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Ambiente e sviluppo
di Sandro Petriccione
Fin dai tempi di Jeremy Bentham molti studiosi di economia hanno cercato di valutare il benessere del genere umano o, come si diceva allora, della felicità, distinta dal mèro possesso di beni materiali, cioè dalla ricchezza, mentre la corrente centrale del pensiero economico si concentrava sulla formazione e sulla distribuzione di quest’ultima elaborando in tempi più recenti dei parametri che ne consentissero la misura. La prevalenza di considerazioni macroeconomiche che chiamavano in causa le grandezze della contabilità nazionale ha portato studiosi ed osservatori a ragionare sempre più in termini di reddito nazionale; il GNP (Gross National Income o Prodotto Nazionale Lordo) è stato utilizzato per confronti internazionali ed intertemporali da parte di istituzioni pubbliche e da organi sopranazionali ampliando il vero significato di questi indicatori per esprimere giudizi di politica economica e proporre misure atte a concorrere alla soluzione dei problemi sul tappeto. Più recentemente accanto al reddito nazionale si è più frequentemente adoperato il Prodotto Interno Lordo PIL che è maggiormente adatto ad esprimere la ricchezza prodotta da un determinato Paese.
Le critiche all’utilizzo del GNP e PIL senza le dovute cautele, come spesso accade a osservatori e mezzi di informazione in quanto ad esempio – e non è poco – si trascura tutto il settore dell’autoconsumo falsando così molti espliciti o impliciti confronti internazionali; ma pur con tutti i loro difetti questi indicatori rimanevano pur sempre utili nei ragionamenti di politica economica e nelle misure che sono ancora adottate dai governi nazionali e dalle organizzazioni internazionali.
Ma alla fine del XX secolo è stato chiaro che aspetti che potevano essere considerati marginali divenivano di tale importanza da non poter non essere presi in considerazione. Alcuni fattori che potevano fino allora essere considerati gratuiti cominciavano a comportare pesanti costi per la collettività; l’inquinamento dei corsi d’acqua, dei laghi e perfino del mare, il problema dei rifiuti, l’inquinamento acustico e dell’aria, richiedevano criteri diversi per affrontare i problemi. E si cominciava a riflettere sullo sviluppo definito sostenibile. Sostenibile rispetto a che cosa? Si richiedevano degli indicatori, quelli che gli statistici definiscono non parametrici cioè non esprimibili con un numero come era il PIL, che potessero consentire valutazioni e confronti.
È su questa vasta tematica che si concentra il libro di Claudio Corduas il quale si prefigge, anche con il contributo di specialisti di settore, che oltre alle importanti riflessioni dell’autore e coordinatore del libro ne fanno una sorta di reading, di esaminare in tutti i suoi aspetti nell’economia e nella società; il delicato rapporto tra la sostenibilità ambientale, cioè il grado di accettabilità dell’utilizzo dei fattori ambientali, e la qualità dello sviluppo, ovvero il complesso di fattori e di tecniche da impiegarsi per raggiungere un nuovo assetto dell’apparato produttivo che tenga conto delle aspettative e dei bisogni dei cittadini, rappresenta il filo conduttore del volume.
Non a caso il libro si apre con un rassegna ed un confronto tra i vari schemi adoperati, specialmente al livello urbano (perché è nelle città e soprattutto nelle metropoli che si presentano con aspetti più drammatici i problemi ambientali) per cercare una misura del benessere della collettività in esame. Ne emerge una grande diversità di criteri che portano a classificazioni come quelle impiegate da organi di stampa e da organismi di categoria che provocano spesso discussioni e polemiche; gli indicatori correttivi del PIL elaborati in varie sedi si propongono infatti di tenere in conto tutte le esternalità negative che non sono prese in considerazione nel calcolo del GNP e del PIL. Quando poi si passa a un esame della situazione italiana partendo dal rapporto del CNEL e dell’ISTAT benessere equo e sostenibile in Italia emergono tutte le difficoltà ed i problemi che condizionano la decisioni che, pur nei limiti imposti dalla situazione oggettiva, potrebbero concorrere ad un più giusto impiego delle risorse. È interessante notare che l’Autore ritiene l’economia italiana essenzialmente dirigista, anche dopo le privatizzazioni di banche ed imprese che erano nelle mani dello Stato.
Una considerazione a parte richiede la parte centrale del libro che concerne tutta la questione delle iniziative congiunte tra settore pubblico e settore privato a cominciare dalla finanza di progetto (project financing) fino a tutta la normativa comunitaria, abbastanza bizantina, sugli aiuti di Stato che, nello sforzo di distinguere gli aiuti per superare problemi ambientali tra quelli che non dipendono dagli imprenditori e quelli che invece sono il risultato dell’attività produttiva, dà luogo ad una tale selva di norme e di regolamenti (da tradurre in 27 lingue!) che spiegano la lentezza dell’azione comunitaria. Difficoltà altrettanto serie si incontrano quando si prendono in esame le società il cui capitale è suddiviso tra soggetti pubblici e privati ed in particolare quelle che hanno il compito di fornire servizi pubblici locali e che spesso si trovano ad affrontare il dilemma tra l’erogazione di servizi in qualche modo accettabili ma con forti perdite e servizi a livelli infimi di qualità per ridurre le perdite. In casi più fortunati le procedure di privatizzazione hanno portato alla presenza di privati nel capitale sociale i quali però si aspettano, sia pure nel medio periodo, un’adeguata redditività delle risorse investite per mezzo di riorganizzazioni ed aumento del prezzo dei servizi.
Il settore energetico riveste, come è noto, una vitale importanza per tutta l’economia mondiale; e in questo settore che in maniera più palese si presenta il contrasto tra vincoli di sostenibilità ambientale ed esigenze dello sviluppo. La domanda di combustibili fossili (petrolio, gas e, in minor misura, carbone) è andata crescendo insieme allo sviluppo economico provocando grandi problemi di inquinamento dell’aria. Il libro mette in luce come si sia fatto ricorso alle nuove energie rinnovabili che si sono aggiunte alla idroelettrica cioè quella del fotovoltaico e dell’eolico che però godono ancora di notevoli sovvenzioni degli Stati nazionali. Infine, per i suoi effetti che avrà nel futuro lo shale gas prodotto dalla frantumazione di rocce sotterranee, una nuova fonte di energia il cui impiego potrà modificare il quadro geopolitico del mondo con il quale si conclude il volume che rappresenta una interessante rassegna che per la sua vastità in alcuni punti risulta poco equilibrata, ma sempre utile per chi si avvicina ai problemi trattati.
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