Rubbettino Editore
Rubbettino
Torna alla Pagina Principale  
Redazione: Fausto Cozzetto, Piero Craveri, Emma Giammattei, Massimo Lo Cicero, Luigi Mascilli Migliorini, Maurizio Torrini
Vai
Guida al sito
Chi siamo
Blog
Storia e dintorni
a cura di Aurelio Musi
Lettere
a cura di Emma Giammattei
Periscopio occidentale
a cura di Eugenio Capozzi
Micro e macro
a cura di Massimo Lo Cicero
Indici
Archivio
Norme Editoriali
Vendite e
abbonamenti
Informazioni e
corrispondenza
Commenti, Osservazioni e Richieste
L'Acropoli
rivista bimestrale


Direttore:
Giuseppe Galasso

Responsabile:
Fulvio Mazza

Redazione:
Fausto Cozzetto
Piero Craveri
Emma Giammattei
Massimo Lo Cicero
Luigi Mascilli Migliorini
Maurizio Torrini

Progetto grafico
del sito:
Fulvio Mazza

Collaboratrice per l'edizione online:
Rosa Ciacco


Registrazione del
Tribunale di Cosenza
n.645 del
22 febbraio 2000

Copyright:
Giuseppe Galasso
 
Cookie Policy
  Sei in Homepage > Anno XVI - n. 1 > Rendiconti > Pag. 96
 
 
Luoghi di culto, necropoli e prassi funeraria fra Tarda antichità e Medioevo
di Nicola Busino
Svoltosi nell’ambito della XIX edizione del Premio Cimitile, il convegno internazionale Luoghi di culto, necropoli e prassi funeraria fra tarda antichità e medioevo, organizzato da Marcello Rotili e Carlo Ebanista, ha costituito la VII edizione della serie di convegni internazionali sulla tarda antichità ed il medioevo; larga la partecipazione di studiosi, di studenti e di pubblico. Secondo la consueta direttiva degli organizzatori, le relazioni hanno avuto la caratteristica di produrre una notevole quantità di dati inediti provenienti dalle ultime ricerche sul campo.
Tra gli argomenti trattati, l’analisi dei complessi episcopali tardoantichi di alcune città della Campania ha ricevuto un’attenzione considerevole: è il caso di Nola di cui sono stati presentati per la prima volta i dati delle indagini condotte nella cripta paleocristiana al di sotto della cattedrale odierna1, il cui impianto coinciderebbe con quello tardoantico. Altra sede episcopale oggetto di attenzione specifica è stata la cattedrale di Benevento di cui sono state offerte alcune interpretazioni alla luce delle recenti ricerche archeologiche svolte nella cosiddetta cripta e delle conseguenti attività di sistemazione museale del contesto2: l’edificio di culto doveva occupare un’area terrazzata che rappresentava con ogni evidenza un riferimento topografico in questa porzione della città tardoantica3. Nella rassegna sulle sedi episcopali campane non manca Napoli di cui è stata presentata un’interessante rilettura del cosiddetto battistero di San Giovanni in Fonte4 ubicato nell’ambito dell’insula episcopalis. La cronologia del monumento si è sinora basata sul solo esame della decorazione musiva dell’interno: nuovi spunti sono stati presentati alla luce dell’analisi architettonica della struttura e delle sue connessioni più o meno evidenti con la coeva architettura di committenza imperiale ed ecclesiastica.
Altro grande tema affrontato è stato l’assetto cristiano delle aree periurbane e rurali in alcuni settori del Mezzogiorno: per il suburbio è ancora il contesto napoletano ad offrire nuovi spunti dalle scoperte archeologiche fatte dalla competente Soprintendenza in occasione della realizzazione della Metropolitana di Napoli5. Le indagini a piazza Bovio e al cosiddetto Maschio Angioino hanno evidenziato per il V secolo un massiccio fenomeno di insabbiamento della fascia costiera, con conseguente allontanamento della linea di costa. Questo fenomeno avrebbe comportato una rimodulazione dello spazio suburbano di Neapolis: in questo ambito il porto fu collegato al centro urbano mediante nuove stradi nelle cui vicinanze fu impiantata una vasta area sepolcrale utilizzata tra la fase tardoantica e la piena età ducale.
Altre questioni circa l’allestimento degli spazi funerari suburbani della Napoli tardoantica emergono dallo studio di un ipogeo funerario, la poco nota catacomba di Sant’Efebo (al di sotto del complesso conventuale dei Frati Cappuccini di Sant’Eframo vecchio)6, che occupa il suburbio settentrionale: i documenti inediti presentati aprono un tema più che mai attuale, quello dell’organizzazione degli ipogei funerari napoletani, quanto mai bisognoso di approfondimenti alla luce delle specificità che li contraddistinguono rispetto alle catacombe romane7.
L’organizzazione dei cimiteri suburbani è stata l’oggetto di due relazioni inerenti il territorio campano: è il caso di Alife, ove gli scavi della Soprintendenza condotti in ampie porzioni del centro e della periferia hanno tra l’altro approfondito le conoscenze dell’area antica urbana e periurbana8. Tra i nuclei cimiteriali venuti alla luce, molto interessante è apparso quello scavato nel suburbio orientale che si caratterizza per fasi d’occupazione riconducibili alla piena età normanna in base alle attestazioni numismatiche: la peculiarità del cimitero sta nel rinvenimento di pregiati corredi femminili (orecchini, anelli, fibule) che colmano in parte le scarse conoscenze per le necropoli bassomedievali9. Altre questioni circa la prassi funeraria di aree suburbane sono state presentate con riguardo all’ampia necropoli rinvenuta a est di Aeclanum (Mirabella Eclano, Avellino)10: le 1200 tombe indagate occupano un arco cronologico riconducibile al periodo imperiale, con una massima espansione nel V secolo allorché l’area circostante dovette forse comprendere un luogo di culto. La disposizione delle sepolture, dalla tipologia molto varia, allude al preciso intento di organizzare lo spazio funerario, diviso in lotti, servito da percorsi viari principali e caratterizzato da recinti. Numerosi sono gli oggetti riferibili all’ornamento (collane, anelli, orecchini e bracciali), all’abbigliamento (bottoni, fibbie per borsetta, chiodini riferibili a calzature) e al corredo rituale dei defunti: in quest’ultimo caso, esso consta di lucerne, anforischi, piatti, coppe, scodelle, ma anche di manufatti vitrei (soprattutto ampolle), di solito associati a sepolture di bambini.
Considerazioni circa l’organizzazione cultuale e la prassi funeraria attraverso l’analisi dei corredi funerari sono emerse con chiarezza dalla relazione inerente alcuni contesti del cosiddetto Barbaricum, con evidenti riferimenti ai nessi con le necropoli di tradizione germanica rinvenute sul suolo italiano11. I casi presentati mostrano lo stretto rapporto tra contesti caratterizzati da forme di gerarchizzazione sociale e le relative aree sepolcrali: attraverso una densa carrellata di tipologie funerarie, attestate nei grandi contesti scandinavi della tarda età del ferro, i relatori hanno offerto un quadro composito che va dalle necropoli associate a piccoli e medio-grandi centri di potere a quelle associate a grandi strutture di potere e a centri di culto. Oltre alle sepolture di prestigio, altro interessante tema presentato (pressoché inedito) è stato la sepoltura di una specifica classe sociale del Barbaricum, quella dei fabbri/metallurgisti, le cui tombe sono spesso segnate da un’evidente indicazione di status del defunto che ne sottolinea sia la funzione sociale, intesa come appartenenza di classe (legata all’essere artigiano), sia la posizione all’interno del gruppo,mettendone in luce ad esempio la condizione e/o il grado di libertà personale.
La cristianizzazione delle aree rurali è un altro aspetto importante dell’analisi dello spazio tardoantico: il convegno ha visto la presentazione di rilevanti ricerche dall’Italia centrale e meridionale, come quelle inerenti sia la cattedra vescovile antica ed altomedievale di Amiternum, sia ampie porzioni del territorio aquilano contermine, con puntualizzazioni e chiarimenti a proposito delle catacombe di San Vittorino e di San Giusta di Bazzano, delle chiese di San Paolo di Barete, San Lorenzo di Marruci, Santa Giusta di Bazzano, San Giustino di Paganica, Santa Maria di Ansidonia (Peltuinum) e delle sepolture scoperte nelle mansiones di Cinturelli e di Bazzano12. Nuovi dati circa le aree senesi provengono dalla continuazione delle indagini condotte a Santa Cristina (Buonconvento) e a Miranduolo (Chiusdino): il primo caso è un interessante esempio di riconfigurazione di un esteso vicus romano di lunga frequentazione, che conobbe una massiccia rioccupazione almeno sino all’VIII secolo; il nucleo di Miranduolo, giunto al quattordicesimo anno di scavo, si caratterizza per una lunghissima fase di occupazione altomedievale di straordinaria qualità, al di sotto del centro incastellato13.
Interessanti considerazioni a proposito del ruolo delle cattedre episcopali nell’organizzazione degli spazi extraurbani provengono dalla rilettura della documentazione di scavo del complesso monumentale di Botricello (Catanzaro)14, un riesame che, unito a quello autoptico delle classi dei reperti, ne ha meglio puntualizzato le questioni strutturali e iconografiche: alla luce di quanto esposto, per l’edificio è stato sostenuto con decisione il suo ruolo vescovile per il VI secolo e la sua funzione poleogenetica data dalla presenza del vescovo; solo in seguito, il rango di cattedra vescovile sarà trasferito a Santa Severina, futura metropolia all’altro estremo del fiume Tacina.
A latere degli aspetti legati alle forme insediative, benché non disgiunto da essi, è lo studio dell’epigrafia sepolcrale tardoantica, letta attraverso l’analisi della collocazione dei documenti epigrafici all’interno delle strutture funerarie, secondo un approccio integrato che consente un’adeguata lettura di questi manufatti, costituiti da diverse componenti e rivestiti di differenti livelli di importanza che variano nel tempo, a seconda dei luoghi e in relazione alla committenza: se nel corso della tarda antichità i documenti epigrafici con allusioni dirette alla dimensione materiale della sepoltura sono alquanto rari, a partire dall’alto medioevo, in testi sempre più ricchi ed elaborati sia formalmente sia nei contenuti, si afferma la nozione della diversità e del distacco materiale tra le spoglie mortali affidate al sepolcro (tumulum, sepulchrum) e l’anima immortale (spiritus) che si eleva in cielo (astra petit) in attesa del premio eterno15.
Altre relazioni hanno affrontato la prassi funeraria in città per livelli cronologici più tardi: tra i casi presentati ha destato enorme interesse l’allestimento di alcune aree sepolcrali urbane16 che sarà conforme, per il XIII e il XIV secolo, alle direttive impartite dagli ordinimendicanti, specie per quanto riguarda il seppellimento dei laici nell’ambito delle chiese, una circostanza che allude naturalmente a rapporti di tipo economico che si materializzavano sotto forma di donazioni da parte delle aristocrazie urbane.
Altri enti subentreranno nei secoli centrali del medioevo nell’organizzazione dello spazio devozionale e cultuale, in gran parte connessi all’esperienza eremitica che, inizialmente autonoma, tenderà progressivamente a collegarsi e a subordinarsi alle strutture cenobitiche delle grandi abbazie, nonché a rientrare nell’assetto diocesano, come è stato evidenziato per alcuni contesti lombardi in larga parte inediti17: con la riforma della Chiesa in età gregoriana si assisterà ad una massiccia e diffusa espansione dell’eremitismo tra XI e XII secolo, secondo modalità originali connotate su base territoriale. Degno d’interesse è in tal senso il fervore connesso al culto di Sant’Ercolano, protovescovo di Brescia, sviluppatosi nel territorio gardesano a proposito delle fondazioni eremitiche altomedievali e alle architetture pievane benacensi: all’inizio del XII secolo, per volere del vescovo Arimanno, in accordo con il potente monastero benedettino di Leno, in una dinamica complessa di centri di poteri ecclesiastici e di luoghi di cerniera, le reliquie di Ercolano diventano strumento di potere che, con la loro traslazione, consentiranno di avviare una politica episcopale ed una rappresentazione dell’autorità ecclesiastica riformatrice attraverso l’edificazione di strutture di culto e di spazi monumentali.
















NOTE
1 La relazione di Giuseppe Vecchio (Soprintendenza archeologica per le province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta) ha illustrato gli ultimi risultati delle indagini da lui stesso coordinate nella cripta di San Felice a Nola: esse hanno evidenziato la complessa stratigrafia dell’area, le cui più antiche attestazioni risalirebbero ad epoca repubblicana. Circa gli assetti della città antica, cfr. ad esempio la scheda a cura di G. Grita, in P. Sommella, Italia antica. L’urbanistica romana, Roma, Jouvence, 1988, p. 128. Un quadro aggiornato delle fonti e dei dati archeologici a Nola per l’età tardoantica è in E. Savino, Campania tardoantica (284-604 d.C.), Bari, Edipuglia, 2005, pp. 212-213, 215-218.^
2 La relazione di Mario Iadanza (Università degli studi Suor Orsola Benincasa) completa le interpretazioni offerte dalle indagini della locale Soprintendenza (Luigina Tomay): alcuni esiti degli scavi sono pubblicati in L. Tomay, Benevento longobarda: dinamiche insediative e processi di trasformazioni, in G. D’Henry, C. Lambert, Il popolo dei Longobardi meridionali, 570-1076: testimonianze storiche e monumentali. Atti del convegno (Salerno, 28 giugno 2008), Salerno, Arci Postiglione, 2009, pp. 130-134.^
3 Sul profilo della città tardoantica, cfr. M. Rotili, Benevento romana e longobarda. L’immagine urbana, Napoli, Banca Sannitica, 1986. Nuove acquisizioni e riflessioni emergono da oltre un ventennio di attività di ricerca: M. Rotili, Cellarulo e Benevento. La formazione della città tardoantica, in M. Rotili, Benevento nella tarda antichità. Dalla diagnostica archeologica in contrada Cellarulo alla ricostruzione dell’assetto urbano, Napoli, Arte Tipografica, 2006, pp. 9-88; idem. Benevento fra Tarda Antichità e Alto Medioevo, in A. Augenti, Le città italiane tra la tarda antichità e l’alto Medioevo. Atti del convegno (Ravenna, 26-28 febbraio 2004), Firenze, All’Insegna del Giglio, 2006, pp. 317-333.^
4 Relazione di Olof Brandt (Pontificio Istituto di Archeologia sacra). L’edificio è stato inserito nella recente monografia pubblicata dal relatore su alcuni battisteri di area peninsulare (O. Brandt, Battisteri oltre la pianta. Gli alzati di nove battisteri in Italia, Città del Vaticano, PIAC, 2012).^
5 La relazione presentata da Vittoria Carsana (Soprintendenza archeologica per le province di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta) espone aggiornamenti circa la Napoli tardoantica alla luce delle recenti indagini. Numerosi contributi sono stati già editi da D. Giampaola, Dagli studi di Bartolomeo Capasso agli scavi della Metropolitana: ricerche sulle mura di Napoli e sull’evoluzione del paesaggio costiero, in «Napoli nobilissima», V (2004), I-II, pp. 39-50. Circa gli aspetti della cultura materiale, cfr. V. Carsana, Produzione e circolazione della ceramica medievale a Napoli alla luce dei risultati di recenti scavi, in «Napoli nobilissima», V (2004), I-II, pp. 21-34; V. Carsana, V. D’Amico, F. Del Vecchio, Nuovi dati ceramologici per la storia economica di Napoli tra tarda antichità e altomedioevo, in M. Bonifay, J.C. Tréglia, Late Roman Coarse Wares. Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean. Archaeology and archaeometry, Oxford, BAR Series (1662), 2007, pp. 423-437.^
6 La relazione presentata da Carlo Ebanista (Università del Molise) riprende e approfondisce le conoscenze di questo ipogeo, il cui esame è in realtà fermo al contributo di A. Bellucci, Il convento di Sant’Eframo Vecchio a Napoli, in «L’Italia francescana», 6 (1931), pp. 558-607.^
7 Le nuove indagini in corso nelle catacombe di San Gennaro sono pubblicate da alcuni articoli fra cui C. Ebanista, Il piccone e il fossore: un secolo di scavi nella catacomba di San Gennaro a Napoli (1830-1930), in «Rivista di Archeologia cristiana», LXXXVI (2010), pp. 127-174; Idem. Lastre con decorazione incisa dalla catacomba di San Gennaro, in F. Bisconti, M. Braconi, Incisioni figurate della Tarda Antichità. Atti del convegno di studi (Roma, 22-23 marzo 2012), Città del Vaticano, PIAC, 2013, pp. 527-545; C. Ebanista, I. Donnarumma, Le decorazioni parietali in opus sectile della catacomba di San Gennaro a Napoli: tratti inediti e contesti, in C. Angelelli, Atti del XIX colloquio dell’AISCOM (Isernia, 13-16 marzo 2013), Tivoli, Seniotamanent edizioni, 2014, pp. 87-107.^
8 Gli scavi all’anfiteatro di Alife sono stati pubblicati in Alife. L’anfiteatro romano, a cura di G. Soricelli, E.A. Stanco, Piedimonte Matese (Caserta), Arti Grafiche Grillo, 2009. Sulle acquisizioni circa la città, cfr. F. Marazzi, E. A. Stanco, Alife. Dalla colonia romana al gastaldato longobardo. Un progetto di lettura interdisciplinare delle emergenze storico-archeologiche, in G. Volpe, R. Giuliani, Paesaggi e insediamenti urbani in Italia meridionale fra tardo antico fra tardoantico e altomedioevo. Atti del Secondo Seminario sul Tardoantico e l’Altomedioevo in Italia Meridionale (Foggia-Monte Sant’Angelo, 27-28 maggio 2006), Bari, Edipuglia, 2010, pp. 329-347.^
9 Per un quadro bibliografico non più molto recente, cfr. S. Gelichi, Introduzione all’archeologia medievale. Storia e ricerca in Italia, Roma, Carocci, 19982, p. 168.
9 Lo scavo della necropoli, condotto dalla competente Soprintendenza archeologica, è stato in parte edito da Sandra Lo Pilato (coll. Soprintendenza per i beni archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta) che ne ha presentato in questa sede degli ulteriori aggiornamenti. Alcuni dati già editi sono in S. Lo Pilato, La necropoli tardoantica e l’insediamento altomedievale di Via San Michele a Mirabella Eclano (AV), in «Archeologia Medievale», XXXII (2005), pp. 145-156; Eadem. Viabilità e spazi funerari ad Aeclanum: dati recenti, in F. Redi, A. Forgione, VI Congresso Nazionale di Archeologia medievale (L’Aquila, 12-15 settembre 2012), Firenze, All’Insegna del Giglio, 2012, pp. 524-527; Eadem. Forme ceramiche chiuse dai contesti funerari antichi di Aeclanum, in R. Fiorillo, C. Lambert, Medioevo letto, scavato, rivalutato. Studi in onore di Paolo Peduto, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2012, pp. 365-376.^
10 Altri aspetti della cultura materiale del Barbaricumin connessione con gli spazi funerari sono stati presentati dai relatori Marco Valenti (Università di Siena) e Vasco La Salvia (Università di Chieti) nel corso della IV edizione dei convegni cimitilesi (V. La Salvia, M. Valenti, Insediamenti, strumenti e culture altre fra Mediterraneo e Barbaricum. Alcuni esempi, in C. Ebanista, M. Rotili, cit., 2012, pp. 121-142), nonché in altre sedi (V. La Salvia, Tradizioni tecniche, strutture economiche e identità etniche e sociali fra Barbaricum e Mediterraneo nel periodo delle Grandi Migrazioni, in «Postclassical Archaeologies», 1 (2011), pp. 67-94).Circa le questioni inerenti i nessi fra i Longobardi giunti in Italia e le aree dell’Europa continentale sotto il profilo della cultura materiale, cfr. M. Rotili, I Longobardi:migrazioni, etnogenesi, insediamento, in G. Roma, I Longobardi del Sud, Roma, Giorgio Bretschneider, 2010, pp. 1-77.^
11 Tra le numerose pubblicazioni del relatore (Fabio Redi, Università de L’Aquila) e della sua équipe sui temi proposti in questa sede si possono citare F. Redi, Domitilla, Vittorino ed Equizio: aspetti e problemi della cristianizzazione in territorio aquilano dalli scavi di San Paolo di Barete e di San Basilio in L’Aquila, in R. M. Carra Bonacasa, E. Vitale, La cristianizzazione in Italia fra Tardoantico e Altomedioevo. Atti del IX congresso nazionale di Archeologia cristiana (Agrigento, 20-25 novembre 2004), Palerno, Saladino Editore, 2007, pp. 895-914; F. Redi, A. De Iure, L. DiBiasio, Amiternum, Forcona, Peltuinum, Aufinum e il loro territorio fra tarda antichità e altomedioevo: analisi toponomastica e archeologica, in F. Redi, A. Forgione, VI Congresso Nazionale di Archeologia medievale (L’Aquila, 12-15 novembre 2012), Firenze, All’Insegna del Giglio, 2012, pp. 342-346; F. Redi, A. Forgione, F. Savini, E. Siena, A. de Iure, E. Ciammetti, Amiternum (AQ), “Campo Santa Maria”. Rapporto preliminare 2012, in «Archeologia medievale», XL (2013), pp. 267-285; F. Redi, A. Forgione, La chiesa di San Paolo di Barete (AQ). Dallo scavo al restauro, duemila anni di storia riscoperti, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2014.^
12 È Valentina Galante (Università di Siena) che ha presentato gli ultimi aggiornamenti delle ricerche nei due contesti in parola. Un report preliminare delle ricerche a Santa Cristina è dato in S. Goggioli, M. Valenti, Buonconvento (SI). Santa Cristina in Caio, in «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana», 5 (2009), pp. 33-48. Le dinamiche di occupazione del castello di Miranduolo, in alta val di Merse sono edite in M. Valenti, Miranduolo in alta val di Merse (Chiusdino, Siena), Firenze, All’Insegna del Giglio, 2008.^
13 Il complesso basilicale di Botricello è stato esplorato da Ermanno A. Arslan per conto della Soprintendenza Archeologica della Calabria negli anni 1967-1972 (E. A. Arslan, Il territorio del Bruzio nel IV-Vsecolo (il paesaggio rurale), in Italia meridionale in età tardoantica. Atti del XXXVIII Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto, 2-6 ottobre 1998), a cura di S. Ceccoli, A. Stazio, Napoli, Arte Tipografica, 1999, pp. 391-429): il riesame dei dati offerto in questa sede da Margherita Corrado (coll. Soprintendenza Beni archeologici della Calabria), pur ponendo numerose questioni ancora aperte, fissa tuttavia alcune certezze.^
14 L’efficacia della lettura integrata del documento epigrafico è già stata recentemente mostrata dalla relatrice Chiara Lambert (Università di Salerno) circa le epigrafi rinvenute nel sacello cristiano al di sotto della cappella palatina di San Pietro in Corte a Salerno (C. Lambert, I documenti epigrafici, in P. Peduto, R. Fiorillo, A. Corolla, Salerno. Una sede ducale della Langobardia meridionale, Spoleto, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, 2013, pp. 45-59 con bibliografia).^
15 Si tratta di un aspetto che la relatrice, Caroline Bruzelius (Duke University), ha osservato già in alcuni contesti peninsulari: cfr. C. Bruzelius, Brevi appunti sull’architettura degli Ordini mendicanti nel contesto sociale ed economico del Regno di Napoli, in A. M. Spanò, Il francescanesimo in Calabria. Atti del I convegno internazionale di studio (Siderno-Gerace, 26-27 maggio 2006), Catanzaro, Soveria Mannelli, 2009, pp. 179-186; Eadem. I morti arrivano in città: predicare, seppellire e costruire. Le chiese dei frati nel Due-Trecento, in «Colloqui d’architettura », 2 (2011), pp. 11-48.^
16 Tra i numerosi contributi che il relatore (Gabriele Archetti, Università Cattolica del Sacro Cuore) ha dedicato al territorio bresciano in età medievale si ricordano: G. Archetti, Pievi e monasteri in età romanica: l’inquadramento ecclesiastico delle campagne tra XI e XIII secolo, in G. Andenna, M. Rossi, Società bresciana e sviluppi del romanico. Atti del convegno di studi (Università Cattolica, Brescia, 9-10 maggio 2002), Milano, V&P, 2007, pp. 167-200; Idem. Evangelium nuntiare. Chiese, impegno pastorale e forme di religiosità, in G. Andenna, A servizio del Vangelo. Il cammino storico dell’evangelizzazione a Brescia, 1. L’età antica e medievale, La Scuola, Brescia, 2010, pp. 211-314; Idem, Fraternità, obbedienza e carità. Il modello cluniacense, in G. Andenna, cit., pp. 483-513; Idem, Dilexi decorem domus tuae. Committenza aristocratica e popolare in ambito claustrale (secoli VIII-XII), in A.C. Quintavalle, Medioevo: i committenti. Atti del Convegno internazionale di studi (Parma, 21-26 settembre 2010), Milano, Electa, 2011, pp. 237-251; Idem, Obsculta praecepta magistri. Monaci e monasteri medievali in terra bresciana, in F. De Leonardis, I chiostri di Brescia. L’anima segreta di una città colta e devota, Brescia, Grafo, 2013, pp. 117- 126.^
17 Francesca Stroppa (Università Cattolica del Sacro Cuore) ha mostrato i dati preliminari di una ricerca sostanzialmente inedita che rientra nel filone inerente le trasformazioni della diocesi bresciana in età gregoriana (F. Stroppa, Il Sant’Andrea a Maderno e la Riforma Gregoriana nella diocesi di Brescia, Parma. Dipartimento di Lettere, Arti, Storia Sociale, 2007).^
  Cosa ne pensi? Invia il tuo commento
 
Realizzazione a cura di: VinSoft di Coopyleft