domanda di mobilità. Pertanto, il car sharing non può prescindere dall’intero trasporto urbano e in base all’efficienza o meno di quest’ultimo, si integra in modi e intensità diverse. In altre parole, se la città ha, già da tempo, adottato un sistema di car sharing ed autorizzato il free floating su tutto il territorio, allora vorrà dire che il cittadino avrà molta più disponibilità e un’auto condivisa potrebbe servirlo meglio anche se fossero necessarie molte soste. Se invece l’Amministrazione cittadina non ha ancora pienamente autorizzato il servizio o comunque la domanda non si è ancora resa tale da incentivarlo, allora sarà più conveniente per l’utente integrare l’uso dell’auto condivisa con altre modalità di trasporto a seconda delle sue esigenze.
In Europa siamo arrivati ad una media di 1 veicolo per 2 persone e a livelli di congestionamento altissimi, mentre in Asia la tendenza è quella di acquistare un’auto appena si è in grado di affrontarne la spesa. La mobilità sostenibile risanerebbe città affogate nell’inquinamento e nella congestione stradale, fenomeni tipici di questo secolo (pensiamo ad Ankara, Città del Messico, Lagos, Pechino), migliorando nettamente la qualità della vita.
Il car sharing è un percorso gestionale adatto a garantire un’offerta sostenibile di mobilità rieducando i cittadini. Combinare l’elettrico con questo sistema è forse l’obiettivo più innovativo e lungimirante. È infatti chiaro che è lo sviluppo del veicolo a zero emissioni a rappresentare il futuro della mobilità urbana.



6. Il Car Sharing elettrico

Il protocollo di Kyoto del 10 dicembre 1997, ha impegnato gli Stati membri dell’Unione Europea a ridurre, entro il periodo compreso tra il 2008 e il 2012, le emissioni dei gas serra nella misura dell’8% rispetto ai livelli del 1990, ed ha individuato le azioni che dovranno essere realizzate per la riduzione delle emissioni in atmosfera.
Nel 2012 le emissioni di CO2 nel mondo, derivanti dalle automobili, erano di 136, 6g CO2/km., che, comparate con i 186g CO2/km. del 1995, evidenziano un calo del 26, 6%. Questo è il risultato degli sforzi a lungo termine di parte dell’industria, sostenuta sia con che senza gli obblighi derivanti dalla legislazione.
Fino ad oggi si è guardato essenzialmente al car sharing tradizionale e più frequente: quello che fornisce veicoli a scoppio, retaggio di una tendenza che dovrà cambiare. I dati succitati suggeriscono il passo successivo, che al beneficio già fornito dal car sharing per la gestione della mobilità urbana, aggiunge quello delle 0 emissioni, dell’assenza di rumore, dell’abbandono della benzina, della maggiore convenienza, della proiezione più netta verso l’inevitabile futuro e tanto altro.
Sono ancora solo due le industrie automobilistiche che investono sul car sharing elettrico in Europa. A Napoli, sebbene città complicata e per certi aspetti ‘sottosviluppata’, è nata una delle prime iniziative di car sharing elettrico in Europa. Si tratta di un’iniziativa giovane i cui proprietari hanno deciso di investire su un progetto di mobilità completamente sostenibile chiamato “Bee-Green Mobility Sharing”. Questa iniziativa, però, a causa di un’Amministrazione lenta, macchinosa e anche obsoleta, nel comune napoletano va avanti solo grazie al forte legame degli investitori con il territorio.



7. Il caso Bee

A Napoli, da qualche anno, si vedono girare delle macchinette elettriche biposto e un simbolo di un’ape verde appare su molte insegne di garage. Bee è un progetto di car sharing elettrico, primo in Italia, secondo in Europa. La società dietro il progetto, fondata nel 2006, è la NHP S.r.l., appartenente a 3 giovani napoletani sotto i quarant’anni, che hanno deciso di investire nel car sharing elettrico. Il servizio è stato attivato nel 2012 ed è convenzionato con una trentina di garage e parcheggi in cui poter lasciare l’auto. In attesa dei permessi del Comune, Bee si è adattata all’handicap e ha sviluppato un sistema station based molto efficace, rendendo economicamente vantaggiosa la partecipazione all’iniziativa da parte di diversi gestori di garage coperti della città, che, grazie a Bee, hanno aumentato clienti e guadagno. Il progetto ha quindi installato molte stazioni in questi garage, sponsorizzandosi e ramificando l’interesse dell’iniziativa. Infine, attraverso una partnership con Quick No Problem, azienda leader nei parcheggi, il progetto si è espanso ancora di più. Il passaggio al free floating, però, come abbiamo detto, è fondamentale per la crescita del servizio. Tuttavia, nonostante che questo progetto disponesse di ogni requisito per essere sostenuto: giovani imprenditori legati al territorio, temi di sostenibilità, beneficio per la comunità, energie rinnovabili, compatibilità con le direttive europee e nessun bisogno di sostegno economico, il Comune ha ritardato i permessi per parcheggiare gratis sugli stalli comunali e quelli per il passaggio attraverso la ZTL li ha concessi a breve termine, riservandosi la possibilità di rinnovo o d’interruzione e tenendo, pertanto, l’iniziativa sempre sotto scacco. Nel 2013 è nato un servizio alternativo, patrocinato dal Comune e definito “sperimentale”, vale a dire che l’iniziativa termina con il maggio 2015, con il nome “Ci.Ro-Napoli City Roaming”. Ci.Ro. offriva 12 veicoli e 4 stazioni, usufruendo del fondo di 1.600.000 € del PONREC. Questo progetto ha ricevuto subito i permessi per parcheggiare gratuitamente e per transitare liberamente attraverso la ZTL, ostacolando Bee, già operante da due anni, che invece lottava ancora per ottenerli. Nonostante questo, la NHP S.r.l. ha resistito, accettando le perdite e credendo in una definitiva futura regolamentazione del servizio. In questi anni, però, per i cittadini è diminuita la credibilità del servizio e si è perso l’appeal della novità. Qualche mese fa, dopo tre anni di richieste, i permessi per il free floating sono stati dati e oggi i veicoli Bee si possono parcheggiare liberamente in alcune zone definite nel sito: www.bee.it. Tuttavia, non viene citata ancora nessuna circolare, né un Avviso Pubblico, né alcuna dichiarazione in cui questi permessi sono confermati e regolati per poter essere considerati di lungo termine. Il Comune di Napoli, ufficialmente, non ha una politica attuativa sul car sharing (elettrico e non), termine che non viene neppure citato nei provvedimenti amministrativi e che preferiscono indicare il servizio come “vetture elettriche”, comportando così una valutazione completamente diversa da quella reale e dalle finalità del servizio. Per questo motivo, il progetto Bee non riesce a svilupparsi come la domanda invece farebbe presagire e la società napoletana riceve il suo maggior utile da analoghe iniziativa in altre località come Roma e Milano.
Tuttavia, quando lo si agevola, il car sharing dimostra tutto il suo potenziale, di utile e di occupazione.



8. Un business ricco, se sostenuto

I colossi del servizio sono Zipcar e Car2Go. Nel 2012 Zipcar ha avuto un fatturato di 278.560,000, 00 USD, con una crescita del 15%, un 16% di clienti in più (777.000) rispetto all’anno precedente e con una flotta di 9.700 veicoli. Nel 2013 Zipcar viene acquistata dall’AVIS Budget Group per 500 milioni di USD. Il profitto, da marzo 2013 al 31 dicembre 2013, è stato di 260.000.000, 00 USD, con 810.000 membri e 11.000 veicoli tra Canada, Stati Uniti, Austria, Spagna e Inghilterra. Zipcar rimane un colosso del settore, ma lo è insieme a Car2Go, gruppo tedesco che conta una flotta di 12.500 veicoli in 29 città di 8 paesi, con una parterre di 1.000.000 clienti e con una previsione per il 2020 di 15.000.000.
Questi dati determinano un business vivo e in crescita con una domanda che, sebbene sia variabile a seconda delle località, è significativa in scala mondiale.
A Milano, il primo settembre 2013, è stata indetta una conferenza stampa sul tema del car sharing e già a metà settembre il servizio era in strada. I tempi di progettazione, implementazione e realizzazione, in una città come quella di Milano, sono stati di 25 giorni. L’intoppo, secondo la NHP, è di ordine antropologico. A Milano, così come a Roma, oltre ad avere le risorse umane ed economiche, per un progetto del genere, il Comune ha avuto un approccio diretto e immediato. si sono resi subito conto della domanda e dei benefici del servizio e hanno agito con i necessari atti amministrativi, ovvero una delibera definitiva, intitolata: “Approvazione dell’Avviso Pubblico per infestazione di interesse per l’individuazione dei soggetti interessati a svolgere il servizio di car sharing sul territorio del Comune di Milano”. L’avviso, pubblicato poco dopo, determina, inoltre: “la corresponsione di un canone di € 1.100, 00 a veicolo, da versare a favore del Comune di Milano a titolo forfettario per l’utilizzo del suolo comunale e dei servizi comunali tra cui anche quelli manutentivi, per i servizi di car sharing endotermici … La gratuità dell’accesso alla ZTL Cerchia dei Bastioni - Area C e della sosta nelle aree delimitate dalle strisce blu a pagamento, nonché il diritto di sostare liberamente (gratis) nelle aree di sosta delimitate dalle strisce gialle per residenti.” e ancora “Al fine di incentivare la mobilità elettrica, il suddetto canone non si applica ai veicoli esclusivamente elettrici”. Ciò ha permesso al servizio di decollare e nel 2013, con circa un migliaio di veicoli in sharing per strada, sono state riscontrate 15.000 immatricolazioni in meno rispetto al 2012. Forse non ci sarà un nesso di causalità, ma il servizio di car sharing ha contribuito all’alleggerimento delle presenze veicolari e dell’inquinamento.
Nel Capoluogo lombardo, spiega la NHP, i problemi comunque ci sono, ad esempio i competitors sono molto forti e i veicoli non sono accattivanti e non attraggono, ma c’è stato, in ogni caso, un approccio diverso, di tipo orizzontale. L’Amministrazione ha prima identificato il potenziale e la domanda di un servizio proiettato verso l’immediato futuro e di massimo beneficio per la comunità. In seguito, ha agito con una delibera chiara e un bando, seguendo le direttive dell’Horizon 2020. Il car sharing, quindi, non solo è previsto come tale, ma i problemi sorti in seguito, sono stati risolti ascoltando tutti gli stakeholders coinvolti, anche quelli contrari. Un esempio è come il Comune milanese, prima di lanciare il servizio EqSharing, ha indetto una riunione con i tassisti della città, in contemporanea alla conferenza relativa al nuovo servizio di mobilità alternativa, dichiarando che questo sarebbe divenuto complementare e non concorrente e negoziando, quindi, una serie di richieste per cui i tassisti sono usciti dalla riunione con dei risultati elaborati prima che l’iniziativa si realizzasse, prevedendo l’impatto della politica scelta verso il car sharing. Pertanto a Milano non è esistita una rivolta dei tassisti contro il car sharing, perché sono state create le condizioni economiche e tecnologiche affinché ciò non accadesse. Il parco macchine dei tassisti di Milano, infatti, è per il 60% composto da Toyota Prius, macchine ibride, integrandosi all’elemento “energia elettrica”, imposto sul mercato dal car sharing. Questo perché il car sharing e l’uso dei veicoli elettrici era ben conosciuto e previsto da tempo. Politiche di questo genere, in città come Milano, Bologna, Firenze, risalgono alla fine degli anni ’90.



9. Il ruolo dei governi

Abbiamo già detto che una politica a lungo termine è fondamentale. Ciò significa che, indipendentemente dalle fazioni in gioco, le iniziative di riqualificazione della mobilità e l’investimento verso le energie rinnovabili e verso il loro sviluppo imprenditoriale, devono essere un punto fermo. È necessario un impegno continuo da parte dello Stato, che, guidando le amministrazioni locali, spinga il paese verso il cambiamento. Un cambiamento che non solo creerebbe impresa e quindi occupazione, ma comporterebbe enormi benefici all’ambiente, alla salute della popolazione e al benessere sociale. Una città con un sistema di mobilità in sharing, infatti, è una città più sana.
È necessario, quindi, sul piano politico-amministrativo, riconoscere l’importanza di questo recente ramo d’imprenditoria, promuovendone la libera concorrenza.
Le iniziative di car sharing non richiedono aiuti economici, sono autosufficienti e tali vogliono essere, in quanto è proprio la potenzialità e natura del business ad essere interessante per i privati e, in questo settore, soprattutto in un periodo di crisi, il coinvolgimento del privato determina il successo e la durevolezza dell’iniziativa. Il lavoro delle amministrazioni locali, quindi, sulla base delle direttive europee e nazionali, è di fornire i permessi e gli interventi amministrativi adatti per incentivare progetti di natura sostenibile e quindi a beneficio della comunità. Una volta identificato un interesse reale da parte di più società ad abbracciare il business del car sharing, i comuni hanno il dovere di incentivarne lo sviluppo attraverso un Avviso Pubblico o un bando in cui, privilegiando proposte di compagnie locali e quindi legate al territorio, i potenziali gestori del servizio interessati possono proporre i loro progetti fino al raggiungimento del numero massimo di veicoli previsti per un lancio iniziale. È importante, in questa fase, creare il più possibile una varietà di mercato in grado di innescare la competitività necessaria al miglioramento continuo del servizio, a beneficio sia degli investitori, sia dei cittadini. Il monopolio in questo settore, soprattutto in paesi extraeuropei, comporterebbe l’impossibilità, da parte degli eventuali gestori locali, di sfruttare meglio il settore, in quanto più radicati nel territorio.
L’interconnessione stretta tra l’amministrazione locale e il successo del servizio è diretta nel momento in cui c’è l’inevitabile passaggio al free-floating. Con questo ultimo stadio evolutivo del sistema, si andrebbero ad utilizzare gli stalli pubblici o le più comunemente note ‘strisce blu’. L’Amministrazione dovrebbe auspicabilmente rinunciare, almeno fino all’entrata a regime, ad ogni introito per tale tipo di occupazione di suolo pubblico. In caso contrario, il relativo costo per il promotore dell’iniziativa, si riverserebbe inevitabilmente sull’utilizzatore, che, pertanto, potrebbe essere disincentivato all’uso di questo genere di servizio.
Spetta all’Amministrazione comunale assumere anche un certo grado di promozione del servizio. Sta al Comune, infatti, convincere i cittadini della convenienza di un servizio di cui si possono fidare e che migliorerà la loro vita urbana e la loro salute. L’appeal tecnologico e l’innovazione, nonché la netta convenienza e comodità, sono elementi che creano interesse, il Comune, in collaborazione con il gestore privato del servizio, deve valorizzare questi aspetti e stimolare i cittadini con i incontri, conferenze, dimostrazioni, interventi sui social, etc., senza fermarsi solo alla fase di lancio, ma seguendo e sostenendo l’iniziativa nel tempo.
Il governo locale è quindi fondamentale per il successo di questo servizio. L’ostilità o il disinteresse da parte degli uffici pubblici condanna a morte l’iniziativa.
Dall’alto verso il basso, il ruolo dei Governi e degli Amministratori locali serve rispettivamente a:
• istituire uno standard nazionale operativo e tecnologico;
• identificare e regolare, attraverso incentivi e agevolazioni a lungo termine, progetti e iniziative;
• unificare e velocizzare le procedure.
• Testare le potenzialità e fattibilità locale di un progetto di car sharing;
• una volta riscontrato, stimolare l’interesse degli investitori privati con un Avviso Pubblico in cui si evidenziano le agevolazione e le caratteristiche che un’organizzazione deve avere per avviare con successo un servizio di car sharing;
• promuovere e seguire l’iniziativa;
• effettuare tutti gli interventi amministrativi necessari per agevolare il servizio;
• creare i presupposti per la libera impresa nel settore ricercando sempre il più ampio coinvolgimento dei privati, preferibilmente locali, possibile.



10. Il ruolo dei privati

Nel paragrafo precedente abbiamo accennato all’importanza del ruolo dei privati in un’iniziativa di mobilità sostenibile come il car sharing. È importante capire che il vero successo di tali iniziative sta in questo coinvolgimento. Più stakeholders vengono coinvolti più l’iniziativa sarà radicata, varia, sempre aggiornata ed in continuo contatto con gli utenti.
Il car sharing, se ben sviluppato, è un servizio potenzialmente molto in contatto con la città e con un potere di coinvolgimento occupazionale altissimo. In altre parole, le partnership possibili sono tantissime. La più semplice è la reciproca sponsorizzazione. Qualsiasi attività, dall’agenzia turistica al ristorante, ne beneficerebbe, in quanto la pubblicità mobile (stampata sulle auto) è molto efficace. Ma le partnership sono essenziali anche in modo sostanziale e, nella fase iniziale, sono quasi complementari al successo del progetto. Il promotore locale dell’iniziativa, infatti, per ampliare il suo business, cerca accordi commerciali con i più diversi soggetti (garage, alberghi, parchi privati, ecc.) che ospitano le auto e che fornirebbero così un servizio in più ai loro clienti, traendone un vantaggio economico aggiuntivo.
Ma il coinvolgimento dei privati assume un ruolo problematico nel momento in cui le amministrazioni pubbliche sono carenti e il passaggio al free floating diventa lento e complicato e si è costretti a rimanere nello stadio station based, che comporta automaticamente la partnership con i gestori delle diverse stazioni in cui poter portare e ritirare dei veicoli in sharing.
In paesi difficili, con demografia e urbanizzazione sempre crescenti, il ruolo dei privati diventa essenziale, considerando la precaria efficacia dell’affidarsi esclusivamente all’intervento pubblico, molto più soggetto a ritardi e incertezze rispetto a quello privato.



11. Conclusione

Lo sviluppo sostenibile presenta molte sfaccettature. Abbraccia tutti i comportamenti umani, individuali e collettivi. Riguarda il rapporto dell’uomo con il territorio e quindi l’esistenza e lo sviluppo degli agglomerati urbani e le tecniche per la soddisfazione delle esigenze immediate della società civile.
Comprendere che queste esigenze devono essere conformi alla loro sostenibilità è un processo di autocoscienza indotto dalla scuola, dall’università, da un potere politico illuminato.
Sono le fasi di crisi economica che possono favorire questo processo, se viene accompagnato da soluzioni che offrono nuove opportunità di sviluppo, di occupazione e di efficienza di sistema.
Da un lato abbiamo i grandi problemi legati per esempio al clima o allo sfruttamento delle risorse naturali che spesso fuoriescono dalle possibilità di impegno e di soluzione da parte dei singoli. Dall’altro lato abbiamo una serie di aree in cui l’individuo può agire per la sostenibilità dello sviluppo dal basso, in particolare di quello cittadino.
Le relative soluzioni possono partire dall’assetto urbanistico degli agglomerati umani e dall’impegno pubblico nell’indirizzare i comportamenti individuali verso soluzioni sostenibili, tra cui è essenziale la mobilità urbana.
Molti possono essere gli approcci per iniziare la lunga marcia verso la Smart City. Il primo passo riguarda il traffico cittadino. Le soluzioni di mobilità sostenibile, come il car sharing, riducono l’inquinamento, riducono la quantità dei veicoli presenti in aree urbane ad alta densità abitativa, incidono sulla godibilità delle città. Tutte soluzioni che migliorano l’appeal e la salute di una città. Tuttavia, non sono fine a se stesse. Offrono anche nuove possibilità di occupazione e di guadagno, nuove occasioni imprenditoriali. Il car sharing, quindi, non solo migliora la vita dei singoli cittadini, ma offre un’occasione imprenditoriale ed occupazionale molto lungimirante, con grandi potenzialità di sviluppo. Integrare la sostenibilità e il cambiamento con la libera impresa è essenziale per mantenere un contatto vivo e duraturo con le iniziative.
Questo approccio va portato avanti soprattutto dalle amministrazioni locali, che devono sostenere progetti sostenibili a beneficio della comunità. Sono i Comuni che devono porsi come promotori del cambiamento e il car sharing ha tutte le carte in regola per essere considerata un’iniziativa rivoluzionaria.
Tuttavia, ragionare sullo sviluppo sostenibile non riguarda solo “i sistemi”, ma anche la convivenza dei singoli e i comportamenti individuali, da cui può partire un impegno collettivo per migliorare le prospettive del nostro futuro prossimo. L’Europa ha tutti i presupposti socio-economici per illuminare la strada verso una mobilità sostenibile condivisa internazionalmente e deve presentarsi come promotrice della sostenibilità urbana che, a lungo andare, attraverso iniziative come il car sharing, può dare un contributo serio e definitivo ad una riconversione globale.
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