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Baviera: un punto di riferimento per il Mezzogiorno e per l’Italia?
di Filippo Scammacca del Murgo
La grave recessione che ha colpito l’economia italiana negli ultimi anni rende particolarmente attuale una comparazione tra modelli di sviluppo all’interno dell’area Euro. Perché la Baviera, nella quale io rappresento l’Italia da oltre 3 anni e mezzo, dispone di livelli invidiabili di crescita economica, di qualità della vita e di popolazione occupata, soprattutto giovanile? Ciò che sorprende un italiano è che in Germania negli ultimi anni lo sviluppo economico si è spostato da Nord verso Sud: due grandi Länder meridionali la Baviera e il Baden Württenberg sono oggi i principali motori dell’economia tedesca, forse ancora più potenti del Nord-Reno Wesfalia.
Eppure non è stato sempre così: nel secolo XIX, l’adesione del Regno di Baviera, prima all’Unione doganale tedesca (lo Zollverein), in seguito, all’Impero tedesco ha avuto ripercussioni drammatiche sulla nascente capacità industriale manifestatasi nel grosso Stato del Sud nella prima metà del secolo. La competizione tra l’agguerrita industria del Nord e del centro Est della Germania, ha avuto effetti distruttivi sulla nascente e più fragile capacità produttiva bavarese. Non è infatti un caso se, fino al secondo conflitto bellico, la Baviera aveva mantenuto una forte dipendenza dall’agricoltura con un livello di vita nel complesso inferiore rispetto al resto della Germania, alla stregua di vaste regioni del Mezzogiorno italiano, tra cui la Campania e la Sicilia, che negli anni preunitari avevano anche esse conosciuto promettenti fermenti di industrializzazione. Paradossalmente sono state le drammatiche distruzioni del periodo bellico e del successivo riassetto politico, che hanno favorito una delocalizzazione industriale verso la Baviera e verso la sua capitale, di alcuni grossi gruppi economici (Konzern), quali la Siemens e Allianz, che fuggivano la zona di Berlino, divenuta una “enclave” del nuovo Stato Comunista tedesco, oppure di molte imprese di piccole e medie proporzioni, molte delle quali dall’Est Europa e dalla regione dei Suddetti, dopo la cacciata della popolazione di lingua tedesca.
È stato merito indiscusso della dirigenza politica ed economica bavarese avere saputo mettere a punto una strategia di “governance“ che ha reso irreversibile questa migrazione. I Konzern hanno infatti oggi radici profonde nel suolo bavarese e, a distanza di oltre 20 anni dalla riunificazione, non vi è stato alcun ritorno di queste industrie verso i luoghi di origine, fatta salva la delocalizzazione verso l’Est dell’era della globalizzazione, motivata in genere dalla ricerca di minori costi di produzione. La Meridionalità non è quindi una tragica fatalità, ma può essere una opportunità. Tutto sta nel cogliere le occasioni e nel mettere in atto un modello in condizioni di assicurare un governo efficace del territorio.
Un primo fattore del successo di questo modello è costituito dalla funzionalità dello Stato e della pubblica amministrazione a livello tanto del Land quanto delle città. La Baviera è stata certo favorita dalla solidità e dalla continuità delle sue capacità amministrative che risalgono al periodo napoleonico, quando la creazione del Regno di Baviera è coincisa con l’adozione di un modello di stato accentrato ed efficiente di stampo francese. La Germania si è infatti sempre attenuta ad un sistema di tipo federale, tranne il breve e drammatico periodo nazista. La funzionalità dello Stato federale, anche dei Länder e delle città, è dipesa dall’efficienza della funzione pubblica e dalla speditezza del meccanismo decisionale (nel 1999 la Baviera ha tra l’altro rinunciato al “bicameralismo perfetto”) sono stati un punto di forza nella svolta del dopoguerra. Il principale merito della forza del sistema amministrativo è stato di dare priorità all’interesse generale piuttosto che agli interessi particolari delle singole categorie della società bavarese. Per garantire il successo di tale svolta, la classe politica bavarese ha inoltre saputo creare localmente un consenso attorno ad un modello di sviluppo: la scelta per esempio di puntare su una capacità produttiva a più alta intensità di lavoro ha comportato di dare priorità al settore primario a scapito di altri settori, come quello bancario, cui venne affidata una missione di finanziamento e di sostegno del settore manifatturiero. La scelta di non essere un’economia basata sulla finanza ha comportato dei costi, per esempio la relativa minore redditività del settore bancario (rispetto per esempio al modello anglosassone). Ma la scelta di una specializzazione produttiva in alcuni comparti come il settore elettronico, meccanico, aeronautico, assicurativo e chimico, nonché in seguito quello dei media e dell’informazione ha dato al Land una reputazione ed un vantaggio competitivo indiscusso nei mercati internazionali.
Nel lungo termine, la crescita dell’industria manifatturiera ha comunque servito da traino anche per le imprese messe in subordine, che hanno diversificato e colto le opportunità per avviare una crescita in altri mercati. Coerente con questa strategia del consenso è stata la scelta di evitare industrie altamente inquinanti, quali la siderurgia di base, in favore invece di una industria basata sull’innovazione, sulla tecnologia e sulla ricerca che ha in seguito potuto reggere meglio alla concorrenza asiatica. Stante la carenza di materie prime la Baviera ha finito con il dipendere fortemente, per oltre il 60% del fabbisogno, dall’energia nucleare che è stata sempre più contestata dall’opinione pubblica, ma ha trovato il modo di favorirne una accettazione e in seguito pilotare un graduale disimpegno. Sempre per favorire il consenso, lo Stato ha infine creato un sistema di garanzie sociali, che è stato alleggerito negli ultimi anni, ma che offre prestazioni mediamente superiori ad altri Paesi.
Al successo del modello bavarese ha ugualmente contribuito la coerenza di alcune scelte di politica economica. Lo Stato, pur dando la priorità alla grande impresa industriale, ha cercato di salvaguardare quel tessuto di imprese di dimensioni piccole e medie, di solito di carattere familiare, che è una caratteristica dell’economia bavarese. Non ha però concentrato gli interventi nei soli incentivi, ma ha cercato anche di rimuovere gli ostacoli che rallentano una crescita della dimensione delle imprese. Onde stimolare una sua vocazione industriale, il Land ha ugualmente sviluppato nel tempo un sistema educativo ed universitario selettivo e fondato sul merito, per soddisfare la domanda di risorse umane qualificate. Sempre per rispondere alle attese del mondo produttivo il Land ha anche messo a punto un sistema di ricerca scientifica, evitando di darne un appannaggio alle Università, ma creando organismi specializzati, vuoi nella ricerca pura (Fraunhofer) vuoi in quella applicata (Max Plank). La presenza dal 1977, nella capitale bavarese, dell’Ufficio Europeo Brevetti è coerente con la priorità di sviluppare la conoscenza e l’innovazione.
Forte impegno è stato ovviamente dedicato anche al settore delle infrastrutture ed a quello dei servizi, con un impegno nella logistica, un sistema giudiziario indipendente dalla politica, imparziale e veloce, nonché la salvaguardia dell’ordine pubblico. Onde individuare priorità e una strategia economica coerente, il Land si è dotato di associazioni di categoria gestite in maniera manageriale e coerente. Sarebbe stato infatti pericoloso concentrare tali scelte in solitudine tra alcune personalità dei Partiti Politici. Ciò ha dato vita ad un meccanismo partecipativo di tipo consociativo nel quale entrano in scena i datori di lavoro (rappresentati dall’associazione industriale e dalle camere di commercio e dell’artigianato) i sindacati (che sono riuniti in una unica associazione DGB ed il cui coinvolgimento nelle grandi imprese è garantito da un sistema avanzato di “cogestione”) e gli stessi partiti politici (il partito dei cristiani democratici dispone di un forum mirato alle tematiche economiche ed a quelle delle piccole e medie imprese). Queste associazioni sono fortemente radicate nella società bavarese perché offrono agli affiliati servizi di qualità attraverso una gestione manageriale ed una efficace selezione del personale. Uno dei servizi più interessanti del sistema consociativo è la formazione professionale basato su un coordinamento (Stato/imprese/sindacati) che permette di sintonizzare la formazione sulle esigenze del mercato del lavoro e di rafforzarne l’efficacia attraverso un sistema di formazione “duale” fondato su una alternanza tra lavoro e scuola, che alleggerisce i costi delle imprese e l’efficacia del reclutamento. Questo meccanismo consente al Land di guardare al lungo termine sottoponendo ad un dibattito e ad un confronto strategie, scelte e politiche per rispondere alle grandi sfide cui è confrontata la Baviera e la Germania, quali la sfida demografica (la riduzione della natalità è vicina a quella italiana), quella di assicurare una integrazione di vasti flussi migratori attratti dalla prospettive di impiego, quella energetica (non è ancora chiaro come la Baviera sostituirà la capacità generativa attualmente assicurata dal nucleare).
In Baviera l’efficacia della governance ha favorito una sostanziale stabilità politica. Dal 1957, salvo una breve parentesi tra il 2008 e il 2013, il Partito dei Cristiano Sociali (CSU) che ha una radicazione concentrata nella sola Baviera (rispetto all’altro autonomo partito “fratello” della CDU con il quale la CSU collabora nelle tematiche federali) ha mantenuto la maggioranza assoluta nel parlamento regionale (Landtag). Nel corso degli oltre 60 anni di governo la CSU, pur conoscendo una significativa metamorfosi attraverso i successivi ricambi generazionali (Strauss, Stoiber, Seehofer), ha rivendicato un monopolio della capacità di rappresentare in forma autentica gli interessi specifici della Baviera e dei suoi abitanti. La volontà di sintonizzarsi sulle preoccupazioni dell’uomo comune, può talvolta favorire tentazioni di tipo populistico, ma permette anche di rafforzare la salvaguardia di alcuni valori identitari che sono particolarmente a rischio in mondo sempre più globalizzato. Uno degli aspetti più interessanti è per esempio l’attenzione per il mondo rurale che ha permesso alla CSU di salvaguardare una sua forte radicazione nelle campagne. Tra queste si possono anche ricordare misure di carattere dilemmatico, come quella che evita la frammentazione della proprietà agricola attraverso le generazioni, favorendone la trasmissione integrale ad uno dei figli attraverso patti di famiglia, ma garantendo nel contempo una maggiore competitività e sostenibilità dell’economia agricola. Altro esempio eloquente di buon governo è la gestione dello sviluppo urbanistico che ha ridotto la distruzione del paesaggio e il degrado urbano delle periferie. Allo stesso modo, in un Land che beneficia di forti ritmi di crescita oggi nella CSU è all’ordine del giorno la preoccupazione di prevenire dicotomie di sviluppo.
Sarebbe una semplificazione sostenere che la Baviera sia un modello perfetto di governance e sarebbe lungo elencare le falle e le difficoltà che negli anni hanno caratterizzato tale modello di sviluppo. Gli Italiani non devono inoltre mai sottovalutare i valori e il contributo che anche essi offrono e possono offrire alla costruzione di una Europa in condizioni di promuovere le sue scelte di civiltà e il suo punto di vista sui diritti della persona umana e sul suo benessere. Ma il modello bavarese offre stimoli e punti di riferimento (Efficienza dello Stato, sussistenza di un consenso sul modello di sviluppo, coerenza delle politiche di sviluppo, efficacia e coordinamento delle associazioni di categoria e capacità del sistema politico di rappresentare gli interessi del territorio) che potrebbero essere preziosi in periodo in cui l’Italia vuole recuperare spazi di competitività attraverso anche una rivisitazione del suo sistema politico e il rafforzamento di quel “patto sociale” che è l’essenza di un sistema di convivenza sociale.
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